Sentenza Tar Veneto 15 giugno 2012, n. 845
Inquinamento acustico - Superamento immissioni sonore - Rilevazioni dell'Arpa - Controlli senza preavviso - Legittimità - Sussiste
Siccome la misurazione delle immissioni acustiche provenienti da un'attività produttiva è suscettibile di poter essere notevolmente influenzata dalle modalità con cui l'attività si svolge, l'Arpa può svolgere i controlli senza avvisare gli interessati.
Lo ha chiarito il Tar del Veneto (sentenza 15 giugno 2012, n. 845) respingendo le doglianze del ricorrente contro l'ordine di un Comune di ridurre le emissioni sonore da attività cantieristica in seguito ai rilievi dell'Arpa. Il riconoscimento all'Agenzia regionale per l'ambiente della possibilità di svolgere i controlli per il rispetto della normativa senza preavvisare gli interessati ha senso perché altrimenti l'esito delle misurazioni potrebbe risultare non attendibile.
La rimostranza sulla mancata comunicazione di avvio del procedimento è stata rigettata anche perché la omessa acquisizione dell'apporto procedimentale dell'impresa ricorrente nel caso di specie non avrebbe condotto a una diversa conclusione, avendo l'Amministrazione provato in giudizio la correttezza delle rilevazioni e dell'applicazione della normativa rilevante nel caso di specie (legge 447/1995 e Dpcm 14 novembre 1997), e trova pertanto applicazione l'articolo 21-octies, legge 7 agosto 1990, n. 241 che in questo caso salva l'atto amministrativo dall'annullabilità.
Tar Veneto
Sentenza 15 giugno 2012, n. 845
Repubblica italiana
In nome del popolo italiano
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
Sentenza
sul ricorso numero di registro generale 399 del 2006, proposto da:
(omissis) Srl, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis) e (omissis);
contro
Comune di Chioggia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis) e (omissis);
Arpav, rappresentata e difesa dall'avvocato (omissis);
e con l'intervento di
ad opponendum:
Condominio (omissis), rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis) e (omissis);
per l'annullamento
— del provvedimento prot. n. 77676 ord. n. 297 del 6 dicembre 2005 con il quale è stato ordinato alla ricorrente di ridurre le emissioni sonore diurne derivanti dalla attività cantieristica;
— del piano di classificazione acustica approvato con deliberazione consiliare n. 41 del 10 aprile e n. 152 del 19 dicembre 2002.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Chioggia e dell'Arpav;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 maggio 2012 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto
La Società ricorrente svolge attività cantieristica navale nel Comune di Chioggia, in un'area destinata ad attività produttiva.
Il dirigente del settore ambiente del Comune, sulla scorta dei risultati registrati dall'Arpav circa il superamento del livello differenziale di immissione misurato nel periodo diurno da una vicina abitazione privata ricompresa dal piano di classificazione acustica in classe III, con provvedimento n. 297 del 6 dicembre 2005 ha ordinato la riduzione e limitazione delle emissioni sonore.
Tale provvedimento, unitamente al piano di classificazione acustica è impugnato per le seguenti censure:
I) violazione dell'art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, perché la ricorrente non è stata messa al corrente delle operazioni svolte dell'Arpav, neppure dopo che sono state compiute, e prima dell'adozione del provvedimento impugnato;
II) violazione degli articoli 7 e 8 della legge 26 ottobre 1995, n. 447, degli articoli 2, 3 e 4 del Dpcm 14 novembre 1997, e del piano di classificazione acustica, travisamento, carenza di presupposti, illogicità e contraddittorietà nonché difetto di istruttoria e motivazione perché, nonostante sia stato contestato il mancato rispetto del valore differenziale, alla fine è ordinata la riduzione delle immissioni sonore durante il periodo diurno in modo da rispettare il limite di 50 dB (A) a finestre aperte, che, contrariamente alle premesse, non è un dato che faccia riferimento al valore differenziale, ed inoltre perché è erronea la considerazione dei valori di immissione della classe III in cui è ricompresa la casa della controinteressata, anziché dei valori di emissioni della classe V in cui è ricompresa l'attività della ricorrente, e devono essere considerate inidonee le operazioni tecniche eseguite per rilevare il rumore di fondo, operazione preliminare alla misurazione del valore differenziale.
In via subordinata la ricorrente afferma che deve considerarsi illegittimo il piano di classificazione acustica nella parte in cui non ha attribuito all'area interessata dal cantiere la classe VI, per le aree esclusivamente industriali.
Si sono costituiti in giudizio l'Arpav e il Comune di Chioggia, quant'ultimo replicando alle censure proposte e concludendo per la reiezione del ricorso.
È intervenuto in giudizio ad opponendum il Condominio (omissis) per tutelare l'interesse indiretto del medesimo, potenzialmente interessato dai fenomeni di inquinamento acustico, sostenendo il rigetto del ricorso.
Alla pubblica udienza del 24 maggio 2012, la causa è stata trattenuta in decisione.
Diritto
Preliminarmente deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione l'atto di intervento del condominio, perché svolto a tutela delle posizioni soggettive dei singoli condomini, di cui in sostanza assume leso il diritto alla salute, in assenza di una deliberazione dell'assemblea del condominio.
Infatti l'amministratore condominiale può agire in giudizio a tutela di un interesse comune nei limiti delle attribuzioni stabilite dall'art. 1130 del C.c..
