Energia

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Piemonte 26 febbraio 2011, n. 219

Energie rinnovabili - Impianti - Autorizzazioni - Conferenza di servizi - Valutazione della compatibilità dell'opera con altre esigenze - Tutela della qualità dell'aria - Necessità

Nel valutare un progetto di impianti a fonti rinnovabili occorre tenere conto non solo della promozione delle energie rinnovabili ma anche dell'impatto del progetto su altri valori da tutelare quali la qualità dell'aria.
Lo ha deciso il Tar Piemonte, sentenza 26 febbraio 2011, n. 219 con cui ha confermato il diniego di un'autorizzazione unica di un impianto a biomassa (Dlgs 387/2003), visto che in sede di conferenza di servizi era stato ritenuto rilevante l'impatto negativo degli impianti sulla qualità dell'aria.
Per i Giudici, la valutazione del progetto in conferenza di servizi correttamente non ha tenuto in unica considerazione la promozione delle fonti di energia rinnovabile avulsa da ogni altro aspetto, dovendosi necessariamente far carico, in un'ottica di bilancio ambientale positivo, della complessiva compatibilità dell'opera con plurime esigenze, tra cui rientra, ad esempio, quella di tutela della qualità dell’aria.

Parole chiave Parole chiave: Energie rinnovabili | Energia | Autorizzazioni | Biomasse / Biocombustibili | Autorizzazioni | Impianti | Aria | Impianti | Energie rinnovabili | Procedure semplificate | Procedure semplificate | Biomasse / Biocombustibili

Tar Piemonte

Sentenza 26 febbraio 2011, n. 219

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

 

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

 

sul ricorso numero di registro generale 184 del 2010, proposto da:

(...) Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis);

 

contro

Provincia di Asti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato (omissis);

Comune di Castagnole delle Lanze, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv.to Marco Venturino, con domicilio eletto presso l'avvocato (omissis);

Ministero delle politiche agricole e forestali, Ministero dello sviluppo economico, Ministero dell'interno, Agenzia delle dogane, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Torino, corso Stati Uniti, 45;

Agenzia regionale protezione ambiente (Arpa) — Piemonte, Azienda sanitaria locale di Asti, Corpo forestale dello Stato — Comando di Asti, Provincia di Cuneo, Terna Spa, Snam Rete Gas Spa, Comando provinciale Vigili del Fuoco di Asti, Acquedotto Valtiglione Spa, Unione di Comuni – Comunità collinare tra Langa e Monferrato, Consorzio irriguo Capitto, Autorità di bacino del fiume Po, Regione Piemonte, Agenzia Interregionale per il Fiume Po, Gse Spa, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, , non costituiti;

(omissis) in proprio, rappresentato e difeso dall'avvocato (omissis);

 

nei confronti di

Coldiretti – Federazione provinciale di Asti e Legambiente circolo Gaia di Asti, in persona dei rispettivi legali rappresentanti, non costituiti.

 

per l'annullamento

della determinazione dirigenziale n. 8248 datata 24 novembre 2009 della Provincia di Asti nonché della relativa nota di trasmissione prot. 110586 datata 26 novembre 2009;

della determinazione n. 8586 del 3 dicembre 2009, nonché della nota di trasmissione datata 10 dicembre 2009 prot. 114488 con la quale è stata negata l'autorizzazione ex articolo 12 del Dlgs 387/2003 per la costruzione e l'esercizio dell'impianto di cui al progetto presentato dalla (...);

di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ivi compresi: le note con cui la Provincia ha convocato le diverse sedute della conferenza di servizi; i verbali della conferenza di servizi nelle sedute del 29 luglio 2009, 29 settembre 2009, del 7 ottobre2009, del 12 ottobre 2009, del 26 ottobre 2009 e i documenti depositati nel corso della conferenza di servizi;

la deliberazione del Consiglio Provinciale di Asti 25 settembre 2007 n. 50;

