Sentenza Tar Toscana 13 settembre 2005, n. 4417
Amministrazioni comunali - Discrezionalità in materia urbanistica - Possibilità di impedire la localizzazione di industrie insalubri su tutto il territorio comunale - Non sussiste
Tar Toscana
Sentenza 13 settembre 2005, n. 4417
Repubblica italiana
In nome del popolo Italiano
Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana — II° Sezione -
ha pronunciato la seguente:
Sentenza
sui ricorsi riuniti n. 2583/1996, n. 3809/1996 e n. 691/2000 proposti dalla Impresa (...), rappresentata e difesa dagli avv.ti Giuseppe Stancanelli e Antonio Stancanelli ed elettivamente domiciliata presso lo studio di tali difensori in Firenze, Via Masaccio n. 172;
contro
— il Comune di Altopascio, in persona del Sindaco pro tempore, costituitosi in giudizio e rappresentato e difeso dagli avv.ti Fabio Merusi e Giuseppe Toscano ed elettivamente domiciliato presso la Segreteria di questo Tribunale in Firenze, Via Ricasoli n. 40;
e quanto al ricorso n. 3809/1996
con l'intervento ad opponendum
di (...), (...), (...) e (...), rappresentati e difesi dall'avv. Marialuisa Zanobini ed elettivamente domiciliati presso la Segreteria di questo Tribunale in Firenze, Via Ricasoli n. 40;
e quanto al ricorso n. 691/2000
anche nei confronti
della Provincia di Lucca , in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Alberto Del Carlo ed elettivamente domiciliato in Firenze, Viale Matteotti n. 60 presso lo studio dell'avv. Gaetano Viciconte;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 2585/1996 delle deliberazioni del Consiglio Comunale del Comune intimato n. 68 del 17.06.1996 e n. 74 del 19.06.1996, quanto al ricorso n. 3809/1996, della deliberazione consiliare del Comune intimato n. 87 del 30.07.1996, in parte qua, nonché del provvedimento sindacale n. 2314 del 27.09.1996 e quanto al ricorso n. 691/2000, della determinazione del dirigente responsabile del Settore Ecologia della Provincia di Lucca n. 290 del 13.12.1999;
Visti i ricorsi e la relativa documentazione;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune intimato; nonché relativamente al ricorso n. 3809/1996, l'atto di intervento ad opponendum, e relativamente al ricorso n. 691/2000, l'atto di costituzione della Provincia di Lucca;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi, alla pubblica udienza del 28 aprile 2005 — relatore il Consigliere Vincenzo Fiorentino -, gli avv.ti A. Stancanelli, A. Cuccurullo per F. Merusi e M. Viciconte per A. Del Carlo;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
Fatto
L'impresa (...) presentava il 23 novembre 1995 domanda al Comune di Altopascio diretta ad ottenere la concessione edilizia per la realizzazione alla Via dei Biagioni della località Riatri, qualificata zona industriale ai sensi dell'articolo 15 della Nta del piano regolatore, di un impianto per la produzione di conglomerati bitumosi e cementizi con uffici e con relative opere di urbanizzazione.
L'"Azienda Usl n. 2 di Lucca, in esito alla relativa istruttoria sugli aspetti igienico ambientali, trattandosi di industria insalubre di I° classe, esprimeva con atto n. 1033, del 12 marzo 1996, parere favorevole.
Non essendosi il Comune pronunciato sulla richiesta di concessione edilizia nonostante atto di diffida effettuato il 7 giugno 1996, ai sensi dell'articolo 9 del Dlgs 25 maggio 1996 n. 285, l'impresa chiedeva alla Giunta Regionale Toscana la nomina di un commissario ad acta.
Con delibera consiliare n. 68, del 17 giugno 1996 il Comune decideva tuttavia, di indire un referendum consultivo ai sensi dell'articolo 62 del vigente statuto al fine di verificare la volontà della popolazione di modificare l'articolo 15 della Nta del Prg allo scopo di vietare l'insediamento di nuove attività ad alto rischio di inquinamento atmosferico, tra quelle classificate insalubri di prima classe del decreto del Ministero della Sanità 5 settembre 1994".
