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Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Veneto 18 luglio 2002, n. 3491

Piano regolatore generale - adozione - Destinazione di una zona a verde agricolo - Presupposti - Vocazione agricola del terreno o sua utilizzazione per colture tipiche - Non occorre

Tar Veneto

Sentenza 18 luglio 2002, n. 3491

 

(omissis)

per l'annullamento della delibera del Consiglio comunale di Cison di Valmarino del 2 marzo 1992 n. 12 avente ad oggetto l'adozione del nuovo PRG e della delibera della Giunta Regionale n. 3670 del 30 luglio 1993 di approvazione con modifiche d'ufficio dello stesso PRG

 

(omissis)

Fatto

La ricorrente è comproprietaria, con la madre e le sorelle, di un appezzamento di terreno sito in zona adiacente al centro del Comune di Cison di Valmarino, dell'estensione di mq. 6208.

Tale area si trova in zona che il previgente programma di fabbricazione classificava "zona residenziale esterna" edificabile secondo un indice di fabbricabilità di mc 1,5/mq.

1. Attesa tale destinazione, nel 1981, la ricorrente, aveva presentato al Comune un progetto per l'edificazione del lotto, che a suo tempo venne approvato; l'attuazione dell'iniziativa edilizia venne però rinviata e l'area è rimasta sino ad oggi inedificata.

Avendo deciso di realizzare il progetto di allora, la ricorrente si è attivata in tal senso ma ha appreso che il terreno non è più edificabile, avendo il Comune adottato un nuovo piano urbanistico generale che classifica la sua proprietà come "area agricola", inserendola tra le "zone territoriali omogenee E 1"; il piano è stato infine approvato dalla Regione Veneto con delibera di n. 3670 del 30 luglio 1993.

La diversa classificazione attribuita al terreno non corrisponde, sostiene la ricorrente, né alla sua destinazione di fatto, nè alle qualità intrinseche ed estrinseche dello stesso: si tratta infatti di lotto di piccola dimensione (mq.6.208) vicino al centro del paese, compreso tra due strade comunali di primaria importanza, attorniato da aree edificate su ben tre lati e tale, per le qualità oggettive indicate, da risultare essenzialmente vocato all'edificazione e non già alla coltivazione.

Ritenendo quindi illegittimi e gravemente pregiudizievoli gli atti in epigrafe la ricorrente li impugna e ne chiede l'annullamento con vittoria di spese per i seguenti motivi:

1) 2) violazione dell'articolo 17 commi 8° e 9° della legge n. 765/1967; dell'articolo 2 del Dm 2 aprile 1968 n. 1444; dell'articolo 31 della Lr n. 61/1985; violazione dell'articolo 97 Cost. per manifesta irragionevolezza, eccesso di potere per difetto di motivazione.

Si sostiene che la pianificazione urbanistica generale, pur se soggetta a criteri di scelta ampiamente discrezionali, deve comunque rispondere ad esigenze obiettive della collettività; che nella specie l'amministrazione non ha valutato correttamente né la situazione di fatto né gli interessi privati coinvolti dalla scelta di rendere inedificabile la proprietà della ricorrente; che tale scelta si pone in contraddizione con precedenti valutazioni espresse dalla stessa amministrazione in assenza di mutamenti di fatto idonei a giustificare il mutamento di indirizzo; che il nuovo piano regolatore del Comune di Cison di Valmarino destina infatti a verde agricolo un terreno al quale con precedente strumento di pianificazione erano state riconosciute le qualità edificatorie, includendo il terreno tra quelli a "produzione agricola tipica e specializzata" senza considerare minimamente la sua destinazione di fatto né le sue caratteristiche intrinseche; che l'area costituisce un'enclave e non presenta alcun rapporto di contiguità con la residua zona agricola, cui è destinata la parte di territorio esterna al nucleo centrale dell'abitato, e dunque costituisce soluzione immotivata ed incongruente rispetto alla funzione di pubblica utilità a cui dovrebbe essere preordinata".