il Piano energetico ambientale regionale Piemonte (Dcr n. 351-3624 del 3 febbraio 2004); gli indirizzi della Giunta regionale del Piemonte approvati con deliberazione n. 30-12221 del 28 settembre 2009;

il vigente piano regolatore e norme tecniche di attuazione del Comune di Castagnole delle Lanze, nonché il regolamento per l'assegnazione, la cessione e l'edificazione di aree destinate a insediamenti di attività produttive;

nonché per il risarcimento del danno.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Asti, del Comune di Castagnole delle Lanze e dei Ministeri delle politiche agricole alimentari e forestali, dello sviluppo economico, dell'interno e dell'Agenzia delle dogane nonchè di (omissis) in proprio;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 gennaio 2011 la dott.ssa (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto

Parte ricorrente ha adito l'intestato Tar impugnando gli atti in epigrafe deducendo i seguenti motivi di ricorso:

1) Violazione e/o falsa applicazione della direttiva n. 2001/77/Ce e del Dlgs n. 387/2003 nonché delle finalità e degli obiettivi il cui raggiungimento è imposto dalle medesime. Violazione del principio dell'effetto utile del diritto dell'Unione europea e del principio di interpretazione conforme. Violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 6 della Direttiva 77/2001/Ce nonchè dell'articolo 12 del Dlgs 387/2003. L'autorizzazione dell'impianto sarebbe stata subordinata a condizioni e vincoli non previsti da alcuna norma nazionale o comunitaria, in contrasto con l'indicazione di incentivo e agevolazione della tecnologia in questione.

2) Violazione e/o falsa applicazione degli articoli 1, 2, 3, 14 e ss. della legge n. 241/1990. Violazione della direttiva n. 77/2001/Ce. Incompetenza. Difetto di istruttoria e di motivazione. Errore sui presupposti e conseguente travisamento. Irragionevolezza. Illogicità e ingiustizia manifesta. Taluni pareri sarebbero stati arbitrariamente interpretati quali motivato dissenso e comunque non sarebbe stato correttamente valutato e motivato il prevalente dissenso.

3) Violazione e/o falsa applicazione sotto altri profili della direttiva 2001/77/Ce e del Dlgs 387/2003 nonché delle finalità e degli obiettivi il cui raggiungimento è imposto dalle medesime. Violazione sotto altri profili del principio dell'effetto utile del diritto dell'Unione europea e del principio di interpretazione conforme. Violazione e/o falsa applicazione sotto altri profili dell'articolo 6 della direttiva 77/2001/Ce nonché dell'articolo 12 del Dlgs n. 387/2003. Violazione e falsa applicazione degli articoli 14-ter e 14-quater della legge n. 241/1990. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione. Eccesso di potere per illogicità e ingiustizia grave e manifesta, travisamento dei fatti e sviamento. Violazione e/o falsa applicazione degli articolo 1, 2, 3, 14 e ss. della legge n. 241/90 e dei principi di economicità, efficacia, imparzialità e trasparenza dell'attività amministrativa. Violazione e/o falsa applicazione del Dlgs 351/1999 e della Lr Piemonte n. 43/2000. L'impianto per cui è stata chiesta l'autorizzazione non è suscettibile di rilasciare emissioni in atmosfera mentre gli indirizzi regionali in materia di biomasse non sono legittimati a porre requisiti per l'autorizzazione più stringenti di quelli legali.

4) Violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 12 del Dlgs 387/2003. Eccesso di potere per illogicità grave e manifesta. Violazione dell'articolo 14-ter e 14-quater della legge n. 241/1990. Violazione e/o falsa applicazione del piano regolatore e delle norme tecniche di attuazione del Comune di Castagnole delle Lanze. Censura la ricorrente le contestazioni di carattere urbanistico/edilizio mosse al progetto.