Quando la rappresentanza esorbiti dall'ambito di tali attribuzioni, è necessario che sia sorretta da un'apposita deliberazione dell'assemblea dei condomini, con la maggioranza indicata dall'articolo 1136 comma 2 del C.c. (cfr. Tar Friuli Venezia Giulia, 2 maggio 2000 n. 388; Consiglio di Stato, Sezione V, 1 dicembre 1997, n. 1467).
Nel merito il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Il primo motivo, con il quale la parte ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per l'omessa acquisizione del suo apporto procedimentale non può essere accolto.
Va in primo luogo rilevato che, poiché la misurazione delle immissioni acustiche provenienti da un'attività produttiva è suscettibile di poter essere notevolmente influenzato dalle modalità con cui l' attività si svolge, va riconosciuto all'Arpav la facoltà di svolgere i controlli senza preavvisare gli interessati, perché altrimenti l'esito delle misurazioni potrebbe risulterebbe non attendibile (cfr. Consiglio di Stato, V, 5 marzo 2003, n. 1224).
In secondo luogo va osservato che l'omessa acquisizione dell'apporto procedimentale nel caso di specie non avrebbe comunque potuto condurre ad una diversa determinazione, in quanto l'Amministrazione ha provato in giudizio la correttezza delle rilevazioni e dell'applicazione della normativa rilevante nel caso di specie, e trova pertanto applicazione l'articolo 21-octies della legge 7 agosto 1990, n. 241.
Anche le censure di cui al secondo motivo sono infondate.
Con una prima censura la parte ricorrente lamenta una contraddizione tra le premesse e il dispositivo del provvedimento impugnato, perché nella motivazione viene contestata la violazione del valore differenziale, mentre alla fine viene ordinata una riduzione dei valori di immissione a meno di 50 dB (A).
La doglianza è priva di fondamento.
Dalla documentazione versata in atti risulta che il giorno 23 agosto 2005 è stato riscontrato un livello di rumore di 56,5 dB (A) con un differenziale di 13,5 dB (A), mentre il giorno 24 agosto 2005 sono stati registrati 55,5 dB (A) con un differenziale di 12,5 dB (A).
Il provvedimento impugnato ha ordinato, alternativamente, o la riconduzione ad un differenziale di 5 dB (A) che è quello previsto per i limiti diurni, o il rispetto del valore di immissione di 50 dB (A), il che è conforme a quanto prevede la normativa in materia, atteso che il valore differenziale non si applica, in quanto ogni effetto del rumore è da ritenersi trascurabile, quando il rumore misurato a finestre aperte sia inferiore a 50 dB(A) durante il periodo diurno” (cfr. l'articolo 4, comma 2, del Dpcm 14 novembre 1997).
È priva di fondamento anche la doglianza con la quale la parte ricorrente lamenta la mancata misurazione dei valori di emissione anziché quelli di immissione, in quanto è evidente che la pretesa della parte ricorrente di tener conto dei soli valori di emissione frustrerebbe le finalità di tutela della salute previste dalla normativa sull'inquinamento acustico, che implica la necessità di misurare i livelli di pressione acustica presenti nei ricettori sensibili e quindi nell'ambiente abitativo.
Va inoltre respinta perché generica e formulata in via meramente ipotetica la doglianza con la quale la ricorrente afferma la non correttezza delle operazioni tecniche eseguite per le misurazioni, che risultano analiticamente documentate nel rapporto di prova (cfr. doc. 5 allegato alle difese del Comune).
La censura con cui si contesta l'illegittimità del piano di classificazione acustica per aver attribuito all'area della parte ricorrente la classe V, anziché la VI, non può essere condivisa.
L'attribuzione in concreto di una delle due classi in sede di pianificazione è connotata infatti da margini di apprezzamento discrezionale che, seppure ancorati all'accertamento di specifici presupposti di fatto, devono ricondurre a sintesi interessi tra loro confliggenti, quali la tutela della salute e la salvaguardia della libertà di iniziativa economica (cfr. Tar Veneto, Sezione III, 30 marzo 2009, n. 967; Tar Lombardia, Brescia, 2 aprile 2008, n. 348; Tar Piemonte, Sezione II, 19 febbraio 2007, n. 714; Tar Veneto, Sezione III, 24 gennaio 2007, n. 187 ; Tar Lombardia, Milano, Sezione II, 7 aprile 2005, n. 751).
Nel caso all'esame si tratta di un'area che si inserisce in un contesto urbano, e che è a ridosso di un complesso abitativo di non recente formazione, e ciò fa apparire priva di profili di illogicità la scelta operata dal Comune.
In definitiva pertanto, va dichiarato inammissibile l'intervento del Condominio San Paolo, e il ricorso deve essere respinto.
Le spese di giudizio possono essere integralmente compensate con Arpav che si è limitata a produrre un atto di costituzione di mera forma, mentre, come di regola, seguono la soccombenza in favore del Comune di Chioggia nella misura liquidata in dispositivo.
PQM
Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiarato inammissibile l'intervento ad opponendum del Condominio (omissis), lo respinge.
Compensa le spese nei confronti dell'Arpav e condanna la parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore del Comune di Chioggia, liquidandole in complessivi € 3.000,00 per spese, diritti, onorari oltre Iva e Cpa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 24 maggio 2012 con l'intervento dei Magistrati:
(omissis)
Depositata in segreteria il 15 giugno 2012.