Acque

Giurisprudenza

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Sentenza Corte di Cassazione 28 aprile 2004, n. 19560

Acque - Tutela dall'inquinamento - Scarichi da insediamento produttivo - Legale rappresentante della persona giuridica - Responsabilità per l'inosservanza delle norme di settore - Fondamento

Corte di Cassazione

Corte di Cassazione, Sezione terza penale - Sentenza 28 aprile 2004, n. 19560

Corte di Cassazione, Sezione terza penale — Sentenza 28 aprile 2004, n. 19560

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

La Corte Suprema di Cassazione

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

(omissis)

ha pronunciato la seguente:

 

Sentenza

sul ricorso proposto da:

(...), nato a Fontanella il 22.07.1937;

 

avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia in data 8.07.2003 con cui è stata confermata la condanna alla pena dell'arresto e dell'ammenda infittagli nel giudizio di primo grado per i reati di cui agli articoli 59 comma 5 decreto legislativo n. 152/1999 e 674 C.p.;

 

Visti gli atti, la sentenza denunciata e il ricorso;

Sentita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Alfredo Teresi;

Sentito il Pm nella persona del Pg Dott. Passacantando Guglielmo, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;

 

Osserva

Con sentenza 8.07.2003 la Corte di Appello di Venezia confermava la condanna alla pena dell'arresto e dell'ammenda inflitta nel giudizio di primo grado a (...) quale colpevole di avere, nella qualità di presidente del consiglio di amministrazione della cooperativa a r.l. Centro zooavicolo del Piove, effettuato uno scarico di acque reflue industriali che, all'analisi, risultava eccedere i valori limite fissati nella tabella 3 dell'allegato 5 del Dlgs n. 152/1999 quanto alla sostanza zinco e per avere provocato emissioni di vapore di odore nauseabondo, tali da molestare le persone.

Proponeva ricorso per Cassazione l'imputato denunciando;

— inosservanza di norme processuali in ordine al rigetto, da parte del Tribunale che aveva applicato una norma abrogata, dell'istanza di citazione del civilmente obbligato alla pena pecuniaria per mancanza d'interesse prevedendo espressamente l'articolo 89 C.p.p. che la suddetta persona possa essere citata per il giudizio anche a richiesta dell'imputato. Il rigetto da parte della Corte di Appello del gravame sul punto era censurabile poiché la citazione del responsabile civile, richiesta per errore, in effetti riguardava la persona civilmente obbligata alla pena pecuniaria sia perché nel processo non c'era costituzione di parte civile sia perché il primo Giudice aveva correttamente colto il reale contenuto dell'istanza;

— vizio di motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità poiché egli, avendo assunto la carica di presidente di amministrazione della società appena tre mesi prima del fatto, non era stato in condizione di rendersi conto del cattivo funzionamento dell'impianto di depurazione affidato alla manutenzione di tecnici specializzati.

Chiedeva l'annullamento della sentenza. Il primo motivo è infondato. Non è censurabile la decisione dei Giudici d'appello, i quali hanno rilevato che l'imputato ha chiesto la citazione del responsabile civile e non della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, come indicato nel verbale d'udienza e pure nell'atto d'appello, sicché, al di là dell'equivoca interpretazione del Tribunale, la richiesta era inammissibile ai sensi dell'articolo 83 C.p.p..

Diretti ed esclusivi destinatari della normativa sulla tutela delle acque dall'inquinamento sono i titolari degli stabilimenti industriali, i quali possono delegare ad altri soggetti tecnicamente preparati i compiti loro demandati in base ad attribuzioni effettivamente delegate e volontariamente assunte. Se il titolare è una persona giuridica, destinatario delle norme, per quanto attiene all'adozione degli apparati strumentali necessari a prevenire e ridurre l'inquinamento è il legale rappresentante dell'ente imprenditore, quale persona fisica attraverso la quale la persona giuridica agisce nel campo delle relazioni intersoggettive. Tale compito discende dalla legge e non richiede espresso conferimento e comporta, in difetto di conferimento di valida delega, responsabilità penale perché il legale rappresentante, anche non svolge mansioni tecniche, è pur sempre preposto alla gestione della società.

Pertanto, il predetto non può esimersi da responsabilità adducendo incompetenza tecnica oppure ignoranza dello stato degli impianti perché tali condizioni gli impongono di astenersi dall'assumere incarichi dirigenziali oppure di conferire in modo formale ad esperti l'osservanza delle norme sopraindicate.

Ne consegue che, nel caso in esame, correttamente è stato ritenuto che i fatti andavano addebitati all'imputato quale presidente del consiglio di amministrazione della società, il quale, peraltro, secondo quanto accertato in sede di merito con congrua motivazione, era a conoscenza delle lamentele degli abitanti delle zone limitrofe allo stabilimento in merito alla presenza di odori sgradevoli prodotti dallo scarico.

Il rigetto del ricorso comporta condanna al pagamento delle spese del procedimento.

 

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.

Così deciso in Roma, nella Pubblica udienza, il 25 marzo 2004.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2004.

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