News - Editoriali

Roma, 22 settembre 2011

Sistri: un abito fuori moda che vuole un sarto "glamour"

Rifiuti

(Paola Ficco)

Si presenta l'editoriale a firma di Paola Ficco  pubblicato sul numero di ottobre della Rivista Rifiuti – Bollettino di informazione normativa.

 

 

Era nato, era morto ed ora è risorto per un unico motivo: semplificare. Stiamo parlando del Sistri, ovviamente. Tutti questi tentennamenti, però, non depongono certo a favore né della univocità di vedute all’interno del Governo né del fatto che al Sistri si riconnetta una convinta (e convincente) semplificazione. Diversamente, che bisogno ci sarebbe stato di (addirittura) abrogarlo dal 13 agosto 2011 (salvo farlo rivivere dal 9 febbraio 2012) con la manovra economica?

Se poi si pensa che la legge su tale manovra è destinata a risollevare (?) la finanza pubblica, perché inserire la soppressione del Sistri, visto che sui conti dello Stato non incide? Il contributo che pagano gli obbligati non è una tassa. Poche idee e molto confuse che testimoniano la disarmonia che – anche “nelle stanze dei bottoni” – regna sul tema. Ho sempre ritenuto che la prima responsabile di questa confusione sia la demagogia (o anche la dietrologia, visto che il segreto di Stato è ancora lì) che contraddistingue il tutto, dove lo slogan è uno solo: chi non vuole il Sistri è a favore dell’ecomafia. Uno slogan forte, che vuol mettere tutti a tacere. Uno slogan sbagliato. Perché l’efficacia del controllo su strada mai sarà sostituita da nulla e perché di quello che succede dentro gli impianti il Sistri mai potrà sapere nulla. Perché i trasportatori stranieri che viaggiano in Italia non lo usano. Perché non è vero che usare il Sistri (nella forma che conosciamo) è semplice come usare un cellulare. Non è solo un problema di hardware (il “cellulare”), è anche un problema di software e di infrastruttura telematica. È ridicolo cercare di far passare tutti quelli che tendono a ragionare sulla fattibilità come potenziali amici dell’ecomafia. Il problema non è il Sistri, ma questo Sistri. Perché c’è chi non vuole questo Sistri? Perché questo Sistri non funziona. La scadenza del 9 febbraio 2012 avrà un senso se e solo se hardware e software cambieranno. Nessuno è contro il Sistri, ma è fin troppo facile, se appena si conosce davvero la vita di un impianto, essere contro questo Sistri.

In una notizia presente nel sito del Sole 24 Ore, (www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-09-07/prestigiacomo-berlusconi-salvato-sistri-161340.shtml?uuid=AaPeVL2D), in ordine al Sistri si legge che finora sono stati spesi 5 milioni di euro per il suo avvio, mentre altri 70 milioni (pagati dalle imprese per gli strumenti, black-box e chiavetta Usb) sono fermi, incamerati dal Tesoro per poi passare al Ministero dell'ambiente e quindi alla Selex – l'azienda del gruppo Finmeccanica che ha realizzato il sistema – (che) gestisce il servizio e con cui, dichiara il Ministro Prestigiamo, “abbiamo un contratto da onorare”.

Forse se i 5 milioni di euro iniziali fossero stati dati alle Procure o destinati all’assunzione di Magistrati, la lotta all’ecomafia sarebbe meno difficile; certo una goccia nell’oceano, ma l’oceano è fatto di gocce. Forse, se prima della operatività del Sistri il paradigma legislativo sulla gestione dei rifiuti fosse stato semplificato, evitando con decisione le derive localiste, cui si sono aggiunte quelle dei vari “Manuale utente Sistri”, molte cose sarebbero state più semplici.

Il pugno di ferro è stato tipico del Sistri ed è stato il primo, vero, responsabile di tutta questa storia poco apprezzabile. Se lo si comincerà a usare di nuovo sulla data della futura scadenza sarà un’altra inutile dimostrazione di forza. Le parole devono avere il peso dei fatti e se dalla sperimentazione reale il Ministero dell’ambiente (“attraverso il concessionario Sistri”) non riuscirà a cambiare un vestito ormai liso e strappato, la scadenza del 9 febbraio 2012 sarà solo un giorno sul calendario dell’anno venturo.

 

 

 

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