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Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare

Circolare 6 dicembre 2004

(Gu 13 dicembre 2004 n. 291)

Affidamento in house del servizio idrico integrato

 

Alle

Regioni, Province e Comuni

 

Alle

Autorità d'ambito

 

Ai

Gestori del servizio idrico integrato

 

La società di gestione a capitale interamente pubblico, introdotta con l'articolo 14 del decreto-legge n. 269 del 30 settembre 2003, convertito nella legge 24 novembre 2003, n. 326, e contemplata alla lettera c) del comma 5 del novato articolo 113 del Testo unico sull'ordinamento degli enti locali approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, rappresenta una forma gestionale innovativa le cui modalità di costituzione, operatività e funzionalità, in adeguamento alla cornice normativa esistente in materia societaria, sono disciplinate dalla presente circolare, nella quale sono definite le condizioni essenziali e non eludibili per ricorrere all'affidamento con le suddette modalità e per rispettare i principi di diritto comunitario.

La principale peculiarità che caratterizza la suddetta società e che la distingue rispetto alle altre società di diritto privato regolate dal codice civile, risiede nella legittimazione a diventare soggetto affidatario del servizio idrico integrato senza propedeutica gara europea ad evidenza pubblica idonea all'individuazione del concessionario ai sensi dell'articolo 20 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, e del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio Dm 22 novembre 2001.

La società di cui all'oggetto, rappresentando un contenitore atipico sotto diversi aspetti che nel prosieguo si evidenzieranno, determina il concretizzarsi di un rapporto, tra l'amministrazione concedente e la società stessa, non riconducibile ad un rapporto contrattuale tra due soggetti autonomi e distinti, bensì ad una ipotesi di delegazione interorganica. Infatti, come esplicitato nella norma sopra richiamata, «l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitano sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi». In tal caso, dunque, non si configura un contratto tra l'amministrazione che conferisce la titolarità del servizio ed un soggetto sostanzialmente distinto da essa e autonomo sul piano decisionale; si realizza, invece, un rapporto riconducibile nella forma e nella sostanza a quello che

l'amministrazione ha nei confronti dei propri servizi, seppur nella peculiarità del modello societario in cui tali servizi sono organizzati.

Tale modalità gestionale (peraltro menzionata anche dalla circolare 19 ottobre 2001, n. 12727 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento delle politiche comunitarie), notoriamente definita in house, a seguito della sentenza Teckal del 18 novembre 1999, nella quale la Corte di giustizia configurò questa ipotesi di delegazione interorganica, sancendone l'esclusione dall'applicabilità della normativa europea in materia di appalti pubblici, ovverosia della necessaria messa in concorrenza, rappresenta un'ulteriore opportunità, per la gestione dei servizi pubblici locali, che si aggiunge ai modelli tradizionali. Ad essa tuttavia si dovrà ricorrere soltanto in casi eccezionali e residuali, venendosi contrariamente ad eludere i principi derivanti dai trattati, in particolare le norme sulla libera circolazione dei beni e dei servizi, nonché i principi fondamentali di non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza e mutuo riconoscimento, che disciplinano il mercato dei servizi. Si ricordi a tale riguardo che la stessa Commissione europea ritiene che

l'inosservanza dei menzionati principi del trattato costituisca un impedimento al corretto funzionamento del mercato interno ed alla liberalizzazione degli appalti e dei servizi in cui sono in gioco importanti interessi economici.

I medesimi concetti sono ribaditi ed esplicitati nella comunicazione interpretativa della Commissione europea sulle concessioni nel diritto comunitario, pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Comunità europea del 29 aprile 2000, laddove si afferma che, mentre le concessioni di lavori sono disciplinate specificatamente dalla direttiva n. 93/37/Cee, articolo 1, lettera d), le altre forme di concessioni, nella misura in cui risultino essere atti dello Stato (da intendersi come atti adottati dalle autorità pubbliche che fanno parte dell'organizzazione dello Stato, nonché quelli adottati da qualsiasi altro organismo che, se pur dotato di personalità giuridica autonoma, sia collegato allo Stato da vincoli così stretti da poter essere considerato come facente parte dell'organizzazione di questo...), sebbene non siano coperti dalle direttive sugli appalti pubblici, sono ugualmente soggette alle disposizioni generali del trattato ed ai principi che la corte ha elaborato in materia di appalti (principio di parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, e mutuo riconoscimento.