5) Violazione e o falsa applicazione della direttiva n. 77/2001/Ce del Dlgs n. 387/2003 e degli obiettivi che dette norme impongono sulla Pa. Violazione del principio dell'effetto utile del diritto dell'Unione europea. Eccesso di potere per illogicità grave e manifesta nonché per difetto di istruttoria e motivazione. Violazione dell'articolo 14-ter e 14-quater della legge n. 241/1990. L'impugnata deliberazione non risulta congruamente motivata e non reca indicazione delle modifiche progettuali necessarie per ottenere l'assenso.

6) Violazione degli articoli 1, 2, 3, 14 ss. legge n. 241/1990. Violazione dell'articolo 12 del Dlgs 387/2003. Sviamento di potere. Difetto di motivazione. Errore sui presupposti e conseguente travisamento. Irragionevolezza. Illogicità ed ingiustizia manifesta.

Deduce parte ricorrente in via derivata l'invalidità della determinazione dirigenziale n. 8586 del 3 dicembre 2009 per le stesse ragioni già esposte.

Si sono costituite le amministrazioni intimate chiedendo la reiezione del ricorso.

 

Diritto

La vertenza ha ad oggetto il diniego di autorizzazione unica alla costruzione di una centrale a biomasse (cippato di legno detannizzato) nel Comune di Castagnole delle Lanze, espressa in esito a Conferenza di servizi, come prescritto dall'articolo 12 del Dlgs 387/2003.

Il provvedimento impugnato è articolato e ampiamente motivato (cfr. doc. 1 parte ricorrente); nel testo, dopo aver riassunto l'intero iter procedurale, si precisa quali sono state ritenute le "principali criticità riscontrate in sede di Conferenza che hanno indotto le amministrazioni ad assumere una posizione sostanzialmente negativa".

Esse vengono così elencate: "l'assenza di tutta la documentazione richiesta per il rilascio, secondo le norme statali e regionali vigenti, dell'autorizzazione alle emissioni in atmosfera di alcuni impianti a servizio della centrale, quali ad esempio: il silo di stoccaggio di legno e calce, il reattore alimentato a carbonato di calcio, i sistemi di raffreddamento compressori, i motori, i trasformatori o gli effluenti provenienti da scambiatori di calce (lato aria), la gestione delle emissioni diffuse di polveri; l'incompatibilità del progetto con gli indirizzi regionali in materia di produzione di energia da biomasse, così come esplicitati nel Piano energetico ambientale della Regione Piemonte e recentemente ribaditi con deliberazione n. 30-12221 del 28 settembre 2009; la totale assenza di indicazioni progettuali e garanzie circa l'utilizzo effettivo del calore residuo (es. tramite rete di teleriscaldamento) e quindi l'assenza di studi atti a dimostrare la compatibilità dell'impianto, sotto il profilo delle emissioni in atmosfera, con le caratteristiche locali di qualità dell'aria e le indicazioni di cui alla Lr 43/2000; l'assenza di una fonte certa di approvvigionamento idrico, senza la quale l'impianto non può funzionare."

Inoltre si puntualizza nell'atto che: "relativamente alla documentazione progettuale sono state evidenziate carenze e criticità tali (in particolare per quanto riguarda le prestazioni energetiche ed emissive dell'impianto e la totale assenza di indicazioni progettuali e garanzie circa l'utilizzo effettivo del calore residuo) da poter essere eventualmente sanate solo attraverso un nuovo progetto che preveda rilevanti componenti sostanzialmente diverse rispetto a quello proposto."

Con il primo motivo di ricorso si censurano gli atti impugnati addebitando sostanzialmente alle amministrazioni partecipanti di avere individuato vincoli o imposto oneri esprimendo opposizione preconcetta alla realizzazione dell'impianto, in assenza prescrizioni normative in tal senso.