In seguito a tale determinazione il Comune, con delibera consiliare n. 74, del 19 giugno 1996, disponeva in applicazione del 19 giugno 1996, disponeva in applicazione del comma 2 dello stesso articolo 62 dello statuto comunale, la sospensione dell'efficacia dell'articolo 15 oggetto del quesito referendario.
Con atto notificato l'8 luglio 1996 e depositato l'11 dello stesso mese (ricorso n. 2585/1996) l'impresa (...) impugnava le suindicate deliberazioni consiliare deducendone l'illegittimità per i seguenti motivi:
— Falsa applicazione dell'articolo 62 dello Statuto comunale ed eccesso di potere.
Le delibere impugnate sarebbero state emesse disattendendo che tale articolo non prevedrebbe le ipotesi oggetto di referendum consultivo le norma di pianificazione urbanistica.
— Eccesso di potere per illogicità manifesta.
Il ricorso al quesito referendario sarebbe stato effettuato non al fine tipico dell'istituto ma allo scopo di evitare il rilascio della concessione edilizia.
Si costituiva in giudizio con atto depositato il 15 luglio 1995 il Comune intimato rappresentando che gli effetti della delibera n. 68 del 17 giugno 1996 dovevano ritenersi sospesi non essendosi concluso il procedimento di condono, mentre la delibera consiliare n. 74, del 19 giugno 1996, con cui era stata disposta la sospensione dell'efficacia dell'articolo 15 delle Nta oggetto del questi referendario era stato annullato dal Coreco, conseguentemente il ricorso doveva ritenersi improcedibile o per sopravvenuta carenza di interesse con riferimento all'impugnativa di quest'ultima delibera.
Con memoria del 21 ottobre 1996 la difesa comunale faceva presente che la delibera n. 68 del 17 giugno 1996 aveva perso efficacia non avendo il comunale fornito i chiarimenti richiestigli e che con provvedimento sindacale n. 24142 del 27 settembre 1996 era stata respinta la domanda di concessione edilizia.
Con atto notificato il 25 ottobre 1996 e depositato il 31 dello stesso mese (ricorso n. 3809/96) l'impresa (...) impugnava:
a) la deliberazione consiliare n. 87, del 30 luglio 1996, avente ad oggetto "variante di adeguamento al vigente piano regolatore generale ai sensi dell'articolo 40, commi da 8 a 20 della Lr 16 gennaio 1995 n. 5;
b) il provvedimento n. 24142, del 27 settembre 1996, con cui il Sindaco del Comune intimato aveva respinto la domanda di concessione edilizia.
avverso la delibera consiliare la società ricorrente deduceva i seguenti motivi:
— Violazione e falsa applicazione della Lr 16 gennaio 1995 n. 5.
La deliberazione consiliare sarebbe stata inesattamente qualificata quale variante di adeguamento al vivente Prg laddove, come risulterebbe anche dagli obiettivi indicati nella deliberazione di giunta n. 576, dell'11 agosto 1995, con la quale è stato avviato il procedimento della variante, avrebbe in realtà alterato il contenuto essenziale del piano regolatore generale ponendo in essere una nuova pianificazione urbanistica, disattendendo in tal modo sia le indicazioni della Provincia di Lucca secondo le quali non dovevano essere introdotte "sostanziali modifiche al vigente Prg venendo così a snaturare la natura stessa della variante" via l'articolo 40 della Lr 16 gennaio 1995, n. 5 che consente l'utilizzazione della procedura ivi indicata solo per le varianti agli strumenti urbanistici vigenti e non per la predisposizione di un "nuovo" piano regolatore.
— Falsa applicazione dell'articolo 40, comma 9, della Lr 16 gennaio 1995 n. 5;
Con la delibera impugnata sarebbero stati disattesi gli obiettivi stabiliti dalla delibera di giunta n. 576 dell'11 agosto 1995 essendo stato riscritte tutte le norme di attuazione del piano modificando fra l'altro anche la normativa delle zone industriali al fine di creare i presupposti per la reiezione della domanda di concessione edilizia.
Tale mancata corrispondenza fra gli obiettivi da perseguire quali indicati nella suindicata delibera di avvio del procedimento di formazione della variante e gli atti successivi di tale procedura contrasterebbe con il suindicato articolo 40 della Lr 16 gennaio 1995 n. 5.
