Inquinamento (altre forme di)

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Lazio 3 giugno 2004, n. 5186

Elettrosmog - Stazione telefonia cellulare - Regolamento comunale - Ex legge 36/2001 - Divieto dell'installazione degli impianti in buona parte del territorio comunale - Senza chiare indicazioni sulle ubicazioni alternative possibili - Illegittimità

Tar Lazio

Sentenza 3 giugno 2004, n. 5186

 

(omissis)

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 2740/2002 :

a) del Regolamento Comunale di Gestione del corretto insediamento urbanistico e territoriale delle stazioni radio base per telefonia mobile approvato con Deliberazione del Consiglio Comunale n. 73 del 5.12.2001, pubblicato in Albo Pretorio dal 17/12/2001 al 1/1/2002;

b) dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Ladispoli n. 3 in data 8/1/2002, notificata il giorno 10.1.2002, con la quale è stata disposta la sospensione dei lavori intrapresi dalla ricorrente in Via delle Magnolie n. 19, giusta autorizzazione n. 36 concessa dal medesimo Comune in data 4.10.2001, lavori relativi all'installazione di una stazione radio base;

c) dell'ordinanza del Sindaco del Comune di Ladispoli n. 16 del 7.2.2002, avente ad oggetto la revoca dell'autorizzazione edilizia n. 36 del 4.10.2001;

quanto il ricorso n. 2852/2002 :

-del provvedimento di diniego al rilascio della concessione edilizia, emesso dal Comune di Ladispoli in data 11.2.2002, n. prot. 4883 e notificato il 18.2.2002, per l'installazione di una stazione radio base per telefonia cellulare in via Duca degli Abruzzi;

quanto al ricorso 2854/2002 :

-del provvedimento di diniego al rilascio della concessione edilizia, emesso dal Comune di Ladispoli in data 11.2.2002, n. prot. 4883 e notificato in data 18.2.2002, per l'installazione di una stazione radio base per telefonia cellulare in via Giovanni XXIII;

quanto al ricorso n. 12122/2002 :

— dell'ordinanza n.111/82 del 2 agosto 2002, notificata alla società ricorrente il 17 settembre 2002, con cui il Responsabile dell'Area V Servizio 2, Assetto ed Uso del territorio del Comune di Ladispoli, ha ordinato alla ricorrente di rimuovere entro e non oltre 30 giorni dalla notifica dell'ordinanza la stazione radio base per telefonia mobile tutt'ora insistente in Ladispoli, Via delle Magnolie n. 19, nonché di tutti gli atti preparatori, preordinati, presupposti e consequenziali, o comunque connessi;

quanto al ricorso n. 3426/2003 :

-del provvedimento emesso il 4 febbraio 2003, prot. n. 3723, notificato alla Società ricorrente il 10 febbraio 2003, con cui il Responsabile dell'Area IV Servizio 2, Ufficio Assetto ed Uso del Territorio del Comune di Ladispoli, ha respinto la denuncia di inizio attività ai sensi dell'articolo 5 comma 2 del Dlgs 4 settembre 2000, n. 198, inoltrata dalla Ericsson Tlc S.p.A. l'11 novembre 2002, prot. n. 32117, per l'installazione di una stazione radio base per telefonia mobile cellulare a Ladispoli nord, Via Giovanni XXIII, n. 15, nonché per l'annullamento di tutti gli atti preparatori, preordinati e presupposti, fra cui la delibera consiliare n. 26 in data 8.4.2002, di modifica del regolamento comunale di gestione del corretto insediamento urbanistico e territoriale delle stazioni redio base per telefonia mobile e del piano triennale di sviluppo e risanamento della rete telefonica mobile, elaborato dalla Commissione tecnica comunale, istituita con delibera di Gm n. 237 del 2.9.2002, rettificato con delibera di Gm n. 21 del 3.2.2003;

quanto al ricorso n. 3428/2003 :

del provvedimento del 4 febbraio 2003, prot. n. 3724, notificato alla Società ricorrente il 10 febbraio 2003, con cui il Responsabile dell'Area IV Servizio 2, Ufficio Assetto ed Uso del Territorio del Comune di Ladispoli, ha respinto la denuncia di inizio attività ai sensi dell'articolo 5 comma 2 del Dlgs 4 settembre 2002, n. 198, inoltrata dalla ricorrente l'11 novembre 2002, prot. n. 32118, per l'installazione di una stazione radio base a servizio della telefonia mobile cellulare da edificare in Ladispoli centro, via Duca degli Abruzzi n. 147, nonché di tutti gli atti preparatori, preordinati e presupposti, fra cui quelli — sopra specificati — già oggetto del ricorso n. 3426/03;

quanto al ricorso n. 7865/2003 :

del provvedimento 11 giugno 2003, prot. 16586, verbale di accertamento di inottemperanza all'ordinanza di demolizione 2 agosto 2002, n. 111/82 dell'Area V Servizio 2, per le opere relative alla stazione radio base per telefonia mobile in Ladispoli, Via delle magnolie n. 19, verbale costituente titolo per l'immissione nel possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari del bene dell'area di sedime, nonché per l'annullamento di tutti gli atti presupposti e consequenziali, o comunque connessi;

(omissis)

Fatto

Con delibera consiliare n. 73 del 5.12.2001, pubblicata sull'Albo pretorio fino al giorno 1.1.2002, il Comune di Ladispoli approvava un regolamento di gestione per il corretto insediamento urbanistico e territoriale delle stazioni radio base per telefonia mobile, a norma dell'articolo 8, comma 6, della legge 22.2.2001, n. 36 (legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici).

