Sentenza Tar Piemonte 16 aprile 2014, n. 616
Rumore - Limiti - Superamento limiti differenziali - Ordinanza sindacale di riduzione - Legittimità - Non sussiste - Applicazione a impianti a ciclo continuo - Esclusione
Tar Piemonte
Sentenza 16 aprile 2014, n. 616
Repubblica italiana
In nome del popolo italiano
Il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
Sentenza
sui ricorsi numeri di registro generale 290 e 291 del 2011, proposti da:
Cartiera italiana Srl, rappresentata e difesa dall'avvocato (omissis), con domicilio eletto presso il medesimo (omissis);
contro
Comune di (omissis), Agenzia regionale protezione ambiente (Arpa) — Piemonte, Agenzia regionale protezione ambiente — Dipartimento provinciale di Vercelli, Provincia di Vercelli;
nei confronti di (omissis), (omissis);
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 290 del 2011:
dell'ordinanza del Sindaco di (omissis) n. 29 del 20 dicembre 2010, notificata il 22 dicembre 2010, con cui si ingiunge alla Società ricorrente, ai sensi della legge 447/95 e dell'articolo 4 del Dpcm 14 novembre 1997, di "adottare con effetto immediato, tutti gli accorgimenti necessari a limitare le emissioni rumorose, con sospensione delle attività che possano produrre fenomeni di superamento dei limiti stabiliti dalle vigenti disposizioni normative in materia, nel tratto prospiciente le abitazioni in via (omissis) in particolare nella fascia notturna";
del provvedimento del Sindaco di (omissis), prot. n. 171 dell'8 gennaio 2011, nonché la relazione dell'Arpa di Vercelli prot. n. 129828 in data 24 novembre 2010, la Classificazione acustica del territorio comunale di (omissis) approvata con Deliberazione C.C. n. 42 del 2004, e modifiche ed integrazioni successive, nelle parti che verranno indicate nel testo del ricorso;
quanto al ricorso n. 291 del 2011:
del provvedimento a firma del Dirigente Responsabile del Settore tutela ambientale della Provincia di Vercelli n. prot. 0103192/000 del 15 dicembre 2010, notificato a mezzo del servizio postale in data 15 dicembre 2010 e pervenuto il successivo 21 dicembre 2010, con cui si diffida la Società ricorrente "a gestire l'impianto autorizzato con provvedimento Aia n. 26968/2010 in difformità alle prescrizioni autorizzative, per quanto riguarda l'adozione del piano di risanamento acustico..." e si prescrive che essa "provveda a completare tutti gli interventi previsti nel piano di risanamento acustico del 26 settembre 2008 redatto da (omissis)...";
dell'Autorizzazione integrata ambientale rilasciata dalla Provincia di Vercelli n. prot. 26968 del 2 aprile 2010, nelle sole parti che verranno indicate nel testo del ricorso.
Visti i ricorsi e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 aprile 2014 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto
1. La Società (omissis) Srl svolge attività di produzione di pasta di legno e a tal fine dispone di un impianto cd. a ciclo continuo sito nel Comune di (omissis).
L'area ove è sito l'impianto, destinata a insediamenti produttivi, nel corso degli ultimi decenni ha assunto una vocazione in parte residenziale e la presenza di edifici ad uso abitativo ha reso più acuto il problema della compatibilità con i limiti di legge delle emissioni rumorose prodotte dagli impianti industriali.
2. A questo proposito, la società ricorrente è stata destinataria di un provvedimento di diffida della Provincia di Vercelli — datato 15 dicembre 2010 — nel quale si dà atto che, secondo rilevamenti effettuati da parte di Arpa, "il livello differenziale di immissione sonora (LD) è superiore al limite di 3 dB(A) fissato dalla normativa vigente in materia di inquinamento acustico (legge 447/95 e Dpcm 14/11/1997 "determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore") per il periodo notturno (22:00 — 06:00) "; e, conseguentemente, si diffida la Società "a gestire l'impianto autorizzato con provvedimento Aia n. 26968/2010 in difformità alle prescrizioni autorizzative, per quanto riguarda l'adozione del piano di risanamento acustico..", prescrivendosi che la stessa "provveda a completare tutti gli interventi previsti nel piano di risanamento acustico del 26/09/2008 redatto da Studio Nicastro ...".
