Danno ambientale e bonifiche

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Campania 21 marzo 2012, n. 1398

Siti inquinati soggetti a bonifica - Articolo 243, Dlgs 152/2006 - Versamento accidentale olio - Impianto per la messa in sicurezza di emergenza - Autorizzazione - Non sussiste - Acque di falda emunte - Regime degli scarichi

Per il Tar Campania sono sottoposte al regime degli scarichi – e non dei rifiuti - le acque emunte nell’ambito di interventi di bonifica o messa in sicurezza, quando scaricate (previo eventuale riutilizzo) nello stesso sito.
È questa l’interpretazione “in linea” con l’articolo 243 (Acque di falda) del Dlgs 152/2006 che ha introdotto “una disciplina speciale per la gestione delle acque di falda emunte nelle operazioni di messa in sicurezza e di bonifica”, fornita dal Tar Campania con la sentenza 1398/2012.
L’impianto di trattamento delle acque messo in funzione al solo scopo di recuperare l’olio accidentalmente sversato da un serbatoio di stoccaggio, con l’unico scopo di recuperare l’olio (disoleatore), precisa poi il Tar campano, costituisce una misura di messa in sicurezza di emergenza ma non di bonifica che, in virtù della necessaria immediatezza dell’intervento, deve essere comunicata ma non autorizzata.

Tar Campania

Sentenza 21 marzo 2012, n. 1398

 

Repubblica italiana

In nome del Popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 122 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:

(omissis) Spa, con sede in (omissis), in persona del legale rappresentante (omissis), rappresentata e difesa dagli avv. ti (omissis), (omissis) ed (omissis), presso lo studio del quale ultimo elettivamente domicilia in Napoli;

contro

— Provincia di Napoli, area ambiente, Direzione tutela del suolo — Bonifica siti — Gestione tecnica rifiuti, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dagli avv. ti (omissis) e (omissis) ed elettivamente domiciliata in Napoli;

— Azienda Sanitaria locale Napoli, Dipartimento di prevenzione e sicurezza ambiente lavoro, Unità operativa sicurezza distretti 52-53, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;

nei confronti di

— Prefettura — Ufficio territoriale del governo di Napoli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la cui sede, (omissis) domicilia per legge;

— Regione Campania, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;

per l'annullamento, previa sospensiva

— quanto al ricorso introduttivo:

— della nota della Provincia di Napoli, Area Ambiente, Direzione Tutela del suolo — Bonifica Siti — Gestione tecnica rifiuti, Prot. 104880 del 24 novembre 2009 ove, con riferimento all'attività di messa in sicurezza di emergenza poste in essere nel sito di (omissis) "si chiede se per tale impianto è stata richiesta l'autorizzazione ai sensi dell'articolo 208, Dlgs 152/2009";

— del verbale di accertamento disposizione del 1° dicembre 2009 dell'Asl Napoli 1, Dipartimento di Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro, Unità operativa Distretti 52-53, ove, in accertamento dell'ottemperanza alle disposizioni di cui al verbale del 27 novembre 2009, "si ribadisce il divieto di utilizzo dell'impianto fino ad esibizione di quanto richiesto", ossia dell'autorizzazione regionale al trattamento dei rifiuti liquidi (acqua di falda inquinata da oli lubrificanti) ai sensi del Dlgs 152/2006;

— del verbale di accertamento disposizione del 27 novembre 2009 dell'Asl Napoli 1, Dipartimento di Prevenzione, Servizio Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro, Unità operativa sicurezza Distretti 52-53, ove si dispone la produzione dell'"autorizzazione regionale al trattamento in sito dei rifiuti liquidi (acqua di falda inquinata da oli lubrificanti) ai sensi del Dlgs 152/06";

— per quanto di ragione, della medesima nota della Provincia di Napoli, Area Ambiente, Direzione Tutela del Suolo — Bonifica Siti — Gestione tecnica rifiuti, prot. 104880 del 24 novembre 2009 nella parte in cui "con riferimento allo smaltimento delle acque emunte non reimpiegabili nel ciclo produttivo, il documento prevede lo scarico nel collettore consortile. Si chiede se la società è munita di autorizzazione allo scarico";

— di ogni altro atto preordinato, conseguente o, comunque, connesso;

— quanto ai motivi aggiunti notificati il 7-8-9-16-19.4.2010 e depositati il giorno 22 successivo:

— della nota della Provincia di Napoli, Area Ambiente, Direzione Tutela del Suolo — Bonifica Siti — Gestione tecnica rifiuti, prot. 870 del 3 marzo 2010 avente ad oggetto "ricorso (omissis) Spa al Tar Napoli — Camera di Consiglio 11 marzo 2010";

— della nota della Provincia di Napoli Area Ambiente, Direzione Tutela del Suolo — Bonifica Siti — Gestione tecnica rifiuti, prot. 870 del 9 marzo 2010 avente ad oggetto "Ricorso Tar Campania — Napoli — (omissis) — Spa/Provincia di Napoli/Asl NA 1 — trattamento rifiuti liquidi — istanza cautelare Vostro rif. Prot. n. 2060 dell'8 marzo 2010".

Visto il ricorso con i relativi allegati ed i motivi aggiunti;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'intimata Provincia;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Prefettura — Ufficio Territoriale del Governo di Napoli;

Viste le ordinanze n. 382 dell'11 febbraio 2010, n. 584 dell'11 marzo 2010, n. 884 del 9 dicembre 2010, n. 802 del 10 febbraio 2011, n. 2437 del 3 maggio 2011 di questa Sezione;

Viste le memorie prodotte delle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Uditi — Relatore alla Camera di Consiglio del 12 gennaio 2012 il dr. (omissis) — i difensori delle parti come da verbale d'udienza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

Fatto

Premette la società "(omissis) Spa" (già (omissis) Spa, (omissis)) con sede in (omissis), Via (omissis), in persona del legale rappresentante (omissis), di operare nel settore della lubrificazione presente in Italia con quattro stabilimenti, di cui uno ubicato all'interno del sito industriale di Interesse nazionale di Napoli Orientale — come da relativa perimetrazione effettuata mediante ordinanza del Commissario delegato, Sindaco di Napoli del 31 dicembre 1999, n. 86 previa intesa con il Ministero dell'ambiente, all'uopo essendo in corso anche il procedimento amministrativo per la bonifica dalle contaminazioni storiche del sito — destinato alla produzione ed al confezionamento di lubrificanti per autotrazione.