In tale regolamento il territorio comunale veniva suddiviso, ai fini che qui interessano, in due zone — "A" e "B" — la prima delle quali comprendente "aree urbanizzate o da urbanizzare secondo il Prg vigente, aree sottoposte a vincolo militare, aree di particolare pregio ambientale, altre aree sensibili e opportuna fascia di rispetto urbanistica oltre i confini delle aree sopra citate", con residuale ricomprensione di ogni altra porzione di territorio nella zona B.

In tutta la zona A, dalla data di entrata in vigore del regolamento, veniva vietata l'installazione e l'esercizio di stazioni radio base; in parziale deroga al divieto tuttavia — ma solo fino al 30.6.2002 — si consentiva comunque l'esercizio degli impianti, già esistenti nella medesima zona.

Dalla normativa sopra sintetizzata — impugnata dalla società Ericsson Telecomunicazioni S.p.A., attuale ricorrente, con ricorso n. 2740/02, notificato in data 1.3.2002 — scaturivano una serie di provvedimenti amministrativi, a loro volta impugnati col medesimo ricorso n. 2740/02, o con ricorsi successivi, nei termini di seguito riportati:

— ordinanza di sospensione dei lavori, oggetto dell'autorizzazione edilizia n. 36 del 4.10.2001, concernente l'installazione di una stazione radio base per telefonia cellulare in via delle Magnolie, 19 e revoca della predetta autorizzazione (ordinanze nn. 3 in data 8.1.2002 e 16 in data 7.2.2002, contestate attraverso il medesimo ricorso sopra citato);

— diniego di autorizzazione edilizia n. prot. 4883 in data 11.2.2002, per l'installazione di una stazione radio base per telefonia cellulare in via Duca degli Abruzzi, n. 147 (atto impugnato con ricorso n. 2852/02, notificato il 9.3.2002);

— diniego di autorizzazione edilizia n. prot. 4883 in data 11.2.2002, per l'installazione di un altro impianto del tipo sopra indicato in via Giovanni XXIII, n. 15 (atto impugnato con ricorso n. 2854/02, notificato il 9.3.2002);

— ordinanza n. 111/82, notificata il 17.9.2002, con la quale si imponeva la rimozione della stazione radio base di via delle Magnolie (atto impugnato con ricorso n. 12122/02, notificato in data 11.11.2002);

— determinazione dirigenziale n. 3723 , notificata il 10.2.2003, concernente rigetto della denuncia di inizio attività in data 11.11.2002, per l'installazione di impianto per telefonia cellulare in via Giovanni XXIII, n. 15 (atto impugnato con ricorso n. 3426/03, notificato il 17.3.2003);

— determinazione dirigenziale n. 3724 del 4.2.2003, concernente rigetto della denuncia di inizio attività, presentata in data 11.11.2002 per l'installazione di altro impianto in via Duca degli Abruzzi, 147 (atto impugnato con ricorso n. 3428/03, notificato il 17.3.2003);

— verbale di accertamento di inottemperanza e immissione in possesso n. prot. 16586 in data 11.6.2003, con riferimento alla stazione radio base di via delle Magnolie, 19 (atto impugnato con ricorso n. 7865/03, notificato il 25.7.2003).

Avverso il regolamento in precedenza citato — quale atto presupposto di tutte le determinazioni successive — nel ricordato ricorso n. 2740/02 venivano prospettati i seguenti motivi di gravame:

1) carenza di potere, in quanto solo l'Ispes. e l'Arpa Lazio avrebbero competenza, in ordine alla installazione di impianti di telefonia mobile e per le telecomunicazioni;

2) incompetenza, nonché violazione o falsa interpretazione dell'articolo 4, comma 1, della legge 22.2.2001, n. 36, dell'articolo 102, comma 1, del Dpr n. 616/1977, dell'articolo 4 della legge 23.12.78, n. 833, dell'articolo 1 della legge n. 59/1997, dell'articolo 83 del Dlgs n. 112/1998 e dell'articolo 1, 15° comma, della legge n. 249/1997, in considerazione delle competenze dello Stato in materia di inquinamento elettromagnetico e di qualità dell'aria;

3) incompetenza, eccesso di potere e violazione dell'articolo 4 del decreto del Ministero dell'ambiente n. 381/1998, circa le esigenze di protezione della salute umana dalle onde elettromagnetiche, nonché violazione o falsa interpretazione del decreto interministeriale n. 381/1998 e della legge n. 249/1997, circa la determinazione dei valori limite dell'intensità del campo elettrico, generato dagli impianti di cui trattasi;

4), 5) e 6) eccesso di potere sotto vari profili, essendo stata resa impossibile — di fatto — l'installazione di stazioni radio base nell'intero territorio comunale, senza adeguata motivazione e con evidente lesione dell'interesse pubblico, alle medesime sotteso.

Nei successivi ricorsi nn. 2852 e 2854 le censure sopra riportate venivano reiterate puntualmente, al fine di evidenziare i vizi dell'atto presupposto, destinati a travolgere anche gli atti consequenziali, direttamente oggetto delle due impugnative in questione.

