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Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Campania 7 maggio 2003, n. 5195

Edilizia ed urbanistica - Piano regolatore generale - Installazione di impianti per la produzione di energia eolica - Previsione di limitazioni assolute sull'intero territorio comunale - Illegittimità

Tar Campania

Sentenza 7 maggio 2003, n. 5195

 

(omissis)

Per l'annullamento

— quanto al ricorso n. 8494/2001:

— del provvedimento datato 25 maggio 2001, prot. n. 2032, avente ad oggetto "istanza per rilascio concessione edilizia legge 10/77 per i lavori di costruzione di una centrale eolica in località S. Angelo-Difesa", con il quale il responsabile del procedimento ha comunicato che "l'istanza non può essere accolta in quanto l'intervento proposto si pone in contrasto con lo strumento urbanistico vigente (P.di F.)";

— quanto al ricorso n. 12350/2001:

1) del provvedimento datato 25 maggio 2001, prot. n. 2032, avente ad oggetto "istanza per rilascio concessione edilizia legge 10/77 per i lavori di costruzione di una centrale eolica in località S. Angelo-Difesa", con il quale il responsabile del procedimento ha comunicato che "l'istanza non può essere accolta in quanto l'intervento proposto si pone in contrasto con lo strumento urbanistico vigente (P.di F.)";

2) della deliberazione n. 20 del 25 luglio 2001 del Consiglio Comunale di Savignano Irpino, con la quale è stato adottato il nuovo piano regolatore generale, nella parte in cui verrebbe preclusa la realizzazione di centrali eoliche in zona agricola e quindi anche sui fondi dei ricorrenti;

3) di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale a quelli impugnati;

— quanto ai motivi aggiunti (al ricorso n. 12350/2001):

1) del provvedimento datato 14 dicembre 2001, prot. n. 5876, con il quale, dopo il riesame effettuato in esecuzione dell'ordinanza di questo Tribunale n. 4754/01, è stata nuovamente respinta la predetta istanza, "in quanto l'intervento proposto si pone in contrasto con lo strumento urbanistico vigente (P.di F.) e con le normative richiamate";

2) ove occorra, della deliberazione del Consiglio Comunale di Savignano Irpino n. 20 del 25 luglio 2001, nella parte in cui prescrive che "nell'intero territorio comunale sono vietate tutte le installazioni capaci di alterarne le caratteristiche e/o la percezione, quali, ad esempio, antenne, pale eoliche, silos di altezza superiore a m. 6";

3) di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale a quelli impugnati;

 

nonché, quanto ad entrambi i ricorsi, per il risarcimento dei danni ex articolo 35 Dlgs n. 80/98 così come sostituito dall'articolo 7 legge n. 205/2000.

(omissis)

 

Fatto

A) Gli odierni ricorrenti, quali proprietari di svariati appezzamenti di terreno in Savignano Irpino, tenuto conto della costante presenza di vento, hanno commissionato ad un tecnico di fiducia uno studio di fattibilità tecnico-economico per la realizzazione di un parco eolico.

Il professionista incaricato, dopo avere effettuato i dovuti rilevamenti ed accertamenti, anche strumentali, ha constatato la piena fattibilità del progetto, proprio in ragione della idoneità del sito proposto.

I ricorrenti, tenuto conto anche della possibilità di far ricorso a fondi strutturali, sia comunitari che nazionali per la realizzazione di parchi eolici, hanno incaricato un esperto in materia al fine di procedere alla redazione di un progetto per la costruzione di una centrale eolica composta da 15 aerogeneratori.

In data 26 marzo 2001, i ricorrenti hanno richiesto al Comune di Savignano Irpino il rilascio della concessione edilizia per la installazione dei 15 aerogeneratori sui propri fondi.

Nella richiesta veniva, tra l'altro, evidenziato che:

— la legge 9 gennaio 1991, n. 10 incentiva lo sviluppo e l'utilizzazione delle fonti rinnovabili di energia, riconoscendo anche carattere di pubblico interesse e di pubblica utilità alle relative opere;

— l'area interessata all'intervento risulta destinata a verde agricolo e, pertanto, non è incompatibile con l'installazione degli aerogeneratori.

