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Deliberazione Comitato per lo sviluppo del verde pubblico 11 novembre 2014, n. 3

Distanza degli alberi dal confine stradale - Articolo 26, comma 6, Dpr 495/1992 

Comitato per lo sviluppo del verde pubblico

Deliberazione 11 novembre 2014, n. 3

 

Nella riunione dell'11.11.2014, in presenza del Consigliere Massimiliano Atelli, Presidente, dell'ing. Giorgio Boldini, Componente, del dr. Bruno Cignini, Componente, del prof. Vittorio Emiliani, della dr.ssa Anna Maria Maggiore, Componente, della dr.ssa Angela Farina, per delega del dr. Cesare Patrone, Componente, del dr. Mattia Busti, per delega del dr. Andrea Sisti, Componente;

Vista la legge n. 10/2013;

Visti, in particolare, gli articoli 3, comma 2, lettera d), e 7, comma 2, lettera b), della legge n. 10/2013;

Relatore il Componente Arch. Anna Maria Maggiore

Il Comitato delibera quanto segue.

 

La stampa, locale e nazionale, riporta diffusamente notizia di interventi su alberate stradali in qualche modo collegati all'applicazione dell'articolo 26, comma 6 del Dpr n. 495 del 16 dicembre 1992, e s.m., e in specie alla lettura che ne sarebbe stata data dalla sentenza della Suprema Corte di Cassazione, Sezione V penale, n. 17601 del 7 maggio 2010.

Nello specifico, la norma oggetto di interpretazione da parte della Corte è l'articolo 26 comma 6 Dpr 495/1992, recante il Regolamento di esecuzione ed attuazione del Codice della strada, sul quale la stessa si è espressa nei seguenti termini: "è pacifico che l'albero si trovasse a meno di sei metri dal confine stradale, e quindi in posizione non consentita, e pertanto è appunto l'articolo 26 .... (del Dpr 495/1992 ndr) ... che trova applicazione nella fattispecie che ci occupa, il quale, al comma 6, prevede che gli alberi non possano trovarsi a meno di sei metri dal confine stradale, norma all'evidenza finalizzata alla tutela della sicurezza degli utenti della strada ... ".

L'esigenza di contemperare la dovuta tutela degli utenti stradali con la protezione dei complessi arborei posti a cornice della strada è da sempre avvertita dalle autorità competenti in materia, sin dalla Circolare n. 8321 del 11 agosto 1966 del Ministero dei lavori pubblici, la quale espressamente raccomandava la salvaguardia delle esistenti alberature poste ai lati delle strade".

Ciò detto, stando alla lettura che diversi enti locali tendono a dare della sentenza n. 17601/2010 sembrerebbe che tutti gli alberi che si trovino a meno di sei metri dal confine stradale versino in situazione difforme da quella ammessa dalla legge, e debbano essere conseguentemente abbattuti; sennonché, nella lettera dell'articolo 26 comma 6 non è dato rinvenire affatto quella clausola espressa di retroattività che sarebbe invece necessaria a suffragare l'abbattimento anche degli alberi piantumati antecedentemente all'entrata in vigore (nel dicembre del 1992) del Regolamento di attuazione ed esecuzione del Codice della strada (Dpr n. 495 del 1992) e, per quanto qui interessa, del suo articolo 26.

Per come formulata, la disposizione di cui all'articolo 26, comma 6, sembra infatti volta univocamente a disporre per il futuro: si parla infatti di distanza dal confine stradale da rispettare per impiantare alberi lateralmente alla strada, non di alberi già impiantati. Appare quindi coerente e conforme al testo e allo spirito della norma quanto affermato dal Ministro e poi dal Ministero delle Infrastrutture nel 2011, e cioè che gli alberi impiantati antecedentemente all'entrata in vigore del Codice della Strada, al di sotto del limite metrico di cui all'articolo 26, comma 6, Dpr 495/1992, si collochino al di fuori dell'ambito di applicazione di quest'ultima disposizione, quale individuato dal legislatore, volendosi con detta norma unicamente impedire la piantumazione di nuovi alberi a distanza inferiore ai 6 metri. Di conseguenza, resta impregiudicata la sorte di quelli già impiantati, per i quali non sarebbe dunque rinvenibile un obbligo cogente di abbattimento o rimozione (quanto meno, non la si potrebbe rinvenire nell'esigenza di dare attuazione all'articolo 26, comma 6, come ritenuto interpretato dalla Corte di Cassazione).

Del resto, nello stesso senso parrebbe deporre anche l'articolo 29 del Codice della strada, che in tema di piantagioni e siepi dispone espressamente che "i proprietari confinanti hanno l'obbligo di mantenere le siepi in modo da non restringere o danneggiare la strada o l'autostrada e di tagliare i rami delle piante che si protendono oltre il confine stradale e che nascondono la segnaletica o che ne compromettono comunque la leggibilità dalla distanza e dalla angolazione necessarie. Qualora per effetto di intemperie o per qualsiasi altra causa vengano a cadere sul piano stradale alberi piantati in terreni laterali o ramaglie di qualsiasi specie e dimensioni, il proprietario di essi è tenuto rimuoverli nel più breve tempo possibile". Appare a questa stregua plausibile ritenere, infatti, che la presenza di alberi ai lati della strada non contrasti, di per sé, con il limite dei 6 metri, fermo restando che gli stessi devono essere controllati e mantenuti in condizioni di sicurezza sia dai proprietari dei terreni limitrofi che dagli enti territorialmente competenti ai sensi del Dpr 1126/1981, e salva l'applicazione delle distanze di cui all'articolo 26 del Regolamento limitatamente, come detto, ai nuovi impianti arborei.

