Rumore

Giurisprudenza

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Ordinanza Tribunale Modena 11 novembre 2003, n. 42

Inquinamento acustico - Immissioni di rumori intollerabili - Divieto - Fondamento - Pericolo che le immissioni stesse travolgano l'equilibrio psichico della persona

Tribunale

Tribunale di Modena, Sezione prima - Ordinanza 11 novembre 2003, n. 42

Tribunale di Modena, Sezione prima — Ordinanza 11 novembre 2003, n. 42

 

(omissis)

Motivi e decisione

1. I ricorrenti lamentano che dal parcheggio di pertinenza di una trattoria di proprietà di (...), (...) e (...), confinante con le loro abitazioni, provengono immissioni rumorose nocive, in quanto dannose per il loro riposo, quiete e tranquillità, in particolare nelle ore serali e notturne, per effetto dell'attività della clientela della trattoria, in particolare camionisti alla guida di veicoli pesanti; i ricorrenti hanno, quindi, chiesto l'emissione dei provvedimenti d'urgenza necessari per la cessazione delle immissioni stesse o quantomeno per la loro riduzione entro i limiti della tollerabilità; hanno, pertanto, richiamato le norme di cui agli articoli 844 e 2043 C.c..

2. La giurisprudenza di merito ha affrontato da lungo tempo la materia e vi sono state numerose pronunce pretorili e di Tribunale che hanno concesso l'inibitoria di immissioni ai sensi dell'articolo 700 C.p.c., a tutela del diritto alla salute dei proprietari o dei titolari di un diritto di godimento su fondi contigui a fonti di immissioni ai sensi dell'articolo 844 C.p.c. (cfr. Pretura di Monza 15 giugno 1976; Pretura di Vigevano 6 aprile 1978 e 22 marzo 1985; Pretura di Thiene 13 ottobre 1984, Pretura di Verona 29 giugno 1984, Pretura di Castrovillari 16 febbraio 1991; Pretura di Milano, 18 febbraio 1993, in: Arch. locazioni 1994, 391).

Già in queste pronunce era presente il riconoscimento di un'autonoma azione inibitoria a tutela del diritto alla salute inteso quale diritto della personalità fondato sull'articolo 32 Costituzione e, quindi, l'esperibilità dell'azione inibitoria come rimedio preventivo generale a tutela di tutti i diritti assoluti. Anche la Corte di Cassazione è giunta da tempo al riconoscimento del diritto alla salute come diritto tutelabile in via immediata ad iniziativa degli interessati ed autonomamente (cfr. Cassazione 1463/79; 5172/79; 4523/84; 1130/85) prima che la Corte costituzionale con la sentenza 184/86 tracciasse le linee maestre dell'inquadramento costituzionale della materia, e successivamente l'indirizzo non è più stato abbandonato.

In particolare, è stato osservato che il bene salute deve ritenersi comprensivo non solo dell'incolumità fisica ma anche del benessere psichico dell'individuo e di tutto ciò che vale a costituire la "qualità" stessa della vita, intesa come esaustiva realizzazione della persona umana nella totalità e globalità delle sue manifestazioni e dei suoi valori.

Le immissioni sonore intollerabili portano all'attenzione il rumore non già per le lesioni organiche che possa in ipotesi provocare per l'organismo umano, ma proprio per la oggettiva capacità dello stesso di travolgere l'equilibrio della persona, intesa come tale, cioè come soggetto teso a realizzare, come d'ordinario, le sue funzioni psichiche, ed ad espletare le attività rispondenti all'esercizio delle sue qualità soggettive e sociali (cfr. Corte di Appello di Venezia, 31 maggio 1985: secondo Tribunale di Milano, 21 ottobre 1999, in: Giur. milanese 2000, 68, "è ravvisabile il danno esistenziale da inquinamento acustico nel caso in cui, a causa del superamento dei limiti di tollerabilità delle immissioni sonore fissati dalla legge, si verifichi in concreto una lesione della serenità personale dell'individuo, ossia un'alterazione del benessere psico-fisico, dei normali ritmi di vita che si riflettono sulla tranquillità personale del soggetto danneggiato, incidendo sulle normali attività quotidiane e provocando uno stato di malessere psichico diffuso che, pur non sfociando in una vera e propria malattia, provoca, tuttavia, ansia, irritazione, difficoltà a far fronte alle normali occupazioni e depressione").

