Territorio

Commenti e Approfondimenti

print

Milano, 1 marzo 2005 (Ultimo aggiornamento: 14/11/2008)

Terreni ad uso civico, la "valenza ambientale" riconosciuta dalla giurisprudenza e il nuovo articolo 117 della Costituzione minano le competenze regionali

(Vincenzo Dragani)

Coloro che hanno costruito anche abusivamente edifici su terreni di proprietà collettiva potranno diventare, a condizione di aver ottenuto il relativo condono, unici e legittimi titolari degli immobili.

È quanto prevede la nuova legge locale sugli "usi civici" (Lr 27 gennaio 2005, n. 6) con la quale la Regione Lazio ha autorizzato i Comuni ad alienare a singoli privati ciò che per sua stessa ammissione riconosce essere "terreni di proprietà collettiva di uso civico edificati o edificabili" (articolo 8 del provvedimento).

 

La legge Regione Lazio 6/2005. In base alle nuove disposizioni (pubblicate sul Supplemento ordinario n. 7 al Bollettino ufficiale della Regione Lazio 10 febbraio 2005, n. 4) i Comuni, come le università e le associazioni agrarie, potranno vendere i terreni di proprietà collettiva di uso civico da loro posseduti direttamente agli occupanti degli stessi (se già edificati ed a condizione che le costruzioni siano state legittimamente realizzate o che siano condonate) o all'incanto pubblico (se divenuti edificabili). Anche in quest'ultimo caso, però, prima di procedere alla pubblica asta, la proprietà dei singoli lotti potrà essere attribuita dai Comuni direttamente a coloro che già li detengono e che ne fanno domanda.

Alienazione di terreni di proprietà collettiva di uso civico,

cosa prevede la Legge della Regione Lazio 6/2005

"Articolo 8

Norme per l'alienazione di terreni di proprietà collettiva di uso civico edificati o edificabili

1. I Comuni, le frazioni di Comuni, le università e le associazioni agrarie comunque denominate possono alienare i terreni di proprietà collettiva di uso civico posseduti dagli stessi:

a) agli occupatori, se già edificati;

b) con le procedure di asta pubblica, se divenuti edificabili.

2. L'alienazione di cui al comma 1, lettera a), può essere effettuata a condizione che le costruzioni siano state legittimamente realizzate o che siano condonate ai sensi della normativa vigente in materia di sanatoria di abusi edilizi. Eventuali successioni nel possesso della costruzione non pregiudicano la possibilità di richiedere o di ottenere l'alienazione ai sensi del presente articolo, che è in ogni caso rilasciata a favore del titolare della costruzione. L'alienazione deve interessare il suolo su cui insistono le costruzioni e le relative superfici di pertinenza fino ad una estensione massima corrispondente alla superficie del lotto minimo imposto dallo strumento urbanistico vigente per la zona in cui ricade il terreno da alienare. La superficie agricola occupata dal richiedente ed eccedente il lotto da alienare deve comunque essere sistemata nei termini e nei modi previsti dalla normativa vigente in materia di usi civici.

3. Per i terreni di cui al comma 1, lettera b), gli enti possono, prima di procedere alla pubblica asta, attribuire la proprietà di singoli lotti a coloro che detengono gli stessi a qualsiasi titolo e che ne fanno domanda sulla base del prezzo di stima, a condizione che l'assegnatario si obblighi a destinare il lotto all'edificazione della prima casa, ovvero all'edificazione di manufatti artigianali necessari per lo svolgimento della propria attività.

4. Non possono essere comunque alienati i terreni di proprietà collettiva di uso civico ricadenti in aree sottoposte a vincoli paesistici diversi da quello di uso civico.

5. Ai fini della determinazione del valore, gli enti di cui al comma 1 si avvalgono dei propri uffici tecnici o possono nominare tecnici iscritti all'albo regionale dei periti, degli istruttori e dei delegati tecnici.

