Sentenza Tar Abruzzo-Pescara 15 gennaio 2004, n. 17
Occupazione abusiva di demanio marittimo - Possibilità di ingiungere al contravventore di rimettere le cose in pristino - Competenze della Capitaneria di Porto - Rientra
Tar Abruzzo
Sentenza 15 gennaio 2004, n. 17
Repubblica italiana
In nome del popolo italiano
Il Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo Sezione staccata di Pescara
composto dai signori:
(omissis)
ha pronunciato la seguente
Sentenza
sul ricorso n. 458/94, proposto dalla società Grotta del Saraceno s.r.l., con sede in Vasto, in persona dell’Amministratore unico sig. Luigi Della Valle, rappresentato e difeso dall’avv. Claudio Angelone, elettivamente domiciliato presso il proprio difensore in Pescara, via Orazio, 123;
contro
il Ministero delle infrastrutture, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di L’Aquila presso cui per legge domicilia;
per l’annullamento
dell’ingiunzione 11 aprile 1994, n. 2/94, con la quale il Capo del Compartimento Marittimo della Capitaneria di Porto di Pescara ha ordinato alla società ricorrente di rimuovere un manufatto abusivo adibito a bar ricadente per 180 mq. sul pubblico demanio marittimo e per 67 mq. sull’adiacente proprietà privata entro la fascia di trenta metri dal confine demaniale; nonchè degli atti presupposti e connessi.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dei trasporti e della navigazione (oggi Ministero delle infrastrutture);
Vista l’ordinanza collegiale 23 giugno 1994, n. 391, con la quale è stata accolta, a condizione, la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle proprie ragioni;
Visti gli atti tutti del giudizio;
Udito alla pubblica udienza del 4 dicembre 2003 il relatore consigliere Michele Eliantonio e uditi, altresì, l’avv. Claudio Angelone per la parte ricorrente e l’avv. dello Stato Maria Grazia Lopardi per l’Amministrazione resistente;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
Fatto
La società ricorrente riferisce di gestire e di essere proprietaria di un campeggio turistico nel Comune di Vasto su un’area di sua proprietà, posta a confine con il demanio marittimo; riferisce, altresì, di aver realizzato sull’area di sua proprietà un manufatto adibito a ristoro degli utenti.
Con il ricorso in esame è insorta dinanzi questo Tribunale avverso l’ingiunzione 11 aprile 1994, n. 2/94, della Capitaneria di Porto di Pescara con la quale è stata ordinata la rimozione di tale manufatto perchè ricadente per 180 mq. sul pubblico demanio marittimo e per 67 mq. entro la fascia di trenta metri dal confine demaniale.
Ha dedotto a tal fine le seguenti censure:
1) Eccesso di potere per errore nei presupposti e per difetto di motivazione. Violazione degli articoli 1 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241.
La struttura in questione è stata realizzata nel 1984 su area di proprietà della ricorrente, confinante con il demanio marittimo. Nell’adottare l’atto impugnato non si è considerato che a seguito delle mareggiate il litorale era stato interessato da un fenomeno erosivo; l’Amministrazione avrebbe dovuto contestare il presunto abuso e sorreggere l’atto impugnato con adeguata motivazione, particolar-mente necessaria in ragione del fatto che erano stati, in realtà, ipotizzati due diversi abusi (costruzione di un manufatto su un’area demaniale e costruzione di un manufatto senza autorizzazione su area adiacente il demanio), che richiedono diverse azioni repressive.
2) Eccesso di potere per indeterminatezza dell’oggetto dell’ordine.
Non sono state adeguatamente indicate le opere realizzate sul demanio e quelle realizzate in violazione dell’articolo 55 del Codice della navigazione; tale indicazione si imponeva in quanto il Comune di Vasto aveva rilasciato relativamente al manufatto in questione concessione in sanatoria.
3) Violazione degli articoli 28, 30, 54 e 55 del Codice della navigazione e degli articoli 4 e seguenti della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Incompetenza. Eccesso di potere per carenza di istruttoria.
Per la parte realizzata sull’area di proprietà privata il provvedimento di demolizione avrebbe dovuto essere assunto dal Sindaco o, quanto meno, avrebbe dovuto acquisirsi il parere del Comune. Tale opera è, in ogni caso, conforme al vigente strumento urbanistico.
4) Violazione dell’articolo 32 del Codice della navigazione e dell’articolo 58 del relativo regolamento di esecuzione, in relazione agli articoli 1 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e della gravità del provvedimento.