Aggiunge che, in connessione di un evento incidentale occorso nella notte tra il 4 ed il 5 ottobre 2009, allorquando si verificava un improvviso sversamento da un serbatoio del sito dovuto ad una rottura improvvisa ed accidentale di una valvola del detto serbatoio, con fuoriuscita nell'area dedicata al parco serbatoi di un considerevole quantitativo di olio paraffinico, aveva comunicato immediatamente l'evento di potenziale contaminazione ai sensi dell'articolo 240 Dlgs 152/2006 ed attivato gli interventi di messa in sicurezza di emergenza, ai sensi del successivo articolo 242, al fine di contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione ed impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito

Aggiunge, in particolare, che i suddetti interventi erano consistiti nel recupero del prodotto fuoriuscito all'interno del bacino di contenimento a mezzo di autobotti aspiranti e nella immediata decorticazione del terreno superficiale (per uno strato di circa 30 c.) impregnato di olio, verificando, attraverso i piezometri già presenti nel sito, lo stato delle acque sotterranee ed, essendo emerso, a seguito di tale verifica, un fenomeno di infiltrazione dell'olio nel sottosuolo all'interno del bacino di contenimento con la conseguente diffusione lungo il flusso idrico della falda, a partire dal giorno successivo all'evento, aveva messo in pompaggio i piezometri già esistenti posti a valle del bacino per il pompaggio ed il recupero del prodotto surnatante rinvenuto all'interno del bacino di contenimento ed, al contempo, installato un sistema di trattamento delle acque emunte installato nel sito che consente di trattare e depurare le acque di falda emunte, riutilizzarle, per quanto possibile, nel ciclo produttivo (in luogo di emungere acqua pulita a fini produttivi dai pozzi che (omissis) sarebbe intenzionata a temporaneamente a chiudere a scopo cautelativo, potendo rappresentare un possibile veicolo di diffusione della contaminazione, cautela, tuttavia, non praticabile, finché non messa in grado di utilizzare l'impianto di trattamento installato, altrimenti si troverebbe senza la disponibilità delle acque da utilizzare a fini produttivi e, dunque, sarebbe costretta ad interrompere l'attività con tutti i conseguenti riflessi anche in termini occupazionali) e, successivamente, scaricare le suddette acque nel rispetto dei limiti di legge, come evincibile anche da documentazione di progetto: il tutto al fine di evitare la diffusione di acque contaminate al di fuori del sito, in funzione della tutela, quanto più possibile, dell'ambiente circostante, della limitazione dell'inquinamento e del recupero del prodotto in fase separata onde anche agevolare in una fase successiva la bonifica.

Tanto premesso e preso atto che, nonostante il massimo sforzo profuso per realizzare immediatamente i predetti necessari e rilevantissimi (anche sotto il profilo economico, atteso uno stanziamento di oltre 1.600.000 euro) interventi di messa in sicurezza di emergenza (ed a prescindere dalle procedure amministrative da tempo attivate per la bonifica delle contaminazioni storiche del sito) per rimediare all'evento incidentale e per evitarne al massimo ogni conseguenza negativa, e nonostante avesse messo al corrente — alla stregua di quanto richiesto dall'articolo 204 del Dlgs 152/2006 — gli Enti interessati dei predetti interventi, al fine di contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione e di impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito, l'Asl Napoli 1 e la Provincia di Napoli, pur non avendo niente da ridire sugli aspetti tecnici degli interventi, con gli atti in epigrafe non permettono la piena funzionalità delle opere realizzate ponendo, ciascuna per quanto di competenza, divieto di utilizzazione dell'impianto medesimo fino ad esibizione di quanto richiesto, erroneamente assumendo la necessità del previo ottenimento di titoli autorizzativi ex articolo 208 Dlgs 152/2006 per la gestione dell'impianto di cui dispone la "(omissis) Spa" in sito, appositamente costruito per il trattamento delle acque emunte (che, ai sensi di legge, se gestite in sito, non sono da sottoporre al regime dei rifiuti, potendo essere riutilizzate a fini produttivi, in alternativa allo smaltimento all'esterno del sito delle suddette acque con costi estremamente ingenti e tali da mettere in difficoltà la prosecuzione dell'attività produttiva stessa ed, oltretutto, con grave rischio per l'ambiente, dovendo le acque non riutilizzabili essere trasportate con automezzi, che a loro volta inquinano, in impianti di trattamento anche piuttosto lontani), "(omissis) Spa", in persona del legale rappresentante (omissis), con ricorso notificato il 29-30 dicembre 2009 e depositato il 4 gennaio 2010, ha impugnato gli atti predetti deducendo le seguenti censure:

1) Violazione di legge (articoli 240, 242 e 244 e dell'allegato 3 della Parte quarta del Dlgs 152/2006). Eccesso di potere per irragionevolezza manifesta, assumendo, nel caso di specie, la sussistenza di un evento di contaminazione repentino (costituito dall'accidentale rottura di una valvola di un serbatoio con sversamento del prodotto sul suolo) per attivare gli interventi di messa in sicurezza di emergenza previsti dal rubricato articolo 240, secondo le modalità stabilite dal successivo articolo 242 ed i criteri specificati nell'allegato 3 al Titolo V del Dlgs 152/2006, nel mentre, illegittimamente, la Provincia di Napoli e l'Asl Napoli 1 richiederebbero che i suddetti interventi (ed, ancor prima, la costruzione e gestione di un impianto di trattamento dei rifiuti e di scarico in acque superficiali) dovrebbero essere preventivamente autorizzati ai sensi dell'articolo 208 del Dlgs 152/2006, al contrario richiedendosi dalla rubricata normativa unicamente che gli interventi adottati siano descritti all'amministrazione e che siano attuate misure di controllo e monitoraggio per verificare la protezione dell'ambiente.

2) Violazione di legge (articoli. 240, 242 e 244 e dell'allegato 3 della parte quarta del Dlgs 152/2006 sotto altro profilo; articolo 243 Dlgs 152/2006; articolo 185, comma 1, lett. B) Dlgs 152/2006). Eccesso di potere per manifesta ingiustizia, atteso che il rubricato articolo 243 prevederebbe che le acque emunte dalle falde sotterranee, nell'ambito degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza di emergenza di un sito potrebbero essere scaricate, direttamente o previo riutilizzo nel ciclo produttivo, nel rispetto dei limiti di emissione di acque reflue industriali in acque superficiali, a tal uopo riferendo di quella giurisprudenza per la quale le acque reflue di provenienza industriale sarebbero soggette alla normativa sugli scarichi idrici e non a quella sui rifiuti, con la conseguente inapplicabilità della normativa a questi ultimi riferita che sarebbe incompatibile con la prima ai sensi dell'articolo 185, comma 1, lett. b) del Dlgs 152 del 2006 (Cfr. Tar Sicilia, Catania, 29 gennaio 2008, n. 207); inoltre illegittima sarebbe la prescrizione dell'Amministrazione di chiedere ed ottenere, per la gestione dell'impianto di trattamento delle acque emunte dalla falda, l'autorizzazione ai sensi della normativa sui rifiuti "dovendosi esse, invece, considerare acque reflue di provenienza industriale" (Tar Catania, ord. n. 788/2007; Tar Calabria n. 1068 e 1069 del 2008; Tar Friuli n. 90/2008 e n. 301/2008).

Nel caso della società ricorrente le acque sarebbero emunte per essere immediatamente trattate dalla stessa (omissis), in parte riutilizzate e poi scaricate, sempre da (omissis), direttamente nel collettore fognario nel rispetto dei limiti di legge.