Le immissioni rumorose intollerabili, quindi, posta la distinzione tra "integrità fisica dell'individuo" ed una nozione più estesa del bene "salute", comprendente il benessere psichico, la qualità della vita, anche di relazione, ed i valori della persona, integrano danno alla persona, ed alla sua salute, anche in assenza di lesioni immediatamente obiettivabili.

Posto, infatti, che, com'è noto, il rumore di intensità superiore alla soglia di tollerabilità determina in ciascun individuo reazioni di contenuto diverso (anche paura, ira, disperazione) e, comunque, tali da compromettere la cosiddetta "qualità uomo", intesa nel senso della capacità di produrre e ricevere le utilità, di qualunque natura, derivanti dall'attività lavorativa ed in genere dal mondo esterno, viene in rilievo una nozione di danno biologico che prescinde dalla effettiva sussistenza di menomazioni organiche dell'integrità psicofisica della persona umana e riguarda, invece, la compromissione della salute nel lato senso sopra indicato; in sintesi, comprensivo di tutte le potenzialità dell'integrità psicofisica, del normale esercizio, cioè, delle qualità del soggetto, ivi compresa le capacità relazionali con l'ambiente circostante e con i propri simili (cfr. Corte di Appello di Venezia, 31 maggio 1985, cit., Corte di Appello di Milano 9/5/86), tanto che l'intollerabilità delle immissioni non può che considerarsi una fattispecie produttiva del danno alla salute.

Sicuramente deve, dunque, ritenersi ammissibile per la sua tutela il ricorso alla procedura d'urgenza prevista dall'articolo 700 C.p.c., poiché essa è l'unica disposizione che consente in questa materia l'emissione di un provvedimento immediato (per la tutela dell'esigenza "di un immediato venir meno delle fonti di disturbo", cfr. ad es. Tribunale di Perugia, 15 giugno 1999, in: Rass. giur. umbra 1999, 751).

4. Occorre, quindi, verificare la ricorrenza nel caso di specie dei due requisiti indispensabili per l'accoglimento del ricorso a norma di legge.

Quanto all'apparenza di fondatezza del pericolo di danno alla salute occorre esaminare il concetto di "normale tollerabilità" dell'immissione sonora.

La Corte di Cassazione (cfr. ad es. Cassazione 1796/76) ha affermato che la valutazione della normale tollerabilità va fatta secondo indici oggettivi.

Successivamente la giurisprudenza assolutamente prevalente ha seguito, nella determinazione della tollerabilità dei rumori, piuttosto che un criterio assoluto, che tiene conto dell'intensità delle immissioni sonore di per sé, un criterio comparativo che tiene conto non solo del livello sonoro rilevato ma lo compara con il cosiddetto "rumore di fondo", costituito dal complesso di rumori continuo e caratteristico di una certa zona.

Si reputa, cioè, necessaria l'assunzione di un punto di riferimento, dato dal rumore di fondo riscontrato in una determinata zona inteso come risultante di tutti gli effetti acustici determinati dalle sorgenti sonore esistenti ad eccezione di quella in discussione.

Ove poi, come nel caso di specie, sia invocata tutela per una porzione definita dell'arco della giornata, la comparazione andrà condotta con il rumore di fondo che specificamente è rilevabile nella porzione temporale in questione.

Com'è noto, nel procedimento ai sensi dell'articolo 700 C.p.c. non è richiesta, per le caratteristiche d'urgenza dello stesso, la prova conclusiva ed irrefutabile del temuto pregiudizio, ma soltanto quella indiziaria della fondatezza di tal timore.

Deve, quindi, stabilirsi se può fondatamente ritenersi che l'immissione in questione sia intollerabile, ad a tal fine occorre fissare un limite oltre il quale la differenza tra il rumore di fondo ed il livello sonoro determinato dalle immissioni assume tale connotazione.