I ricorsi nn. 12122/02 e 7865/03, a loro volta, si collegavano strettamente al ricorso n. 2740/02, in quanto si riferivano alle conseguenze sanzionatorie (ordine di rimozione, verbale di accertamento di inottemperanza e immissione nel possesso dell'area) della revoca dell'autorizzazione edilizia n. 36/01, rilasciata per l'installazione della stazione radio base di via delle Magnolie, 19.

In entrambi i ricorsi sopra citati si prospettavano censure di illegittimità derivata e di eccesso di potere sotto vari profili.

Quanto ai ricorsi nn. 3426/03 e 3428/03 — indirizzati avverso il rigetto della denuncia di inizio attività (cosiddetta Dia), presentata in data 11.11.2002 per le già ricordate stazioni radio base per telefonia cellulare, da localizzare in via Giovanni XXIII, n. 15 ed in via Duca degli Abruzzi, n. 147, nonché avverso i relativi atti presupposti — le censure proposte erano riferite ad illegittimità derivata, in rapporto al regolamento comunale già impugnato con ricorso n. 2740/02, a violazione o falsa interpretazione dell'articolo 5, comma 2, del Dlgs 4.9.2002, n. 198 e ad eccesso di potere sotto vari profili.

Con tutti i ricorsi sopra indicati, infine, veniva proposta domanda di risarcimento dei danni.

Il Comune intimato, costituitosi in giudizio in rapporto a ciascuna delle impugnative sopra esaminate, contestava tutte le argomentazioni difensive di controparte, ribadendo in particolare la legittima emanazione del regolamento, oggetto della prima impugnativa e presupposto di tutti i provvedimenti impugnati nei successivi ricorsi, in base al combinato disposto degli articoli 3 e 7 del Dlgs 18.8.2000, n. 267 e dell'articolo 8 della legge 22.2.2001, n. 36.

La ricorrente, a sua volta, sottolineava invece in una memoria difensiva l'avvenuta emanazione del Dlgs 4.9.2002, n. 198, che avrebbe definitivamente sancito la compatibilità delle stazioni radio base per telefonia cellulare con qualsiasi destinazione urbanistica, anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge e di regolamento.

 

Diritto

Il Collegio ritiene opportuno disporre, in via preliminare, la riunione dei ricorsi nn. 2740/02, 2852/02, 2854/02, 12122/02, 3426/03, 3428/03 e 7865/03, in quanto legati da connessione soggettiva ed inerenti questioni consequenziali.

Nel merito, la questione sottoposta all'esame del Collegio investe il via principale il riparto di attribuzioni fra Stato ed Enti locali per la disciplina delle installazioni, produttive di inquinamento elettromagnetico, nonché la regolamentazione dei relativi impianti sotto il profilo urbanistico: solo in tale contesto, infatti, può essere valutata la legittimità del regolamento, emanato dal Comune di Ladispoli a norma dell'articolo 8, comma 6, della legge 22.2.2001, n. 36 (regolamento impugnato col ricorso n. 2740/02 e atto presupposto anche dei provvedimenti, oggetto di contestazione nel medesimo ricorso e in quelli successivi).

L'intera problematica sopra enunciata trova fondamentali parametri di riferimento in due recenti pronunce della Corte Costituzionale: in una — n. 307 del 7.10.2003 — vengono ribaditi i parametri, cui va rapportata la disciplina del settore di cui trattasi, nell'altra — n. 303 in data 1.10.2003 — si dichiara l'incostituzionalità, per eccesso di delega in rapporto alla legge n. 443/2002, del decreto legislativo 4.9.2002, n. 198, che nell'articolo 3, comma 2, sanciva la compatibilità "con qualsiasi destinazione urbanistica " e la realizzabilità "in ogni parte del territorio comunale" delle infrastrutture in questione, "anche in deroga agli strumenti urbanistici e ad ogni altra disposizione di legge o di regolamento", con eccezione prevista solo per alcuni manufatti di particolare consistenza, quali torri e tralicci, relativi alle reti di televisione digitale terrestre.

Nelle motivazioni della citata sentenza n. 303/03 si richiama specificamente proprio l'articolo 3, comma 2, del Dlgs n. 198, che — nel consentire l'insediamento generalizzato sul territorio degli impianti di cui si discute — sarebbe stato lesivo della potestà pianificatoria della Regione: una potestà da esercitarsi anche a livello di legislazione concorrente, in base al nuovo articolo 117, comma 3, della Costituzione, che tra le materie oggetto di tale attribuzione cita il "governo del territorio", la "tutela della salute" e l'"ordinamento della comunicazione".

Si deve quindi rilevare, in primo luogo, che la disciplina degli impianti di telecomunicazione e radiotelevisivi coinvolge profili sia di tutela dell'ambiente che di governo del territorio, in quanto impone standards di protezione dalle onde elettromagnetiche — uniformi su tutto il territorio nazionale — a garanzia del diritto alla salute, ma anche modalità di localizzazione degli impianti stessi, tali da consentire il rispetto sia dei parametri urbanistici che di corrette regole di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, nonché di ottimale diffusione delle reti di comunicazione, secondo un ben preciso riparto di competenze.

Come ribadito dalla predetta Corte nella sentenza n. 307/03 — in armonia peraltro con l'indirizzo giurisprudenziale, già formatosi sulla legge quadro n. 36/01 — la determinazione degli standards di protezione dall'inquinamento elettromagnetico è competenza dello Stato (sotto il profilo di valori-soglia, non derogabili dalle regioni), mentre è materia di legislazione concorrente (ovvero, rientrante anche nella potestà legislativa regionale, ma nel rispetto di principi fondamentali, fissati da leggi dello Stato) il trasporto dell'energia e l'ordinamento della comunicazione; è infine rimessa alle Regioni e agli enti territoriali minori la localizzazione degli impianti, come questione attinente alla disciplina d'uso del territorio, purchè la pianificazione, a quest'ultimo riguardo dettata, non sia tale "da impedire o da ostacolare ingiustificatamente l'insediamento degli impianti stessi".

