News - Editoriali

Roma, 21 ottobre 2011

La gestione dei rifiuti non pretende di essere felice, ma almeno serena perché anche qui c’è bisogno di futuro

Rifiuti

(Paola Ficco)

 

Si presenta l'editoriale a firma di Paola Ficco  pubblicato sul numero di novembre della Rivista Rifiuti – Bollettino di informazione normativa.

 

 

 

 

Mentre il Paese “annaspa” e si arriva addirittura a mettere in discussione la libertà di manifestare in pubblico, il Ministero dell’Ambiente viene privato di ogni risorsa ed è praticamente azzerato (— 90% di risorse in quattro anni). Se ancora si parlasse latino, si direbbe “homo sine pecunia imago mortis”. Parafrasando sui recenti disastri di Roma, potremmo sostituire la “pecunia” con la “libertas”; risultato: la povertà autentica, quella che viene dalla mancanza di diritti.

Il terribile “sacco di Roma” del 15 ottobre rischia di riesumare leggi speciali (come la Reale), facendo leva sulla emotività del primo momento, che impedisce di essere razionali e di usare, con sicura efficacia, le forme di azione e reazione “ordinarie”. Per farlo, però, bisogna essere lucidi, freddi e distaccati. Ma soprattutto bisogna essere forti, autorevoli e non autoritari. Due termini che spesso si confondono e i “sudditi” ne smarriscono il significato. Ma l’autoritarismo è solo la via di fuga che copre le inefficienze. Mostrare i pugni non serve, occorre ascoltare, capire, organizzare ed essere capaci di sopportare le critiche. Il “ciclo di Deming” è un modello creato per il miglioramento continuo della qualità nel lungo periodo: pianifica, esegui, controlla, agisci. Il segreto del trionfo della industria giapponese negli anni ’50 e il fondamento dei sistemi di qualità Iso dovrebbe essere applicato a tutto. E, invece, non è così. Mai.

Non è stato così neanche con il Sistri che, invece e nonostante la sua importanza, appare impantanato nella ricerca dei criteri di “criticità ambientale”, l’imbarazzante parametro voluto dalla legge 148/2011 (manovra economica) per alleggerire il carico dei produttori di rifiuti pericolosi.

Certamente registri e formulari non hanno impedito ai sistemi malavitosi di prosperare con i rifiuti. Ma non ce la farà neanche il Sistri. Non per portargli sfortuna, per carità. Ma solo perché l’unico strumento contro la criminalità (più o meno) organizzata (e non solo in materia di rifiuti) non passa per l’autoritarismo di un sistema rabberciato, ma attraverso il rispetto e la considerazione della fatica, del lavoro e dell’intelligenza delle persone comuni. Passa attraverso le opportunità che un sistema maturo deve offrire e non la furberia consacrata sulla Gazzetta ufficiale. Passa attraverso l’onestà quotidiana di chi impartisce gli ordini e di chi li esegue. Nel mondo dei rifiuti passa dai carichi non conformi (finalmente) respinti, dal non accettare più scorciatoie e furberie, dalle analisi vere, dal farsi carico del peso delle proprie responsabilità, dall’indignarsi se qualcuno propone “affari”.

Una nuova “etica”, un nuovo patto, un nuovo corso che deve investire anche la gestione dei rifiuti. È questa l’unica strada che può stroncare la criminalità, a prescindere dal piccolo risparmio (salvo poi ripagarlo con interessi altissimi sul tessuto sociale), miope e contingente, che si può realizzare affidando i propri rifiuti a chi non può prenderli. È necessario tornare ad essere “felici” (come dicono gli Indignados spagnoli). Felicità è una parola grossa, basterebbe “sereni” per poter lavorare, pianificare, investire. In una parola, crescere. Sono le persone che muovono il mondo e le persone vanno ascoltate, senza agitare il marchio statale o cadere in furori collaudati e mossi ad arte. Il gioco è stato scoperto e non fa più impressione. Mai come ora c’è bisogno di futuro.

 

 

 

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