La prevalente giurisprudenza di merito e di legittimità ha ritenuto eccedenti il limite normale di tollerabilità quelle immissioni che superino di 3 decibel la rumorosità di fondo (cfr. Tribunale di Roma 2 maggio 1964, Tribunale di Vigevano 23 marzo 1973, Cassazione 6 gennaio 1978, n. 38; Corte di Appello di Milano, 9 maggio 1986, in: Foro it. 1986, I, 2870; Pretura Taranto, 17 giugno 1988, in: Giur. agr. 1989, 440; Tribunale di Savona, 31 gennaio 1990, in: Giur. it. 1991, I, 2, 606; Tribunale di Milano, 10 dicembre 1992, in: Resp. civ. e prev. 1993, 995; Corte di Appello di Milano, 17 luglio 1992, in: Giur. it. 1994, I, 2, 717; Tribunale di Perugia, 13 marzo 1993, e Tribunale di Orvieto, 5 aprile 1993, entrambe in: Rass. giur. umbra 1993, 635; Pretura Taranto, 19 novembre 1993; Tribunale Como, 21 maggio 1996, in: Arch. locazioni 1997, 103; Tribunale Orvieto, 14 aprile 1997, in: Rass. giur. umbra 1997, 343); in qualche caso si è anche stabilito un valore assoluto (cfr. Corte di Appello di Cagliari, 2 giugno 1993, secondo cui "Il limite di tollerabilità delle immissioni acustiche deve ritenersi superato nel caso in cui i rumori abbiano una intensità di oltre 25 decibel per le camere da letto, e di oltre 30 decibel per gli altri ambienti", in: Riv. giur. Sarda 1996, 647).

Posto, infatti, che il limite di tollerabilità non è quasi mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, la valutazione deve essere riferita da un lato alla sensibilità dell'uomo medio e dall'altro alla situazione locale, con accertamento concreto che spetta al giudice (Cassazione, sezione seconda, 38/1978, cit.; 5157/1983; 6242/94; 161/96; sezione terza, 915/99).

5. In tale ottica, il limite differenziale di tre decibel è stato costantemente riconfermato anche dopo l'entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1 marzo 1991.

Infatti, si ritiene che l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1 marzo 1991 pone un limite di "accettabilità" dell'inquinamento acustico che deve indubbiamente essere tenuto presente nella valutazione della tollerabilità delle immissioni sonore agli effetti dell'articolo 844 C.c., ma che lo stesso decreto non ha introdotto nell'ambito della materia sostanziali novità: la norma regolamentare pone, infatti, dei limiti massimi assoluti differenziati per zona e limiti relativi, consistenti nella differenza massima insuperabile rispetto al livello del rumore ambientale, ma non può precludere una valutazione in concreto di intollerabilità, atteso anche che l'integrità della persona ed il bene primario della salute non possono essere valutati in termini esclusivamente fisici e materialmente constatabili, e comprende anche la sfera emotiva e psichica, le cui sofferenze sono meno obiettivamente misurabili ma non per questo meno reali (cfr. Corte di Appello di Milano, 29 novembre 1991; Corte di Appello di Torino, 23 marzo 1993, in: Arch. locazioni 1994, 823; Tribunale di Como, 21 maggio 1996, cit.; Tribunale di Perugia, 8 novembre 1997, in: Rass. giur. umbra 1998, 125; Cassazione, sezione terza, 6662/97); a parte il fatto che un diritto primario della personalità non può, comunque, essere inciso negativamente da una disposizione normativa secondaria, d'ordine regolamentare; infine, detto decreto persegue finalità di carattere pubblico ed opera nei rapporti fra i privati e la Pubblica amministrazione, e perciò le disposizioni in esso contenute non escludono l'applicabilità dell'articolo 844 C.c. nei rapporti tra i privati proprietari di fondi vicini (Cassazione, sezione seconda, 161/96; 12080/00; 10735/01).

In particolare, si ritiene che i limiti di maggior favore previsti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1 marzo 1991 non hanno modificato il quadro giuridico di cui agli articoli 844 C.c. e 32 Costituzione, per cui il punto di intollerabilità è da ritenersi ancora raggiunto allorché un determinato rumore superi di tre decibel il rumore di fondo. L'orientamento espresso è, peraltro, conforme ad un più consolidato orientamento in materia di inquinamento idrico, per il quale è stato a suo tempo chiarito che l'osservanza dei limiti di cui alle normative pubblicistiche di tutela delle acque non vale ad escludere di per sé il giudizio circa l'intollerabilità ed illiceità della immissioni inquinanti (Cassazione Sezioni Unite, 4633/86).

