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Milano, 2 aprile 2010

La Corte Costituzionale decide in merito al limite fra DIA e AU in Puglia

(Francesco Arecco * - Avvocato, Studio Pirola Pennuto Zei e Associati, Milano )

 

 

La sentenza n. 119/2010 della Corte Costituzionale, datata 22/26 marzo 2010 ha animato il dibattito fra gli operatori delle rinnovabili sin dalle prime ore dalla pubblicazione nel sito della Corte Costituzionale, avvenuta venerdì 26 marzo.

 

La tensione non accenna a scendere. Anzi: la mancata previsione da parte della Consulta di un meccanismo di risoluzione dei problemi legati alle situazioni giuridiche non ancora concluse, lascia pensare che nelle prossime settimane si assisterà ad un acceso dibattito in merito ai possibili interventi legislativi volti a sanare le situazioni ambigue. Interventi che potranno essere messi in atto dalla Regione Puglia o dallo Stato italiano. In via di estrema sintesi e senza pretese di completezza, schematizziamo di seguito i termini della questione.

Disposizioni oggetto del giudizio

Lr Puglia 21 ottobre 2008, n. 31, Norme in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili e per la riduzione di immissioni inquinanti e in materia ambientale, articoli 1, 2 commi 1 e 2, 3, 4 e 7 comma 1.

 

Parametri di legittimità costituzionale

Gli articoli 3, 41 e 117 comma 2 lettera e) e comma 3, della Costituzione della Repubblica italiana.

 

I punti della sentenza Corte Costituzionale n. 119/2010

Articolo 1 Lr Puglia n. 31/2008: non fondata la questione di legittimità costituzionale. L'articolo stabilisce che la Giunta regionale possa stipulare e approvare accordi nei quali, a compensazione di riduzioni programmate delle emissioni da parte di operatori industriali, sia previsto il rilascio di autorizzazioni. La Corte ha disatteso le doglianze della Presidenza del Consiglio dei Ministri in merito al lamentato contrasto con l'articolo 117 comma 3 della Costituzione e con l'articolo 1 comma 5 della legge 239/2004 in quanto:

  • "il comma 5 dell'articolo 1 della legge 239/2004 afferma il diritto di Regioni ed enti locali di stipulare accordi con i soggetti proponenti che individuino misure di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 12 del Dlgs 387/2003: quest'ultimo vieta che l'autorizzazione possa prevedere (o essere subordinata a) compensazioni (evidentemente di natura patrimoniale) a favore della Regione o della Provincia delegata";
  • è inoltre "da escludere anche il contrasto con gli articoli 3 e 41 della Costituzione. La norma regionale non preclude il rilascio di autorizzazioni per l'installazione e l'esercizio di impianti da energie rinnovabili ad operatori non industriali: essa stabilisce semplicemente, ai fini del riequilibrio ambientale, che, ove il proponente sia operatore industriale, l'accordo pre-autorizzativo possa prevedere una compensazione, nel senso della diminuzione delle quantità delle emissioni inquinanti delle industrie di cui l'operatore stesso è titolare".

Si fa notare che il secondo punto fornisce una interpretazione autorevole ad una disposizione che spesso è apparsa nebulosa agli operatori del settore.

 

Articolo 2, commi 1 e 2, Lr Puglia n. 31/2008: costituzionalmente illegittimo nella parte in cui vieta la realizzazione di impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica in determinate parti del territorio regionale, precisamente nelle zone agricole considerate di particolare pregio (anche individuate dai Comuni con delibera consiliare), nei siti della Rete Natura 2000 (siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale), nelle aree protette nazionali e in quelle regionali, nelle oasi regionali e nelle zone umide tutelate a livello internazionale.

Le motivazioni della Corte sono le seguenti:

 

"l'adozione, da parte delle Regioni, nelle more dell'approvazione delle linee guida previste dall'articolo 12 del Dlgs 387/2003, di una disciplina come quella oggetto di censura provoca l'impossibilità di realizzare impianti alimentati da energie rinnovabili in un determinato territorio, dal momento che l'emanazione delle linee guida nazionali per il corretto inserimento nel paesaggio di tali impianti è da ritenersi espressione della competenza statale di natura esclusiva in materia di tutela dell'ambiente. L'assenza delle linee guida nazionali non consente, dunque, alle Regioni di provvedere autonomamente alla individuazione di criteri per il corretto inserimento degli impianti alimentati da fonti di energia alternativa. Di conseguenza l'individuazione di aree territoriali ritenute non idonee all'installazione di impianti eolici e fotovoltaici, non ottemperando alla necessità di ponderazione concertata degli interessi rilevanti in questo ambito, in ossequio al principio di leale cooperazione, risulta in contrasto con l'articolo 12, comma 10, del Dlgs 387/2003".