3. L'ordinanza provinciale è oggetto dell'impugnativa qui all'esame iscritta ad R.G. 291/2011, riguardante anche, in parte qua, l'Autorizzazione integrata ambientale rilasciata dalla Provincia di Vercelli con il numero di prot. 26968 in data 2 aprile 2010.
4. Sulla base dei medesimi rilievi dell'Arpa, analogo provvedimento di diffida è stato indirizzato alla società ricorrente dal Sindaco del Comune di (omissis), con ordinanza n. 29 del 20 dicembre 2010, poi ribadita da successiva nota del 8 gennaio 2011.
Le due misure sindacali sono state entrambe impugnate con il ricorso R.G. 290/2011, unitamente alla presupposta classificazione acustica del territorio comunale di (omissis), approvata con deliberazione C.C. n. 42 del 2004.
5. Nei due ricorsi sono state articolate le seguenti censure.
5.1 Con riferimento alle ordinanze sindacali è stato lamentata la violazione dell'articolo 7 legge 241/1990, per mancata comunicazione di avvio di procedimento, nonché l'assenza di situazioni di pericolo grave e imminente per la saluta pubblica (non desumibili dai verbali Arpa in data 22 ottobre 2010 e 11 novembre 2010) che potessero giustificare l'adozione di misure contingibili e urgenti.
5.2 Un ulteriore profilo di censura è riferito alla classificazione acustica dell'area comunale ove è situato l'impianto, approvata con deliberazione C.C. n. 42 del 2004.
La ricorrente contesta, in particolare, l'inserimento dell'area nella classe IV (comprensiva delle zone urbane "interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità di popolazione, con elevata presenza di attività commerciali e uffici, con presenza di attività artigianali; le aree in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie; le aree portuali, le aree con limitata presenza di piccole industrie"), le cui caratteristiche tipologiche non corrisponderebbero a quelle effettivamente sussistenti nel sito ove è ubicato l'impianto in questione. Maggiormente rispondente alla pianificazione urbanistica vigente, oltre che alla effettiva morfologia e destinazione d'uso del territorio, risulterebbe l'inquadramento in classe VI, comprensiva di "aree interessate esclusivamente da attività industriali e prive di insediamenti abitativi".
5.3 Sotto diverso profilo, la classificazione acustica comunale viene censurata in quanto attuata non in conformità alle linee guida regionali (di cui alla Lr 52/2000), le quali prevedono opportuni accorgimenti tecnici (ad es. i piani di risanamento) a salvaguardia della continuità delle attività produttive, laddove le stesse vengano a situarsi in aree limitrofe ad altre residenziali.
5.4 Un motivo di doglianza comune ad entrambi i ricorsi attiene all'asserita inapplicabilità al caso di specie dell'obbligo di osservanza dei limiti differenziali, la cui violazione è invocata a fondamento dei provvedimenti impugnati.
Le misure adottate dal Comune e dalla Provincia, infatti, non terrebbero conto del Dm 11 dicembre 1996, titolato "Applicazione del criterio differenziale per gli impianti a ciclo produttivo continuo", il quale all'articolo 3, comma 1, esclude dalla applicazione del criterio differenziale gli impianti industriali a ciclo continuo — quale quello in esame — nel caso in cui gli stessi rispettino i valori assoluti di immissione.
5.5 Sulla base delle censure riferite alla classificazione acustica dell'area, predisposta dal Comune con il piano di zonizzazione comunale adottato nel 2004, viene censurata in via derivata l'Autorizzazione integrata ambientale, rilasciata dalla Provincia in data 2 aprile 2010, in quanto condizionata all'osservanza di limiti connessi alla menzionata zonizzazione.
6. Le amministrazioni intimate non si sono costituite in giudizio.
7. I ricorsi sono stati discussi e trattenuti a decisione all'udienza pubblica del 3 aprile 2014.
Diritto
1. I ricorsi risultano in parte fondati.
1.1 Appare decisiva, in tal senso, la comune censura riferita all'inapplicabilità al caso di specie dell'obbligo di osservanza dei limiti differenziali.
Come noto, l'articolo 2 comma 3 della Legge quadro in materia di inquinamento acustico (legge 447/1995) distingue tra valori limite di immissione "assoluti", cioè determinati con riferimento al livello equivalente di rumore ambientale, e "differenziali", ovvero determinati con riferimento alla differenza tra il livello equivalente di rumore ambientale ed il rumore residuo.