La censura è generica ancor prima che infondata; come evincibile dal testo della motivazione sovra riportato la deliberazione ha individuato specifiche criticità; essa inoltre ha “riassunto” l'articolato dibattito che ha caratterizzato la conferenza di servizi e che risulta ampiamente dai verbali delle sedute prodotti in giudizio. A fronte di suddetta elencazione delle criticità, è generica una censura che si limita apoditticamente ad affermare che sarebbero state formulate contestazioni ed imposte prescrizioni non conformi a legge, senza chiarire quali siano le prescrizioni poste in discussione e senza partitamente confutarle.

La censura è quindi inammissibile.

Per altro, in termini generali ed anche in relazione ai successivi motivi di ricorso, la valutazione del progetto in sede di conferenza di servizi correttamente non ha tenuto in unica ed unilaterale considerazione la promozione dello sfruttamento delle fonti di energia rinnovabile avulsa da ogni altro aspetto, dovendosi necessariamente far carico, in un'ottica di bilancio ambientale positivo, che figura prioritariamente tra gli obiettivi della stessa normativa comunitaria invocata in ricorso, della complessiva compatibilità dell'opera con plurime esigenze quali ad esempio quelle di tutela della qualità dell'aria. Ciò tanto più là dove l'area liberamente prescelta dall'interessato ricade in zona caratterizzata da valori al limite rispetto agli obiettivi di qualità dell'aria fissati proprio dall'Unione europea (di qualità dell'aria si occupano le direttive 96/62/Ce, 1999/30/Ce, 2000/69/Ce, 2002/3/Ce e, da ultimo, 2008/50/Ce). Non è quindi corretto ridurre la contestazioni mosse dalle competenti amministrazioni in relazione al mancato rispetto della legge Regione Piemonte 43/2000, concernente appunto la salvaguardia della qualità dell'aria, ad una sorta di "improprio" ostacolo normativo all'implementazione delle fonti di energia rinnovabile; si legge infatti nella stessa direttiva 77/2001 all'ottavo considerando che "il sostegno dato alle fonti energetiche rinnovabili dovrebbe essere compatibile con gli altri obiettivi comunitari…" tra i quali, come detto, figura la qualità dell'aria. Né ovviamente è corretto paragonare, come fatto dalla ricorrente con la memoria di replica, le sole emissioni proprie della centrale in progetto con i valori di emissione prescritti per singolo impianto, là dove la contestazione attiene anche all'equilibrio generale di una determinata zona in relazione ai complessivi parametri di garanzia della qualità dell'aria. Il raffronto in tal senso risulta logicamente scorretto poiché tali ultimi parametri hanno ad oggetto la qualità globale dell'aria di una certa area sulla quale le emissioni del singolo impianto (ancorchè legittime ove singolarmente considerate in relazione all'impianto) possono incidere negativamente; evidentemente questi ulteriori vincoli creano una maggiore rigidità tuttavia fisiologica là dove la libera scelta imprenditoriale della ricorrente cada su un'area (come il bacino padano) che, nel complesso, presenta particolari caratteristiche e su una specifica zona che, allo stato, non consente l'uso cogenerativo, il quale a sua volta più facilmente garantirebbe un riequilibrio ecologico finale effettivamente positivo.

Analogamente è a dirsi per la scelta amministrativa di privilegiare sistemi di produzione di energia da biomassa di carattere cogenerativo, soluzione che risponde al criterio generale di incentivare le strutture più efficienti: ciò non è arbitrario e neppure eccentrico rispetto alla disciplina comunitaria, poiché tende a privilegiare quegli impianti che garantiscono un maggior rendimento energetico unitamente ad un minor impatto ambientale. Come evidenziato dal Comune resistente, infatti, ad esempio l'articolo 13 comma 6 della direttiva 2009/28/Ce sulla "promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/Ce e 2003/30/Ce" recita: "nel caso di biomassa gli Stati membri promuovono le tecnologie di conversione che presentano un'efficienza di conversione almeno … del 70% per le applicazioni industriali." Benchè la citata direttiva sia scaduta solo il 5 dicembre 2010, una linea guida anche precedentemente seguita dalle competenti amministrazioni in senso identico non può certo essere ritenuta in contrasto con l'assetto normativo comunitario relativo alla promozione dello sfruttamento delle fonti di energia rinnovabili ed attiene ad un corretto esercizio della discrezionalità amministrativa, di cui i soggetti competenti non sono espropriati per il solo fatto che la materia benefici anche di norme comunitarie di favore.