 

Articolo 3, Lr Puglia n. 31/2008: costituzionalmente illegittimo. L'articolo in questione, che attribuisce rilevanza alla collocazione e alle caratteristiche degli impianti di produzione energetica da fonte rinnovabile, estendendo l'ambito di applicabilità del regime semplificato della denuncia di inizio attività (Dia), è stato riconosciuto in contrasto con il principio fondamentale della materia, sancito – in riferimento all'articolo 117 comma 3, Costituzione – dall'articolo 12, comma 5, del Dlgs 387/2003, il quale, al terzo periodo, stabilisce che "maggiori soglie di capacità di generazione e caratteristiche dei siti di installazione per i quali si procede con la medesima disciplina della denuncia di inizio attività" possono essere individuate solo con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza unificata. Infatti, la Corte riconosce la necessità di riservare la scelta in merito all'applicabilità della procedura semplificata di Dia alla legislazione di principio dello Stato in materia di "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia", per via della chiamata in sussidiarietà dello Stato, per esigenze di uniformità, di funzioni amministrative relative ai problemi energetici di livello nazionale, citando a tal fine il proprio precedente costituito dalla sentenza n. 383 del 2005; ciò anche riguardo alla valutazione dell'entità delle trasformazioni che l'installazione dell'impianto determina, ai fini dell'eventuale adozione di procedure semplificate.

 

Articolo 4, Lr Puglia n. 31/2008: inammissibile la questione di legittimità costituzionale relativa alla parte in cui stabilisce "una lunga serie di impegnative condizioni" alle quali subordina l'autorizzazione regionale alla realizzazione dell'impianto, con riferimento sia alla convocazione della conferenza di servizi di cui all'articolo 12 del Dlgs 387/2003, sia agli adempimenti successivi al rilascio dell'autorizzazione. L'inammissibilità è motivata in base al fatto che la doglianza non risponderebbe secondo la Corte ai requisiti di chiarezza e completezza richiesti per la proposizione di una questione di legittimità costituzionale, a maggior ragione nei giudizi in via principale, in quanto:

 

"la difesa erariale non esamina le singole condizioni con cui il legislatore regionale – al quale comunque compete dettare la normativa di dettaglio riguardo agli aspetti procedimentali secondo le proprie esigenze, purché non contraddica le norme di cornice – avrebbe appesantito il procedimento per conseguire l'autorizzazione unica, tanto più che, per sua stessa ammissione, alcuni di tali adempimenti riguarderebbero la fase successiva al rilascio del titolo abilitativo".

 

Interessante a riguardo notare che le bozze di linee guida per il procedimento di autorizzazione unica che sono circolate nei mesi scorsi prevedono una serie di richieste molto simile alla lista stabilita dalla disciplina regionale pugliese, che in materia ha fornito in molti casi il paradigma (si pensi alla Dgr Puglia 35/2007) della disciplina adottata da altre Regioni o dallo stesso Stato italiano.

 

Articolo 7 comma 1, Lr Puglia n. 31/2008: non fondata la questione di legittimità costituzionale. La censura della disposizione che prevede una disciplina transitoria la quale stabilisce l'applicabilità della nuova normativa regionale alle procedure in corso per le quali non risultino formalmente concluse le conferenze dei servizi, ovvero non sia validamente trascorso il termine di trenta giorni dalla formale presentazione di dichiarazione di inizio attività, è stata respinta in quanto:

 

"gli adempimenti imposti al proponente dalla norma – produzione di documentazione bancaria – costituiscono in realtà disposizioni ad integrazione della disciplina statale sull'autorizzazione unica (in quanto tali compatibili con la competenza regionale concorrente in materia: sentenza n. 246 del 2006), al fine di garantire l'attuazione dei comuni obiettivi di incentivazione del ricorso alle fonti energetiche rinnovabili, attraverso una puntuale verifica dell'affidabilità economica dei proponenti, spesso in numero maggiore rispetto alla disponibilità delle aree idonee all'installazione di impianti. Tale esigenza è inoltre salvaguardata dalla previsione di decadenza dall'autorizzazione, ove il proponente, che non ottemperi alle prescrizioni post-autorizzazione (articolo 4, comma 2), non dia prova di adeguata capacità finanziaria ed operativa ai fini dell'esecuzione dell'opera".