— Falsa applicazione della normativa in materia di "industrie insalubri di prima classe"; violazione dell'articolo 216 del Rd 27 luglio 1934 n. 1265.
Le disposizioni di cui agli articoli 27 e 28 delle norme di attuazione come introdotto con la deliberazione impugnata e sulla cui base è stato adottato il provvedimento di diniego, escludendo in modo assoluto la possibilità di insediamento in tutto il territorio comunale di nuove attività classificate insalubri di prima classe dal Dm 5 settembre 1994, contrasterebbe con l'articolo 216 del Tu 27 luglio 1934 n. 1265 e, comunque, sarebbero assolutamente illogiche.
L'illegittimità di tali disposizioni si rifletterebbe inficiandolo in via derivata sul provvedimento sindacale n. 24142, del 27 settembre 1996, con il quale è stato negato il rilascio della concessione edilizia.
Con tale provvedimento peraltro, sarebbe stato inesattamente richiesto l'articolo unico della L. 3 novembre 1902, in quanto tale articolo consente di sospendere ogni determinazione sulla domanda di concessione in contrasto con il piano adottato, ma non il diniego.
Si costituiva in giudizio con atto depositato il 12 novembre 1996 il Comune di Altopascio resistenza.
Con atto notificato il 19 marzo 1997 e depositato il 28 dello stesso mese, intervenivano nel giudizio a sostegno della legittimità dei provvedimenti impugnati con il ricorso (...), (...), (...) e (...), quest'ultimo quale legale rappresentante del Comitato difesa ambiente contro gli insediamenti pericolosi.
Con atto notificato il 29 aprile 1997 e depositato il 6 maggio successivo la ditta impresa (...), sulla base della documentazione allegata al suindicato atto di intervento formulava i seguenti ulteriori motivi.
— Eccesso di potere per sviamento e falsa applicazione del Dpr 24 maggio 1988 n. 203.
sosteneva in particolare l'impresa ricorrente che la nota n. 2924, del 3 luglio 1996, dell'ARPAT, dipartimento provinciale di Lucca, con cui tale ufficio aveva comunicato, su richiesta dal Comune, che la concessione edilizia poteva essere rilasciata solo dopo il completamento dell'istruttoria della pratica relativa alla autorizzazione all'immissioni atmosferiche, comproverebbe, non essendovi alcun nesso tra il rilascio dell'autorizzazione di cui agli articoli 6 e seg. del sopraindicato Dpr ed il rilascio della concessione edilizia, un non corretto esercizio del potere spettante all'ARPAT.
Nella Camera di Consiglio del 7 maggio 1997, come da ordinanza n. 365/1997, veniva respinta la domanda cautelare proposta.
Con atto notificato il 7 marzo 2000 e depositato il 30 dello stesso mese (ricorso n. 691/2000) l'impresa (...) impugnava: a) la determinazione del Dirigente responsabile del Settore Ecologia della Provincia di Lucca n. 290 del 13 dicembre 1999 aveva negato alla società ricorrente l'autorizzazione all'emissione in atmosfera dell'impianto industriale; b) la nota del responsabile del Servizio Urbanistica del Comune di Altopascio n. 2069, del 19 ottobre 1999, con la quale era stato comunicato il parere rilasciato dalla Commissione edilizia nella seduta del 10 settembre 1996.
A fondamento della domanda di annullamento della determinazione dirigenziale n. 290, del 13 dicembre 1999 deduceva il motivo della violazione e falsa applicazione dell'articolo 7 del Dpr 24 maggio 1988 n. 203 e dell'eccesso di potere per carenza di istruttoria e sviamento.
La suddetta determinazione, in quanto fondata esclusivamente sul parere contrario alla realizzazione dell'impianto espresso dal Comune sull'assunto che essendo l'impianto destinato alla produzione di conglomerati bitumosi e cementizi e quindi classificabile, ai sensi del Dm 5 settembre 1994, come industria insalubre di 1° classe, la sua realizzazione non sarebbe compatibile con la zona industriale, non sarebbe affatto riconducibile al potere di verifica di compatibilità, sotto l'aspetto delle emissioni atmosferiche; potere che con tale determinazione il settore Ecologia della Provincia di Lucca avrebbe dovuto esercitare.