Preso atto che, alla Camera di Consiglio dell'11 febbraio 2010 la difesa dell'Amministrazione Provinciale aveva depositato la nota prot. n. 870 del 3 marzo 2010 con la quale (apportando ulteriori indicazioni rispetto all'atto impugnato con il ricorso introduttivo), si era ribadito che l'impianto di trattamento delle acque emunte dovesse essere autorizzato ai sensi della normativa sui rifiuti, evidenziando, in particolare, come l'impianto in questione non sarebbe un impianto di messa in sicurezza di emergenza, bensì di bonifica in quanto non avrebbe carattere transitorio e — come ritenuto dal Ministero dell'ambiente — tale tipologia di impianto dovrebbe essere autorizzato ai sensi della normativa sui rifiuti; il tutto all'asserito fine di evitare che si utilizzi la fase di messa in sicurezza di emergenza per "raggirare" la autorizzazioni previste dalla legge, la società ricorrente, con i motivi aggiunti in epigrafe, ha impugnato anche siffatta nota deducendo le seguenti censure:

1) sub 1) ricorso introduttivo;

2) sub 2) ricorso introduttivo;

3) Violazione di legge (articoli 240, 242, 244 ed allegato 3 della parte quarta Dlgs 152/2006 sotto altro profilo). Eccesso di potere per irragionevolezza manifesta, atteso che, contrariamente a quanto indicato dalla Provincia nella nota impugnata, gli interventi realizzati da (omissis), alla stregua dell'allegato 3 degli allegati alla Parte IV del Dlgs 152/2006 (che includerebbe tra le misure di messa in sicurezza di emergenza il pompaggio di liquidi e l'installazione di trincee drenanti di recupero e controllo), si configurerebbero come interventi di messa in sicurezza di emergenza e non, invece, di bonifica, fase questa che potrebbe essere messa in atto solo dopo l'espletamento dell'iter previsto dal Dlgs 152/2006 e l'individuazione degli interventi di bonifica dei terreni e delle acque da porre in atto ed in tale contesto l'impianto di trattamento costituirebbe un elemento dell'intervento di messa in sicurezza di emergenza e non quale intervento di bonifica, come avvalorato da consulenza tecnica di parte prodotta in giudizio.

4) idem sub 3) per altro verso, stante l'illegittima parificazione dell'impianto per il trattamento delle acque emunte installato nel sito (omissis) ad un impianto mobile di trattamento dei rifiuti per il quale sarebbe doverosa l'autorizzazione; nella specie (omissis), sul presupposto che le acque emunte si presenterebbero già conformi ai limiti previsti per lo scarico in fognatura di acque industriali (ai sensi dell'articolo 243 Dlgs 152/2006) si sarebbe limitato semplicemente ad installare dei filtri ad ulteriore presidio dell'ambiente, nel quale (omissis) potrebbe scaricarle direttamente oppure previo riutilizzo.

Inoltre le indicazioni della Provincia sarebbero del tutto irragionevoli perché avrebbero l'effetto di determinare lo scarico di acque pur sempre nei limiti di legge, ma di peggiore qualità; né potrebbe sostenersi che le acque emunte sarebbero rifiuti per il mero presupposto dell'esistenza dei codici Cer che farebbero riferimento appunto alle acque emunte in operazioni di bonifica della falda e si applicherebbero unicamente nel caso in cui le acque emunte fossero effettivamente gestite come rifiuti e, cioè, stoccate e successivamente inviate ad un impianto esterno.

5) Violazione articolo 3, legge 241/1990. Eccesso di potere per motivazione postuma, censurando la motivazione della impugnata nota di divieto all'utilizzo dell'impianto di trattamento in mancanza di previa autorizzazione sul presupposto che tale impianto si configurerebbe quale impianto di bonifica, mentre come anche indicato dai consulenti tecnici di parte l'impianto de quo sarebbe certamente un impianto preordinato alla sola messa in sicurezza di emergenza non essendo anche adatto ad effettuare le misure di bonifica con la conseguenza che il progetto di bonifica da presentarsi all'amministrazione ai fini della relativa approvazione, conterrebbe interventi tecnici diversi da quelli già realizzati ai fini di procedere alla bonifica delle acque sotterranee. Infine sarebbe chiaro che, nelle more della redazione d approvazione del progetto di bonifica da parte del Ministero dell'ambiente, occorrerebbe mantenere le misure di messa in sicurezza di emergenza che certamente non potrebbero consistere solo nelle misure di prevenzione da attuarsi entro le ventiquattro ore dall'intervento così come indicato dalla Provincia nella nota del 9 marzo 2010.

L'intimata Provincia si è costituita in giudizio, preliminarmente eccependo l'irricevibilità, l'inammissibilità e l'improcedibilità del ricorso e, nel merito, sostenendone l'infondatezza.

Si è costituita in giudizio anche la Prefettura — Ufficio Territoriale del Governo di Napoli.

Con ordinanze n. 382 dell'11 febbraio 2010 e n. 584 dell'11 marzo 2010, la Sezione ha accolto l'istanza cautelare, rispettivamente in relazione al ricorso introduttivo ed ai motivi aggiunti.

Con ordinanza n. 884 del 9 dicembre 2010 la Sezione ha disposto Consulenza Tecnica d'Ufficio.

Con ordinanza n. 802 del 10 febbraio 2011 la Sezione ha concesso al Ctu proroga del termine per il deposito della relazione di consulenza;

Con ordinanza n. 2437 del 3 maggio 2011 la Sezione ha autorizzato il Ctu ad avvalersi per l'esecuzione delle analisi (da porre a carico di parte ricorrente) della Facoltà di agraria dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II", e disposto ulteriore proroga dei termini per il deposito della relazione di consulenza.

Alla pubblica udienza del 12 gennaio 2012 la causa è passata in decisione.

 

Diritto

1. Con il ricorso introduttivo in esame è stata impugnata la nota prot. n. 104880 del 24 novembre 2009 con cui la Provincia di Napoli — Area Ambiente — Direzione Tutela del Suolo — Bonifica Siti, appena ricevuta la nota della società ricorrente relativa allo stato di avanzamento dei lavori inerenti alle attività di messa in sicurezza di emergenza, conseguente ad un incidente verificatosi nella notte fra il 4 ed il 5 ottobre 2009, per un improvviso sversamento di olio paraffinico da un serbatoio del sito, pur non avendo ritenuto di imporre alcuna prescrizione tecnica — ai sensi dell'articolo 204 del Dlgs 152/2006 — si era limitata a comunicare che: "il documento Mise prevede la realizzazione di un impianto di trattamento acque, si chiede se per tale impianto è stata richiesta autorizzazione ai sensi dell'articolo 208, Dlgs 152/06" e che "con riferimento allo smaltimento delle acque emunte non reimpiegabili nel ciclo produttivo, il documento prevede lo scarico nel collettore consortile. Si chiede se la società è munita di autorizzazione allo scarico"; a sua volta l'Asl Napoli 1, Dipartimento di Prevenzione, con verbale del 27 novembre 2009, pure impugnato, all'esito di un sopralluogo effettuato nel cantiere aveva concluso nel senso che: "le attività di trattamento locale non sono consentite fino all'esibizione della predetta autorizzazione (ndr. l'autorizzazione ai sensi dell'articolo 208 del Dlgs 152/2006)" ed, a seguito di ulteriore sopralluogo in data 1° dicembre 2009 ribadito nel — pure impugnato — verbale "il divieto di utilizzo dell'impianto fino ad esibizione di quanto richiesto.

