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Milano, 10 novembre 2009 (Ultimo aggiornamento: 11/11/2009)

Autorizzazione unica: legittimo l'invio del parere scritto dopo la conferenza di servizi

(Francesco Petrucci, Alessandro Geremei)

Parole chiave Parole chiave: Energia | Energie rinnovabili | Associazioni / Ong / Onlus | Disposizioni trasversali/Aua | Autorizzazioni | Impianti | Procedure semplificate

La sentenza n. 2292 del 25 settembre 2009 del Tar Piemonte che respinge l’impugnazione di una autorizzazione unica per la realizzazione di un impianto di cogenerazione alimentato a biomasse vegetali offre spunti di riflessione di particolare interesse.

 

Un primo profilo riguarda i soggetti che sono legittimati ad impugnare un atto della Pubblica amministrazione, come è l’autorizzazione unica. L’altro concerne le modalità di formazione – e quindi la legittimità e l’efficacia — dell’atto stesso.

Il primo punto ribadisce orientamenti consolidati ma che occorre ricordare, perché frequenti sono le pronunce di inammissibilità dello stare in giudizio, e quindi gli errori di chi impugna atti amministrativi non essendovi legittimato.

 

Il Tribunale ribadisce alcune cose importanti:

 

• perché una associazione ambientalista non riconosciuta possa agire in giudizio contro un atto amministrativo occorre che siano presenti tre indispensabili requisiti:

1. il carattere non occasionale o strumentale dell’impugnativa (non deve trattarsi insomma di una associazione temporanea costituitasi con uno scopo specifico e limitato, come quello di impedire la costruzione di un impianto; gli “interessi ambientali” devono essere diffusi e tutelati in modo continuativo);

2. occorre la presenza di un collegamento stabile dell’associazione con il territorio, che si sia consolidato nel corso del tempo (un collegamento nato pochi giorni prima del ricorso suona sospetto);

3. l’associazione deve essere rappresentativa della collettività di riferimento (e qui entra in gioco anche la considerazione dei nominativi facenti parte dell’associazione in questione);

 

• il singolo cittadino può agire in giudizio contro un atto amministrativo quando fornisce la prova di un pregiudizio economico a lui arrecato per effetto dell’atto impugnato (nella specie, se fornisce la prova che la costruzione dell’impianto a biomassa riduce il valore economico del suo terreno vicino, o perché le prescrizioni dell’Autorità competente sulle modalità con cui gestire l’impianto non garantiscono la salute di chi ci vive accanto).

Insomma, non basta abitare vicino all’impianto contestato per agire in giudizio legittimamente. Occorre provare il danno che si avrebbe se l’impianto venisse costruito;

 

• è inammissibile l’intervento in giudizio di una articolazione territoriale di una Associazione ambientalista nazionale: possono stare in giudizio solo le associazioni ambientaliste nazionali (articolo 18, comma 5, legge 349/1986), non sono legittimate le strutture territoriali facenti capo ad associazioni nazionali (Consiglio di Stato, Sezione VI 19-10-2007, n. 5453).

 

Indubbiamente però la questione di maggiore interesse riguarda il merito dell’atto di autorizzazione unica.

Preliminarmente il Tribunale ricorda che il legislatore ha inteso con l’articolo 12 del DLgs 387/2003 favorire iniziative volte alla realizzazione di impianti da fonti rinnovabili semplificando il provvedimento autorizzatorio e concentrando nella Conferenza di servizi tutte le valutazioni dei soggetti competenti.

Quindi il procedimento autorizzatorio assorbe ogni altro procedimento previsto da leggi regionali e volto alla verifica o valutazione di impatto ambientale. È in sede di Conferenza di servizi che le Amministrazioni interessate preposte alla tutela dei beni ambientali devono fare le loro valutazioni tecniche del caso.

Sulla formazione dell’atto, il ricorrente lamenta che l’Arpa, pur partecipando alla Conferenza di servizi avrebbe trasmesso il suo parere scritto solo dopo la citata Conferenza.

 

Il Tribunale ne approfitta – ed è qui il motivo di maggiore interesse di questa pronuncia – per puntualizzare che il già citato articolo 12 del Dlgs 387/2003 prevede solo che tutte le amministrazioni coinvolte partecipino alla Conferenza di servizi, nulla disponendo sul modo in cui esse esternino il loro parere, che può essere espresso, come è avvenuto in questo caso, anche in modo orale. Ben può quindi intervenire successivamente un testo scritto che espliciti quanto detto oralmente in conferenza di servizi, purché questo scritto arrivi prima della emanazione del provvedimento autorizzatorio.

 

Infine il Tribunale dice un’altra cosa interessante: la legittimità del provvedimento di autorizzazione unica rimane intatta anche se la società che ha ottenuto l’autorizzazione non ottemperi alle prescrizioni a lei impartite in sede di rilascio del titolo autorizzatorio (nella specie l’obbligo di realizzare una rete di teleriscaldamento).

Non c’è dubbio però, chiarisce il Collegio piemontese, che la mancata ottemperanza della società autorizzata alle prescrizioni fissate in sede di rilascio dell’autorizzazione, se non ne comporta la decadenza, ne comporta la sua concreta inefficacia e inoperatività.

Ne consegue che, se non si attua la prescrizione suddetta, l’impianto, pur costruito non potrà essere avviato, cioè posto in esercizio.

Reiterate e gravi inadempienze alle prescrizioni potranno poi portare alla revoca dell’autorizzazione, che però rimane, nel caso di specie, atto pienamente legittimo e formatosi legittimamente.

 

 

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