Del tutto inaspettatamente, il Comune di Savignano Irpino, con nota del 25 maggio 2001, prot. 2032, a firma del responsabile del procedimento, ha comunicato ai ricorrenti che "l'istanza di che trattasi non può essere accolta in quanto l'intervento proposto si pone in contrasto con lo strumento urbanistico vigente".

Avverso il diniego di concessione edilizia, i ricorrenti hanno proposto ricorso a questo TAR (n. 8494/2001), notificato in data 23 luglio 2001 e depositato il 7 agosto 2001, deducendo i seguenti motivi di illegittimità:

1) violazione di legge per carenza di motivazione;

2) violazione e falsa applicazione del vigente Piano di Fabbricazione e della Lr n. 14/82; eccesso di potere per sviamento,

e chiedendo il risarcimento del danno.

Con ordinanza n. 4754/2001 del 17 ottobre 2001, questa Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione dell'efficacia del diniego di concessione edilizia ai fini del riesame dello stesso.

B) Venuti a conoscenza che il Comune di Savignano Irpino, con deliberazione consiliare n. 20 del 25 luglio 2001, aveva adottato un nuovo strumento urbanistico, con il quale avrebbe precluso tout court la realizzazione di parchi eolici in zona agricola o, comunque, la installazione di tali impianti sui loro fondi, i ricorrenti, con successivo ricorso (n. 12350/2001), notificato in data 14 novembre 2001 e depositato il 10 dicembre 2001, hanno quindi impugnato tale deliberazione per i seguenti motivi:

1) eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria; contraddittorietà; manifesta irragionevolezza e sviamento; illegittimità;

2) violazione e falsa applicazione dell'articolo 13 legge n. 64/74; illegittimità;

3) violazione e falsa applicazione degli articoli 126 e 134 Dlgs n. 267/2000; illegittimità,

chiedendo il risarcimento del danno ingiusto arrecato dalla Amministrazione agli stessi ricorrenti.

C) Con motivi aggiunti, notificati il 20 febbraio 2002 e depositati il 1° marzo 2002, i ricorrenti impugnavano, poi, il provvedimento di riesame datato 14 dicembre 2001, prot. n. 5876, con il quale è stata nuovamente respinta la domanda in questione "in quanto l'intervento proposto si pone in contrasto con lo strumento urbanistico vigente (P.di F.) e con le normative richiamate", nonché "ove occorra" la suddetta deliberazione del Consiglio Comunale di Savignano Irpino n. 20 del 25 luglio 2001, chiedendone l'annullamento con risarcimento del danno ingiusto, previa sospensiva e col favore delle spese.

Deducevano i ricorrenti i seguenti profili di illegittimità:

— violazione e falsa applicazione dell'articolo 9 Costituzione; violazione e falsa applicazione dell'articolo 7 della legge n. 1150/42; eccesso di potere per difetto di istruttoria, per difetto di motivazione e per sviamento.

D) In ordine ad entrambi i ricorsi, si costituiva in giudizio l'Amministrazione intimata, deducendo l'infondatezza degli stessi e chiedendone il rigetto.

Alla Camera di consiglio del 5 febbraio 2002 l'esame delle domande incidentali di sospensione dell'esecuzione degli atti impugnati veniva rinviato alla trattazione di merito dei ricorsi.

Con ordinanza collegiale n. 6881 del 5 novembre 2002, veniva disposta l'acquisizione del suddetto provvedimento di riesame 14 dicembre 2001.

Alla pubblica udienza del 5 febbraio 2003, su richiesta delle parti, le cause venivano assunte in decisione dal Collegio.

 

Diritto

1.— Preliminarmente, ritenuta la connessione soggettiva ed oggettiva dei due ricorsi in esame, gli stessi possono essere riuniti e decisi con unica pronuncia.