6. Qualora, successivamente all'acquisto di un terreno, effettuato con contratto di compravendita registrato e trascritto, sopravvenga l'accertamento dell'appartenenza del terreno medesimo alle categorie di cui all'articolo 39, comma 2, del regio decreto 26 febbraio 1928, n. 332, concernente il regolamento di esecuzione della legge sul riordino degli usi civici, e si tratti di costruzione destinata a prima casa già eseguita o da eseguire, l'acquirente ha facoltà di consolidare l'acquisto a titolo oneroso. La richiesta dell'acquirente deve essere corredata della copia dell'atto di compravendita e dell'eventuale provvedimento di concessione edilizia. Ricevuta la richiesta, l'ente interessato, con deliberazione motivata soggetta ad approvazione della Regione, stabilisce, a titolo conciliativo, una somma che deve essere ridotta fino all'ottanta per cento del valore del terreno.

7. L'agevolazione di cui al comma 6 si applica altresì quando si tratti:

a) di costruzioni od impianti destinati ad attività artigianali di superficie complessiva inferiore a 1.500 metri quadrati;

b) di costruzioni od impianti destinati ad attività di commercio di superficie di vendita inferiore a 1.500 metri quadrati, per i Comuni con popolazione residente inferiore ai 10.000 abitanti;

c) di costruzioni o di impianti destinati ad attività turistico-ricettive ed agrituristiche di superficie complessiva inferiore a 2.000 metri quadrati, e di superficie complessiva inferiore a 2 ettari per le strutture ricettive all'aria aperta e per gli impianti sportivi.

8. A richiesta dell'interessato il prezzo di alienazione può essere rateizzato in cinque annualità con l'applicazione dell'interesse annuo al tasso legale vigente."

Gli usi civici. Risalenti al periodo feudale, gli "usi civici" indicano un diritto di godimento che gli appartenenti ad una determinata entità territoriale (individuati normalmente in base ad un parametro quali/quantitativo, come l'essere residente in un certo Comune da un numero minimo di anni) esercitano collettivamente su un determinato terreno. Tale diritto comprende normalmente facoltà che vanno dal "far legna" (il cd. "legnatico") al pascolo di animali passando per il prelievo di acqua o prodotti della natura (come funghi, foglie).

 

Attualmente, a disciplinare tali usi civici è la legge 16 giugno 1927, n. 1766 (Guri 3 ottobre 1927 n. 228). Tale legge non offre una definizione precisa di "uso civico" (sulla cui nozione si è invece soffermata la successiva giurisprudenza), limitandosi nel suo articolo 1 a dichiarare il proprio campo di applicazione relativo all'"'accertamento e la liquidazione generale degli usi civici e di qualsiasi altro diritto di promiscuo godimento delle terre spettanti agli abitanti di un Comune, o di una frazione di Comune".

 

Ad offrire un panorama delle facoltà comprese in tale "diritto" è il successivo articolo 4 del provvedimento, che ne propone una classificazione, su due livelli. Vediamola qui di seguito.

Usi civici, la classificazione della legge 1766/1927
"4. Per gli effetti della presente legge i diritti di cui all'articolo 1 sono distinti in due classi:

1 essenziali, se il personale esercizio si riconosca necessario per i bisogni della vita;

2 utili, se comprendano in modo prevalente carattere e scopo di industria.

Appartengono alla 1ª classe i diritti di pascere e abbeverare il proprio bestiame, raccogliere legna per uso domestico o di personale lavoro, seminare mediante corrisposta al proprietario.

Alla 2ª classe appartengono, congiunti con i precedenti o da soli, i diritti di raccogliere o trarre dal fondo altri prodotti da poterne fare commercio, i diritti di pascere in comunione del proprietario e per fine anche di speculazione; ed in generale i diritti di servirsi del fondo in modo da ricavarne vantaggi economici, che eccedano quelli che sono necessari al sostentamento personale e famigliare.