2. Il ricorso introduttivo è fondato, in ragione di entrambi i motivi.

3. Nella prima censura è dedotta la violazione degli articoli. 240, 242 e 244 e dell'allegato 3 della parte quarta del Dlgs 152/2006, atteso che illegittimamente, con le impugnate note, la Provincia di Napoli, sulla base di accertamenti effettuati dall'Asl Na 1 subordinerebbe lo svolgimento di alcune fasi dell'attività di messa in sicurezza di emergenza alla previa richiesta ed ottenimento dell' autorizzazione prevista dall'articolo 208 Dlgs 152/2006 per la costruzione e la messa in esercizio di un impianto di trattamento di rifiuti e di scarico in acque superficiali, autorizzazione che non sarebbe mai richiesta dalla disciplina in materia di interventi di emergenza, rinvenibile nei rubricati articoli.

4. Pertanto la questione posta all'attenzione del Collegio con la prima censura riguarda la possibilità di ricondurre o meno gli interventi posti in essere dalla "(omissis) Spa", anche con l'ausilio di un apposito impianto in sua dotazione (che consente il trattamento delle acque emunte dalla falda ed il loro riutilizzo nel ciclo produttivo), in occasione dell'incidente evento incidentale accaduto nella notte tra il 4 ed il 5 ottobre 2009 (allorquando si verificava un improvviso sversamento da un serbatoio del sito dovuto ad una rottura improvvisa ed accidentale di una valvola del detto serbatoio, con fuoriuscita nell'area dedicata al parco serbatoi di un considerevole quantitativo di olio paraffinico), agli interventi di messa in sicurezza di emergenza previsti dagli articoli. 240, 242 e 244 e dell'allegato 3 della parte quarta del Dlgs 152/2006, in alternativa con gli interventi di bonifica previsti dall'articolo 208 Dlgs 152/2006.

4.1. La soluzione del quesito è, poi, in diretta connessione con la natura delle acque emunte trattate dall'impianto in dotazione di (omissis) Spa — argomento direttamente implicato dalla seconda censura — atteso che se esse non fossero riutilizzabili nel ciclo produttivo, quali scarichi idrici, e dovessero classificarsi quali rifiuti inevitabile sarebbe qualificare gli interventi effettuati con l'ausilio dell'impianto de quo tra quelli di bonifica per i quali necessiterebbe l'autorizzazione ex articolo 208 Dlgs 152/2006.

5. In punto di diritto l'articolo 242 prevede che: " 1. Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell'inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione dandone, immediata comunicazione ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 304, comma 2. La medesima procedura si applica all'atto di individuazione di contaminazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione ".

Pertanto il Legislatore in materia di interventi di emergenza, pone un disciplina speciale proprio per fronteggiare eventi di "repentina contaminazione" di un sito (anche se già potenzialmente inquinato e per il quale siano in corso procedure di bonifiche tali da richiedere complessi progetti e tempi lunghi di realizzazione), all'evidente scopo di evitare, per quanto possibile, la propagazione della fonte di inquinamento all'interno del sito, ma ciò sull'ovvio presupposto che detti interventi d'urgenza siano attivati nel più beve tempo possibile; al contrario le richieste autorizzazioni non possono che attenere unicamente a procedimenti ordinari che presentano tempistiche ben diverse da quelle necessarie per il caso di specie e compatibili unicamente con operazioni di bonifica integrale del sito.

6. La Sezione, nell'impossibilità di stabilire se le acque emunte dalla falda e reimmesse nel ciclo produttivo dopo essere state trattate dall'impianto in disponibilità della società ricorrente possano essere considerate scarichi idrici o rifiuti (thema decidendum più propriamente sviluppato nella seconda censura del ricorso introduttivo) ed, ancor prima, di classificare l'impianto in dotazione della società ricorrente (quesito direttamente implicato dalla prima censura), disponeva, con ordinanza n. 884 del 9 dicembre 2010, la nomina di un Consulente tecnico d'ufficio (Ctu), "affinché, tenuto conto dei motivi di gravame, stabilisca esattamente la tipologia dell'impianto de quo e la natura delle acque da esso trattate" precisando che "i prelievi dei campioni e le analisi di laboratorio a tal fine necessari dovranno essere effettuati dal Consulente incaricato in contraddittorio con le parti interessate e/o dei loro consulenti" ed incaricando dell'espletamento della predetta consulenza il Presidente dell'Ordine degli Ingegneri della Provincia di Napoli che designerà un professionista iscritto al relativo Albo professionale specializzato in "Ingegneria ambientale".

7. In data 27 ottobre 2011 il Ctu incaricato ha depositata la sua relazione di consulenza (la quale si giova anche dei risultati delle analisi commissionate alla Facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II", giusta ordinanza della Sezione n. 2437 del 3 maggio 2011) nella quale, dopo aver ragguagliato in merito alla metodologia di indagine prescelta con la piena condivisione di tutte le parti interessate (sul punto risulta che: i campionamento sono stati definiti per eseguire un rilievo a monte della falda, un rilievo a valle della falda, una caratterizzazione dell'olio — per la quale è stata interessata la Facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II" — ed un rilievo all'uscita dell'impianto di trattamento eseguiti; "il Ctu ha provveduto a convocare la parte resistente che, a tutt'oggi, non ha ancora depositato agli atti alcuna nomina del consulente tecnico di parte"; "le operazioni peritali di cui all'ordinanza n. 884/2010, sono state effettuate mediante prelievo e campionamento dell'acqua di falda nei punti indicati nel grafico di cui all'allegato 1 del presente verbale". "Le operazioni di prelievo e campionamento sono state eseguite, con le parti interessate ed i loro consulenti, documentandole opportunamente mediante redazione di n. 7 verbali di prelievo redatti dal Ctu ed allegati al presente verbale nonché da n. 7 verbali di prelievo redatti dal laboratorio analisi chimico agrario (.....)".

8. Ciò premesso, relativamente alla natura dell'impianto di cui dispone la Società ricorrente, il Ctu, anche con il conforto del rapporto fotografico e delle planimetrie allegate, rileva che: "Si tratta di un vero e proprio impianto di trattamento delle acque; tale impianto non ha nulla a che fare con la bonifica delle acque contaminate previste per il Sito di interesse nazionale di Napoli Orientale. L'impianto ha l'unica funzione di provvedere al recupero dell'olio paraffinico sversato accidentalmente dal serbatoio di stoccaggio n. 11 del parco serbatoi dello Stabilimento (omissis) di Napoli ed è relativo allo svolgimento delle attività di Messa in sicurezza di emergenza (Mise) (.......)".