In definitiva, quindi, i criteri stabiliti dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1 marzo 1991 per la determinazione dei limiti massimi di esposizione al rumore, possono esser utilizzati come parametro di riferimento per stabilire l'intensità, e di riflesso, la soglia di tollerabilità delle immissioni rumorose nei rapporti tra privati soltanto purché siano considerati come un limite minimo e non massimo (Cassazione, sezione seconda, 5697/01).

In quest'ottica, ed alla stregua di analoghe considerazioni, è, anche, irrilevante, nei rapporti interprivatistici e, vieppiù, laddove vangano pregiudicati o esposti a pericolo diritti assoluti della persona, la destinazione che l'area di parcheggio in questione riceve nelle norme tecniche di attuazione del vigente piano regolatore, come pure sarebbero irrilevanti, ove non sufficienti in concreto, le prescrizioni in materia di inquinamento acustico che venissero eventualmente adottate nella concessione edilizia richiesta nei mesi scorsi dai resistenti per la ristrutturazione del ristorante "Ponteguerro", dato che, come noto, il provvedimento amministrativo deve sempre intendersi adottato con salvezza dei diritti dei terzi (cfr. Cassazione Sezioni Unite, 1175/86; 1563/86, 11271/90; 13639/00; 6038/00; 13170/01).

6. Invero, le ricerche scientifiche in materia hanno appurato che il suono che incide sulla sensazione sonora percepita dall'uomo varia, in funzione della variazione dei decibel, con progressione non aritmetica bensì logaritmica, in modo tale che, se un suono risulta superiore ad un altro di tre decibel, l'intensità sonora del primo diventa doppia rispetto a quella del secondo.

Nel caso concreto, la natura delle attività di emissione dei suoni consiste in manovre dei camion frigoriferi, che non utilizzano l'area adibita a parcheggio soltanto per il tempo necessario per consumare il pasto, ma anche come punto di sosta per riposare, fermandosi per periodi prolungati ed anche per intere notti; durante dette soste i camion che trasportano generi deperibili sono soliti tenere i frigoriferi accesi e, spesso, durante il periodo estivo, anche i motori, per far funzionare gli impianti di climatizzazione, o anche solo far riscaldare i motori prima della partenza; inoltre anche le continue partenze ed arrivi ad ogni ora del giorno e della notte, giorni festivi compresi, e l'utilizzo di clacson, nonché i rumori e gli schiamazzi dei camionisti che si scambiano merci, caricandole e scaricandole nell'area in questione, oltre alle vibrazioni provocate dai motori dei mezzi pesanti e dai sobbalzi dei veicoli.

La presenza di numerosi veicoli commerciali di grosse dimensioni è documentata dai rilevi fotografici di parte ricorrente, peraltro non contestati.

D'altra parte, già nel luglio 2002, il Responsabile del Servizio Igiene Pubblica dell'Azienda Usl Modena, Unità di Vignola, rispondeva al Sindaco di Spilmaberto (Mo), a seguito di esposti dei ricorrenti, specificando che: se l'area è strettamente funzionale all'attività di ristorazione (cioè è gestita esclusivamente dal privato), occorre che alla chiusura dell'esercizio corrisponda la chiusura del parcheggio, cioè occorre che sia imposta al privato l'installazione di una sbarra che impedisca l'accesso ai veicoli nelle ore di chiusura dell'esercizio; se, invece, l'area è privata ma a disposizione del pubblico per la sosta di automezzi, per tutto il territorio comunale vige il divieto di stazionamento di automezzi con motori accesi, per cui occorre effettuare la vigilanza, cioè occorre apporre i relativi avvisi e procedere a comminare le dovute sanzioni. In effetti, risulta documentata, sia pure episodicamente, anche una attività sanzionatoria (cfr. verbale di accertata violazione del Comune di Spilamberto del 28 giugno 2000) nei confronti di un camionista che teneva attivato l'impianto di refrigerazione durante la sosta), ad ulteriore conferma dell'esistenza delle attività emissive oggetto di causa.