Né a diversa conclusione pare in grado di condurre il comma 9 dell'articolo 26 Dpr 495/1992, il quale prevede che "le prescrizioni contenute nei commi 1 ed 8 non si applicano alle opere e colture preesistenti", recando così una espressa previsione di irretroattività riguardo ai soli casi di cui ai commi 1 ed 8 (e sembrando in tal modo comportare, ex adverso, l'applicazione retroattiva dei rimanenti commi dell'articolo 26, ivi incluso il 6), perché, ove in tal senso si intendesse la norma, dato che il comma 9 si riferisce espressamente alle "colture" preesistenti, si perverrebbe all'illogico e paradossale risultato secondo il quale — a parità di rischio stimata — gli alberi non rispettosi delle distanze minime di cui al comma 6 andrebbero eliminati laddove in concreto possano ritenersi non appartenenti a "colture", ed al contrario non dovrebbero essere abbattuti quando invece vi appartengano.

Del resto, è sul punto il caso di evidenziare che studi internazionali hanno messo in luce l'utilità delle fasce boscate perimetrali alle strade anche agli effetti del mantenimento dell'attenzione alla guida, sicché il pregio delle stesse non si esaurisce nel rappresentare opere di ingegneria naturalistica a protezione delle ripe a monte e valle delle strade, nonché barriere naturali antirumore e anti-inquinamento.

3. Oltre ai suesposti argomenti, rinvenibili nella normativa di settore inerente la circolazione stradale, occorre tuttavia considerare quelli ricavabili dalle disposizioni, indicate in premessa, contenute nella legge n. 10/2013.

In particolare, ai sensi dell'articolo 3, comma 2, lettera d), di detta legge è confermato il dovere degli enti locali di porre in essere azioni adeguate a garanzia della sicurezza delle alberate stradali e di svolgere attività per migliorare la tutela dei cittadini. Il che, se sul piano testuale potrebbe non essere di per sé incompatibile con letture di tipo retroattivo dell'articolo 26, comma 6, Dpr 495/1992, sul piano della ratio legis complessivamente ricavabile dalla legge n. 10/2013 fa invece appare questa opzione come quella meno probabile.

Inoltre, l'articolo 7, comma 2, lettera b), della legge n. 10/2013 stabilisce che, agli effetti della presente legge e di ogni altra normativa in vigore nel territorio della Repubblica, per "albero monumentale" si intendono, fra gli altri, anche "i filari e le alberate di particolare pregio paesaggistico, monumentale, storica e culturale, ivi compresi quelli inseriti nei centri urbani". Occorre quindi considerare che, fra le alberate di particolare pregio paesaggistica, monumentale, storico e culturale, ivi compresi quelli inseriti nei centri urbani, possano esservene anche di "stradali", nel qual caso spiegherà effetto il più rigoroso regime di tutela previsto dall'intero articolo 7 della legge n. 10/2013 medesima.

4. Resta ferma, attesa l'essenziale esigenza di tener insieme gli irrinunciabili obiettivi di sicurezza stradale con la tutela dell'ambiente e dei territori (superando quell'approccio che tende semplicisticamente a individuare la soluzione nel taglio, neppure selettivo e sovente affidato a tecnici non provvisti della necessaria competenza, degli alberi), che netta rimane la differenza fra una presunzione indiscriminata di rischiosità delle alberature stradali preesistenti site al di sotto (e per il fatto in sé di essere site al di sotto) del limite metrico di cui all'articolo 26, comma 6, Dpr 495/1992, da un lato, e i casi invece di rischiosità verificata, nei modi di legge, delle situazioni che interessano singoli alberi (per rimanere nella specifico, alberi siti a meno di 6 metri dalla strada e preesistenti all'entrata in vigore del Dpr 495/1992), dall' altro.

In tema, appare opportuno evidenziare che l'articolo 7, comma 4, ultimo periodo, della legge n. 10/2013, stabilisce con chiarezza — riguardo alla particolare categoria degli alberi monumentali — che, pur godendo gli stessi di uno speciale regime di tutela, "Sono fatti salvi gli abbattimenti, le modifiche della chioma e dell'apparato radicale effettuati per casi motivati e improcrastinabili, dietro specifica autorizzazione comunale, previo parere obbligatorio e vincolante del Corpo forestale della Stato.".

Ne consegue che, se questo è consentito persino con riferimento agli alberi monumentali, a fortiori ciò dovrà reputarsi consentito — seguendo modalità analoghe a quelle indicate nella norma da ultimo richiamata — per gli alberi diversi da questi, ivi inclusi quelli siti a meno di 6 metri dalla strada e preesistenti all'entrata in vigore del Dpr 495/1992.

5. Resta ferma la necessità di considerare e ponderare tutti i diversificati fattori che, come ormai scientificamente acquisito, possono influire sullo state di salute delle alberature e sulla loro funzionalità, anche nelle loro reciproche interazioni (specie riguardo a manufatti e sottoservizi), quali:

— in fase di impianto, pianificazione e progettazione dell'intervento, secondo le regole tecniche di settore, nel sito idoneo prescelto;

— in fase di impianto, selezione della specie appropriata in rapporto al site idoneo prescelto;

— in fase di impianto, creazione e conservazione delle condizioni per la migliore ossigenazione dell'apparato radicale, ivi inclusi sesti utilizzati e prime cure colturali;

— a piantumazione effettuata, prestabilita minimizzazione dell'effetto impattante dei manufatti e dei sottoservizi;

— a piantumazione effettuata, periodica e costante manutenzione, attraverso interventi eseguiti con tecniche idonee da personale adeguatamente qualificato, avuto riguardo fra l'altro al grado di fruizione da parte della collettività, alla insorgenza di patologie, al livello degli inquinanti, nonché allo stato di senescenza dell'individuo.

 

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