— Illegittimità derivata.
Anche a voler ritenere che la Provincia sede di esame delle richieste di autorizzazioni ai sensi dell'articolo 7 del Dpr 24 maggio 1988 n. 203 abbia anche il potere di verificare la conformità urbanistica edilizia dell'intervento, il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo in quanto inficiato in via derivata dalla illegittimità del parere negativo della commissione edilizia del Comune di Altopascio.
Si costituiva in giudizio con atto deposito il 15 aprile 2000 tale Comune contestando la pretesa.
Si costituiva in giudizio con atto depositato il 10 luglio 2000 anche la Provincia di Lucca.
Le cause passavano in decisione sulle memorie delle parti alla pubblica udienza del 28 aprile 2005.
Diritto
Le cause per la loro pressoché totale identità soggettiva nonché per la loro connessione strumentale possono essere riunite, per ragioni di economia processuale, ai fini di un esame congiunto.
Quanto al ricorso n. 2583/1996 diretto all'annullamento delle delibera consiliari n. 68 del 17 giugno 1996 e n. 74 del 19 dello stesso mese con le quali il Comune intimato aveva rispettivamente deciso di indire un referendum consultivo al fine di verificare la volontà della popolazione di modificare l'articolo 15 delle Nta del Prg allo scopo di vietare l'insediamento di nuove attività ad alto rischio di inquinamento atmosferico, tra quelle classificate insalubri di prima classe dal decreto del Ministero della Sanità 5 settembre 1994 e di sospendere l'efficacia del suddetto articolo 15 oggetto del quesito referendario, ne va rilevata l'improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse.
Difatti, come affermato dalla difesa comunale con la memoria depositata il 26 aprile 2005, la prima di tali delibere aveva perso efficacia in quanto, dopo essere stata sospesa dal Coreco con decisione 311 dell'8 luglio 1996 e i chiarimenti con questa richiesti non erano stati forniti dall'Amministrazione, mentre la seconda delibera era stata annullata dallo stesso organo tutorio con decisione n. 310 dell'8 luglio 1996.
Quanto al ricorso n. 3809/1996 con il quale l'impresa (...) ha impugnato la deliberazione consiliare n. 87, del 30 luglio 1996, avente ad oggetto "variante di adeguamento al vigente piano regolatore generale ai sensi dell'articolo 40, commi da 8 e 20 della Lr 16 gennaio 1995 n. 5" nonché il provvedimento n. 24142, del 27 settembre 1996 con cui il Sindaco del Comune intimato aveva respinto la domanda di concessione edilizia per la realizzazione alla Via Biagioni della località Riatri del territorio comunale di un impianto per la produzione di conglomerati bitumosi e cementizi con uffici e con relative opere di urbanizzazione, va, innanzitutto, rilevata l'inammissibilità dell'atto di intervento ad opponendum di (...), (...), (...) e (...), quest'ultimo quale "legale rappresentante del Comitato difesa ambiente contro gli insediamenti pericolosi".
Invero ai fini dell'ammissibilità dell'intervento ad opponendum si richiede dell'interveniente sia portatore di un interesse concreto ed attuale alla conservazione del provvedimento impugnato dal quale riceva, sia pure di fatto, una qualche utilità, e sul punto gli intervenienti non hanno fornito nemmeno un principio di prova.
Con riferimento in particolare all'intervento di (...) effettuato nella sua veste di legale rappresentante del cd. "Comitato difesa ambiente contro gli insediamenti pericolosi" è da rilevare che nel giudizio amministrativo non si riconosce legittimazione ai comitati in forma associativa temporanea con scopo specifico limitato, caratterizzati dalla proiezione di fatto di interessi di soggetti partecipanti e, quindi, strumentali all'esercizio di una sorta di azione popolare non ammessa nell'ordinamento positivo (al di fuori delle specifiche previsioni legislativa) perché privi del carattere di enti esponenziali portatori in via continuativa di interessi diffusi radicati nel territorio (cfr. CdS V Sezione 31 gennaio 2001 n. 358).