L’Amministrazione avrebbe dovuto previamente verificare, in contraddittorio con il privato, la linea di delimitazione tra proprietà pubblica e proprietà privata finitima, tenendo conto dei mutamenti intervenuti nel regime idraulico della costa.
Tali doglianze la parte ricorrente ha ulteriormente illustrato con memoria depositata il 12 novembre 2003, con la quale ha, tra l’altro, documentato di aver presentato nelle more della definizione del giudizio (il 15 settembre 2003) richiesta alla Regione Abruzzo di concessione in sanatoria dell’area demaniale marittima occupata abusivamente con il manufatto in questione.
Il Ministero dei trasporti e della navigazione (oggi Ministero delle infrastrutture) si è costituito in giudizio e con memoria depositata il 15 ottobre 2003 ha diffusamente confutato il fondamento delle censure dedotte.
Alla pubblica udienza del 4 dicembre 2003 la causa è stata introitata a decisione.
Diritto
1. - Costituisce oggetto del ricorso in esame — come sopra esposto — l’ingiunzione 11 aprile 1994, n. 2/94, con la quale il Capo del Compartimento Marittimo della Capitaneria di Porto di Pescara ha ordinato alla società ricorrente di rimuovere un manufatto adibito a bar realizzato abusivamente e ricadente per 180 mq. sul pubblico demanio marittimo e per 67 mq. sull’adiacente proprietà privata entro la fascia di trenta metri dal confine demaniale.
Tale atto impugnato, come si legge chiaramente nelle sue premesse, è stato assunto ai sensi degli articoli 28, 30, 54, 55, 1161 e 1164 del Codice della navigazione che, come è noto, attribuiscono all’Amministrazione dei trasporti e della navigazione l’esercizio dei poteri di polizia sul demanio marittimo (articolo 30), tra i quali sono ricompresi il potere, nelle ipotesi in cui siano state abusivamente occupate zone del demanio marittimo o vi siano eseguite innovazioni non autorizzate, “di ingiungere al contravventore di rimettere le cose in pristino entro il termine a tal fine stabilito” e, in caso di mancata esecuzione dell’ordine, il potere “di provvedere d’ufficio a spese dell’interessato” (articolo 54), anche nel caso in cui tali opere siano state realizzate entro una zona di trenta metri in prossimità del demanio marittimo senza la previa autorizzazione del capo del compartimento (articolo 55).
Deve, inoltre, in merito anche ricordarsi che l’articolo 823 del Codice civile dispone che i beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e che spetta appunto all’Autorità amministrativa la tutela di tali beni, avendo la stessa la facoltà sia di procedere in via amministrativa, sia di valersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà e del possesso regolati dallo stesso Codice civile.
2. - Ciò posto, deve osservarsi che con il gravame la parte ricorrente nella sostanza si è lamentata delle seguenti circostanze:
a) che l’opera in questione non era stata realizzata sul demanio marittimo, ma su un’area di proprietà della ricorrente, confinante con il demanio marittimo; ha al riguardo meglio precisato che a seguito delle mareggiate il litorale era stato interessato da un fenomeno erosivo, per cui l’Amministrazione avrebbe dovuto previamente verificare, in contraddittorio con il privato, la linea di delimitazione tra proprietà pubblica e proprietà privata finitima, tenendo conto dei mutamenti intervenuti nel regime idraulico della costa (quarto motivo e parte del primo motivo);
b) che non era stata data comunicazione alla ricorrente dell’avvio del procedimento (parte del primo motivo);
c) che l’atto impugnato era privo di adeguata motivazione, particolarmente necessaria in ragione del fatto che erano stati, in realtà, ipotizzati due diversi abusi, l’uno disciplinato dal predetto articolo 54 c.n. (costruzione di un manufatto su un’area demaniale) e l’altro dall’articolo 55 (costruzione di un manufatto senza autorizzazione su area adiacente il demanio), che richiedono diverse azioni repressive;
d) che l’oggetto dell’ordine era indeterminato, in quanto non erano state adeguatamente indicate le opere realizzate sul demanio e quelle realizzate in violazione dell’articolo 55 del Codice della navigazione (secondo motivo);
e) che per la parte realizzata sull’area di proprietà privata il provvedimento di demolizione avrebbe dovuto essere assunto dal Sindaco (terzo motivo).
Tali censure, deve subito precisarsi, sono tutte prive di pregio.