Con il secondo motivo di ricorso si addebita all'amministrazione procedente di non avere correttamente valutato le posizioni prevalenti delle amministrazioni partecipanti e di avere deliberatamente "mutato" in dissensi quelli che in realtà erano assensi. Nuovamente la censura è avulsa dalla documentazione in atti, non affronta specifici passaggi della deliberazione, né tanto meno indica quale sarebbe l'assenso "mutato" in dissenso in sede di determinazione conclusiva, fermo il principio per cui un assenso subordinato di una innumerevole e dirimente serie di condizioni e puntualizzazioni progettuali non presentate resta allo stato del progetto un dissenso.

Poiché le "evidenziate" criticità elencate nella deliberazione trovano supporto nei verbali delle sedute della conferenza di servizi la censura non può trovare accoglimento.

Con il terzo motivo di ricorso si contesta più articolatamente la fondatezza delle motivazioni poste a supporto della deliberazione negativa.

Le motivazioni addotte per il diniego sono state plurime e quindi, ai fini dell'accoglimento della censura, occorrerebbe che tutte venissero confutate. È per contro sufficiente che anche solo una argomentazione trovi supporto in atti per privare la censura di fondatezza.

Più di uno degli argomenti negativi addotti è suffragato dalla documentazione prodotta in giudizio. Nella memoria di replica la ricorrente correttamente chiede che si circoscrivano le contestazioni rilevanti a quelle oggetto di specifica individuazione nel provvedimento impugnato. Si procede pertanto alla valutazione di quelle che emergono in particolare dalla motivazione sovra riportata.

È documentata in atti la problematica concernente la fonte di approvvigionamento idrico. Al momento di presentazione dell'istanza la ricorrente ha reso dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà attestando che tutta la documentazione già prodotta a corredo di una prima istanza presentata nel 2007 manteneva validità ed efficacia; tra questa documentazione figurava un accordo con il Consorzio Capitto per l'approvvigionamento idrico. Nella seduta del 29 settembre 2009 si è preso atto che il Consorzio aveva dichiarato di non aver sottoscritto alcun accordo e di non essere in grado di garantire l'approvvigionamento idrico (cfr. verbale seduta conferenza di servizi 29 settembre 2009 p. 7 sub. doc. 8 Provincia di Asti; inoltre anche allegato 8 al doc. 7 del Comune di Castagnole delle Lanze, ossia la risposta negativa del Consorzio Capitto). La ricorrente ha quindi prospettato ulteriore accordo con la società Spessa. Come ampiamente motivato nella deliberazione finale (e come puntualizzato sin dal verbale della conferenza di servizi 7.10.2009 p. 11 in atti sub. doc. 9 Provincia di Asti) l'utilizzo di tale presa d'acqua avrebbe dovuto comportare l'attivazione di un procedimento concessorio; è quindi quantomeno un dato di fatto non confutato dalla ricorrente la mancanza di una chiara fonte di approvvigionamento idrico dell'impianto. Né il ritardo è imputabile alle amministrazioni là dove la ricorrente stessa ha presentato l'istanza dando impulso al procedimento autorizzatorio sin dall'origine allegando la sussistenza di un accordo in quel momento inesistente.