Considerata, dunque, la natura delle attività descritte, l'origine dei rumori provenienti dal parcheggio connesso ad attività di ristorazione; considerata, altresì, la destinazione ad abitazione degli immobili dei ricorrenti, e le condizioni personali degli stessi residenti (tra cui vi sono persone anziane, bambini ed un ragazzo portatore di handicap), nonché considerata la natura degli effetti delle immissioni sonore descritti dai ricorrenti, consistenti, secondo la relazione dell'Arpa di Maranello del 25 settembre 2002, in un differenziale di rumorosità nel periodo notturno, di 4 decibel a finestra chiusa e di 9 decibel a finestra aperta; considerata, pure, la natura di delibazione necessariamente sommaria dell'entità dell'emissione consentita nella presente fase cautelare, la differenza di rumore nel caso in esame appare rilevante e senza dubbio al di sopra dei limiti della normale tollerabilità, per cui deve ritenersi sussistente il primo requisito richiesto dall'articolo 700 C.p.c. della buona probabilità per i ricorrenti di ottenere, all'esito del giudizio di merito, una sentenza favorevole.

7. Quanto alla ricorrenza del pericolo nel ritardo, deve ritenersi che il fondato motivo di temere che il diritto alla salute sia minacciato da un pregiudizio imminente ed irreparabile è, nel caso di specie, implicitamente dimostrato. Infatti, è notorio, come sopra illustrato, che il rumore eccessivo incide, deteriorandola, sulla stessa qualità della vita, comportando per il soggetto alterazione del suo equilibrio psicofisico. Ne consegue che il danno che deriva è suscettibile soltanto in minima parte di essere valutato in termini economici e, quindi, non sarà mai completamente riparabile all'esito di un giudizio di merito, che si preannuncia, tra l'altro, di lunga durata.

Inoltre, per ritenere sussistente il pericolo di un danno alla salute non è indispensabile la ricorrenza di elementi probatori specifici, potendosene desumere l'esistenza sulla base delle caratteristiche obiettive delle immissioni.

Nel caso specifico del rumore, esso è di per sé nocivo alla salute ove eccedente i valori di normale tollerabilità, e per la realizzazione della lesione del diritto alla salute non è, quindi, necessaria alcuna ulteriore prova del danno psicologico subito (cfr. Corte di Appello di Torino 4 novembre 1992, in: Giur. mer. 1993, I, 949; secondo Pretura Milano, 5 febbraio 1990, in: Resp. civ. e prev. 1990, 604, "anche in mancanza di prove specifiche circa la dannosità dell'eccessiva rumorosità, un rumore di elevata intensità comporta per l'individuo l'alterazione dell'equilibrio psicofisico e incide, deteriorandola, sulla qualità della vita"; secondo Tribunale di Milano, 25 giugno 1998, in: Arch. locazioni 1998, 723, "in presenza di immissioni sonore che superino il limite della normale tollerabilità vi è lesione del bene salute nel momento stesso della realizzazione del fatto illecito, con conseguente esonero del danneggiato dalla prova dell'esistenza di patologie conseguenti alla lesione; pertanto la risarcibilità del danno biologico deve essere collegata all'esistenza e alla sopportazione di un'esposizione ad intollerabili e fortemente lesive immissioni acustiche, idonee a compromettere le utilità della vita di relazione non godute"; secondo Tribunale di Milano, 10 dicembre 1992, in: Nuova giur. civ. commentata 1993, I, 786, "anche in mancanza della prova di patologie neuropsichiche l'esposizione ad intollerabili immissioni acustiche dà luogo ad un danno biologico — risarcibile in via equitativa — dovuto allo "stress", al fastidio, all'esasperazione e alla tensione psicologica sopportati").

In altri termini, posto che nel caso del rumore può affermarsi che, secondo la migliore scienza ed esperienza del momento storico, un danno alla salute sia conseguenza certa o altamente probabile del superamento di una determinata soglia differenziale di rumorosità, l'accertamento del requisito del presupposto cautelare del pericolo discende dalla verifica concreta dell'intollerabilità dell'immissione.

Deve, quindi, ritenersi in concreto ricorrente anche il secondo requisito normativo.

8. Verificata la sussistenza di entrambi i presupposti del richiesto provvedimento, e l'assenza di ragioni contrarie, resta da stabilire quale contenuto debba avere il provvedimento d'urgenza.

In sede di giudizio di merito potranno, ovviamente, meglio valutarsi gli effetti delle immissioni moleste sulla salute dei ricorrenti ed operare un ponderato contemperamento dei diritti ed interessi in conflitto.