L'interprete è quindi chiamato ad affrontare problematiche, che attengono sia allo sviluppo del territorio, sia a fattori di inquinamento ambientale, questi ultimi solo in parte superabili attraverso il verificato rispetto dei parametri, fissati dallo Stato come "limiti di esposizione" ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, mentre — sul piano dell'edificazione — gli impianti tecnologici di cui trattasi trovano parametri di riferimento anche nelle norme urbanistico-edilizie, come recepite nel Dpr 6.6.2001, n. 380.

Queste ultime prevedono (dopo la dichiarata incostituzionalità del citato Dlgs n. 198/02) una disciplina differenziata, in caso di rapporto di strumentalità necessaria degli impianti rispetto a edifici preesistenti (situazione rapportabile a caldaie, condizionatori, pannelli solari e simili), ovvero di autonomia funzionale dei medesimi quali nuove costruzioni (come nel caso, appunto, di tralicci ed impianti, destinati ad essere parte di una rete di infrastrutture).

Solo per i primi, fra gli impianti sopra indicati, risultava applicabile la disciplina dettata per gli interventi edilizi ritenuti minori, soggetti a mera denuncia di inizio attività (cosiddetta Dia) dall'articolo 4 del Dl 5.10.1993, n. 398, convertito con modificazioni dalla legge 4.12.1993, n. 493, come modificato dall'articolo 2, comma 60, della legge 23.12.1996, n. 662 ed integrato dall'articolo 1, comma 6, della legge 21.12.2001, n. 443, fino all'entrata in vigore — il 30.6.2003 — del Dpr 6.6.2001, n. 380 — testo unico delle disposizioni legislative in materia edilizia — che raccoglie le disposizioni legislative e regolamentari contenute nel Dlgs n. 378/01 e nel Dpr n. 379/01. Per gli impianti di cui si discute, invece, il citato Dlgs n. 378/01 prescrive — nel combinato disposto degli articoli 10 e 3, comma 1, lettere e.2, e.3 ed e.4, — il permesso di costruire, introdotto dalla medesima normativa come nuova qualificazione formale della concessione edilizia.

In relazione alle norme in questione, peraltro, si deve tenere conto oggi delle sopravvenute procedure autorizzatorie, previste per le infrastrutture di cui trattasi dagli articoli 86 e 87 del codice delle comunicazioni elettroniche, approvato con Dlgs 1.8.2003, n. 259: una disciplina, quest'ultima, che affronta i molteplici profili di interesse pubblico coinvolti e prevede al riguardo lo svolgimento di apposite conferenze di servizi, circoscrivendo una peculiare fattispecie, soggetta a denuncia di inizio attività ("installazione di impianti, con tecnologia Umts o altre, con potenza in singola antenna uguale o inferiore ai 20 watt").

È alla luce del quadro normativo sopra sintetizzato — come interpretato ed inciso dalle richiamate sentenze della Corte Costituzionale — che debbono valutarsi sia la reale portata applicativa della legge-quadro (nella parte in cui — articolo 8, comma 6, legge n. 22.2.2001, n. 36 — consente ai Comuni di "adottare un regolamento, per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici"), sia la conseguente legittimità degli atti esecutivi, in questa sede impugnati.

La disposizione legislativa sopra riportata, in effetti, poneva problemi di coordinamento, se non addirittura di compatibilità, con l'articolo 3, comma 2, del Dlgs n. 198/02, nella parte in cui quest'ultimo dettava regole di ampia liberalizzazione della disciplina degli impianti in questione sotto il profilo urbanistico-edilizio, tanto da rendere difficilmente proponibili ulteriori regolamentazioni restrittive, riferite a problemi di inquinamento elettromagnetico: la dichiarata incostituzionalità della norma delegata, tuttavia, fa cadere le argomentazioni difensive, che in rapporto alla medesima erano state prospettate dalla parte ricorrente, al fine di negare la legittimità del regolamento comunale emesso appunto ex articolo 8, comma 6, legge n. 36/2001 ed ispirato a criteri di massima restrizione dell'inquinamento in questione.

Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene il predetto regolamento non sia, comunque, conforme al dettato della norma presupposta, in rapporto alla quale risultano fondate ed assorbenti le prospettate censure di violazione della legge da ultimo citata e di incompetenza.

Occorre, infatti, dare alla richiamata disposizione della legge quadro un'interpretazione compatibile con il riparto delle competenze in materia, sottolineato anche dalla Corte Costituzionale; tale riparto implica che il regolamento, rimesso in via esclusiva all'Autorità comunale, non incida sui limiti di esposizione, fissati dallo Stato a tutela del bene costituzionalmente protetto della salute, né sulla rete di distribuzione dell'energia, oggetto di legislazione concorrente, né sulla pianificazione urbanistica, affidata in via generale — a livello di Prg — alla predisposizione di un atto complesso, emanato dai Comuni con l'approvazione della Regione.