Passando all'esame del merito il Collegio ritiene apprezzabile ai fini dell'accoglimento del ricorso il motivo con il quale viene dedotta l'illegittimità delle disposizioni di cui agli articoli 27 e 28 delle norme tecniche di attuazione introdotte con delibera consiliare n. 87 del 30 luglio 1996 (qualificata quale "variante di adeguamento al vigente piano regolatore generale"), con le quali sono state rispettivamente escluse nelle zone D1 "Aree con insediamenti recenti a prevalente uso produttivo secondario consolidato" e D2 "Aree di espansione a prevalente uso produttivo secondario" le possibilità di "insediamento di nuove attività classificate insalubri di prima classe dal Dm 5 settembre 1994).
È difatti, condivisibile l'assunto della difesa dell'impresa ricorrente in base al quale con l'introduzioni di tali disposizioni viene ad essere esclusa in maniera assoluta la possibilità di insediare nuove attività classificate insalubri di prima classe dato che, impedirne la realizzazione nelle zone a destinazione industriale equivale a precluderne la realizzazione in tutto il territorio comunale.
Ciò da un lato contrasta con l'articolo 216 del Tu. Ll.Ss. approvato con Rd 27 luglio 1934 n. 1265, dall'altro contrasta con ogni principio di corretta pianificazione del territorio.
Il sopraindicato articolo 216 indica le manifatture o fabbriche che producono vapori, gas o altre lavorazioni insalubri o che possono riuscire in qualche modo pericolose alla salute degli abitanti, in un elenco diviso in due classi.
La prima classe comprende le industrie insalubri che debbono essere tenute lontano dalle abitazioni o isolate nelle campagne.
La seconda classe comprende le industrie che esigono soltanto speciali cautele per l'incolumità del vicinato.
Lo stesso articolo, tuttavia, al comma 5° dispone che una industria "la quale sia iscritta alla prima classe può essere permessa nell'abitato ogni volta che colui che l'eserciti provi che per l'introduzione di nuovi metodi o speciali cautele il suo esercizio non rechi danno al vicinato".
È evidente che la norma va letta tenendo conto delle modifiche legislative intervenute in materia di pianificazione del territorio, in base alle quali non risulta più possibile applicare la disposizione che impone alle industrie insalubri di prima classe di "essere isolate nelle campagne" dato che non è più consentita la realizzazione di edifici anche industriali, al di fuori delle zone destinate dai piani regolatori alla edificazione.
Conseguentemente le suindicate industrie insalubri possono essere realizzate soltanto nelle parti del territorio classificate da Prg, in sede di zonizzazione, quali aree omogenee destinate ad impianti industriali o ad essi assimilabili, alla cui categoria generale sono appunto riconducibili.
Vero è che le amministrazioni comunali possono, rientrando legittimamente nella loro discrezionalità in materia urbanistica, impedire, in sede di adozione dei piani regolatori o delle loro varianti, che determinate strutture ad elevata rischiosità, fra cui le industrie classificate insalubri di prima classe, vengano allocate in certe zone del proprio territorio (cfr. in termini Tar Lombardia, Brescia 12 gennaio 2001 n. 2).
È , tuttavia, ovvio che tale impedimento non può riguardare l'intero territorio comunale, in quanto ciò, oltre a contrastare con la disposizione di cui al comma 5 del citato articolo 216 del Rd 27 luglio 1934 n. 1265, in base al quale, come già delineato, il divieto di localizzazione delle industrie insalubri subisce una deroga quando l'interessato "provi che, per introduzione di nuovi metodi o specie di cautele, il suo esercizio non reca nocumento alla salute del vicinato", disattenderebbe le finalità della zonizzazione con cui appunto, vengono stabilite le varie destituzioni d'uso delle singole parti del territorio comunale, con indicazione dei caratteri e delle tipologie da osservarsi nelle medesime; zonizzazione che, come noto, ha ad oggetto anche le aree ad utilizzazione industriale.
E nel caso di specie è da ritenere pacifica la circostanza che con la variante impugnata è stata sostanzialmente vietata in tutto il territorio comunale l'insediamento di industrie insalubri di prima classe, in quanto la difesa comunale, nel contestare tale circostanza si è limitata, sia con la memoria del 5 maggio 1997 che con quella del 16 aprile 2005, a meramente affermare che nel territorio comunale esisterebbero "ai sensi delle Nta altre zone in cui non è fatto divieto espresso di insediare impianti siffatti" senza, tuttavia, indicare quali fossero tali zone.
