Rifiuti

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Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare

Circolare 28 giugno 1999

Circolare recante chiarimenti interpretativi in materia di definizione di rifiuto

 

L'articolo 57, comma 5, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modifiche e integrazioni, proroga al 30 giugno 1999 il regime di esclusione dal campo di applicazione della disciplina dei rifiuti previsto per i materiali e le sostanze compresi nell'allegato 1 al Dm 5 settembre 1994, pubblicato nel Supplemento ordinario n. 126, alla Gazzetta Ufficiale 10 settembre 1994, n. 212.

 

In occasione della scadenza del suddetto regime transitorio è stata evidenziata la necessità di indicazioni idonee a superare i dubbi interpretativi che riguardano:

 

a) l'ambito di operatività dell'obbligo di conformare alla disciplina dei rifiuti "...le attività che in base alle leggi statali e regionali ...risultano escluse dal regime dei rifiuti, ivi compreso l'utilizzo dei materiali e delle sostanze individuati nell'allegato 1 al decreto del Ministro dell'ambiente 5 settembre 1994, pubblicato nel Supplemento ordinario n. 126, alla Gazzetta Ufficiale 10 settembre 1994, n. 212..." (articolo 57, comma 5, del Dlgs 22/97);

 

b) il regime giuridico applicabile ai materiali e alle sostanze che presentano le caratteristiche delle materie prime secondarie individuate dal Dm 5 febbraio 1998 ma non derivano, dalle attività di recupero disciplinate dal predetto decreto.

In altri termini, si tratta di chiarire se l'obbligo di conformare alla disciplina dei rifiuti i "mercuriali" riguarda o meno tutte le sostanze e i materiali elencati nell'allegato 1, al Dm 5 settembre 1994, e di precisare se le sostanze e i materiali che presentano le caratteristiche delle materie prime secondarie stabilite dal Dm 5 febbraio 1998 ma non derivano da un'attività di recupero siano assoggettate al regime dei rifiuti oppure, ed a quali condizioni, al regime delle materie prime.

Entrambe le questioni devono essere affrontate partendo da una premessa di fondo: il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e il Dm 5 febbraio 1998 disciplinano solo le attività di gestione dei rifiuti e non l'utilizzo o l'impiego di beni e prodotti che non rientrano nella definizione di rifiuto. Il che equivale a sottolineare l'esigenza di precisare, in primo luogo, i criteri e i metodi in base ai quali un materiale o una sostanza deve essere qualificato "rifiuto" e assoggettato al relativo regime giuridico.

A tal fine, si ricorda che l'articolo 6, comma 1, lettera a) del Dlgs 22/97, in recepimento della Direttiva 91/156/CEE definisce rifiuto "qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle categorie riportate nell'allegato A e di cui il detentore si disfi, abbia deciso o abbia l'obbligo di disfarsi".

Il criterio "tabellare" costituisce un importante elemento di riferimento "oggettivo", ma non è di per sè determinante ai fini della qualificazione di una sostanza, di un materiale o di un altro bene come rifiuto.

Per qualificare "rifiuto" una sostanza, un materiale o, più in generale, un bene risulta determinante il comportamento che il soggetto tiene o è obbligato a tenere o intende tenere. Rileva, cioè, che il soggetto "detentore" "si disfi" o "abbia intenzione di disfarsi" oppure sia "obbligato", in forza di una disposizione di legge o di un provvedimento dell'autorità amministrativa, "a disfarsi" di qualche cosa.

In secondo luogo, con il termine "disfarsi" il legislatore comunitario intende qualificare la destinazione, potenziale o in atto o obbligata, di un materiale, di una sostanza o di un oggetto alle operazioni di smaltimento o di recupero indicate negli allegati B e C al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22. Si tratta, peraltro, di una elencazione puramente esemplificativa: le operazioni di smaltimento e di recupero sono individuate così come avvengono nella pratica, come categorie generiche di attività che comprendono, rispettivamente, tutte le operazioni finalizzate all'eliminazione definitiva di un rifiuto e tutte le operazioni di trattamento necessarie per ottenere una materia prima seconda, una materia prima o un prodotto, nonché quelle a esse preliminari.