In questa sede va osservato che le ore post lavorative, normalmente quelle serali, sono comunemente dedicate al riposo della persona, essenziale per un corretto equilibrio psicofisico, e che la notte è dedicata alla forma più completa di riposo, il sonno, che è esigenza imprescindibile ed irrinunciabile per l'essere umano.

Se, dunque, dette esigenze (tutelate, tra l'altro, per quanto concerne le ore notturne, anche in sede penale dall'articolo 659 C.p.) appaiono compatibili con la normale attività di ristorazione dei convenuti, di certo dette esigenze sono incompatibili con modalità di esercizio di detta attività che comporti assembramenti particolarmente rumorosi di un rilevante numero di persone e, soprattutto, di mezzi meccanici, in particolare veicoli stradali pesanti. Il fatto stesso che normalmente i luoghi deputati alla sosta e manovra di autocarri ed autoarticolati siano in prossimità di autostrade e strade di grande comunicazione, al di fuori dei centri urbani, e che lo stesso accesso ai centri urbani del traffico pesante sia radicalmente inibito dalle disposizioni sulla viabilità, e non solo per motivi di regolamentazione del traffico, dà ragione della necessità che l'utilizzo di simili veicoli si svolga in modo da non arrecare disturbo alla quiete ed al riposo delle persone, e da non incidere in modo eccessivamente negativo sulle condizioni ambientali, ivi compreso l'ambiente acustico, nonché in definitiva della necessità che, per quanto possibile, esso si svolga lontano da luoghi abitati a vocazione residenziale o che, almeno, sia evitata la concentrazione di un certo tipo di traffico nelle zone residenziali. Simili considerazioni sono, d'altra parte, alla base delle normative locali e delle disposizioni delle autorità locali già, in parte, documentate in atti anche nel caso in oggetto.

9. Inoltre, va rilevato che nel caso di specie non sussiste neppure la necessità di effettuare il contemperamento di cui al secondo comma dell'articolo 844 C.c. in quanto, trattandosi di un confronto con il bene assoluto e primario della salute, non è ammissibile alcun contemperamento in caso di intollerabilità delle immissioni nocive (cfr. ad es. Tribunale di Campobasso, 19 febbraio 2001, in: Giur. merito 2001, 672, secondo cui "delle immissioni illecite ed assolutamente intollerabili deve essere ordinata la cessazione totale, senza che siano attuabili soluzioni di contemperamento"; conformemente: "il contemperamento delle opposte esigenze previsto dall'articolo 844 C.c. non consente di autorizzare immissioni intollerabili rispetto ad esigenze primarie, come il diritto alla salute, che prevale sui bisogni della produzione", secondo Pretura di Vigevano, 22 marzo 1985, in: Giur. merito 1985, 1040; infine, chiaramente, Cassazione, sezione seconda, 3675/89, ha stabilito che "ai fini dell'articolo 844 C.c. l'intollerabilità delle immissioni, da valutarsi tenuto conto del contemperamento delle esigenze della produzione con le ragioni della proprietà, sussiste anche quando esse, pur non essendo di eccessiva entità, risultino nocive, a causa della loro costanza ed ineliminabilità che le rende insopportabili, al bene primario della salute"). Sicché non osta alla concessione della richiesta cautela nemmeno il criterio normativo del preuso, peraltro del tutto sussidiario dettato normativo, che il giudice non è tenuto a considerare in caso di immissioni intollerabili.

10. Premesso quanto sopra, va osservato che l'argomentazione posta a base del rigetto dell'istanza cautelare da parte del primo giudicante, inerente la necessità di provare un contributo causale da parte dei resistenti, mentre in concreto le circostanze dedotte nel ricorso sono collegate a fatti posti in essere da terzi estranei, è erronea e va rivista; l'azione in tema di immissioni si basa sul presupposto del rapporto di vicinanza tra i fondi, cioè, in altri termini, l'azione data dall'articolo 844 C.c. al proprietario del fondo danneggiato dalle immissioni deve essere proposta contro il proprietario del fondo dal quale le immissioni provengono, quando sia volta a far accertare in via definitiva l'illegittimità delle immissioni e ad ottenere il compimento delle modifiche strutturali del bene indispensabili per far cessare le stesse (cfr., tra le varie, Cassazione, sezione seconda, 2598/96), indipendentemente dalle cause che originano le emissioni sul fondo ove si svolge l'attività illecita, cioè anche ove la cause siano riconducibili al comportamento di terzi, posto in essere sul fondo medesimo.