2.-Il primo ricorso (n. 8494/2001) — quanto alla impugnativa del provvedimento n. 2032 del 25 maggio 2001 — va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Ed invero, a seguito dell'ordinanza n. 4754 del 17 ottobre 2001 con la quale questa Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione dell'efficacia del diniego di concessione edilizia ai fini del riesame della istanza alla luce dei motivi del ricorso e dei documenti allegati, è venuto meno l'interesse dei ricorrenti all'annullamento dell'originario atto di diniego (n. 2032 del 25 maggio 2001) in considerazione della emanazione, ad opera del Comune di Savignano Irpino, di un nuovo provvedimento di rigetto (n. 5876 del 14 dicembre 2001) che è venuto a sostituire il precedente e sul quale, ora, si incentra l'interesse azionato dagli stessi con il ricorso per motivi aggiunti.

3.-Per lo stesso motivo, deve ritenersi improcedibile il secondo ricorso in esame (n. 12350/2001) relativamente alla impugnazione del suddetto provvedimento n. 2032 del 25 maggio 2001.

4.— Quanto all'impugnazione del provvedimento in data 14 dicembre 2001, prot. n. 5876, secondo cui l'intervento proposto, consistente nella realizzazione di una centrale eolica in località S. Angelo-Difesa, "si pone in contrasto con lo strumento urbanistico vigente (P.di F.) e con le normative richiamate", e della deliberazione consiliare n. 20 del 25 luglio 2001, nella parte in cui prescrive che "per garantire la tutela dei valori paesaggistici di Savignano Irpino — fortemente caratterizzato dalle ondulazioni costituenti la transizione tra i rilievi appenninici e la piana pugliese — nell'intero territorio comunale sono vietate tutte le installazioni capaci di alterare le caratteristiche e/o la percezione, quali, ad esempio, antenne, pale eoliche, silos di altezza superiore a mt. 6" — (deliberazione oggetto sia del ricorso n. 12350/2001 che dei relativi motivi aggiunti), le stesse si appalesano fondate sotto l'assorbente profilo di censura con il quale si deduce l'eccesso di potere per difetto di istruttoria, la contraddittorietà, la manifesta irragionevolezza e lo sviamento.

Il problema che si pone alla attenzione del Collegio, in particolare, concerne la possibilità, in capo al Comune e per il tramite dello strumento urbanistico del Piano Regolatore Generale, di vietare la posa in opera, sull'intero territorio comunale, di "tutte le installazioni capaci di alterare le caratteristiche e/o la percezione, quali, ad esempio, antenne, pale eoliche, silos di altezza superiore a mt. 6", impedendo, in tal modo, lo stesso esercizio di attività di pubblico interesse quale è quella della produzione di energia alternativa.

Al riguardo, è opportuno sottolineare come la legge 9 gennaio 1991, n. 10 (citata dai ricorrenti), nel dichiarato intento di "migliorare i processi di trasformazione dell'energia", ponga norme che "favoriscono ed incentivano, in accordo con la politica energetica della Comunità economica europea", fra l'altro, "l'utilizzazione delle fonti rinnovabili di energia", includendo fra queste "il vento", con la precisazione che tale utilizzazione "è considerata di pubblico interesse e di pubblica utilità e le opere relative sono equiparate alle opere dichiarate indifferibili e urgenti ai fini dell'applicazione delle leggi sulle opere pubbliche" (articolo 1, comma 4).

In ordine alla realizzazione di impianti eolici, in data 3 luglio 1999 è stato stipulato un "Accordo di programma" tra il Ministero dell'Industria, il Ministero dell'Interno ed i rappresentanti degli Enti locali, al fine di contenere i fenomeni di inquinamento ambientale, con particolare riferimento alle emissioni di gas serra.

Con riferimento alla disciplina di livello comunitario, appare sempre più rilevante la materia delle fonti di energia alternativa.

Ed invero, con la direttiva 2001/77/Ce del 27 settembre 2001, si è stabilito che "Gli Stati membri adottano misure appropriate atte a promuovere l'aumento del consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili perseguendo gli obiettivi indicativi nazionali di cui al paragrafo 2. Tali misure devono essere proporzionate all'obiettivo. Entro il 27 ottobre 2002, e successivamente ogni cinque anni, gli Stati membri adottano e pubblicano una relazione che stabilisce per i dieci anni successivi gli obiettivi indicativi nazionali di consumo futuro di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili in termini di percentuale del consumo di elettricità. Tale relazione delinea inoltre le misure adottate o previste a livello nazionale per conseguire tali obiettivi (…). Gli Stati membri pubblicano, per la prima volta entro il 27 ottobre 2003, e successivamente ogni due anni, una relazione che contiene un'analisi del raggiungimento degli obiettivi indicativi nazionali tenendo conto, in particolare, dei fattori climatici che potrebbero condizionare tale realizzazione, e che indica il grado di coerenza tra le misure adottate e gli impegni nazionali sui cambiamenti climatici.