8.1. Quanto sopra rilevato vale a far ritenere la fondatezza anche del terzo motivo aggiunto nel quale si contesta l'asserto dell'amministrazione provinciale di cui alla nota prot. n. 870 del 3 marzo 2010 — impugnata con i motivi aggiunti — con cui ribadiva che l'impianto di trattamento delle acque emunte dovesse essere autorizzato ai sensi della normativa sui rifiuti, evidenziandosi come l'impianto in questione non sarebbe un impianto di messa in sicurezza di emergenza, bensì di bonifica in quanto non avrebbe carattere transitorio e — come ritenuto dal Ministero dell'ambiente — tale tipologia di impianto dovrebbe essere autorizzato ai sensi della normativa sui rifiuti.

8.2. Sul punto — come fondatamente dedotto dalla società ricorrente nella quarta censura aggiunta — alla stregua dei ragguagli forniti dalla Ctu l'illegittima parificazione dell'impianto per il trattamento delle acque emunte installato nel sito (omissis) ad un impianto mobile di trattamento dei rifiuti per il quale sarebbe necessaria l'autorizzazione, è potuta avvenire equivocamente per la circostanza che anche l'impianto in dotazione della (omissis) Spa è munito di rotelle che ne consentono lo spostamento da un luogo all'altro.

8.3. Circa le caratteristiche tecniche e funzionali del sistema di Mise — alla stregua della Ctu — "esso risulta costituito dai seguenti presidi:

— Confinamento fisico di valle;

— Trincea drenante;

— Sistema di emungimento e trattamento acque;

— Sistema di rimozione surnatante.

Soffermiamoci ad analizzare questi ultimi due presidi per comprendere quale è l'esatto inquadramento dell'impianto di trattamento nell'ambito della definizione tipologica dello stesso. Il sistema Mise comporta la necessità di emungere acque di falda al fine di mantenere costante il livello piezometrico ed evitare così il trafilamento di acque contaminate dai lati del sistema di confinamento fisico. L'emungimento delle acque avviene da 4 pozzi trincea mediante l'utilizzo di n. 4 pompe peristaltiche di portata nominale pari a mc/h/cad. I liquidi estratti risultano costituiti da una miscela bifasica di olio ed acqua e vengono sottoposti a trattamento attraverso un impianto dedicato costituito dalle seguenti sezioni (.......).

La capacità nominale dell'impianto risulta essere di circa 4 mc/h di acqua al trattamento (circa 100mc/g).

L'impianto, così come riportato nell'allegata tavola 6, risulta ubicato in un container ed è provvisto di separatori di fase, di un serbatoio di olio, di un serbatoio polmone installati direttamente all'interno del container e di due filtri a carbone attivo posizionati all'esterno. Per quanto concerne il recupero del prodotto surnatante c'è da rilevare che il recupero olio avviene attraverso l'utilizzo di stimme installati in piezometri e pozzi di recupero appositamente predisposti. Gli stimme sono costituiti da un corpo galleggiante che segue i movimenti della falda e permette l'ingresso del prodotto surnatante. Il prodotto viene estratto dal pozzo da una pompa a membrana esterna. (............). L'olio recuperato viene inviato ad una cisterna da 1000 litri in polietilene ad alta densità, per evitare sversamenti del prodotto recuperato, risulta installato un dispositivo di blocco del sistema di emungimento al raggiungimento del livello di troppo pieno. L'impianto di trattamento in effetti è un disoleatore ed ha quindi esclusivamente una funzione di filtraggio o meglio di separazione dell'olio dall'acqua; scopo dell'impianto è il recupero dell'olio paraffinico per reimpiegarlo nell'ambito delle attività produttive dello stabilimento (........)".

9. Nota a tal punto il Collegio come sia pacifico e risulti confermato dalla medesima Ctu che il sito ove opera (omissis) Spa sia interessato da una risalente situazione di contaminazione necessitante interventi di bonifica, per i quali la società ricorrente ha avviato da tempo presso il Ministero dell'ambiente il relativo procedimento che però, dovendo condurre ad una soluzione strutturale ed il più possibile durevole del problema della bonifica del sito, richiede tempi lunghi, ma è altrettanto indiscussi che altri sono gli interventi di messa in sicurezza di emergenza previsti e disciplinati dagli articoli 240, 242 e 244 e dell'allegato 3 della parte quarta del Dlgs 152/2006 (alla stregua del quale: le acque di falda emunte dalle falde sotterranee, nell'ambito degli interventi di bonifica e messa in sicurezza di un sito possono essere scaricate, direttamente o dopo riutilizzo nel ciclo produttivo, nel rispetto dei limiti di emissione di acque reflue industriali in acque superficiali) che, sono previsti in via di urgenza per fronteggiare "eventi repentini di contaminazione", e, ciò, evidentemente, non solo al fine di non aggravare la situazione di contaminazione del sito, ma anche per fronteggiare pericoli per la salute e l'incolumità di persone e cose.

9.1. Orbene già astrattamente non si rileva alcuna incompatibilità tra gli interventi di bonifica ex articolo 208 Dlgs 152/2006 e quelli di messa in sicurezza di emergenza ex articoli. 240 e ss. del medesimo Dlgs, ma anche, in relazione alla fattispecie in esame, alla stregua di quanto relazionato dal Ctu, l'impianto in dotazione della società ricorrente, finalizzato al trattamento di acque emunte da falda da riutilizzare nel ciclo produttivo, pur se non idoneo a contribuire in maniera determinante e duratura a risolvere i problemi della bonifica delle contaminazioni storiche del sito (per la quale, d'altronde, sono da tempo in corso altri tipi di interventi), indubbiamente rappresenta uno strumento in grado di "alleggerire il carico ambientale" del sito con i rischi connessi, per modo che la sua attivazione non può essere condizionata all'espletamento di adempimenti burocratici (quali il rilascio dell'autorizzazione ex articolo 208 Dlgs 152/2006, relativi a progetti di bonifica), che non sono previsti per siffatti tipi di interventi di messa in sicurezza di emergenza e che finirebbero con il vanificare l'urgenza e la tempestività che l'intervento richiede..

Come ben rilevato dalla difesa della società ricorrente, in base alle disposizioni applicabili gli interventi di messa in sicurezza di emergenza non richiedono specifiche autorizzazioni e ciò, ovviamente, ha un senso in quanto, altrimenti, non potrebbero essere realizzati con l'immediatezza che la situazione richiede, dovendo; pertanto, in base all'articolo 242 citato, siffatti interventi essere soltanto comunicati, onde le amministrazioni ne siano informate.