I margini delle competenze comunali, sotto il profilo che qui interessa, vanno dunque ricercati, ad avviso del Collegio, nella più ampia dimensione della sfera di tutela della salute dei cittadini, riconosciuta dalla stessa legge quadro, al di là dei limiti di esposizione — comunque non modificabili — ai campi elettrici ed elettromagnetici.

Detta sfera di tutela è da porre in relazione con gli obiettivi, enunciati nell'articolo 1 della più volte citata legge n. 36/2001, obiettivi che partono dalla salvaguardia dell'integrità fisica, — sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, circa gli effetti nocivi dell'inquinamento elettromagnetico — ma si rapportano anche, in via evolutiva, alla promozione della ricerca, per la valutazione degli effetti a lungo termine dell'inquinamento stesso, nonché alle esigenze di tutela dell'ambiente e del paesaggio, da preservare attraverso innovazioni tecnologiche, tali da ridurre l'impatto delle strutture di cui trattasi sui valori tutelati.

In tale dimensione evolutiva, il successivo articolo 3 della medesima legge n. 36/2001 enuncia l'esigenza di determinare non solo i già ricordati limiti insuperabili di esposizione (definiti come valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico), ma anche i "valori di attenzione" e gli "obiettivi di qualità": i primi intesi come valori di campo da non superare, a titolo di cautela rispetto ai possibili effetti a lungo termine (in ambienti abitativi, scolastici o comunque adibiti a permanenze prolungate); i secondi individuati sia come ulteriori misure e prescrizioni, ai fini della progressiva riduzione dell'esposizione, sia come criteri localizzativi ottimali, sulla base delle tecnologie disponibili.

Anche i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità del primo tipo (articolo 3, comma 1, lettera d, n. 2 legge n. 36/01 cit.) — come sottolineato dalla già citata sentenza della Corte Costituzionale n. 307/2003 — rientrano nelle competenze dello Stato, ma — al pari delle competenze regionali in materia di localizzazione e standards urbanistici (obiettivi di qualità del secondo tipo: articolo 3, comma 1, lettera d, n. 1 legge cit.) — non escludono spazi attuativi — sotto il profilo della localizzazione ottimale — per la regolamentazione di cui al più volte citato articolo 8, comma 6, legge n. 36/2001.

Quest'ultima regolamentazione si presenta, quindi, come una competenza aggiuntiva, rispetto a quella più generale di governo del territorio sotto il profilo urbanistico-edilizio, consentendosi ai Comuni di adottare misure programmatorie integrative per la localizzazione degli impianti di cui si discute, in modo tale da minimizzare l'esposizione dei cittadini residenti ai campi elettromagnetici (cfr. Cons. St., sezione VI, 3.6.2002, n. 3095; 20.12.2002, n. 7274; 10.2.2003, n. 673; 26.8.2003, n. 4841).

In tale ottica i medesimi impianti possono venire assoggettati ad una disciplina più complessa e restrittiva, rispetto a quella vigente per le altre infrastrutture, purchè tale disciplina sia tale da conciliare — nel rispetto del riparto di competenze, in precedenza indicato — il triplo ordine di interessi pubblici coinvolti: quello inerente la tutela della salute, quello indirizzato alla pianificazione urbanistica e quello alla diffusione dell'energia e delle comunicazioni, con modalità tecnicamente valide e idonee ad assicurare — fermo restando il rispetto dei limiti massimi di esposizione — anche una equilibrata ed efficace presenza delle opere in questione sul territorio.

La regolamentazione comunale può dunque fissare parametri di specificazione attuativa, in rapporto sia alla concreta ubicazione degli impianti, sia alle relative caratteristiche tecniche, ma nell'ambito delle localizzazioni già possibili a livello di Prg (ovvero, ove una disciplina al riguardo nel Prg manchi, tenuto conto della qualificazione ex lege delle strutture in questione come opere di urbanizzazione primaria); quanto sopra, senza derogare ai limiti di esposizione, ai livelli di attenzione ed agli obiettivi di qualità fatti propri sia dallo Stato che dalla Regione, per quanto di rispettiva competenza.

Solo a livello di pianificazione generale — e quindi con l'intervento della Regione, in grado di operare scelte per tutto il proprio territorio, in armonia con gli obiettivi di diffusione delle reti di telecomunicazione, posti a livello statale — si può dunque ammettere che determinate zone siano specificamente destinate ad accogliere gli impianti di cui trattasi, o dichiarate del tutto inidonee alla relativa installazione; ove tale scelta programmatoria non sia stata effettuata in tale sede, gli impianti stessi non potranno che ritenersi complementari a qualsiasi destinazione edificatoria, in quanto opere in rapporto di strumentalità funzionale con lo sviluppo del territorio

A livello di regolamento, emesso ex articolo 8, comma 6, della legge n. 36/2001, in effetti, potrebbero essere imposte ubicazioni specifiche o caratteristiche tecniche, tali da concorrere all'obiettivo — recepito dalla legge — di minimizzazione dell'esposizione (articolo 4, comma 1, lettera a); quanto sopra,tuttavia, purchè la disciplina comunale non abbia i seguenti contenuti, indice di superamento dei limiti, che contrassegnano gli ambiti di competenza statali e regionali:

a) introduzione di deroghe generalizzate ai limiti di emissione e di esposizione fissati dallo Stato (cfr. legge n. 249/1997 e Dm n. 381/1998);