Ai sensi dell'articolo 6 della legge quadro, è compito dei Comuni classificare il territorio in zone. I criteri di detta zonizzazione sono dettati dal Dpcm 14 novembre 1997, il cui articolo 4 è dedicato nello specifico ai "Valori limite differenziali di immissione".
1.2 Ai fini della decisione in oggetto, un ulteriore ed essenziale elemento del quadro normativo è costituito dal Dm 11 dicembre 1996, titolato "Applicazione del criterio differenziale per gli impianti a ciclo produttivo continuo", il cui articolo 3, comma 1, detta una disposizione, di particolare rilevanza per il caso in esame, in forza della quale: "fermo restando l'obbligo del rispetto dei limiti di zona fissati a seguito dell'adozione dei provvedimenti comunali di cui all'articolo 6, comma l, lettera a), della legge 26 ottobre 1995, n. 447, gli impianti a ciclo produttivo continuo esistenti sono soggetti alle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 2, del Dpcm 1° marzo 1991 (criterio differenziale) quando non siano rispettati i valori assoluti di immissione, come definiti dall'articolo 2, comma l, lettera f), della legge 26 ottobre 1995, n. 447".
La norma esclude, dunque, dall'applicazione del criterio differenziale gli impianti industriali a ciclo continuo, nel caso in cui gli stessi rispettino i valori assoluti di immissione.
1.3 Su questa lettura della norma è concorde la giurisprudenza, la quale afferma che il limite di rumore differenziale, di cui al Dpcm 1 marzo 1991 e al Dpcm 14 novembre 1997, non si applica agli impianti produttivi a ciclo continuo, tra cui rientrano, ai sensi dell'articolo 2 Dm 11 dicembre 1996, quelli di imprese che, sulla base di quanto consentito dai contratti collettivi nazionali di categoria, effettuino la scelta del lavoro settimanale continuo anche non stabilmente, ma soventemente e sulla base di accordi sindacali aziendali (Cons. St., sez. IV, 18 febbraio 2003, n. 880; Tar Bari, sez. III, 14 gennaio 2009, n. 47).
1.4 Nel caso di specie — alla luce del contratto collettivo nazionale di riferimento (ritenuto parametro sufficiente da Cons. St., sez. IV, 18 febbraio 2003, n. 880) — la cartiera vanta tutti i requisiti per essere considerata "a ciclo continuo", sicché alla stessa non si poteva contestare il mancato rispetto del solo limite differenziale.
Contestando solo tale limite, si è infatti implicitamente attestato che gli altri limiti venivano rispettati, dal che consegue che il limite differenziale non poteva essere applicato.
1.5 Il motivo in esame attiene ad entrambi i ricorsi in oggetto e costituisce ragione autonoma di annullamento delle ordinanze ivi impugnate (la n. 29 del 20 dicembre 2010 — ribadita con nota n. 171 del 8 gennaio 2011, entrambe a firma del sindaco, e la n. 0103192/000 del 15 dicembre 2010, a firma del dirigente della Provincia), con assorbimento delle ulteriori doglianze.
2. Vanno invece respinte le censure riferite alla classificazione a fini acustici dell'area nella quale è situata l'attività produttiva della società ricorrente.
2.1 Si contesta da parte di quest'ultima che l'azzonamento in classe IV (comprensiva di "aree urbane interessate da intenso traffico veicolare, con alta densità di popolazione, con elevata presenza di attività commerciali e uffici, con presenza di attività artigianali; le aree in prossimità di strade di grande comunicazione e di linee ferroviarie; le aree portuali, le aree con limitata presenza di piccole industrie") sarebbe stato effettuato senza tenere conto della vocazione esclusivamente industriale dell'area e "delle preesistenti destinazioni d'uso del territorio" (come prescritto dall'articolo 4 legge 447/1995 e dalla Dgr 85-3802 del 6 agosto 2001), che avrebbero suggerito l'inserimento in classe V (che include aree interessate da insediamenti industriali e con scarsità di abitazioni) o VI (che accorpa aree esclusivamente interessate da attività industriali e prive di insediamenti abitativi).
2.2 Sotto diverso profilo, si lamenta che la classificazione acustica comunale sarebbe stata attuata non in conformità alle linee guida regionali (di cui alla Lr 52/2000), che prevedono opportuni accorgimenti tecnici (ad es. i piani di risanamento) a salvaguardia della continuità delle attività produttive, laddove le stesse vengano a situarsi in aree limitrofe ad altre residenziali.