Sulla base delle relazioni degli Stati membri di cui ai paragrafi 2 e 3 la Commissione valuta in quale misura:

— gli Stati membri hanno progredito verso i rispettivi obiettivi indicativi nazionali;

— gli obiettivi indicativi nazionali sono compatibili con l'obiettivo indicativo globale del 12% del consumo interno lordo di energia entro il 2010 e in particolare con una quota indicativa del 22,1% di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili sul consumo totale di elettricità della Comunità entro il 2010" (articolo 3).

Va, ancora, evidenziato che, con legge 1 giugno 2002, n. 120, è stato ratificato il protocollo di Kyoto del 1997 che, per l'Italia, prevede una riduzione del 6,5% nell'emissione di "gas serra" entro il 2012; e tale obiettivo può essere raggiunto, come più volte rappresentato dalla più avveduta letteratura scientifica, solo attraverso un notevole impegno su più fronti, come quelli del risparmio energetico, della riduzione e razionalizzazione dei trasporti e della realizzazione di vere e proprie "centrali energetiche". E ciò richiede una opportuna pianificazione sullo sviluppo dell'energia rinnovabile (comprendente anche il potenziale dell' "energia pulita" costituita dall'energia elettrica prodotta mediante aerogeneratori) che tenga conto, in un compiuto ed equilibrato bilanciamento dei molteplici interessi pubblici coinvolti, delle esigenze di mercato e delle diverse vocazioni ambientali, sociali ed economiche del territorio.

Appare evidente, pertanto, come ad ogni livello, venga data particolare importanza alle fonti rinnovabili di energia e, tra queste, alle risorse provenienti dall'utilizzo dell'energia eolica considerata come opportunità strategica capace di coniugare la produzione di energia elettrica a emissione zero di inquinanti con la possibilità di uno sviluppo sostenibile ed eco-compatibile, potendo contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra.

Orbene, come fondatamente dedotto dai ricorrenti, sembra al Collegio che il Comune, le cui scelte effettuate nell'adozione del Prg costituiscono "apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, a meno che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità" (Cons. Stato, sez. IV, 22 maggio 2000, n. 2943; 6 febbraio 2002, n. 664), non possa spingere la propria discrezionalità sino alla imposizione di limitazioni assolute sull'intero territorio comunale, come si è verificato nel caso di specie relativamente agli impianti eolici.

Sotto un profilo generale, osserva il Collegio che il Comune, pur nell'ambito dell'ampia discrezionalità di cui gode nello svolgimento dell'attività di regolamentazione del proprio territorio attraverso l'adozione degli strumenti urbanistici generali, sia pur sempre tenuto ad esercitare il proprio potere in modo da bilanciare i diversi interessi posti alla sua attenzione ed in maniera da evidenziare le ragioni poste a fondamento delle scelte operate.

In fattispecie analoga alla presente, recentemente questo Tribunale ha ritenuto di richiamare il principio di proporzionalità per statuire che il provvedimento sindacale di diniego del nulla osta per l'autorizzazione paesaggistica ai sensi dell'articolo 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 e della legge 8 agosto 1985, n. 431, per la realizzazione di lavori per il collegamento alla esistente rete nazionale di trasmissione degli impianti di produzione di energia eolica deve indicare le ragioni ostative al rilascio della autorizzazione, al fine di eliminare la sproporzione tra tutela dei vincoli e la finalità di pubblico interesse sotteso alla produzione ed utilizzazione dell'energia elettrica, per cui deve ritenersi illegittimo il rigetto dell'istanza motivato solo dall'assenza, nell'intervento proposto, di misure di salvaguardia di non precisati valori ambientali, paesistici, architettonici e monumentali (Tar Campania — Napoli, sez. I, 22 giugno 2001 n. 2883).