b) preclusione dell'installazione degli impianti di cui trattasi in intere zone omogenee, destinate ad insediamenti cui i medesimi risultino funzionali, ovvero individuazione di aree, parimenti omogenee, specificamente destinate a tali insediamenti, in entrambi i casi con illegittima elevazione del regolamento al rango di pianificazione urbanistica, senza rispetto delle relative procedure (adeguata pubblicità dell'iniziativa prima della relativa approvazione, ammissibilità di osservazioni da parte di qualsiasi cittadino o ente interessato, approvazione della Regione, quale Autorità coemanante l'atto di pianificazione);

c) prescrizione di limiti, che siano di ingiustificato ostacolo o impedimento per l'installazione degli impianti in questione (Corte Cost. , n. 307/2003 cit), o che siano volti solo a diminuire, per la popolazione locale, i rischi dell'esposizione agli agenti inquinanti di cui trattasi, ma con modalità tali da interferire sul trasporto e sulla distribuzione dell'energia e sullo sviluppo dei sistemi di telecomunicazione, ovvero su materie, non solo di preminente interesse nazionale secondo la legge quadro (articolo 4, comma 1, lettera a), ma oggetto delle competenze concorrenti dello Stato e della Regione, a norma dell'articolo 117 della Costituzione, nell'interesse pubblico alla realizzazione di impianti, ritenuti necessari per il Paese.

Nel rispetto dei predetti limiti, i regolamenti comunali di cui trattasi non possono che contenere disposizioni di dettaglio (anche "praeter legem", ma nei limiti in cui l'integrazione non sia in contrasto con la legge), al fine di ottimizzare, tenuto conto della morfologia del territorio, la localizzazione degli impianti di cui trattasi, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, prefissati dallo Stato o indicati dalle leggi regionali.

Tra le disposizioni possibili possono indicarsi — a titolo esemplificativo — l'adozione di particolari accorgimenti tecnici o schermature, idonei a neutralizzare in tutto o in parte l'impatto delle onde elettromagnetiche, nonché la scelta di siti particolarmente idonei, che — sempre nell'ambito delle zone territoriali omogenee, previste a livello di Prg — riducano, rispetto ai valori massimi consentiti, l'esposizione in immobili destinati alla permanenza di soggetti più fragili o a rischio (scuole, ospedali, case di riposo), ovvero assicurino il minore possibile impatto sul territorio, anche sul piano urbanistico/edilizio. Quanto sopra, senza trascurare le esigenze di interconnessione fra gli impianti di cui trattasi, nonchè previo svolgimento di approfonditi e documentati accertamenti istruttori, sulla base di risultanze di carattere scientifico, atte ad evidenziare la ragionevolezza e l'utilità delle misure adottate rispetto al fine perseguito, data l'incertezza esistente circa i nessi causali, fra pregiudizio della salute ed inquinamento elettromagnetico (cfr., ex multis, Cons. St., sezione VI, 6.8.2002, n. 4096 e n. 4841/03 cit.).

Ogni più ampia valenza, che si volesse attribuire alla norma legislativa in esame, farebbe derivare dalla medesima una delegificazione della materia, cui corrisponderebbero regolamenti delegati, privi della necessaria predeterminazione di criteri da seguire e in grado di incidere sul riparto non di mere competenze, ma di attribuzioni, fissato per gli enti territoriali a livello costituzionale.

Una interpretazione secondo costituzione della legge quadro, dunque, impone di ricondurre alla stessa l'emanazione di regolamenti comunali di portata meramente attuativa, o integrativa della legge nei limiti sopra specificati.

Nel caso di specie, i limiti in questione appaiono non rispettati, in quanto il regolamento impugnato esclude l'installazione degli impianti, cui è riconducibile inquinamento elettromagnetico, da buona parte del territorio comunale (zone urbanizzate o da urbanizzare, zone sottoposte a vincolo militare, zone comunque protette, nonchè genericamente "sensibili" o rientranti in una "opportuna fascia di rispetto"), senza chiare indicazioni sulle ubicazioni alternative possibili, in termini idonei a soddisfare tutte le esigenze in precedenza indicate, nonchè con dichiarata "zonizzazione", equivalente a nuova pianificazione urbanistica.

Sottolinea il carattere non meramente attuativo del regolamento — e quindi lo sconfinamento di competenza di cui il medesimo è espressione — la previsione contenuta nell'articolo 5, punto 4: solo, infatti, per le autorizzazioni già rilasciate, nella zona in cui la nuova normativa comunale preclude gli impianti in questione, di tali impianti si consente il mantenimento, ma fino al 30.6.2002 e nel "rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, stabiliti dalla normativa vigente"; si manifesta in modo piuttosto esplicito, quindi, la volontà del Comune di dettare una disciplina più restrittiva, o comunque di andare oltre la mera specificazione di dettaglio, rispetto a quella normativa generale di settore, la cui perfetta osservanza è richiamata al limitato fine di consentire la permanenza a breve termine di impianti, in precedenza — e sulla base della normativa stessa — assentiti senza alcun limite temporale.

Il medesimo regolamento, pertanto, deve ritenersi emesso in erronea applicazione dell'articolo 8, comma 6, legge n. 36/02, secondo l'unica lettura di tale norma che non implichi dubbi di costituzionalità, in rapporto al riparto di competenze di cui al ricordato articolo 117, terzo comma, della Costituzione e al dettato dell'articolo 4, comma 1, della medesima legge n. 36/02: la seconda censura, sostanzialmente al riguardo formulata, appare pertanto fondata ed assorbente.