 

Ciò premesso, sul concreto piano operativo l'accertamento del fatto, dell'obbligo o dell'intenzione di disfarsi si configura nei modi seguenti:

 

a) un soggetto "si disfa" di qualche cosa quando è in atto o è stata effettuata un'attività di smaltimento o di recupero. In tal caso, la qualificazione di un materiale, di una sostanza o di un oggetto come rifiuto emerge dal fatto stesso dell'effettuazione, in atto o passata, di un'operazione di recupero o di smaltimento;

 

b) ricorre, invece, l'obbligo di disfarsi quando la destinazione di un materiale, di una sostanza o di un oggetto allo smaltimento o al recupero, nel senso sopra precisato, è imposta direttamente dalla legge (si pensi ad esempio agli oli usati e alle batterie esauste) o da un provvedimento dell'autorità (ad esempio una ordinanza con la quale la P.A. impone a un determinato soggetto l'obbligo di smaltire determinate sostanze o materiali) o deriva dalla stessa natura del materiale considerato, che non è idoneo alla sua funzione originaria e può, eventualmente, essere impiegato in un ciclo produttivo previo trattamento;

 

c) più delicato è invece accertare se un soggetto abbia intenzione di disfarsi di qualche cosa. In questo caso, infatti, vengono in questione tutti i materiali, le sostanze o gli oggetti che sono ancora idonei alla loro funzione originaria o possono essere utilizzati direttamente in altri cicli di produzione o di consumo senza dover essere sottoposti ad alcun trattamento e diventano rifiuti per una precisa scelta del detentore. In altri termini, è il detentore che decide di avviare allo smaltimento un bene anziché continuare a utilizzarlo per la sua funzione originaria oppure che decide di avviare a smaltimento o recupero una sostanza che potrebbe, invece, essere utilizzata direttamente come materia prima senza alcun previo trattamento. L'intenzione di destinare un materiale, una sostanza o un oggetto ad attività di smaltimento o di recupero (previste in modo generico negli allegati B e C del Dlgs 22/97 ed in modo specifico nel Dm 5 febbraio 1998 sul recupero dei rifiuti non pericolosi) oppure all'impiego diretto in un ciclo produttivo (ad esempio impiego di una materia prima secondaria) dovrà trovare espressione in fatti oggettivi. È, pertanto, richiesta una ragionevole valutazione caso per caso in applicazione della generale disciplina dei rifiuti e dei principi indicati dalle sentenze della Corte di Giustizia, comunque vincolanti per l'ordinamento italiano. In particolare, dovranno essere valutati tutti i comportamenti del detentore incompatibili con la destinazione di un bene alla sua funzione originaria o all'impiego diretto senza alcuna attività di recupero dei rifiuti.

In conclusione, solo i materiali e le sostanze di cui il detentore si disfi, abbia intenzione di disfarsi o abbia l'obbligo di disfarsi, nei termini sopra esposti, soddisfano la suddetta definizione di rifiuto e rientrano nel campo di applicazione del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e relativi decreti attuativi.

 

Di conseguenza:

a) l'obbligo di conformare alla disciplina del decreto legislativo 5 febbraio 1998 "...le attività che in base alle leggi statali e regionali ... risultano escluse dal regime dei rifiuti, ivi compreso l'utilizzo dei materiali e delle sostanze individuati nell'allegato 1 al decreto del Ministro dell'ambiente 5 settembre 1994, pubblicato nel Supplemento ordinario n. 126, alla Gazzetta Ufficiale 10 settembre 1994, n. 212...", riguarda solo quei materiali compresi nel suddetto allegato che soddisfano la definizione di rifiuto;

 

b) i materiali, le sostanze e gli oggetti originati da cicli produttivi o di preconsumo, dei quali il detentore non si disfi, non abbia l'obbligo o l'intenzione di disfarsi e che quindi non conferisca a sistemi di raccolta o trasporto dei rifiuti, di gestione di rifiuti ai fini del recupero o dello smaltimento, purché abbiano le caratteristiche delle materie prime secondarie indicate dal Dm 5 febbraio 1998 e siano direttamente destinate in modo oggettivo ed effettivo all'impiego in un ciclo produttivo, sono sottoposti al regime delle materie prime e non a quello dei rifiuti;

 

c) non sono sottoposti altresì al regime dei rifiuti i beni di consumo dei quali il detentore non si disfi, non abbia l'obbligo o l'intenzione di disfarsi, in quanto possono essere utilizzati e siano effettivamente utilizzati per la loro funzione originaria.

 

Roma, 28/6/99

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