E se è vero che la destinazione a zona agricola possiede anche una valenza conservativa dei valori naturalistici (Consiglio di Stato, sez. IV, 21 luglio 2000, n. 4076; Tar Lombardia-Brescia n. 696 del 21 agosto 2001: "La destinazione di un'area a zona agricola non dipende necessariamente dalla relativa « vocazione », ben potendo dipendere dalla scelta discrezionale, motivata sul piano generale, di orientare gli insediamenti urbani e produttivi in determinate direzioni, ovvero di salvaguardare precisi equilibri dell'assetto territoriale"), è pur vero che "la previsione dello strumento urbanistico di destinazione a verde agricolo non deve necessariamente rispondere a interessi dell'agricoltura, ben potendo essere imposta per soddisfare l'esigenza di impedire in determinate zone un' ulteriore edificazione, anche a fini di tutela ambientale" (Cons. Stato, sez. V, 20 dicembre 2001, n. 6327), senza tuttavia impedire l'installazione di impianti idroelettrici (T.S.A.P. 28 ottobre 2002, n. 137).

In tale ambito, non potrebbe essere tacciata di illegittimità una norma di Prg che, motivando in ordine alla tutela dei valori ambientali, territoriali o paesistici, impedisse non solo la edificabilità del suolo ma anche la destinazione industriale in una determinata zona.

La possibilità di interventi industriali nell'ambito di zone agricole deve, infatti, ritenersi limitata, da un lato, dalla quantità ed estensione degli stessi e, dall'altro, dal rispetto di vincoli specifici imposti discrezionalmente dallo stesso piano regolatore.

Posto, quindi, che la scelta dell'Amministrazione di impedire la edificazione e la installazione di strumenti atti all'esercizio di attività anche di carattere industriale in una determinata zona deve essere adeguatamente motivata (cfr. Tar Brescia n. 2 del 12 gennaio 2001), occorre tuttavia chiedersi se tale destinazione possa essere imposta non già rispetto ad una particolare area quanto piuttosto con riferimento all'intero territorio comunale.

Non si tratta, invero, di valutare la possibile coesistenza della destinazione agricola del bene con lo svolgimento di una attività eventualmente definibile in termini di industrialità. Come già rilevato, infatti, la destinazione agricola dell'area non appare di per sé impeditiva della possibilità dell'esercizio di attività definibili in termini di industrialità (Tar Brescia n. 273 del 5 aprile 2000 "La destinazione ad area agricola del terreno interessato non è sufficiente a giustificare il diniego di autorizzazione all'esercizio di una discarica per rifiuti solidi urbani, giacché la classificazione di area come agricola non impone un obbligo di utilizzazione effettiva in tal senso e consente, di regola, interventi edilizi di vario genere, sicché, nell'ambito e nei limiti delle prescrizioni di zona e salve diverse previsioni normative, può risultare non incompatibile la realizzazione di un impianto di discarica, che, per ovvie ragioni, non può che essere ubicato in aperta campagna e quindi in zona agricola, dove il piano regolatore generale non preveda apposite localizzazioni. È illegittimo il diniego di autorizzazione alla realizzazione di un impianto di compostaggio di rifiuti vegetali nel caso in cui la Regione non ha esplicitato quali aspetti negativi, tra quelli rimarcati dagli Enti locali presenti in sede di conferenza di servizi e dalla stessa condivisi, non avrebbero potuto essere corretti mediante opportune prescrizioni imposte alla richiedente sotto forma di condizioni").

Ora, occorre rilevare come, nella fattispecie oggetto della presente controversia, l'impedimento alla installazione delle apparecchiature non si riferisca ad una determinata zona qualificata come agricola, quanto piuttosto all'intero territorio in vista della tutela della "qualità del paesaggio urbano e rurale" (articolo 92 Prg).