Il ricorso n. 2740/02 deve quindi essere accolto, per quanto riguarda la domanda di annullamento della delibera consiliare n. 73 del 5.12.2001, approvativa del regolamento di gestione del corretto insediamento urbanistico e territoriale delle stazioni radio base per telefonia mobile.

Alla riconosciuta fondatezza della predetta domanda, cui consegue l'annullamenmto dell'atto regolamentare, non può che seguire l'accoglimento del medesimo ricorso n. 2740, anche in relazione agli altri atti impugnati: la sospensione dei lavori intrapresi dalla ricorrente in via delle Magnolie, 19, per l'installazione di una stazione radio base, e la revoca dell'autorizzazione n. 36 del 4.10.2001, concernente detti lavori.

In relazione a tali atti la ricorrente prospetta, sia pure senza chiara esplicitazione formale, una censura di illegittimità derivata, desumibile dal contesto delle argomentazioni difensive, ed una censura di violazione dello stesso regolamento, in quanto viene rimossa un'autorizzazione, legittimamente rilasciata prima dell'emanazione del regolamento di cui trattasi, peraltro senza attendere la scadenza temporale (30.6.2002) per tale ipotesi prevista dall'articolo 5.

Entrambe le argomentazioni appaiono fondate: la prima, in quanto comunque gli atti esecutivi del regolamento in questione non possono che essere travolti dal relativo annullamento; la seconda poiché, in effetti, la revoca anticipata dell'autorizzazione appariva priva di presupposto normativo, anche a prescindere dalla legittimità della disposizione regolamentare, finalizzata ad incidere retroattivamente sullo ius aedificandi dei soggetti, che avessero in precedenza ottenuto delle autorizzazioni ad installare manufatti, del genere in esame.

Anche la domanda di annullamento degli atti sopra specificati viene quindi accolta, con conseguente accoglimento dei successivi ricorsi nn. 12122/02 e 7865/03, che vengono qui esaminati seguendo un ordine di priorità logica, trattandosi di ricorsi attinenti misure strettamente consequenziali alla revoca dell'autorizzazione, per la stazione radio base di via delle Magnolie, 19: tali misure comprendono l'ordine di rimozione del manufatto ed il successivo verbale di accertamento dell'inottemperanza all'ordine stesso, inteso come titolo per l'immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari del trasferimento della proprietà del bene e della relativa area di sedime nel patrimonio comunale.

In rapporto agli atti sopra specificati risultano fondate le censure sia di illegittimità derivata, riferite all'atto regolamentare presupposto, sia di eccesso di potere, con riferimento all'ordinanza di questo Tribunale n. 2102/02 del 18.4.2002, con la quale la revoca dell'autorizzazione edilizia era stata sospesa senza indicazione di un termine e quindi, secondo i principi generali vigenti in materia, fino alla presente decisione di merito: non potevano, pertanto, essere legittimamente emesse misure sanzionatorie, consequenziali all'atto sospeso e come tale privo di efficacia.

La motivazione dell'ordinanza, che sottolineava solo il carattere retroattivo della revoca, disposta a norma del nuovo regolamento su una autorizzazione già rilasciata, non era riconducibile — come sostenuto dal Comune resistente — alla scadenza temporale, prevista dal medesimo regolamento per dette precedenti autorizzazioni, dovendo essere parametri della decisione cautelare solo la parvenza di fondatezza del ricorso e l'esigenza di evitare la produzione di un danno grave e irreparabile: un pericolo di danno, d'altra parte, appariva con ogni evidenza connesso al solo provvedimento, preordinato ad impedire l'edificazione e non anche al relativo atto presupposto, di natura normativa; nulla, comunque, autorizzava a ritenere che la citata ordinanza cautelare contenesse, senza enunciarlo, un termine di scadenza dei propri effetti diverso, da quello insito nelle regole del processo amministrativo.

Quanto ai ricorsi nn. 2852, 2854, 3426 e 3428, non può non ritenersi per tutti fondata ed assorbente la censura di illegittimità derivata: i ricorsi in questione, infatti, investono due dinieghi di concessione edilizia e due rigetti di denuncia di inzio attività, relativi alla installazione di stazioni radio base per telefonia cellulare in via Giovanni XXIIIIII, n. 15 ed in via Duca degli Abruzzi, n. 147, provvedimenti che trovano univoco presupposto nel regolamento, approvato con delibera consiliare n. 73 del 5.12.2001.

I primi dinieghi, in particolare, fanno esclusivo richiamo al predetto regolamento comunale, che esclude le installazioni di cui trattasi in tutte le zone denominate "A", fra cui rientrano quelle che interessano nel caso di specie; quanto ai provvedimenti di rigetto delle denunce di inizio attività, presentate ai sensi dell'articolo 5, comma 2, del Dlgs n. 198/02, si segnala invece un contrasto con il "Piano triennale di sviluppo e risanamento della rete telefonica mobile", approvato con delibera di Gm n. 366 del 22.1.2003 e rettificato con delibera di Gm n. 21 del 3.2.2003" (atti, questi ultimi, che risultano a loro volta oggetto di impugnativa).

Anche il Piano Triennale in questione tuttavia — benché correttamente basato sulla "concertazione con i soggetti aventi titolo" — è forma di pianificazione introdotta dall'articolo 8 del medesimo regolamento, che nell'articolo 3 pone la "zonizzazione" del territorio comunale, già esaminata e ritenuta illegittima con riferimento al ricorso n. 2740/02. L'integrale annullamento dell'atto, che imponeva per la rete di telefonia mobile la disciplina comunale in esame, quindi, non può non travolgere la pianificazione triennale, operata sulla base delle predette disposizioni regolamentari.