Sono poi state mosse alla ricorrente contestazioni per ciò che riguarda la mancanza, nella documentazione progettuale, di una catalogazione dei vari punti di emissione della centrale. La ricorrente assume genericamente che "gli impianti non sono suscettibili di produrre emissioni soggette ad autorizzazione"; neppure in giudizio tuttavia si replica alla specifica contestazione di "mancanza progettuale" di una rappresentazione e catalogazione dei punti di emissione (catalogazione la cui richiesta figura sin dall'allegato 24 al verbale della conferenza di servizi del 29 settembre 2009, cfr. allegato 24 al doc. 7 di parte resistente Comune di Castagnole delle Lanze). La stessa ricorrente, nell'atto introduttivo (cfr. p. 47 del ricorso), ammette che non è ex se immaginabile che un impianto non produca alcun tipo di emissione in termini assoluti, dovendosi piuttosto valutare se quelle eventualmente prodotte siano più o meno nocive rispetto ad altro comparabile impianto. L'osservazione di fatto collima con le osservazioni svolte dall'Arpa nel citato allegato 24 là dove si specifica: "dovrà essere prodotto un prospetto di tutti i punti di emissione in atmosfera, comprendente anche le emissioni poco significative non soggette ad autorizzazione o autorizzabili in via generale unitamente ad una planimetria recante l'ubicazione"; la tesi è ribadita nella relazione istruttoria di cui all'allegato 25 del medesimo verbale di conferenza di servizi. È evidente allora come la richiesta di una "catalogazione progettuale" dei punti di emissione (cosa diversa dalla successiva ed ulteriore valutazione della loro nocività/autorizzabilità ecc.) mantiene rilievo, contribuisce alla contestata inidoneità della documentazione progettuale presentata e in tal senso è stata anche ribadita nelle motivazioni dell'atto finale; tale contestazione risulta espressamente formulata sin dai più volte citati allegati al verbale della seduta del 29 settembre 2009, ove si poneva una richiesta specificatamente determinata che non è stata né assolta né confutata dalla ricorrente. Sul punto resta anche smentito l'assunto che non siano mai state fornite alla ricorrente chiare indicazioni delle specifiche progettuali richieste.

Ancora carenze progettuali sono state riscontrate in relazione all'utilizzo effettivo del calore residuo e all'impatto sugli indici di qualità dell'aria dettati dalla Lr 43/2000. Sulla rilevanza di questi ultimi già si è detto in premessa. Quanto all'efficienza energetica del progetto è pacifico che l'uso cogenerativo (a prescindere dalla puntuali osservazioni tecniche mosse nella memoria del Comune resistente) resta per la centrale sottoposta al vaglio della conferenza di servizi, anche secondo la difesa di parte ricorrente, una mera possibilità in un contesto in cui mancano allo stato gli utenti e le strutture per tale uso. A fronte di ciò l'Arpa ha valutato il progetto complessivamente non competitivo rispetto alle migliori tecnologie possibili evidenziando che la resa energetica proposta (complessivamente al di sotto del 30%) appare non soddisfacente; come già evidenziato la scelta collima con le indicazioni provenienti dal legislatore comunitario (cfr. il già citato parere Arpa in allegato 24). L'impatto inquinante dell'impianto, infatti, non può che essere valutato, come evidenziato anche nella memoria della Provincia, in relazione al tasso di sfruttamento del combustibile impiegato, poiché un basso sfruttamento ovviamente comporta che le emissioni, anche se teoricamente più basse di altri impianti, debbano essere rapportate ad una altrettanto bassa produzione energetica, con conseguente impatto ambientale complessivo proporzionalmente sfavorevole.

L'amministrazione non ha fatto quindi altro che stigmatizzare, nell'ambito delle sue competenze e nel bilanciamento di plurimi e contrapposti interessi al cui contemperamento è proprio deputata la conferenza di servizi, la non elevata efficienza energetica dell'impianto come progettato, con una opzione che rientra nell'ambito della sua legittima discrezionalità.

Il terzo motivo di ricorso non può pertanto trovare accoglimento stante la complessiva documentata fondatezza delle argomentazioni negative emerse in sede di conferenza di servizi e richiamate nell'atto impugnato.

