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Sentenza Consiglio di Stato 14 agosto 2012, n. 4569

Piano regionale cave - Scelte riguardanti le singole aree - Motivazione - Non richiesta

Consiglio di Stato

Sentenza 14 agosto 2012, n. 4569

 

Repubblica italiana

In nome del Popolo italiano

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 6292 del 2008, proposto dalla Srl (omissis), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis) e (omissis), con domicilio eletto presso il primo in Roma, (omissis);

contro

Regione Lombardia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis) e (omissis), con domicilio eletto presso il secondo in Roma, (omissis);

Arpa — Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, non costituita nel presente grado del giudizio;

nei confronti di

Provincia di Milano, Comune di Bareggio, (omissis) Spa, non costituiti nel presente grado del giudizio;

Comune di Cusago, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato (omissis), con domicilio eletto presso (omissis) in Roma, (omissis);

per la riforma

della sentenza del Tar Lombardia — Milano: Sezione IV n. 4915/2007, resa tra le parti;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 luglio 2012 il consigliere di Stato (omissis) e uditi per le parti l'avvocato (omissis), per delega dell'avvocato (omissis), e l'avvocato (omissis);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto

1. La Srl (omissis), con il ricorso n. 2180 del 2006 proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, ha chiesto l'annullamento:

a) della deliberazione del Consiglio regionale della Lombardia 16 maggio 2006, n. VIII/166, di approvazione, ai sensi della legge regionale n. 14 del 1998, del Piano cave della Provincia di Milano, nella sola parte in cui:

— prevede l'accorpamento degli ambiti territoriali estrattivi Ateg33 e Ateg34 in unico ambito territoriale Ateg33, suddiviso in due sottoambiti Ateg33C1 e Ateg33C2;

— per quanto segnatamente concerne il sottoambito Ateg33C2, subordina il rilascio dell'autorizzazione provinciale alla coltivazione 'al fatto che in sede di progetto di gestione produttiva dell'Ate venga individuata in accordo con il comune interessato e con l'Arpa la viabilità relativa all'Ate stesso';

— per quanto concerne il medesimo sottoambito dispone lo stralcio di volume pari a mc. 300.000;

b) di ogni altro atto collegato, ivi espressamente inclusi la delibera di giunta regionale (Dgr) 5 novembre 2004, n. 19269, nella sola parte in cui dispone l'unificazione dei due Ate sopra indicati e la deliberazione di Commissione consiliare 15 marzo 2006, n. 1030.

2. Il giudice adito, con la sentenza n. 4915 del 2007, ha respinto il ricorso compensando tra le parti le spese del giudizio.

3. Con l'appello in epigrafe è chiesto l'annullamento della sentenza di primo grado.

4. All'udienza del 17 luglio 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

 

Diritto

1. Nell'appello si deduce l'erroneità della sentenza gravata per avere respinto i motivi di censura dell'impugnata deliberazione regionale, con riguardo:

1.1.) alla parte in cui con essa si condiziona ad un intervento di potenziamento della viabilità locale il rilascio dell'autorizzazione all'attività estrattiva nell'Ate (Ambito territoriale estrattivo) interessato, avendo ritenuto al riguardo, il primo giudice, che:

— tale viabilità sia opera di recupero ambientale ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lett. c), della legge regionale n. 14 del 1998, trattandosi, invece, di opera infrastrutturale, in quanto tale di competenza del Comune con l'impiego dei contributi annuali dovuti dal richiedente a tale fine ai sensi della legge citata nell'ambito della relativa convenzione (articolo 15, comma 1, lett. a);

— l'imposizione del detto intervento sia legittima, non avendo il primo giudice considerato che i contributi dovuti dal richiedente sono commisurati dalla legge al tipo e quantità di materiale estratto e non possono essere superiori agli interventi cui sono finalizzati; la negoziazione della stipula della convenzione deve perciò rispettare tali limiti, avendo la legge previsto non a caso l'intervento sostitutivo della Provincia in caso di mancato accordo; né il carattere impositivo della condizione muta per il solo fatto, valorizzato invece dal primo giudice, dell'intento del Comune di procedere in via concordata poiché dichiarato soltanto nel corso del giudizio;