10. La resistente Provincia di Napoli circa la necessità di porre in essere in tempi brevi le necessarie misure di messa in sicurezza, a fronte dell'evento di potenziale contaminazione (rottura di una valvola di un serbatoio di olio paraffinico). comunicato, ai sensi dell'articolo 242 del Dlgs 152/2006, da (omissis) Srl in data 5 ottobre 2009 non prende posizione ma si limita apoditticamente, ossia senza esplicitare in concreto le ragioni per le quali non potrebbero concretamente attivarsi gli interventi di messa in sicurezza di emergenza previsti dall'articolo 242 cit., a ribadire la necessità dell'autorizzazione al trattamento dei rifiuti ex articolo 208 Dlgs 152/2006 per l'attività di trattamento e scarico delle acque emunte nel corso di operazioni di messa in sicurezza e bonifica.

Secondo la Provincia, infatti, la gestione di un impianto di emungimento e trattamento delle acque richiederebbe non soltanto l'autorizzazione allo scarico delle acque (di cui peraltro la società (omissis) è in possesso avendo ottenuto l'autorizzazione allo scarico delle acque in fognatura da parte del competente Ente d'Ambito Napoli-Volturno), ma anche un'autorizzazione al trattamento dei rifiuti, in quanto le acque emunte sarebbero rifiuti.

11. A tal punto emerge la fondatezza anche della quinta censura aggiunta inerente alla violazione dell'articolo 3 legge 241/1990. per motivazione postuma, censurandosi la motivazione della impugnata nota di divieto all'utilizzo dell'impianto di trattamento in mancanza di previa autorizzazione sul presupposto che tale impianto si configurerebbe quale impianto di bonifica, mentre come anche indicato dai consulenti tecnici di parte e confermato dal Ctu l'impianto de quo è certamente configurabile come un impianto preordinato alla sola messa in sicurezza di emergenza non essendo anche adatto ad effettuare le misure di bonifica.

12. Quanto appena rilevato conduce alla trattazione della successiva censura con la quale è stata dedotta la violazione di legge (articoli. 240, 242 e 244 e dell'allegato 3 della parte quarta del Dlgs 152/2006 sotto altro profilo; articolo 243 Dlgs 152/2006; articolo 185, comma 1, lett. B) Dlgs 152/2006), nonché l'eccesso di potere per manifesta ingiustizia, atteso che il rubricato articolo 243, nel prevedere che le acque emunte dalle falde sotterranee, nell'ambito degli interventi di bonifica o messa in sicurezza di un sito potrebbero essere scaricate, direttamente o previo riutilizzo nel ciclo produttivo, nel rispetto dei limiti di emissione di acque reflue industriali in acque superficiali, sottoporrebbe chiaramente al solo regime degli scarichi le acque emunte nell'ambito di interventi di messa in sicurezza di emergenza, ciò, ovviamente, limitatamente alle ipotesi in cui le acque stesse siano poi scaricate (eventualmente previo riutilizzo) nello stesso sito.

13. La censura in esame pone il secondo quesito relativo alla natura delle acque reflue industriali emunte dalla falda e sottoposte ad eventuale trattamento; se esse, cioè, possano considerarsi rientrare nella disciplina speciale prevista dalla legge per i reflui idrici liquidi e, quindi, tali da potersi scaricare anche in fognatura ovvero se esse debbano assoggettarsi al regime ordinario dello scarico dei rifiuti e, quindi, da inviare ad appositi centri di smaltimento e stoccaggio.

Al riguardo il riferimento normativo è costituito dall'articolo 243 Dlgs 152/2006 secondo cui " Le acque di falda emunte dalle falde sotterranee, nell'ambito degli interventi di bonifica e di messa in sicurezza di un sito, possono essere scaricate, direttamente o dopo essere state utilizzate in esercizio nel sito stesso, nel rispetto dei limiti di emissione di acque reflue in acque reflue industriali in acque superficiali ".

13.1. Anche su tale punto quanto mai eloquente è la relazione del Ctu che si esprime nel senso che: "Per quanto concerne la natura delle acque trattate dall'impianto c'è da osservare che la complessità degli accertamenti da eseguire ha reso necessaria l'esecuzione di analisi di laboratorio ritenute imprescindibili per la caratterizzazione delle acque di falda.

Ai fini della caratterizzazione delle acque di falda, gli elementi da ricercarsi e le modalità investigative adottate sono state definite dallo scrivente Ctu in contraddittorio con i consulenti tecnici delle parti interessate nel corso dei sopralluoghi eseguiti e condivise dagli stessi. Al fine di stabilire se le acque emunte dalla falda e reimmesse nel ciclo produttivo dopo essere state trattare dall'impianto in disponibilità della società ricorrente possono essere considerate scarichi idrici o rifiuti, si è provveduto, ai fini della caratterizzazione delle acque di falda ad individuare i punti di campionamento da cui prelevare i campioni su cui eseguire le analisi di laboratorio.(......).

Il contesto di riferimento per le valutazioni di cui al quesito formulato è il Dlgs 152/2006 e s.m.i. Occorre osservare che in termini di Legge non vi è una ben precisa demarcazione relativamente alla classificazione tra rifiuto liquido e refluo (.....).

— Si rileva che, per alcuni parametri non è possibile il confronto con la tabella 2 dell'allegato 5 al Titolo V del Dlgs 152/2006 e s.m.i., in particolare per l'alluminio, cromo totale, cromo VI, cobalto, mercurio e nichel i valori forniti dalle analisi sono espressi in mg/1 Al riguardo detti parametri analitici presentano concentrazioni del tutto trascurabili, in generale dello stesso ordine di grandezza del limite di rilevabilità. Essendo le concentrazioni dell'ordine della p.p.m. (parti per milione) o delle ppb (parti per miliardo) sono da ritenersi al di sotto di quanto previsto dalla tabella 2 relative ai valori di Concentrazione soglia di contaminazione (Csc).

— In relazione ai valori riferiti ai campioni prelevati nei piezometri a monte indicati con 11-12-13 si rileva, ai fini della caratterizzazione del rilievo a monte della falda, che, per alcuni parametri quali ferro, manganese e piombo le concentrazioni sono leggermente superiori alle Csc della tabella 2 dell'allegato 5 al Titolo V del Dlgs 152/06 e s.m.i. In termini di legge si tratta di acqua di falda contaminata per cui è previsto l'obbligo di bonifica ai sensi del Dlgs 152/2006 e s.m.i.;

— Per quanto riguarda gli idrocarburi totali rilevati, la tabella 2 prevede che essi siano espressi in n. esano, che rappresenta dal punto di vista del peso molecolare, il limite inferiore degli idrocarburi rilevabili. Il peso molecolare dell'esano è pari a 86 u.m.a. Dal punto di vista massico il rapporto di equivalenza tra n. esamo ed idrocarburo medio è pari a 0,2, nel senso che, ad un grammo di C32H66 corrispondono 0,2 grammi di esano. Quindi dividendo per 5 i valori refertati otterremmo valori decisamente minori;

— Per quanto concerne i valori relativi alle analisi dei campioni dei pozzi di emungimento 3-4 e del pozzetto olio si evidenziano concentrazioni analoghe a quelle rilevate nei piezometri a monte, eccetto per gli idrocarburi totali che nel pozzo 4 presentano valori sensibilmente più elevati;