Per gli effetti della presente legge sono reputati usi civici i diritti di vendere erbe, stabilire i prezzi dei prodotti, far pagare tasse per il pascolo, ed altri simili, che appartengono ai Comuni sui beni dei privati. Non vi sono invece comprese le consuetudini di cacciare, spigolare, raccogliere erbe ed altre della stessa natura. Di queste gli utenti rimarranno nell'esercizio, finché non divengano incompatibili con la migliore destinazione data al fondo dal proprietario."

Per quanto riguarda, invece, i vincoli che gravano sui terreni protetti dal diritto in questione, occorre far riferimento all'articolo 12 della legge in questione, che sancisce un divieto generale di alienazione e di mutazione di destinazione d'uso, salvo poi stabilire particolari deroghe.

 

Alienazione e mutazione di destinazione, cosa stabilisce la legge 1766/1927
"12. Per i terreni di cui alla lettera a) si osserveranno le norme stabilite nel capo 2 del titolo 4 del Rd 30 dicembre 1923, n. 3267.

I Comuni e le associazioni non potranno, senza l'autorizzazione del Ministero dell'economia nazionale, alienarli o mutarne la destinazione.

I diritti delle popolazioni su detti terreni saranno conservati ed esercitati in conformità del piano economico e degli articoli 130 e 135 del citato decreto, e non potranno eccedere i limiti stabiliti dall'articolo 521 del Codice civile1 ".

 

Il potere assegnato all'allora "Ministero dell'economia nazionale" è poi stato trasferito al Ministero dell'agricoltura e foreste (oggi Ministero delle politiche agricole e forestali); e risulta poi passato alle Regioni in base al Dpr 24 luglio 1977, n. 616 sulla delega di funzioni amministrative.

 

Il nuovo Titolo V della Costituzione. In seguito alla riforma del Titolo V della Costituzione (ad opera della Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) e del conseguente mutato equilibrio di competenze tra Stato ed Enti locali, appare tuttavia necessario — ad avviso dello scrivente — sottoporre a verifica la persistente validità del passaggio di competenze sopra ricordato.

 

In base al riformulato articolo 117, secondo comma, della Costituzione, infatti, lo Stato ha ora legislazione esclusiva in materia di "ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali" (lettera g) e "tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali" (lettera s).

 

Non appare altresì negabile l'univoco orientamento giurisprudenziale sulla valenza ambientale degli usi civici (per tutte si veda la sentenza della Corte Costituzionale 25 marzo1993, n. 133, laddove il Giudice delle Leggi parla di "interesse della collettività generale alla conservazione degli usi civici nella misura in cui ciò contribuisce alla salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio").

 

Tale valenza ambientale è stata ricordata — da ultimo — dalla stessa Avvocatura generale dello Stato innanzi alla Corte Costituzionale, nella cui sentenza 70/2005 in tema di abusi edilizi, si legge: "Quanto ai terreni gravati da diritti di uso civico, la difesa erariale ribadisce che agli usi civici sarebbe stata ormai riconosciuta una valenza prevalentemente ambientalista, di talché le competenze amministrative delle Regioni al riguardo (tra le quali non vi sarebbe certamente quella di sanare o denegare la sanabilità degli edifici o degli ampliamenti di edifici abusivamente realizzati) dovrebbero comunque ritenersi subordinate alla salvaguardia dei ‘valori' la cui tutela è affidata allo Stato dall'articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.").

 

Il rinnovato quadro normativo ed il persistente valore ambientale che la collettività continua a riconoscere ai terreni di uso civico rendono dunque quantomeno legittimo il sospetto di una illegittimità costituzionale delle ultime disposizioni regionali sulla mutazione di destinazione d'uso delle aree in questione.

Note redazionali

1. Ora, articolo 1021 del Codice civile del 1942.
Annunci Google
  • ReteAmbiente s.r.l.
  • via privata Giovanni Bensi 12/5,
    20152 Milano

    Tel. 02 45487277
    Fax 0245487333

    R.E.A. MI - 2569357
    Registro Imprese di Milano - Codice Fiscale e Partita IVA 10966180969

Reteambiente.it - Testata registrata presso il Tribunale di Milano (20 settembre 2002 n. 494) - ISSN 2465-2598