Quanto sopra conferma il carattere strettamente residuale del modello societario in house, il quale deve configurarsi come un'opportunità residuale per gli enti locali: malgrado la configurazione societaria che tale modello possiede, infatti, esso non rappresenta una reale esternalizzazione della gestione rispetto alla originaria competenza degli enti locali, bensì costituisce un modello organizzativo per migliorare l'efficienza e l'economicità dell'attività di gestione che gli stessi enti locali sono chiamati a svolgere.

L'affidamento diretto del servizio a tale società e la contestuale esclusione dell'obbligo di gara, trova la propria giustificazione nel fatto che il conferimento del servizio, a causa di una motivata e comprovata ragione di interesse pubblico che obiettivamente escluda la possibilità di ricorrere alla gara, non avviene nei confronti di un soggetto giuridico sostanzialmente autonomo, bensì nei confronti di un soggetto gerarchicamente subordinato, assoggettato obbligatoriamente ad un controllo funzionale, gestionale e finanziario stringente.

La durata della società in house, precisata nell'atto di affidamento, dovrà essere motivata e obbligatoriamente limitata al tempo necessario per il superamento degli impedimenti all'effettiva messa in concorrenza del servizio, da attuarsi mediante la concessione a terzi, ovvero all'affidamento diretto a società a capitale misto pubblico-privato previa individuazione del socio privato mediante procedimento di gara europea.

In virtù di ciò, è obbligatorio che l'atto costitutivo e lo statuto prevedano che la società sia dotata di un'autonomia finanziaria e decisionale limitata e preventivamente circoscritta. In particolare, le deliberazioni concernenti l'amministrazione straordinaria e quelle di determinante rilievo per l'attività sociale, quali il bilancio, la relazione programmatica,

l'organigramma, il piano degli investimenti, il piano di sviluppo ed equivalenti, dovranno essere approvati dagli enti locali partecipanti alla società. Gli amministratori ed il direttore della Spa saranno nominati direttamente dagli enti locali proprietari, conformemente, del resto, alle previsioni in materia dettate dagli articoli del codice civile.

Alla società in house dovranno partecipare esclusivamente enti locali, trattandosi di una società di scopo con peculiari caratteristiche. Essa non potrà essere partecipata da società a partecipazione pubblica, neppure totale, così come da consorzi intercomunali o, qualora ancora esistenti, da aziende speciali. Non risulta, infatti, che la partecipazione indiretta degli enti locali sia ammissibile in base ai principi comunitari, né che sia funzionale allo scopo della gestione in house. Come affermato nel dettato normativo, dovendo la società realizzare la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano, la società dovrà essere partecipata da tutti gli enti locali facenti parte dell'ambito territoriale ottimale.

La società a totale capitale pubblico che riceve l'affidamento del servizio in house è una società di scopo strettamente interdipendente dall'ambito territoriale nel quale svolge il proprio servizio. La società non potrà quindi operare al di fuori del proprio ambito territoriale ottimale, perché finalizzata unicamente alla gestione del servizio idrico integrato in quel determinato territorio. Ciò dovrà essere espressamente previsto dallo statuto.

Nelle ipotesi in cui sia stata scelta la modalità di affidamento prevista dal comma 5 dell'articolo 35 della legge n. 448 del 2001, essa — in luogo della cessazione entro e non oltre la data del 31 dicembre 2006, senza necessità di apposita deliberazione dell'ente d'ambito, stabilita nel comma 15-bis del novato articolo 113 del Testo unico Dlgs n. 267/2000 — può considerarsi assimilata all'ipotesi di gestione in house solo nel caso in cui tale società presenti rigorosamente i requisiti e le caratteristiche formali e sostanziali sopra elencati.

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