1.2.) all'unificazione in un unico Ate dei poli estrattivi siti nel Comune di Cusago (cava Cascina del Bosco, di titolarità dell'appellante) e nel Comune di Bareggio (cava Cascina Bergamina, di proprietà della Spa Cosmacol), essendosi ritenuto nella sentenza che ciò fosse imposto dall'articolo 6, comma 2, della legge regionale n. 14 del 1998 mentre, al contrario, la norma prevede tale possibilità per l'ampliamento degli Ate esistenti, inglobandovi aree contigue, ma non per l'accorpamento di ambiti già definiti e tra loro indipendenti, risultando perciò, nella specie, il difetto di motivazione del provvedimento e l'effetto, anche censurato in primo grado, dell'inutile aggravio del procedimento per l'obbligo per la cava di Cusago di discutere il progetto estrattivo con il comune di Bareggio e con l'esercente dell'altra cava;

- 1.3.) alla decurtazione di 300.000 mc. della quantità di aumento produttivo della cava in questione proposta dalla Giunta regionale, in ragione di un'asserita eccessiva vicinanza della cava ad aree urbanizzate, con motivazione accolta dal primo giudice non considerandone la illogicità e astrattezza, poiché il piano cave è basato sull'assegnazione di un certo quantitativo dipendente dal progetto di coltivazione in osservanza di specifici vincoli normativi, né avendo valutato il fatto che la distanza dai centri abitati è già regolata dalla legge di polizia mineraria e che nessuna norma attribuisce alle Amministrazioni il potere di limitare la quantità di materiale estraibile in funzione delle necessità di tutela dei centri abitati.

2. Le censure così riassunte sono infondate per le ragioni che seguono.

2.1. Con riguardo al motivo di cui sopra sub 1.1.) si osserva:

— a) la legge regionale 8 agosto 1998, n. 14 (Nuove norme per la disciplina della coltivazione di sostanze minerali di cava) dispone, all'articolo 15, che: il rilascio dell'autorizzazione alla coltivazione delle cave è 'subordinato alla presentazione di una convenzione' stipulata tra il Comune e il richiedente con cui questi si impegna a versare annualmente al Comune una somma quale contributo alla spesa necessaria 'per la realizzazione delle infrastrutture e degli interventi pubblici di recupero ambientale dell'area interessata…dall'attività estrattiva… ulteriori rispetto a quelli posti a carico del titolare dell'autorizzazione', somma che è 'commisurata al tipo ed alla quantità di materiale estratto nell'anno…comunque non…superiore a quella occorrente per la realizzazione degli interventi predetti' (comma 1, lett. a); se non si perviene al suddetto accordo il richiedente l'autorizzazione 'può chiedere che la Provincia determini, entro 30 giorni dalla richiesta, gli obblighi cui è condizionato il rilascio dell'autorizzazione' essendo tenuto, in tale caso, 'a sottoscrivere un atto con il quale assume gli obblighi di cui ai commi 1 e 2' (comma 4);

— b) con l'impugnata deliberazione regionale di approvazione del piano provinciale delle cave è stato prescritto, riguardo all'Ateg33C2, che '…il rilascio dell'autorizzazione provinciale alla coltivazione è sospensivamente condizionato al fatto che in sede di progetto di gestione produttiva dell'Ate venga individuata in accordo con il comune interessato e con l'Arpa la viabilità relativa all'Ate stesso; eventuali prescrizioni aggiuntive sulla viabilità medesima possono essere altresì concordate tra comune ed aziende interessate in sede di convenzione di cui all'articolo 15 della Lr 14/98';