— In riferimento ai valori di concentrazione limite di emissione in fognatura stabiliti dalla tabella 3 dell'allegato 5 alla Parte III del Dlgs 152/2006 e s.m.i., si rileva che, per tutti i parametri analizzati relativi ai campionamenti eseguiti, tali acque hanno concentrazioni inferiori ai valori massimi di Legge, pertanto ne è consentito lo scarico in fognatura;

— dalle analisi si rileva che l'impianto di trattamento attualmente in funzione ottiene l'unico effetto di ridurre la concentrazione degli idrocarburi: il trattamento dell'impianto non è nemmeno decisivo ai fini dell'accettabilità dello scarico in fognatura in quanto i valori di concentrazione massima registrati in questa campagna di campionamento relativi al parametro idrocarburi totali, unico di quelli analizzati ad essere abbattuto dall'impianto risulta inferiore al limite massimo di accettabilità stabilito per legge già prima del trattamento. Nel pozzo 4 le analisi fanno registrare per gli idrocarburi totali la concentrazione massima rilevata, pari a 5,98 mg/L questo valore consente già lo scarico in fognatura a fronte del limite di legge che prescrive un valore inferiore a 10 mg/L.

Sulla scorta di quanto rilevato in base alle analisi eseguite, è evidente che le acque emunte dalla falda e reimmesse nel ciclo produttivo dopo essere state trattate dall'impianto in disponibilità della società ricorrente possono essere considerate come acque reflue e quindi come scarichi idrici, tant'è che per i campionamenti eseguiti tutti i parametri rilevati sono risultati inferiori ai limiti di emissione degli scarichi idrici previsti dalla tabella 3 dell'allegato 5 alla Parte III del Dlgs 152/06 e pertanto ne è consentito lo scarico in rete fognaria. Si rileva che l'effetto dell'impianto di trattamento non è decisivo ai fini dell'accettabilità dello scarico in fognatura essendo i parametri delle acque prima del trattamento già inferiori alla soglia di accettabilità fissata dalla Legge".

14. Osserva il Collegio che, dalla relazione del Ctu, pur con tutte le riserve per quanto da ultimo rilevato, emerge che l'impianto è senz'altro idoneo all'abbattimento degli idrocarburi totali; anche se per i parametri di alluminio, cromo totale, cromo VI, cobalto, mercurio e nichel non è possibile il confronto con la tabella 2 dell'allegato 5 al Titolo V del Dlgs 152/2006 e s.m.i., tuttavia, risultando le concentrazioni dell'ordine della p.p.m (parti per milione) o delle ppb (parti per miliardo) sono da ritenersi al di sotto di quanto previsto dalla Tab. 2 relative ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (Csc); in ogni caso, per tutti i parametri analizzati relativi ai campionamenti eseguiti, le acque analizzate hanno concentrazioni inferiori ai valori massimi di Legge, pertanto ne è consentito lo scarico in fognatura.

Ne deriva che, in relazione all'attuale situazione ambientale del sito, innegabile è una incidenza (soltanto) limitata dell'impianto de quo che, però, si traduce in effetti benevoli che non possono non contribuire, sia pure alla stregua delle caratteristiche dell'impianto de quo, a rappresentare un fattore di "alleggerimento" degli effetti della contaminazione del sito, al tempo stesso consentendo alla società ricorrente di scaricare in loco i reflui provenienti dall'impianto, evitando, in tal modo, i notevoli costi (anche ambientali) dello smaltimento all'esterno.

15. Ciò è pienamente in linea con la normativa di cui al Dlgs 152/2006 ed, in particolare con l'articolo 243 del Dlgs 152/2006, alla stregua del quale: "Le acque di falda emunte dalle falde sotterranee, nell'ambito degli interventi di bonifica o messa in sicurezza di un sito, possono essere scaricate direttamente o dopo essere state riutilizzate in cicli produttivi in esercizio nel sito stesso, nel rispetto dei limiti di emissione di acque reflue industriali in acque superficiali di cui al presente articolo", in modo tale da sottoporre al solo regime degli scarichi le acque emunte nell'ambito di interventi di messa in sicurezza di emergenza, limitatamente alle ipotesi in cui le acque emunte siano poi scaricate (eventualmente previo riutilizzo) nello stesso sito.

16. Secondo l'interpretazione giurisprudenziale della su riferita normativa — condivisa dal Collegio — la ratio legis è nel senso di porre una disciplina speciale per la gestione delle acque di falda emunte nelle operazioni di messa in sicurezza e di bonifica, riconducibile alla normativa sugli scarichi idrici e non a quella sui rifiuti, con la conseguente non applicabilità, per le stesse acque, della disciplina sui rifiuti, che è incompatibile con la prima ai sensi dell'articolo 185, comma 1, lett. b) del Dlgs 152 del 2006 (Cfr: Tar Sicilia Catania n. 207 del 29 gennaio 2008); inoltre, è stata anche espressamente ritenuta illegittima la prescrizione dell'amministrazione di ottenere, per la gestione dell'impianto di trattamento delle acque emunte dalla falda, l'autorizzazione ai sensi della normativa rifiuti, dovendosi esse, invece, considerare acque reflue di provenienza industriale (Cfr. Tar Sicilia, Catania, ordinanza n. 788/2007) e ad analoghe considerazioni sono pervenuti anche il Tar Calabria (sentt. n. 1068 e 1069/2008) secondo cui appare senz'altro illegittima l'assimilazione ai rifiuti delle acque reflue emunte dalla falda ed il Tar Friuli Venezia Giulia (sentt. n. 90/2008 e n. 301/2008) che ha annullato le determinazioni amministrative che qualificavano le acque emunte alla stregua dei rifiuti.

17. Nella fattispecie in esame, come si evince dalla documentazione tecnica depositata nonché dalla stessa relazione del Ctu, le acque emunte dall'impianto (omissis) Spa non sono rifiuti, ma sono già di per sé conformi ai limiti previsti per lo scarico di acque industriali in corpo idrico superficiale, con la conseguenza che (omissis), anche su indicazione dei consulenti tecnici, ha ritenuto di dover provvedere egualmente al trattamento delle acque emunte unicamente al fine di evitare ogni possibile rischio futuro di contaminazione (laddove fossero emunte, diversamente da quanto fino ad oggi accaduto, acque con concentrazioni di inquinamenti superiori ai limiti previsti per il relativo scarico), oltre che per riutilizzare e comunque scaricare acque con caratteristiche quantitative migliori.