2.3 Ai fini della disamina delle dedotte censure va premesso — conformemente all'indirizzo della prevalente giurisprudenza — che la pianificazione acustica del territorio si caratterizza per tendenziale omogeneità con la zonizzazione a fini urbanistici (quale imprescindibile punto di partenza per la classificazione del territorio) e perciò deve ad essa opportunamente coordinarsi e non sovrapporsi; tuttavia tale corrispondenza non è perfettamente biunivoca, sicché può esistere un naturale scollamento tra le due tipologie di pianificazione, poiché lo strumento urbanistico disciplina l'assetto del territorio ai fini prettamente urbanistici ed edilizi, individuando le zone omogenee con criteri quantitativi; mentre la classificazione acustica ha riguardo all'effettiva fruibilità dei luoghi, valendosi di indici prettamente qualitativi (cfr. Tar Veneto, sez. III 12 gennaio 2011, n. 24; Tar Milano, sez. II 9 novembre 2012, n. 2734).
2.4 La stessa normativa in materia di inquinamento acustico, (legge 447 del 1995) impone come criterio da rispettare nella zonizzazione acustica le destinazioni d'uso preesistenti sul territorio, con salti di classe tra zone confinanti con differenza, nei limiti massimi, sino a 10dB. Tale normativa, tuttavia, assume la preesistente zonizzazione urbanistica come uno dei parametri attraverso cui determinare la zonizzazione acustica del territorio: non dunque come parametro unico ed esclusivo. Ne è conferma il fatto che il legislatore prescrive di "tener conto" delle preesistenti destinazioni urbanistiche, ma non impone di trasfondere le stesse tal quali in corrispondenti classi acustiche.
2.5 Alla luce dei richiamati criteri di riferimento va rilevato che, nel caso in esame, l'esclusiva vocazione industriale dell'area nella quale è situato l'impianto della ricorrente appare smentita, almeno in parte, dalle stesse allegazioni contenute in ricorso, stando alle quali "nel corso dei decenni, la cartiera, che è sicuramente preesistente rispetto alla gran parte degli edifici circostanti, è stata via via avvicinata da nuovi insediamenti residenziali" (pag. 3).
In altra parte l'asserita esclusività della destinazione d'uso industriale è contraddetta dai documenti allegati al ricorso, dai quali emerge che "l'attribuzione della classe IV all'area produttiva cartiera nasce da un'analisi dell'utilizzo del suolo che ha evidenziato un drastico ridimensionamento dell'attività industriale con ampie aree in disuso improntate ad una riqualificazione e ristrutturazione ad usi non più industriali bensì commerciali, residenziali, ovvero artigianali e ricettivi"; e, al contempo, che tale classificazione è dipesa dalla scelta amministrativa di tutelare il territorio "anche alla luce della particolare collocazione di tale area a ridosso del centro storico del paese" (cfr. doc. 2).
2.6 I richiamati dati istruttori attestano, quindi, diversamente da quanto argomentato in ricorso, la presenza nell'area di attività antropica di origine anche non industriale. Ne consegue l'impossibilità di riconoscere, in difetto di ulteriori elementi probatori — di segno contrario a quelli sin qui richiamati, l'asserita omogeneità della vocazione produttiva del territorio, assunta a fondamento della dedotta irrazionalità della pianificazione a fini acustici.
Più in generale, fa difetto l'integrazione di un quadro istruttorio compiuto, minimamente adeguato a supportare le lamentate aporie della zonizzazione comunale. Le censure sviluppate sul punto, pertanto, non possono trovare accoglimento.
3. Ne consegue il rigetto anche dell'impugnativa formulata, in via derivata, sulla base dei medesimi motivi, avverso l'Autorizzazione integrata ambientale rilasciata dalla Provincia in data 2 aprile 2010.
4. L'esito della lite e la natura delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese di lite.
PQM
Il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti,
li accoglie ai sensi e nei limiti di cui in motivazione e per l'effetto:
a) annulla i provvedimenti sindacali n. 29 in data 20 dicembre 2010 e n. 171 in data 8 gennaio 2011, impugnati con R.G. 290/2011;
b) annulla il provvedimento n. 0103192/000 in data 15 dicembre 2010, a firma del dirigente della Provincia di Vercelli, impugnato con R.G. 291/2011;
c) respinge i ricorsi con riguardo alle rimanenti domande;
d) compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 3 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
(omissis)
Depositata in Segreteria il 16 aprile 2014