— c) questa prescrizione costituisce chiaramente attuazione concreta della fattispecie normativa sopra richiamata di cui all'articolo 15 della legge regionale, pur se non in tutto corrispondente ad essa in termini puntualmente letterali, poiché ne reca i tratti sostanziali salienti, consistenti nella subordinazione del rilascio dell'autorizzazione all'assunzione di impegni da parte del richiedente e nella definizione di questi nell'ambito di un accordo da stipulare con il comune interessato, dovendosi perciò ritenere, da un lato, che gli impegni suddetti devono essere configurati ai sensi e nei limiti posti dalla norma riguardo alla convenzione che sancisce tale accordo e, dall'altro, che l'indicazione di 'eventuali prescrizioni aggiuntive sulla viabilità' da concordare 'in sede di convenzione' sia anch'essa da rapportare al suddetto quadro convenzionale;

— d) ne consegue che l'impegno a che venga 'individuata in accordo con il comune e l'Arpa la viabilità relativa all'Ate' costituisce una legittima condizione per il rilascio dell'autorizzazione, data la previsione per cui la convenzione deve essere volta a consentire 'la realizzazione delle infrastrutture e degli interventi pubblici di recupero ambientale dell'area interessata', essendo di certo inclusi in ciò interventi strutturali non necessariamente e direttamente volti al recupero ambientale in senso specifico; ciò anche alla luce di altra previsione della legge regionale n. 14 del 1998, per cui nella redazione del piano cave si deve tenere conto delle 'infrastrutture esistenti o da realizzare' (articolo 6, comma 1, lett. b), fermo restando che ogni adeguato intervento infrastrutturale correlato alla cava può di certo risultare idoneo ad assicurare 'la massima compatibilità ambientale e paesaggistica' dell'attività svolta (articolo 6, comma 1, lett. d), essendo sicuramente tale una infrastruttura viaria volta, come nella specie, a convogliare fuori dai centri urbani il traffico pesante indotto dall'attività estrattiva;

— e) non risulta peraltro in nessuno dei provvedimenti agli atti del giudizio che la 'individuazione' in convenzione dell'infrastruttura viaria comporti di per sé l'obbligo della sua realizzazione ad intero carico del richiedente poiché, da un lato, ai sensi del citato articolo 15, comma 1, della legge regionale, la somma da lui dovuta è 'a titolo di contributo alla spesa necessaria' e, dall'altro, ciò non risulta neppure dalla deliberazione della Giunta comunale di Cusago n. 159 del 15 settembre 2005 (recante le osservazioni al piano provinciale) poiché l'osservazione approvata al riguardo (n. 3), nel richiamare per la soluzione del problema 'la realizzazione da parte degli imprenditori di una nuova viabilità', specifica nel contempo che ciò avviene 'pur in collaborazione con le Amministrazioni pubbliche (Regione, Provincia e Comune)' e, comunque, la prescrizione infine approvata in sede regionale si colloca, come visto, nel contesto obbligatorio per il richiedente stabilito dal citato articolo 15; risulta di conseguenza corretta la statuizione del primo giudice per cui, nel caso di specie, rimane 'ben configurabile il concorso dell'impresa che opera nei giacimenti, nella realizzazione di una viabilità commerciale adeguata' non gravante su quella di attraversamento di centri abitati, sul presupposto, altresì correttamente richiamato in prime cure, della considerazione dell'incidenza su tale viabilità di un incremento della capacità estrattiva di 1.400.000 mc. nel decennio.