 

Le problematiche sottese alla pronuncia

I problemi che la sentenza Corte Costituzionale n. 119/2010 pone sono molteplici. Infatti gli effetti di una pronuncia della Corte Costituzionale sono particolarmente delicati sulle situazioni in essere in base alla disposizione dichiarata costituzionalmente illegittima. Si cita una fra le sentenze più chiare in tema (la Cass. Civ., Sez. III, n. 1384/1975):

 

"La pronuncia di illegittimità costituzionale di una norma di legge comporta non già l'abrogazione, o la declaratoria di inesistenza o di nullità, o l'annullamento della norma dichiarata contraria alla costituzione, bensì la disapplicazione della stessa, dando luogo ad un fenomeno che si colloca, sul piano effettuale, in una posizione intermedia tra l'abrogazione, avente di regola efficacia ex nunc, e l'annullamento che, normalmente, produce effetti ex tunc. Pertanto, la norma dichiarata costituzionalmente illegittima deve essere disapplicata con effetti ex nunc o con efficacia ex tunc, a seconda che tale diversa efficacia nel tempo della dichiarazione di incostituzionalità discenda dalla natura o dal contenuto della norma illegittima, oppure dalla portata del precetto costituzionale violato o dal diverso grado di contrasto tra quest'ultimo e la norma di legge, ovvero, infine dalla natura del rapporto sorto nel vigore della norma successivamente dichiarata incostituzionale. Fuori delle ipotesi, aventi carattere di eccezionalità, in cui essa travolge tutti gli effetti degli atti compiuti in base alla norma illegittima, la dichiarazione di incostituzionalità (avuto riguardo al precetto costituzionale violato, alla disciplina dettata dalla norma riconosciuta costituzionalmente illegittima e alla natura del rapporto disciplinato da quest'ultima) comporta la caducazione dei soli effetti non definitivi e, nei rapporti ancora in corso di svolgimento, anche degli effetti successivi alla pubblicazione della sentenza della corte costituzionale, restando quindi fermi quegli effetti anteriori che, pur essendo riconducibili allo stesso rapporto non ancora esaurito, abbiano definitivamente conseguito, in tutto o in parte, la loro funzione costitutiva, estintiva, modificativa o traslativa di situazioni giuridicamente rilevanti".

 

Il problema, con riguardo ai progetti di impianti alimentati da fonti rinnovabili per i quali è stata richiesta una Dia in Puglia è quindi in quale momento si possa considerare ottenuto un diritto da parte dello sviluppatore del progetto. Le ipotesi – in carenza di una indicazione da parte della Corte Costituzionale — si moltiplicano: progetti con Dia perfezionata ma per i quali non è stato ancora avviato il cantiere; progetti a diverso stadio di cantierizzazione; progetti già completamente realizzati; progetti già allacciati.

 

Inoltre, si pone il problema di come interverranno sulle loro disposizioni i legislatori regionali che hanno posto in essere una disciplina simile a quella dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Regione Puglia.

Si attende infine la risposta alla sentenza da parte della Regione Puglia, dalla quale parrebbe logico vedere emanare una disposizione che risolva le incertezze relative ai progetti colpiti dalla sentenza n. 119/2010.

 

Come informazione collegata, è doveroso segnalare che la Corte Costituzionale ha pubblicato contestualmente alla sentenza n. 119/2010, anche la n. 120/2010, che decide in merito ai profili di illegittimità di alcuni articoli della Lr Puglia 9 ottobre 2008, n. 25, Norme in materia di autorizzazione alla costruzione ed esercizio di linee e impianti elettrici con tensione non superiore a 150.000 volt, e stabilisce anch'essa principi importanti per gli operatori delle rinnovabili in Italia sotto il profilo dell'autorizzazione e della Via degli elettrodotti in Regione Puglia.

 

 

  • Avvocato, Studio Pirola Pennuto Zei e Associati, Milano

 

 

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