Ritiene il Collegio che la possibilità per il Comune di disporre un divieto di carattere generale rispetto a tutte le installazioni in grado di alterare le caratteristiche dei luoghi sia da escludere non solo in relazione alle specifiche finalità del Piano Regolatore Generale (Cons. Stato, Ad. Plen. n. 24 del 22 dicembre 1999 "I Comuni sono tenuti, ai sensi dell'articolo 41 quinquies, comma 8 della legge 17 agosto 1942 n. 1150, come modificato dall'articolo 17 della legge 6 agosto 1967 n. 765, e del Dm 2 aprile 1968, ad assicurare ai cittadini rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti, residenziali e produttivi, e spazi pubblici o destinati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi: dunque, livelli di vita qualitativamente accettabili"), ma anche rispetto al bilanciamento di interessi tutelati dai principi generali dell'ordinamento e desumibili in via principale dalla Carta Costituzionale.

Sotto il primo profilo, infatti, se da un lato rientra anche nella sfera di competenza dei Comuni la tutela dei valori connessi all'ambiente ed al paesaggio (Tar Brescia n. 49 del 5 febbraio 2001 "Non solo allo Stato, ma anche autonomamente al Comune, nell'ambito dei poteri di governo compiuto del territorio, esercitabili in sede di approvazione del piano regolatore generale, deve essere riconosciuta la competenza a tutelare gli interessi ambientali e paesistici"; successivamente alla riforma del Titolo V Cost., sulla ampiezza della definizione del "valore" ambiente anche in relazione alle distinte sfere di competenza si veda Corte Cost. n. 407 del 26 luglio 2002 "Non tutti gli ambiti materiali specificati nel comma 2 dell'articolo 117 Cost. possono configurarsi, in quanto tali, come materie in senso stretto, poiché in alcuni casi si tratta più esattamente di competenze del legislatore statale idonee ad investire una pluralità di materie. La cd. materia della tutela ambientale indicata nell'articolo 117, comma 2 lettera s) Cost., non può essere considerata come sfera di competenze statali rigorosamente circoscritta e delimitata, giacchè, al contrario, essa investe e si intreccia inestricabilmente con altri interessi e posto che l'ambiente costituisce un 'valore' costituzionalmente protetto delineante una sorta di materia di carattere trasversale, in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, anche regionali, spettando allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme su tutto il territorio nazionale), dall'altro deve ritenersi che tale tutela si inserisca nell'ambito dei poteri e dei limiti insiti nello strumento urbanistico che deve ritenersi volto alla disciplina della suddivisione del territorio in zone in grado di garantire il contemperamento delle diverse esigenze radicate all'interno dell'ente territoriale stesso.

Il Comune, quindi, nell'ambito dello svolgimento dell'attività pianificatoria connessa allo strumento urbanistico, deve necessariamente farsi carico di valutare le diverse possibili localizzazioni anche di impianti (e, comunque, di non vietarne, in assoluto, la realizzazione), all'evidente scopo di non frustrare del tutto le aspettative dei soggetti privati connesse allo svolgimento di attività imprenditoriali ed industriali che, per altro verso, trovano nell'ordinamento tutela e, nel caso degli impianti eolici, addirittura incentivi finanziari pubblici.

D'altra parte, passando al secondo dei rilevati profili, il bilanciamento di interessi aventi rilevanza costituzionale e comunitaria deve condurre l'Amministrazione ad una adeguata considerazione degli stessi in vista del perseguimento degli obiettivi connessi alla pianificazione del territorio comunale, con scelte coerenti con i criteri d'ordine tecnico urbanistico stabiliti per la formazione del piano regolatore (cfr. Tar Abruzzo — L'Aquila — 20 novembre 2001, n. 679, ove viene ribadito che la destinazione agricola di una zona significa che la zona stessa non può essere destinata ad insediamento abitativo residenziale, ma tale destinazione non preclude l'installazione di opere che nulla hanno a vedere con la localizzazione della residenza della popolazione, specie poi se si tratta di opere che non possono essere allocate nelle zone residenziali).