18. Insomma v'è quanto basta per ritenere che il rispetto delle prescrizioni impugnate, ossia il divieto di utilizzo dell'impianti di trattamento in mancanza dell'autorizzazione ai sensi delle normativa sui rifiuti, risulta, oltre tecnicamente ingiustificato, in contrasto con tale normativa e tale da costringere la società ricorrente ad ingiustamente sopportare i più elevati costi (anche ambientali atteso che la movimentazione dei quantitativi di acque comporta l'utilizzo di automezzi che devono percorrere svariati chilometri con tutti i rischi anche riconnessi a tale modalità di trasporto in caso di incidenti) per il mancato utilizzo dell'impianto di trattamento e lo smaltimento all'esterno delle acque emunte dall'impianto in discussione; inoltre, al fine di non compromettere ulteriormente la gestione dello stabilimento (omissis) non potrebbe provvedere alla temporanea chiusura cautelativa del pozzo di acqua industriale (per evitare che tale pozzo possa costituire veicolo di diffusione dell'inquinamento) avendo la necessità di prelevare da tale pozzo le acque da utilizzare nei processi produttivi.

19. La resistente Provincia, a sostegno della tesi per quale le acque emunte sarebbero rifiuti liquidi, richiama la circostanza che, in generale, il Ministero dell'ambiente richiede, con riferimento a tale tipologia di impianti il conseguimento dell'autorizzazione ex articolo 208 cit. e che esistono dei codici Cer che fanno riferimento appunto alle acque emunte dalla falda nel corso di operazioni di bonifica e, ad ulteriore riprova di tanto, ha depositato anche un verbale di conferenza dei servizi del sito di interesse nazionale di Napoli ove il Ministero si esprime in tal senso (ma non nei confronti di (omissis)).

19.1. Tuttavia, pur avendo in passato il Ministero dell'ambiente assunto tale orientamento, ossia che le acque di falda emunte costituiscano rifiuti liquidi, (nonostante la lettera dell'articolo 243 del Dlgs 152/2006 che le parifica alle acque industriali), le relative prescrizioni del Ministero dell'ambiente che, nell'ambito di siti di interesse nazionale, hanno ritenuto necessario il rilascio di autorizzazioni al trattamento dei rifiuti liquidi per le acque emunte, sono state puntualmente annullate dai TT.AA.RR. aditi (Tar Sicilia, Catania, n. 207/08; Tar Puglia, Lecce, 2247, 2248, 2249 e 2250 del 2007; Tar Friuli n. 301/2008; Tar Calabria, Catanzaro, n. 1068/2008; C. di S., n. 5256/200).

20. La Provincia di Napoli — Area Ambiente, con nota n. 8014 del 21 settembre 2011, in merito all'elaborato peritale del Ctu formula una serie di riserve ed osservazioni che, però, in parte, si presentano largamente estranee ai quesiti specifici, correttamente evasi dal Ctu, mentre per quanto invece attiene alla qualità del refluo ed alla legittimità tecnico-normativa delle condizioni di scaricabilità, caratteristiche di cui al lavoro del Ctu, sostanzialmente concordano con il giudizio del Ctu e del Ctp (omissis).

20.1. In relazione alle analisi peritali effettuate, rileva queste hanno dimostrato che l'impianto realizzato dalla Ditta quale intervento di Mise sortisce unicamente l'effetto di consentire il parziale recupero di prodotto sversatosi con l'incidente, mentre la contaminazione preesistente, che fa permanere l'obbligo di bonifica della falda in capo alla ditta in ambito Sin, non viene minimamente abbattuta. L'impianto attualmente in funzione ottiene l'unico effetto di ridurre la concentrazione di idrocarburi totali nelle acque senza peraltro giungere ad una concentrazione inferiore alla Csc per tale parametro, ma, contemporaneamente, consente che il prodotto sversato venga utilizzato dalla ditta. Il trattamento effettuato nell'impianto non risulta nemmeno decisivo ai fini dell'accettabilità dello scarico in fognatura in quanto i valori di concentrazione massima registrati in questa campagna di campionamento relativi al parametro idrocarburi totali, unico di quelli analizzati, ad essere abbattuto dall'impianto, risulta inferiore al limite massimo di accettabilità stabilità per legge già prima del trattamento.

Riguardo alla definizione delle acque trattate dall'impianto, sulla quale la Ctu rileva che la concentrazione dei parametri verificati nel corso delle operazioni peritali risultano idonee allo scarico sia prima che dopo il trattamento dell'impianto, nota la resistente Provincia che il Dlgs 152/2006 detta le concentrazioni limite sia per le acque di falda contaminate sia per l'accettabilità di scarichi idrici e queste ultime risultano spesso molto meno restrittive rispetto alle prime, circostanza, quest'ultima riconducibile alla diversa finalità che persegue la normativa; per ciò che concerne le bonifiche, scopo finale è la salvaguardia di una matrice ambientale quale è l'acqua di falda che deve essere decontaminata restituendola ai naturali equilibri., per gli scarichi idrici scopo è lo smaltimento finale quasi sempre previo trattamento (depurazione), concludendo nel senso che un pompaggio di acqua di falda contaminata allo scopo di smaltimento in scarico idrico sconfesserebbe il concetto stesso di bonifica.

21. In definitiva, preso atto che le conclusioni cui è pervenuto il Ctu sono, senz'altro, condivisibili in quanto tali da non apparire irragionevoli e esenti da evidenti errori o vizi logici, il ricorso introduttivo è fondato e deve essere accolto con il conseguente annullamento della nota prot. 104880 del 24 novembre 2009.

22. Per invalidità derivata va disposto l'annullamento anche della nota della Provincia di Napoli, Area Ambiente, Direzione Tutela del Suolo — Bonifica Siti — Gestione tecnica rifiuti, prot. 870 del 3 marzo 2010 — impugnata con i motivi aggiunti — in quanto affetta dai medesimi vizi già fatti valere quali motivi del ricorso introduttivo.

23. Al termine delle operazioni di consulenza il Ctu ha chiesto la liquidazione della somma totale di euro 9.100,00 (spese 2.100,00 + redazione perizia 7.000,00), tuttavia, considerato che le analisi delle acque sono state condotte dalla Facoltà di Agraria dell'Università degli Studi di Napoli "Federico II" appare ragionevole una riduzione della somma a lui dovuta per il complessivo importo di euro 5.500,00 (cinquemilacinquecento/00)..

24. Le spese giudiziali seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Quinta Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 122/2010 R.G.) per come proposto, anche tramite motivi aggiunti, dalla società "(omissis) Spa" così decide:

a) accoglie il ricorso introduttivo e, per l'effetto, annulla la nota Prot. 104880 del 24 novembre 2009

b) accoglie i motivi aggiunti e, per l'effetto, annulla la nota prot. 870 del 3 marzo 2010;

c) condanna la Provincia di Napoli al pagamento della spese giudiziali complessivamente quantificate in euro 2000,00 (duemila/00);

d) Liquida al Ctu, a saldo di ogni spettanza per l'attività svolta, la somma di euro 5.500,00 (cinquemilacinquecento/00), comprensiva dell'importo di euro 1.500,00, già corrisposto a titolo di acconto, da porsi ad esclusivo carico dell'amministrazione provinciale..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2012 con l'intervento dei magistrati:

(omissis)

 

Depositata in segreteria il 21 marzo 2012

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