È vero che la dichiarata incostituzionalità del Dlgs n. 198/02 pone nuovi parametri di riferimento, rispetto alla denuncia di inizio attività a suo tempo presentata, ma nell'ambito di una situazione normativa evolutasi dopo l'emanazione, in data 4.2.2003, dei provvedimenti negativi impugnati; tali provvedimenti appaiono dunque illegittimi, per illegittimità del presupposto che ne ha giustificato l'adozione, anche se il rinnovato esame della fattispecie non potrà non risentire dello "ius superveniens", nel frattempo intervenuto (tenuto conto della normativa ora vigente, già in precedenza richiamata, alla luce della posticipata entrata in vigore del Dpr 6.6.2001, n. 380 e della recentissima emanazione del Dl 14.11.2003, n. 315, che nell'articolo 4 detta disposizioni transitorie per i procedimenti di autorizzazione, avviati ai sensi del Dlgs n. 198/02 ed in corso alla data di pubblicazione della ricordata sentenza della Corte Costituzionale n. 303/03).

Restano da esaminare le istanze risarcitorie, proposte con i medesimi ricorsi; tali istanze sono sicuramente ammissibili, in base all'indirizzo giurisprudenziale recentemente affermatosi in materia di risarcibilità del danno per lesione di interessi legittimi (cfr. Cass. SS.UU. n. 500/1999 del 22.7.1999 e successiva giurisprudenza pacifica); in materia di interessi pretesivi, come quelli riconducibili agli atti negativi, oggetto di alcuni dei ricorsi in esame, tuttavia, una quantificazione del danno appare oggettivamente non effettuabile, prima che la fattispecie abbia trovato la nuova, compiuta definizione che l'annullamento dei citati atti negativi impone.

Anche a prescindere da quanto sopra, e con riferimento a tutte le impugnative, inoltre, il Collegio non ravvisa quella dimensione di colpevolezza, che la ricordata sentenza n. 500/99 della Cassazione e la successiva giurisprudenza amministrativa (cfr., fra le tante, Tar Sicilia, Catania, 12.2.2000, n. 103; Tar Puglia, Bari, 17.1.2000, n. 169; Tar Lazio, Roma, sezione II bis, 2.8.02, n. 6902) riferiscono solo a violazione dei principi di buona amministrazione, in termini non coincidenti con quelli di cui all'articolo 2043 Cod.civ. (da ritenere recettivo del concetto di colpa anche come mera "inosservanza di leggi, regolamenti, ordini e discipline", ex articolo 43, c. 3, Codice penale; cfr. anche, per il principio, Cons. St., sezione V, 6.8.2001, n. 4239).

Nel caso di specie, non appare ravvisabile quella "violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione", che è individuata quale presupposto della risarcibilità del danno, secondo la già ricordata giurisprudenza, e che può sintetizzarsi come violazione delle regole del giusto procedimento, come codificato, in particolare, dalla legge n. 241/1990.

Detta violazione può ravvisarsi, infatti, in presenza di comportamenti omissivi, contraddittori o dilatori dell'Amministrazione, ovvero in rapporto a violazione di norme, sulle quali non sussistano incertezze interpretative o la cui interpretazione sia ormai pacifica.

Nella situazione in esame, l'Amministrazione ha provveduto a contemperare una molteplicità di interessi pubblici, secondo linee di indirizzo la cui legittimità non è stata condivisa da questo Tribunale, ma che apparivano finalizzate alla tutela del diitto alla salute della popolazione, in un contesto normativo recente ed in rapida evoluzione, al di fuori pertanto di indirizzi consolidati.

Tenuto conto di quanto sopra, il Collegio ritiene che le medesime istanze risarcitorie debbano essere respinte e che sussistano giusti motivi anche per la compensazione delle spese giudiziali.

 

PQM

 

Il Tribunale aministrativo regionale per il Lazio, (Sezione II bis), riunisce i ricorsi nn. 2740/2002, 2852/2002, 2854/2002, 12122/2002, 3426/2003, 3428/2003, 7865/2003 , specificati in epigrafe;

accoglie nei termini di cui in motivazione i ricorsi stessi e, per l'effetto,

annulla il regolamento comunale, approvato con delibera consiliare n. 73 del 5.12.2001, le ordinanze sindacali nn. 3 in data 8.1.2002 e 16 del 7.2.2002, i dinieghi di concessione edilizia nn. 4883 in data 11.2.2002, riferiti agli impianti di via Duca degli Abruzzi e di via Giovanni XXIII, l'ordinanza di rimozione n. 111/82 del 2.8.2002, i provvedimenti di rigetto della Dia nn. 3723 e 3724 del 4.2.2003, nonché la delibera consiliare 26 in data 8.4.2002 e la delibera di Gm n. 237 del 2.9.2002, come rettificata con delibera di Gm n. 21 del 3.2.2003, il provvedimento di constatazione di inottemperanza n. 16586 in data 11.6.2003;

respinge le domande di risarcimento dei danni, presentate con i ricorsi riuniti;

compensa le spese giudiziali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nelle Camer di Consiglio in data 16 ottobre 2003 e 15 gennaio 2004, con l'intervento dei Magistrati:

(omissis)

Depositata in segreteria in data 3 giugno 2004.

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