3. - Relativamente alla doglianza sopra indicata alla lettera a) deve rilevarsi che nel costituirsi in giudizio l’Amministrazione ha depositato tutti gli atti del procedimento, tra cui alcune planimetrie della zona in cui risulta chiaramente indicato sia il confine catastale tra il demanio marittimo e la proprietà privata, che il manufatto abusivamente realizzato. Da tali atti si rileva, in particolare, che la linea di delimitazione tra la proprietà pubblica e la proprietà privata finitima è chiara e risulta anche riportata nelle planimetrie catastali, per cui nessun rilievo possono assumere gli eventuali ed ipotizzati mutamenti intervenuti nel regime idraulico della costa, in quanto risulta netta la demanialità di parte dell’area su cui è stata realizzata l’opera in questione.
Per altro verso sembra, inoltre, oggi non più contestato (come si rileva dalla predetta istanza del 15 settembre 2003 presentata dalla ricorrente di richiesta di concessione in sanatoria dell’area demaniale marittima occupata abusivamente) il fatto che il manufatto insiste su un’area demaniale, nè la parte ricorrente ha fornito adeguati elementi e considerazioni a confutazione di quanto risulta dagli atti, in quanto la perizia di parte versata in giudizio si limita testualmente ad affermare che “è molto difficile dire con precisione quale è il limite del demanio marittimo”, ma non afferma esplicitamente che il manufatto è stato realizzato su un’area di proprietà privata.
Inoltre, è per altro verso certamente non contestato il fatto che tale manufatto sorge, quanto meno, ad una distanza inferiore a trenta metri dal demanio, per cui in ogni caso da un lato l’opera in questione deve ritenersi abusiva, in quanto realizzata senza la previa autorizzazione del capo del compartimento, e dall’altro in base all’ultimo comma dell’articolo 55 del Codice della navigazione la Capitaneria di Porto di Pescara avrebbe potuto in ogni caso ordinare alla società ricorrente di rimuovere il manufatto abusivo in questione.
In definitiva, allo stato degli atti sembra al Collegio che l’opera in parola sia stata in parte realizzata sul demanio marittimo ed in parte su un’area di proprietà della ricorrente confinante con il demanio marittimo, per cui l’Amministrazione non avrebbe dovuto, così come ipotizzato con il ricorso, previamente verificare, in contraddittorio con il privato, la linea di delimitazione tra proprietà pubblica e proprietà privata finitima.
4. - La parte ricorrente con parte del primo motivo si è anche lamentata, come sopra indicato alla lettera b), che non le era stata data comunicazione dell’avvio del procedimento.
Sul punto deve, però, ricordarsi che la giurisprudenza ha già precisato che il provvedimento di rilascio adottato dalla p.a., ai sensi dell’articolo 823, comma 2, del Codice civile, in caso di detenzione sine titulo da parte di un privato di parte del demanio pubblico, non deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento al soggetto interessato ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, atteso che in tale ipotesi non può ravvisarsi alcuno spazio utile per una eventuale cooperazione da parte del privato all’adozione dell’atto in questione (Cons. St., IV, 16 ottobre 2001, n. 5461). Per cui l’atto impugnato appare immune dal vizio in parola.
In ogni caso deve anche ricordarsi che — come è noto — la comunicazione dell’avvio del procedimento ha finalità sostanziali e non meramente formali, per cui tutte le volte in cui il soggetto interessato abbia conosciuto o abbia potuto conoscere aliunde, senza diretta e personale comunicazione, un determinato atto, o sia stato in condizione di conoscerlo, non si rende necessaria una specifica comunicazione di avvio (Cons. St., IV, 28 febbraio 2002, n. 1219). Tale avviso di avvio del procedimento amministrativo serve, infatti, essenzialmente a consentire al destinatario dell'atto conclusivo la partecipazione alla procedura stessa, mercé la presentazione di difese, deduzioni e documenti, di cui la pubblica Amministrazione deve tener conto in sede istruttoria e nella statuizione finale, per cui detta formalità è superflua quando l’interessato abbia comunque conseguito la conoscenza del procedimento e vi possa partecipare (Cons. St., IV, 9 dicembre 2002, n. 6693).
E nella specie dagli atti si rileva che la Capitaneria aveva da tempo accertato e denunciato l’abuso in questione, per cui la ricorrente era a conoscenza del fatto che l’Amministrazione stava procedendo nei suoi confronti in relazione alla abusiva edificazione del manufatto in questione.