L'accertamento delle cause che determinano immissioni moleste nel fondo altrui non influisce, cioè, nemmeno sul giudizio di tollerabilità delle stesse, da effettuarsi secondo i criteri indicati dall'articolo 844 C.c., con la conseguenza che, una volta accertata l'esistenza della propagazione molesta e stabilito il suo grado di tollerabilità, l'individuazione delle cause può servire soltanto per stabilire le eventuali misure da adottare per la sua eliminazione (Cassazione, sezione seconda, 14353/00); tanto che al giudizio di tollerabilità, da effettuarsi, secondo i criteri indicati dall'articolo 844 C.c., è estraneo anche il criterio della colpa.

A nulla, quindi, rileva che l'attività fonte di emissioni che determinano immissioni nocive sia commessa da terzi; ciò che rileva è che provenga dal fondo vicino.

11. In conclusione, il reclamo va accolto, con emanazione della cautela originariamente richiesta. Al fine di realizzare gli effetti cautelari richiesti, si ritiene opportuno inibire ai resistenti di provocare nella proprietà dei ricorrenti una differenza col rumore di fondo pari o superiore a tre decibel; questo è l'obiettivo finale; le modalità concrete con le quali i resistenti dovranno provvedere a realizzare detto obiettivo, sono in astratto molteplici, in quanto i resistenti possono procedere ad inibire, ogni volta, comportamenti dei propri clienti pericolosi al fine predetto, sia personalmente caso per caso che mediante l'apposizione di cartelli dissuasori destinati alla clientela, ovvero potranno procedere ad apporre idonee barriere antirumore, ovvero potranno inibire a se stessi ed alla propria clientela ogni attività comportante un rumore che determini immissioni della predetta natura, negli orari serali e notturni; altri accorgimenti appaiono possibili ed utili, come ad esempio quelli suggeriti dal parere di previsione di impatto acustico, prodotto dai resistenti, del Marzo 2003 (adozione di pozzetti contenenti punti di rifornimento elettrico per alimentari i compressori delle celle frigorifere dei camion anche a motore spento, a debita distanza — sessanta metri — dai recettori); fermo restando che, in sede di esecuzione del predente provvedimento, ed anche nel successivo giudizio di merito da parte del Giudice competente, in caso di inottemperanza o di ottemperanza inidonea o elusiva da parte dei resistenti, potrà essere adottata la misura estrema della chiusura del parcheggio o dell'esercizio ("In casi di violazione del limite della normale tollerabilità posto dall'articolo 844 C.c. a causa di schiamazzi e rumori provocati dell'attività di una sala giochi, ed essendo risultato vano ogni possibile accorgimento per ricondurre i rumori entro il suddetto limite, ricorrono gli estremi per disporre la cessazione dell'attività", Tribunale di Milano, 21 gennaio 1991, in: Arch. locazioni 1991, 792).

Ai predetti fini è sufficiente l'inibizione di qualunque attività che comporti un aumento intollerabile del livello di rumorosità nel periodo che va dalle ore 19.00 postmeridiane alle ore 8.00 di ogni giorno, e per l'intera giornata nei giorni festivi.

12. Le spese di entrambi i gradi del giudizio cautelare vanno liquidate nell'ambito del giudizio di merito in corso.

 

PQM

 

Visto l'articolo 669 terdecies C.p.c.,

in accoglimento del reclamo avverso l'ordinanza del Giudice designato del Tribunale di Modena del 30/8/03, ed in riforma della stessa,

ordina a (...), (...) e (...) di non svolgere nello spazio adibito a parcheggio, e comunque nel fondo di loro proprietà, sito in Spilamberto (Mo), via Modenese, di pertinenza del ristorante "Ponteguerro" e limitrofo alla proprietà di (...), (...), (...) e (...), ogni attività che comporti, nel fondo vicino di (...), (...), (...) e (...), un aumento del livello di rumorosità, rispetto al rumore ambientale di fondo, di 3 (tre) decibel, nel periodo dalle ore 19.00 postmeridiane alle ore 8.00, e lungo tutto l'arco della giornata nei giorni festivi.

Così deciso alla C.C. del 5 novembre 2003.

Depositata in Cancelleria in data 11 novembre 2003.

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