Del resto la documentazione prodotta dalla difesa comunale ed acquisita agli atti di causa ha riguardato esclusivamente le impugnate disposizioni di cui agli articoli 27 e 28 delle norme tecniche di attuazione introdotte con la variante ed in base alle quali, come già delineato sono state rispettivamente escluse nelle zone D1 e D2 (che sono quelle funzionalmente destinate alle attività industriali) le possibilità di "insediamenti di nuove attività classificate insalubri di prima classe dal Dm 5 settembre 1994".
La rilevata illegittimità delle suindicate norme tecniche di attuazione si riflette, inficiandolo in via derivata, sul provvedimento n. 24142, del 27 settembre 1996; ciò in quanto detto provvedimento con cui è stata respinta la domanda di concessione edilizia dell'impresa ricorrente, è stato assunto sulla base di tali norme.
Il ricorso n. 3809/1996, assorbendosi le ulteriori censure dedotte, concludendo va accolto, con conseguente annullamento degli atti con lo stesso impugnati.
È fondato anche il ricorso n. 691/2000 con il quale l'impresa (...) ha impugnato la determinazione n. 290, del 13 dicembre 1999, con cui il Dirigente responsabile del Settore Ecologia della Provincia di Lucca le ha negato l'autorizzazione all'emissione atmosferica della pianta industriale che intendeva realizzare.
Va, difatti, accolto il motivo con cui viene dedotta l'illegittimità di tale diniego per violazione e falsa applicazione dell'articolo 7 del Dpr 24 luglio 1988 n. 203 (Attuazione delle direttive Cee 80/779, 82/80, 84/360 e 85/203, concernenti norme in materia di qualità dell'area, relativamente a specifici agenti inquinanti e di inquinamento prodotto dagli impianti e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali ai sensi dell'articolo 15 della legge 16 aprile 1987 n. 183).
Invero ai sensi del suindicato articolo 7, la Regione (in Toscana la Provincia, a norma della Lr n. 33/94) "ai fini del rilascio dell'autorizzazione", di cui allo stesso articolo deve solo accertare: a) che siano previste tutte le misure appropriate di prevenzione dell'inquinamento atmosferico, b) che l'impianto progettato non comporti emissioni superiori ai limiti consentiti".
Ebbene il provvedimento impugnato è fondato esclusivamente sul parere contrario alla realizzazione dell'impianto, espresso con nota n. 8323, del 23.10.1999, del Comune sull'assunto che, "essendo l'impianto destinato alla produzione di conglomerati bitumosi e cementizi e quindi classificabile, ai sensi del Dm 5 settembre 1994, come industria insalubre di 1° classe, la sua realizzazione non sarebbe compatibile con la zona industriale".
Con tale provvedimento, quindi, la Provincia di Lucca, non ha affatto i poteri di cui al citato articolo 7 del .Dpr 24 luglio 1988 n. 203, diretti a verificare la compatibilità dell'impianto sotto l'aspetto delle emissioni atmosferiche, ed anzi, recependo le considerazioni (peraltro inesatte, come delineato in sede di esame del precedente ricorso) di natura urbanistica, contenute nella nota comunale inviatale, ha esercitato un potere che le competeva.
Concludendo anche il ricorso n. 691/2000, va accolto con conseguente annullamento del provvedimento con lo stesso impugnato.
Le spese ed onorari di giudizio vengono liquidati come in dispositivo.
PQM
Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, Sezione II°, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, previa riunione degli stessi, dichiara improcedibile il ricorso n. 2583/1996; accoglie i ricorsi n. 3809/1996 e n. 691/2000 e per l'effetto annulla gli atti con gli stessi impugnati; Dichiara inammissibile l'intervento.
Condanna il Comune intimato al pagamento in favore della impresa ricorrente della somma di € 2.500,00 (duemilacinquecento/00) oltre accessori di legge, a titolo di spese ed onorari di causa, compensa le spese nei confronti degli intervenienti e della Provincia di Lucca;
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze, il 28 aprile 2005, dal Tribunale amministrativo regionale della Toscana, in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:
(omissis)
Depositata in Segreteria il 13 settembre 2005