5. - Sempre con il primo motivo, come sopra evidenziato alla lettera c), la ricorrente ipotizza poi che l’atto impugnato sia privo di adeguata motivazione, particolarmente necessaria, a suo dire, in ragione del fatto che erano stati, in realtà, ipotizzati due diversi abusi (la costruzione di un manufatto su un’area demaniale e la costruzione di un manufatto senza autorizzazione su area adiacente il demanio), che richiedono diverse azioni repressive.
Sul punto deve, però, evidenziarsi che gli articoli 54 e 55 del Codice della navigazione prevedono, in realtà, non due, ma un solo procedimento sanzionatorio sia per le opere realizzate abusivamente sul demanio, sia che per le opere realizzate senza autorizzazione entro la fascia di rispetto di trenta metri dal demanio. L’ultimo comma dell’articolo 55, infatti, dispone testualmente che “quando siano abusivamente eseguite nuove opere entro la zona indicata dai primi due commi del presente articolo, l'autorità marittima provvede ai sensi dell'articolo precedente”.
Inoltre, è già stato chiarito che in caso di costruzione di opere edilizie abusive sul suolo del demanio marittimo, se ne può ordinare la demolizione ai sensi dell’articolo 54 c.n., indipendentemente dalla ragione per cui quelle opere sono state eseguite, per cui il provvedimento di demolizione non abbisogna di una specifica motivazione, essendo in merito sufficiente il mero richiamo alle disposizioni in materia violate (Cons. giust. amm. Reg. Sic., 18 novembre 1998, n. 662); ugualmente, è stato anche chiarito che il provvedimento con il quale la Capitaneria di Porto ordina la demolizione di opere realizzate senza la preventiva autorizzazione nella fascia di rispetto confinante con il demanio marittimo non deve necessariamente contenere un’esplicita motivazione in ordine all’interesse pubblico perseguito, in quanto lo stesso legislatore ha già individuato agli articoli 54 e 55 cod. nav. tale interesse, ritenendolo prevalente rispetto a quello dei confinanti col bene demaniale e configurando, proprio per questo, il diritto di questi ultimi con un contenuto meno ampio di diritto di proprietà (Tar Marche, 7 luglio 2000, n. 1147).
6. - La società ricorrente con il secondo motivo, come sopra indicato alla lettera d), sostiene, inoltre, che l’oggetto dell’ordine sarebbe indeterminato, in quanto non sarebbero state adeguatamente indicate le opere realizzate sul demanio e quelle realizzate in violazione dell’articolo 55 del Codice della navigazione.
Anche tale assunto non sembra fondato.
Dall’atto impugnato e dagli atti del procedimento (planimetria del manufatto), versati in giudizio dalla parte resistente, si rileva infatti chiaramente non solo la linea di confine del demanio marittimo, ma anche quali siano le opere abusive da demolire.
7. - Rimane per concludere da esaminare il terzo motivo di ricorso, con il quale la ricorrente, come sopra indicato alla lettera e), si è lamentata del fatto che per la parte realizzata sull’area di proprietà privata il provvedimento di demolizione avrebbe dovuto essere assunto dal Sindaco (terzo motivo).
Anche tale censura è priva di pregio.
Infatti, come già sopra si è avuto modo di ricordare, il predetto articolo 55 del Codice della navigazione dispone testualmente che anche per le opere realizzate senza autorizzazione entro la fascia di rispetto di trenta metri dal demanio “l'autorità marittima provvede ai sensi dell'articolo precedente”, cioè ingiunge al contravventore di rimettere le cose in pristino entro il termine a tal fine stabilito e, in caso di mancata esecuzione dell’ordine, provvede d’ufficio a spese dell’in-teressato (articolo 54).
Nè ovviamente sul punto alcun rilievo possono assumere eventuali atti di sanatoria nel frattempo assunti dal Comune in quanto si tratta, come già detto, di opere abusivamente realizzate sul demanio marittimo e senza le necessarie autorizzazioni dell’Autorità marittima.
8. - Alla luce delle suesposte considerazioni in ricorso in esame deve, pertanto, essere respinto.
Le spese, come di regola, seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
PQM
Il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, Sezione staccata di Pescara, respinge il ricorso specificato in epigrafe.
Condanna la parte ricorrente al pagamento in favore dell’Ammi-nistrazione resistente delle spese e degli onorari di giudizio che liquida nella complessiva somma di € 2.000 (duemila).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del 4 dicembre 2003.
Pubblicata mediante deposito il 15.01.2004