Cambiamenti climatici


Quadro generale

Milano, gennaio 2020

 

I principali responsabili del cambiamento climatico sono, a detta degli esperti, i gas serra di natura antropica e in particolare l'anidride carbonica (Co2), il metano (Ch4), il protossido di azoto (N2O), gli idrofluorocarburi (HFC), i perfluorocarburi (PFC) e l'esafluoruro di zolfo (SF6).

 

Il protocollo di Kyoto, siglato nel 1997 nell'ambito della Convenzione delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici del 1992 (cd. "convenzione Unfccc") e di cui rappresenta in pratica il braccio operativo, prevede che gli Stati industrializzati firmatari si impegnino a ridurre le proprie emissioni di tali gas serra, secondo determinate tempistiche e modalità, e con riferimento ai valori del 1990.

 

Il protocollo di Kyoto è entrato in vigore solo nel febbraio 2005, allorché è stato sottoscritto da un numero sufficiente di Stati aderenti alla Convenzione, ed è operativo dal 2008.

 

Un passo in avanti in materia di riduzione delle emissioni è stato l'accordo di Parigi (COP 21) cui hanno aderito quasi 200 Paesi e che spinge verso azioni - rimesse peraltro alla buona volontà degli Stati - dirette a ridurre le emissioni contenendo l'innalzamento della temperatura del pianeta a fine secolo sotto i 2 °C con l'obiettivo ambizioso di contenerli 1,5 °C rispetto ai livelli pre industriali.
L'accordo che partirà dal 2020, necessiterà della firma di ratifica o approvazione di almeno 55 Stati per avere una efficacia vincolante.

 

L’Italia ha ratificato, con legge 204/2016, l’Accordo di Cop 21. Mentre l’Unione europea ha ratificato il medesimo Accordo attraverso la decisione 2016/1841/Ue.
Il 4 novembre 2016 è entrato in vigore l’Accordo di Parigi, essendo stato raggiunta la quota di 55 Parti ratificanti, che rappresentino almeno il 55% delle emissioni globali di gas serra.
La Conferenza Onu sul clima di Marrakech Conferenza delle parti, "Cop" 22 (novembre 2016) si è chiusa con l’impegno a definire entro dicembre 2018 il regolamento per l’attuazione dell’Accordo di Parigi.

Successivamente nella conferenza delle parti, Cop 23, fatta a Bonn (novembre 2017) si sono fatti ulteriori passi in avanti tecnici per l'attuazione dell'Accordo di Parigi e rivisti alcuni obiettivi vista l'uscita degli Usa dagli impegni sul clima.

La Cop24 che si è svolta a Katovice (Polonia) dal 2 al 14 dicembre 2018 ha portato all'approvazione delle regole per mettere in pratica entro il 2020 quanto deciso durante la COP21, la conferenza sul clima di Parigi del 2015. In particolare, sono stati decisi i criteri con cui misurare le emissioni di anidride carbonica (CO2) e valutare le misure per contrastare il cambiamento climatico dei singoli paesi. Peraltro non è stato raggiunto l'accordo sul riconoscimento da parte di tutti del rapporto di ottobre 2018 degli esperti Onu sul clima (Rapporto Ipcc) che ha confermato che un aumento medio della temperatura globale di almeno 1,5 °C sui livelli preindustriali è ormai inevitabile – avverrà nei prossimi 12 anni – e che per tenersi entro i 3 °C di aumento complessivo sarà necessario tagliare le emissioni di anidride carbonica del 45% entro il 2020 (la Ue ha trovato l'accordo sul taglio delle emissioni del 45% al 2030).

Infine, la Cop25 che si è svolta a Madrid dal 2 al 15 dicembre 2019 è fallita in particolare nel mancato raggiungimento di un accordo sul "mercato del carbonio" (articolo 6 dell'Accordo di Parigi del 2015).

Tutto rinviato a Cop26 che si svolgerà a Glasgow nel Regno Unito dal 9 al 20 novembre 2020. Una pre-COP si svolger invece in Italia.

 

Attualmente, le emissioni antropiche (cioè derivanti dall'uomo) di CO2 provengono, a grandi linee, da 3 grandi categorie di soggetti emettitori: il settore industriale, in relazione al quale l'Ue ha approntato e reso esecutivo (in anticipo sul protocollo di Kyoto) lo strumento dell'Emission trading; il settore dei trasporti; un settore residuale, all'interno del quale rientrano le emissioni provocate dal settore agricolo, dal settore edilizio, eccetera.

 

Il sistema delle quote di emissione in uso nella Comunità europea sin dal 2005 (Emission trading), istituito dalla direttiva 2003/87/Ce, ha l'obiettivo di far ridurre le emissioni di CO2 alle imprese maggiormente responsabili delle stesse (produzione elettrica, di metalli, minerarie, cartarie).

La disciplina Ets Ue ha subito un restyling con la direttiva 2018/410/Ue che ha lanciato la Fase 4 dell'Ets (2021-2030). Il termine per recepire la direttiva è il 9 ottobre 2019.

Il regolamento Commissione Ue 2019/1842/Ue ha invece approvato le modalità di adeguamento dell'assegnazione gratuita di quote di emissioni in funzione delle variazioni del livello di attività, mentre il regolamento Commissione Ue 2019/1868/Ue ha modificato il regolamento 1031/2010/Ue per allineare la vendita all'asta delle quote alle norme dell'Eu Ets per il periodo 2021-2030 e al riconoscimento delle quote quali strumenti finanziari.

A livello italiano la direttiva 2003/87/Ce è stata recepita in Italia attraverso il Dlgs 216/2006, oggi sostituito dal Dlgs 13 marzo 2013, n. 30 e successive modifiche e integrazioni.

A livello nazionale nel Dl 111/2019 convertito con modifiche dalla legge 141/2019 (cosiddetto "Decreto Clima") ha previsto l'approvazione del Programma strategico nazionale per il contrasto ai cambiamenti climatici e il miglioramento della qualità dell'aria in cui sono individuate e ordinate le misure di competenza nazionale per l'attuazione piena della direttiva 2008/50/Ce sulla tutela della qualità dell'aria in modo da bypassare il ricorso a una legislazione frammentaria, non coordinata ed evitare procedure di infrazione per il mancato o scorretto recepimento delle norme Ue in materia.

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