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Milano, 3 ottobre 2003

Le ragioni del 'Giudice delle leggi' sull'incostituzionalità del 'decreto Gasparri'

(Alessandro Radrizzani)

Parole chiave Parole chiave: Territorio | Elettrosmog | Modulistica | Disposizioni trasversali/Aua | Autorizzazioni | Procedure semplificate | Via (Pua-Paur) / Vas | Infrastrutture/Reti | Impianti | Urbanistica | Edilizia

I soggetti interessati alla installazione delle infrastrutture di telecomunicazioni cd. "strategiche" non possono essere "abilitati ad agire in assenza di un atto che identifichi previamente, con il concorso regionale, le opere da realizzare". Così si è espressa la Corte Costituzionale che, con la sentenza 1° ottobre 2003, n. 303, ha dichiarato il Dlgs 198/2002 (cd. "decreto Gasparri") costituzionalmente illegittimo.

 

La sentenza 303/2003 ha sancito l'illegittimità dell'intero Dlgs 198/2002 (recante "Disposizioni volte ad accelerare la realizzazione delle infrastrutture di telecomunicazioni strategiche per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge 21 dicembre 2001, n. 443"), per "eccesso di delega", ed a prescindere dalla sopravvenuta entrata in vigore del Dlgs 259/2003 (recante "Codice delle comunicazioni elettroniche"), che disciplina in parte la stessa materia. Secondo la Corte Costituzionale la legge 443/2001 autorizzava l'adozione di una normativa specifica per le sole infrastrutture puntualmente individuate anno per anno, a mezzo di un programma approvato dal Cipe; i decreti attuativi avrebbero quindi dovuto avere il mero compito di "definire un quadro normativo finalizzato alla celere realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti individuati a mezzo di un programma". Ebbene, conclude la Corte, "di tale programma non vi è alcuna menzione nel decreto impugnato, il quale al contrario prevede che i soggetti interessati alla installazione delle infrastrutture sono abilitati ad agire in assenza di un atto che identifichi previamente, con il concorso regionale, le opere da realizzare e sulla scorta di un mero piano di investimenti delle diverse società concessionarie".

 

La pronuncia della Corte comporta conseguenze non di poco conto: ad esempio, a seguito della sentenza 303/2003 non sarà più consentita l'installazione di stazioni radio base in deroga ai piani regolatori, prevista dall'articolo 3, comma 2 del Dlgs 198/2002 in questione.

La sentenza non si è limitata a dichiarare incostituzionale il Dlgs 198/2002; ha dichiarato anche la illegittimità costituzionale:

— di parte della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (recante "Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive");

— di parte del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190 (recante "Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale").

 

Legge 21 dicembre 2001, n. 443 (cd. "legge Lunardi). La Corte Costituzionale ha rilevato l'illegittimità costituzionale di 2 commi dell'articolo 1: il comma 3 (ultimo periodo) e il comma 3-bis.

In merito all'articolo 1, comma 3, della legge n. 443/2001, la Corte lo ha dichiarato illegittimo nella parte in cui statuisce che "il Governo integra e modifica il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554, in conformità alle previsioni della presente legge e dei decreti legislativi di cui al comma 2". Infatti, secondo la Suprema Corte, non è consentito ai regolamenti governativi adottati in delegificazione di disciplinare materie di competenza regionale, dato che i regolamenti in questione sono "fonti secondarie", non in grado di degradare le disposizioni regionali, di livello superiore. È pur vero, afferma la Corte, che alla legge statale è consentita a certe condizioni, in casi in cui esista un interesse pubblico sì rilevante da portare all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato, "l'organizzazione e la disciplina delle funzioni amministrative" di competenza locale; tuttavia, conclude la Corte "la legge stessa non può spogliarsi della funzione regolativa affidandola a fonti subordinate, neppure predeterminando i principî che orientino l'esercizio della potestà regolamentare, circoscrivendone la discrezionalità". La Corte ha ritenuto fondata anche la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 3-bis, della legge 443/2001, secondo cui "in alternativa alle procedure di approvazione dei progetti preliminari e definitivi, di cui al comma 2, l'approvazione dei progetti definitivi degli interventi individuati nel comma 1 può essere disposta con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Cipe integrato dai presidenti delle Regioni o delle Province autonome interessate, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. Con il predetto decreto sono dichiarate la compatibilità ambientale e la localizzazione urbanistica dell'intervento nonché la pubblica utilità dell'opera; lo stesso decreto sostituisce ogni altro permesso, autorizzazione o approvazione comunque denominati, e consente la realizzazione di tutte le opere ed attività previste nel progetto approvato". Secondo la Corte l'articolo viola gli articoli 117 e 118 della Costituzione, "per il fatto che alle Regioni sarebbe stato riservato un ruolo meramente consultivo nella fase di approvazione dei progetti definitivi delle opere individuate nel programma governativo".

 

Decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190. La Corte Costituzionale ha rilevato l'illegittimità costituzionale di 4 commi dell'articolo 15 (il comma 1, il 2, il 3 ed il 4), e dell'articolo 19 comma 2. In merito ai primi 4 commi dell'articolo 15, la Corte ne ha dedotto l'illegittimità ricollegandosi alla legge 443/2001. Il comma 1 dell'articolo 15 dispone infatti che "il Governo provvede a modificare ed integrare, con le modalità previste dalla legge quadro" (cioè la legge 11 febbraio 1994, n. 109) "il regolamento, nonché gli altri regolamenti emessi ai sensi della medesima legge quadro, con l'emanazione delle ulteriori disposizioni necessarie alla migliore realizzazione delle infrastrutture, assumendo come norme regolatrici il presente decreto legislativo, la legge delega e le normative comunitarie in materia di appalti di lavori, in quanto applicabili.(...)". Ebbene, la legge delega citata è la legge 443/2001, della quale l'articolo 15 è attuativo; i regolamenti che il Governo dovrebbe emanare non possono disciplinare materie di competenza regionale, né quindi modificare atti regionali, di grado superiore. In merito all'articolo 19, comma 2, secondo cui "ai fini delle valutazioni di cui al comma 1, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, è istituita, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, una commissione speciale di valutazione di impatto ambientale, composta da venti membri, oltre il Presidente, scelti tra professori universitari e professionisti particolarmente qualificati in materie progettuali, ambientali, economiche e giuridiche, nonché tra dirigenti della pubblica amministrazione. Con il medesimo decreto sono stabilite le modalità per la durata, l'organizzazione ed il funzionamento dell'organismo. Con successivo decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare annualmente, sono stabiliti i compensi spettanti al Presidente ed ai componenti della commissione, nell'ambito delle risorse di cui al comma 3.", la Corte ne ha sancito l'illegittimità "nella parte in cui, per le infrastrutture e gli insediamenti produttivi strategici per i quali sia stato riconosciuto, in sede di intesa, un concorrente interesse regionale, non prevede che la Commissione speciale Via sia integrata da componenti designati dalle Regioni o Province autonome interessate."

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