Non v'è dubbio, infatti, che, se da un lato, agli Enti locali è consentito di integrare la tutela dell'ambiente e del paesaggio attraverso lo strumento del Piano Regolatore Generale (Tar Lazio n. 7238 del 7 settembre 2001 "Il Comune può disciplinare il proprio territorio in chiave urbanistica anche in vista della tutela di valori paesaggistici, in quanto rientra, fra gli interessi pubblici suscettibili di essere presi in particolare considerazione in sede di pianificazione generale, anche quello che attiene alla tutela ambientale, con la conseguenza che il piano regolatore ben può introdurre vincoli diretti alla tutela del paesaggio ancorché siano stati già adottati i provvedimenti di cui alla legge 29 giugno 1939 n. 1497 nonché, se del caso, un regime più restrittivo di quello previsto da questi ultimi strumenti, aggiungendo nuove ed ulteriori limitazioni in quanto le previsioni dei piani sovraordinati o settoriali danno vita per la pianificazione urbanistica generale soltanto a limiti minimi inderogabili"), tuttavia, agli stessi non è consentita una totale sostituzione nella tutela di tali valori per il tramite di strumenti, quali il Prg, non idonei al raggiungimento degli scopi normativamente previsti.

E poiché, nel caso in esame, gli impianti in questione (comportanti una notevole spesa), per loro natura, non possono essere allocati nelle zone residenziali, dovendosi, anzi, necessariamente realizzare in aperta campagna, il Comune avrebbe dovuto bilanciare gli interessi sottesi all'ambiente ed al paesaggio con quelli concernenti lo sfruttamento energetico in via alternativa, prevedendo semmai opportune misure di mitigazione dell'impatto ambientale anche attraverso "linee guida" relative alla localizzazione degli impianti ed alle caratteristiche tecniche degli aerogeneratori nonché ad interventi di ripristino ambientale, atteso che tutte le opere, anche quelle la cui realizzazione è ope legis consentita in zona a destinazione agricola, sono visibili e non per questo deturpanti, per cui l'Amministrazione non avrebbe potuto sottrarsi dall'effettuare un "responsabile bilanciamento tra costi e benefici" (cfr. Tar Basilicata, 21 giugno 2001, n. 658), al fine, appunto, di eliminare sproporzioni fra la tutela dei vincoli e la finalità di pubblico interesse sotteso alla produzione ed utilizzazione dell'energia elettrica, rientrante, come già posto in risalto, nei servizi di pubblica utilità ed il cui potenziamento costituisce obiettivo specifico dell'amministrazione di settore.

Assorbito quant'altro, il ricorso n. 12350/2001 ed i relativi motivi aggiunti vanno accolti, con conseguente annullamento — per quanto di ragione — degli atti con gli stessi impugnati (delibera n. 20 del 25 luglio 2001 e provvedimento n. 5876 del 14 dicembre 2001).

5.-In ordine, poi, alla richiesta di risarcimento dei danni che i ricorrenti sostengono di avere subito a seguito dell'illegittimo comportamento del Comune resistente, rileva il Collegio la infondatezza della domanda avanzata in entrambi i ricorsi all'esame.

Il risarcimento dei danni derivanti da lesione di interessi legittimi presuppone, infatti: a) la ricostruzione del nesso causale tra atto annullato e danno; b) la ragionevole quantificabilità del danno; c) l'enucleazione di un elemento di colpa che emerge in quanto l'errore commesso dall'apparato amministrativo non sia scusabile, tenuto anche conto del contesto in cui si è sviluppata l'azione amministrativa e che oltre alla declaratoria giurisdizionale della illegittimità dell'atto amministrativo appare altresì necessaria una puntuale e ragionevole dimostrazione del rapporto di causa ed effetto che si instaura tra atto illegittimo e danno ed una plausibile quantificazione di quest'ultimo.

Al riguardo, la giurisprudenza ha avuto modo di affermare che "Nel giudizio amministrativo, la declaratoria giurisdizionale della illegittimità di un atto amministrativo non costituisce un elemento sul quale la parte interessata può innestare una domanda di risarcimento del danno, senza dare puntuale e ragionevole dimostrazione del rapporto di causa ed effetto che si instaura tra atto illegittimo e danno, senza fornire una sua plausibile quantificazione e, quindi, senza cercare di ricostruire gli elementi che configurano un comportamento colpevole di tale gravità, tenuto anche conto del contesto in cui si sviluppa l'azione amministrativa, da rendere risarcibile il danno proprio in quanto sussiste la colpa dalla pubblica amministrazione, sul piano della violazione delle regole di normale diligenza e perizia amministrativa (fra le tante, Cons. Stato, sez. V, 11 luglio 2001, n. 3863, 18 novembre 2002, n. 6393; sez. VI, 18 dicembre 2001, n. 6281)").