Possono restare conseguentemente assorbite le doglianze concernenti ulteriori profili di compatibilità urbanistica ed edilizia dell'opera censurate con il quarto motivo di ricorso, là dove già appaiono fondate, e ragionevolmente prevalenti per gli interessi che tutelano e per la sostanziale unanimità con cui sono state espresse dalle amministrazioni competenti, le plurime argomentazioni analizzate in relazione al terzo motivo di ricorso.

Ancora ne deriva l'infondatezza del quinto motivo di ricorso; la determinazione negativa non è derivata dal mero assunto dell'esiguità del termine procedimentale residuo per una eventuale integrazione documentale bensì, come si ritiene di aver argomentato, in relazione a rilevanti caratteristiche del progetto che hanno portato ad una negativa ed argomentata valutazione del medesimo oltre a carenze documentali specificatamente e tempestivamente segnalate, alle quali la ricorrente non ha ovviato in corso di procedimento, né offre di ovviare neppure in giudizio.

L'atto impugnato appare quindi idoneamente motivato.

Stante l'infondatezza dei motivi di ricorso non sussistono i presupposti per il vaglio della domanda risarcitoria.

Deve essere valutata a parte la domanda proposta personalmente nei confronti del sig. (omissis), sindaco del Comune di Castagnole delle Lanze. L'infondatezza del ricorso non potrebbe che travolgere anche nel merito la domanda formulata, sugli stessi presupposti, nei confronti del sindaco personalmente. Sul punto sussiste per di più inammissibilità per difetto di giurisdizione in quanto questo Tribunale si conforma alla giurisprudenza del giudice del riparto secondo cui: "l'articolo 103 Cost. non consente di ritenere che il giudice amministrativo possa conoscere di controversie di cui non sia parte una Pa, o soggetti ad essa equiparati, sicché la pretesa risarcitoria avanzata nei confronti del Presidente di una Provincia in proprio, va proposta dinanzi al giudice ordinario, non ostando a ciò la chiamata in causa a fini di manleva dell'ente pubblico, stante l'inderogabilità per ragioni di connessione della giurisdizione" (Cassazione SU 5 marzo 2008 n. 5914; idem 17 maggio 2010 n. 11932); "ai sensi dell'articolo 103 Cost., rispetto ad un'azione di risarcimento danni nei confronti di un funzionario pubblico, sussiste la giurisdizione del Giudice ordinario. A tal fine, è irrilevante stabilire se il funzionario stesso abbia agito quale organo dell'ente pubblico, ovvero, se, a causa del perseguimento di finalità private, si sia verificata una "rottura" del rapporto organico. Nell'uno, come nell'altro caso, infatti, l'azione risarcitoria è proposta nei confronti del funzionario in proprio, e, quindi, nei confronti di un soggetto privato, distinto dall'amministrazione, la quale, al più, può risultare solidamente obbligata con quest'ultimo" (Cassazione SU 13 giugno 2006 n. 13659).

Il ricorso deve quindi essere complessivamente respinto nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.

Stante la complessità delle questioni le spese di lite sono compensate, con l'eccezione di (omissis). La ingiustificata personalizzazione della lite nei suoi confronti impone l'applicazione del principio di soccombenza, con condanna di parte ricorrente a rifondergli le spese di lite nell'importo liquidato in dispositivo.

Non si rinvengono i presupposti di mala fede o colpa grave di cui all'articolo 96 C.p.c.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

— respinge il ricorso nei sensi e nei limiti di cui in motivazione,

— condanna parte ricorrente a rifondere a (omissis) le spese di lite liquidate in € 3.000,00 oltre Iva e Cpa.

Compensa le spese tra le restanti parti del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 27 gennaio 2011 con l'intervento dei magistrati:

(omissis)

 

Depositata in segreteria il 26 febbraio 2011.

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