Acque

Giurisprudenza

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Sentenza Corte di Cassazione 23 marzo 2004, n. 13967

Acque - Tutela dall'inquinamento - Reflui industriali pericolosi - Sversamento in rete fognaria e/o nel suolo - Reato di cui all'articolo 59 del Dlgs 152/1999 - Sussiste

Corte di Cassazione

Corte di Cassazione, Sezione terza penale - Sentenza 23 marzo 2004, n. 13967

Corte di Cassazione, Sezione terza penale — Sentenza 23 marzo 2004, n. 13967

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

La Corte Suprema di Cassazione

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

(omissis)

ha pronunciato la seguente:

 

Sentenza

sul ricorso proposto da:

1) (...);

avverso ordinanza del 23 settembre 2003 Trib. Libertà di Milano;

sentita la relazione fatta dal Consigliere (...);

sentite le conclusioni del Pg (...): rigetto del ricorso;

 

Motivi della decisione

Con ordinanza 6 agosto 2003, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano ha disposto il sequestro preventivo degli scarichi della Ditta (..) evidenziando la configurabilità del reato previsto dagli articoli 81 C.p., e 59, comma 1, Dlgs 152/1999 (immissioni non autorizzate nella rete fognaria di acque reflue industriali contenente sostanze pericolose); le esigenze cautelari sono state individuate nella necessità di impedire la permanenza dell'illecito. Il provvedimento è stato confermato, con ordinanza 23 settembre 2003, dal Tribunale del riesame il quale ha reputato ininfluente, ai fini della configurabilità del reato, la circostanza — evidenziata dalla difesa e confermata dalle esperite investigazioni— che gli scarichi fossero effettuati in un pozzo a perdere e non nella rete fognaria. La necessità cautelare è stato ritenuta sussistente per la possibilità di reiterazione della condotta antidoverosa.

Per l'annullamento dell'ordinanza, l'indagato (...) ricorre in Cassazione deducendo violazione di legge, in particolare, rilevando:

— che indebitamente il Tribunale ha utilizzato materiale probatorio che non era ignoto al Giudice al momento della emissione della misura ed ha valutato, in tale modo, risultanze processuali alle quali non avrebbe dovuto avere accesso;

— che i Giudici hanno limitato la loro analisi alla eventuale esistenza del reato senza indagare sulle esigenze cautelari;

— che il periculum in mora era collegato, secondo la impostazione del Giudice delle indagini preliminari, allo scarico nella rete fognaria e, venuta meno tale circostanza, dovevano ritenersi superate le necessità di cautela.

Il Collegio ritiene che le deduzioni non siano meritevoli di accoglimento.

Prima di affrontare le censure del ricorrente, è appena il caso di rilevare come, nei procedimenti incidentali aventi ad oggetto misure cautelari reali, o sequestri probatori, non sia configurabile una piena cognizione del Tribunale del riesame al quale compete solo di valutare se la fattispecie concreta sia sussumibile nell'ipotesi di reato contestato e se permangano le esigenze andoprocessuali della misura.

In base a tale principio, deve concludersi che il Tribunale ha esattamente svolto la funzione di controllo che la legge gli demanda limitata alla verifica della legittimità del vincolo reale senza entrare nel merito della pretesa punitiva che forma oggetto di indagini nel procedimento principale.

Invero i Giudici — dopo avere preso in opportuna considerazione le allegazioni della difesa — hanno ritenuto che l'indagato effettuasse scarichi di acque reflue industriali del suo insediamento produttivo, contenente sostanze pericolose, senza la prescritta autorizzazione. Tanto è sufficiente, nella presente fase cautelare, per ritenere la astratta configurabilità del reato — e di conseguenza non arbitrario il vincolo reale — senza necessità di ulteriori approfondimenti che esulano dai limiti cognitivi di un procedimento incidentale. I Giudici hanno correttamente evidenziato come la circostanza che l'illegittimo sversamento avvenga in fognatura (secondo quanto ritenuto dal Giudice per le indagini preliminare) o in un pozzo a perdere (secondo quanto prospettato da un accertamento dell'Ama successivo alla applicazione delle misura) sia del tutto ininfluente; la fattispecie di reato contestata punisce ogni indebita immissione di acque reflue nel suolo, nel sottosuolo ed in rete fognaria. In tale modo, il Tribunale non ha posto a fondamento delle sua decisione elementi probatori non sottoposti al vaglio del Giudice, ma si è limitato a rilevare che le nuove emergenze non mutano il quadro indiziario.

Le esigenze di cautela sono state correttamente enucleate nella possibilità che l'indagato, nella libera disponibilità dei beni, continui l'attività produttiva con conseguente protrarsi della illecita condotta. Pertanto la conclusione sia sulla configurabilità del reato sia sulle esigenze di cautela è sorretta da apparato argomentativo congruo, completo, corretto.

In tale contesto, il ricorrente formula generiche censure sul fumus commissi delicti prive della necessaria specificità e concretezza. Le residue deduzioni hanno come presupposto, non fondato, che le esigenze di cautela debbano essere correlate allo scarico in rete fognaria; le ricordate esigenze sono state ritenute sussistenti per la possibile reiterazione del reato per la configurazione del quale elemento irrilevante è, come già evidenziato, la immissione in fognatura o in un pozzo a perdere.

 

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2004.

Depositato in Cancelleria il 23 marzo 2004.

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