2.2. Con riguardo al motivo di cui sopra sub 1.2.) si osserva:

— l'articolo 6, comma 2, della legge regionale n. 14 del 1998 stabilisce che gli Ate identificati nel piano provinciale 'devono accorpare aree contigue a quelle già oggetto di attività, con priorità rispetto all'apertura di altre aree…';

— nella memoria depositata dalla Regione Lombardia, che rinvia alla documentazione allegata in primo grado, si specifica che le due cave prima non contigue (C1 e C2) sono divenute tali a seguito dell'ampliamento della prima (Cava Bergamina in Bareggio), come provato dalla planimetria (riportata in allegato 1), e che entrambe già appartenevano all'unico bacino estrattivo n. 3 (come da allegati 2 e 4);

— non essendo ciò contestato dall'appellante non vi è motivo per giustificare l'inosservanza della puntuale disposizione della legge regionale sull'obbligo, nella redazione del piano, dell'accorpamento delle cave contigue in unico Ate; né è sufficiente ad invalidare tale adempimento l'asserito aggravio per l'appellante per la redazione del progetto di ambito, essendo invero ispirato a principi di buon andamento dell'azione amministrativa che la progettazione di esercizio di cave contigue risponda ad un comune indirizzo pianificatorio.

2.3. Con riguardo, infine, al motivo sopra rubricato sub 1.3.), si osserva che:

— ai sensi dell'articolo 8 della legge regionale n. 14 del 1998 la proposta di piano provinciale è esaminata dalla Giunta regionale, che vi apporta 'ove necessario, anche sulla base dei pareri e delle osservazioni pervenute, integrazioni e modifiche' per trasmetterla poi al Consiglio regionale che l'approva;

— quanto all'approvazione regionale 'vanno richiamati i principi espressi da una giurisprudenza consolidata (Cons. St. sez. V, 8 novembre 2005, n. 6232; Sez. VI, 23 dicembre 2008, n. 6519; Sez. IV, 9 dicembre 2010, n. 8640; Sez. VI, 31 gennaio 2011, n. 711) ed evincibili dall'articolo 3 della legge n. 241/1990, secondo cui, in sede di approvazione del piano delle cave, le scelte riguardanti le singole aree non abbisognano di una specifica motivazione, per la sua natura di atto generale, coinvolgente un elevato numero di destinatari e per l'interdipendenza reciproca delle previsioni interessanti le singole aree. Peraltro, l'obbligo di motivazione sussisterebbe solo ove la Regione avesse inteso discostarsi dalla proposta della Provincia, diversamente dovendosi ritenere che il richiamo operato alla proposta dell'ente si estende, altresì, agli atti istruttori che ne costituiscono il fondamento — ivi compresa la relazione tecnica in cui sono esplicitate le ragioni delle scelte tecniche effettuate — e che danno luogo ad unico complesso iter procedimentale' (Cons. Stato, Sez. V, 23 febbraio 2012, n. 1059);

— nella specie il Consiglio regionale non si è discostato dalla proposta della Provincia, in cui era previsto un volume di 1.400.000 mc. accresciuto a 1.700.000 nella proposta trasmessa dalla Giunta regionale al Consiglio;

— la motivazione di questa riduzione della quantità proposta dall'Esecutivo regionale espressa dalla Commissione consiliare competente e approvata dal Consiglio non risulta peraltro incongrua, poiché, come visto, il piano deve garantire 'la massima compatibilità ambientale e paesaggistica' (articolo 6, comma 1, lett. d), della citata legge regionale), assumendo di certo rilevanza a tale fine la vicinanza di centri abitati.

3. Per le ragioni che precedono l'appello è infondato e deve essere perciò respinto.

Le spese nei confronti delle parti costituite seguono, come di regola, la soccombenza.

 

PQM

 

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) respinge l'appello in epigrafe n. 6292 del 2008.

Condanna la Srl (omissis), appellante, al pagamento delle spese del presente grado del giudizio che liquida nel complesso in euro 3.000,00 (tremila/00), di cui euro 1.500,00 (millecinquecento/00) a favore della Regione Lombardia ed euro 1.500,00 (millecinquecento/00) a favore del Comune di Cusago, oltre gli accessori di legge se dovuti.

Nulla nei confronti delle restanti parte intimate poiché non costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 17 luglio 2012, con l'intervento dei magistrati:

 

(omissis)

 

Depositata in Segreteria il 14 agosto 2012

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