Nella odierna fattispecie ritiene il Collegio che non possano ritenersi integrati tutti i requisiti necessari a configurare la responsabilità dell'Amministrazione intimata.

Se, infatti, potrebbe ravvisarsi la teorica sussistenza sia di un danno derivante soprattutto dai mancati profitti realizzabili a seguito della installazione della centrale, sia del nesso causale tra lo stesso danno e l'atto annullato, tuttavia appare mancare il profilo soggettivo della colpa o del dolo, non solo poiché il comportamento della Amministrazione appare diretto, seppure illegittimamente nel caso concreto, alla realizzazione di un programma volto alla tutela del territorio dell'ente minore, ma anche in considerazione dei seguenti profili: a) la astratta possibilità che l'azione comunale incida sulla tutela ambientale e paesistica (seppure con le limitazioni che hanno reso, nel caso concreto, gli impugnati atti illegittimi) ; b) la complessa incidenza di interessi costituzionalmente rilevanti (ambiente, paesaggio, iniziativa economica privata); c) la assenza di normativa specifica di riferimento; d) la novità e rilevanza degli interessi posti alla attenzione della Amministrazione.

Va, inoltre, rilevato come l'annullamento degli atti impugnati non implichi il riconoscimento vincolato ed automatico dello jus aedificandi in capo ai ricorrenti, dal momento che, come sopra esposto, resta demandato al potere discrezionale del Comune di Savignano Irpino di adeguatamente regolamentare l'uso del proprio territorio ai fini dell'installazione delle centrali eoliche e conseguentemente di adottare ogni definitiva determinazione sull'istanza dei ricorrenti medesimi, il cui esito non appare prevedibile con ragionevole certezza.

Risultando, quindi, l'apprezzamento riservato all'Amministrazione caratterizzato da valutazioni discrezionali, deve reputarsi preclusa al Giudice la delibazione della spettanza del bene della vita correlato all'interesse pretensivo leso, verificandosi, altrimenti, un'inammissibile sostituzione dell'organo giudiziario a quello amministrativo, per legge unicamente competente a compiere quella valutazione (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 14 gennaio 2003, n. 87). Conseguentemente, poiché detto annullamento non esclude, ed anzi consente il riesercizio del potere, la domanda di risarcimento del danno non può essere valutata se non all'esito del nuovo esercizio del potere (in tal senso, Cons. Stato, sez. VI, 4 settembre 2002, n. 4435; Tar Marche 9 maggio 2002, n. 363, secondo cui la domanda di risarcimento del danno per illegittimità del diniego di concessione edilizia non è ammissibile nel caso in cui non si abbia la certezza che il provvedimento autorizzatorio debba essere rilasciato).

6.-Le spese, in considerazione dell'esito dei giudizi, possono essere compensate per intero tra le parti.

 

PQM

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Quarta, così decide:

1)riunisce i due ricorsi in epigrafe indicati;

2) dichiara improcedibile il ricorso n. 8494/2001 quanto alla impugnazione del provvedimento n. 2032 del 25 maggio 2001; lo rigetta in ordine alla richiesta di risarcimento dei danni;

3) dichiara improcedibile il ricorso n. 12350/2001 con riferimento alla impugnazione del provvedimento n. 2032 del 25 maggio 2001;

4) accoglie il ricorso n. 12350/2001 ed i motivi aggiunti con riferimento alla impugnazione della delibera n. 20 del 25 luglio 2001 e del provv. n. 5876 del 14 dicembre 2001 e per l'effetto annulla i provvedimenti impugnati nei limiti della proposta impugnativa;

5) respinge il ricorso n. 12350/2001 ed i relativi motivi aggiunti in merito alla richiesta di risarcimento dei danni;

6) dispone la compensazione delle spese tra le parti;

7) ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Napoli nelle Camere di consiglio del 5 febbraio 2003 e del 5 marzo 2003, con l'intervento dei Signori Magistrati:

(omissis)

Depositata in segreteria in data 7 maggio 2003.

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