3) 4) violazione dell'articolo 97 Cost. per manifesta irragionevolezza ed illogicità, eccesso di potere per ingiustizia grave e manifesta.

Si sostiene che neanche la relazione illustrativa del nuovo PRG del Comune di Cison di Valmarino offre alcuna spiegazione specifica in merito alla mutata destinazione dell'area in oggetto, giacchè essa contiene solo annotazioni generiche sul sovradimensionamento dello strumento urbanistico e sullo spreco del territorio; che la destinazione agricola attribuita alla sua proprietà si pone in contraddizione con le affermazioni di principio enunciate, proprio in considerazione "della sua vicinanza al centro maggiore, del grado di urbanizzazione che la circonda, e della viabilità"; che parimenti generica è l'osservazione sul calo di popolazione e di attività così come l'analisi sul fabbisogno presunto di aree ai fini abitativi che porta alla previsione di un fabbisogno in termini volumetrici pari a mc. 144.375; che pertanto il cambiamento di destinazione dell'area della ricorrente non risponde alla necessità di contenere lo sviluppo edilizio nè risponde alla necessità di "contenimento delle aree di espansione" considerato che il terreno non può considerarsi propriamente come area di espansione; che, di contro, un'area assai vicina a quella della proprietà (...), sita in zona sopraelevata, alle pendici della collina ove è situato il famoso Castello Brandolini di Cison di Valmarino, e di assai maggior pregio sotto il profilo ambientale e paesaggistico è stata destinata all'edificabilità dall'attuale Piano Regolatore, che la classifica tra le "zone residenziali di espansione parzialmente edificate"; che le variazioni apportate dal nuovo strumento urbanistico alle due proprietà danno la chiara impressione di una vera e propria traslazione di cubatura da un terreno all'altro dimostrando la falsità dell'argomento relativo alla necessità. di contenere il dimensionamento delle aree edificabili.

5) 6) violazione dell'articolo 31 della Lr n. 61/1985, dell'articolo 11 della Lr n. 24/85 e dell'articolo 41 delle n.t.a. del PRG; eccesso di potere per illogicità manifesta.

Si sostiene che l'articolo31 della Lr n.61 prevede che il Piano Regolatore Generale individui "come zone territoriali omogenee di tipo E le zone a prevalente destinazione agricola e forestale", la cui tutela ed edificabilità è disciplinata"dalla Lr 5 marzo 1985, n.24; che quest'ultima, all'articolo 11, prevede a sua volta che nella formazione dei nuovi piani regolatori generali, i Comuni tutelano le parti di territorio a vocazione produttiva agricola suddividendole in sottozone; che l'area di proprietà della ricorrente è stata classificata E 1) dal piano impugnato, laddove sono tali in base alle NTA solo "le zone che per la natura del suolo, tipicità della produzione, qualità delle infrastrutture esistenti, sono da porre sotto la massima tutela"; che non è dato comprendere quale metodo di analisi abbia indotto l'amministrazione ad includere la proprietà (...) tra le aree agricole E 1, posto che la stessa non è interessata da alcuna produzione agricola, nè tipica nè specializzata; che le infrastrutture esistenti, di urbanizzazione primaria e secondaria conferiscono all'area in questione sicuramente la qualità della edificabilità, e non già quella agricola.

L'amministrazione intimata resiste al ricorso, controdeduce su tutti i motivi e ne chiede la reiezione con vittoria di spese.

All'udienza pubblica del 29 novembre 2001, previa audizione dei difensori delle parti, la causa è passata in decisione.

 

Diritto

Con i primi due motivi di gravame la ricorrente si duole dell'illogicità della destinazione a zona agricola attribuita all'area per cui è causa, in precedenza inserita nella cd. area residenziale esterna, per l'evidente incongruità con lo stato di fatto del terreno, che per le sue caratteristiche, la ridotta dimensione e l'ubicazione nel nucleo centrale dell'abitato sarebbe manifestamente inidoneo a soddisfare le esigenze dell'agricoltura.

 

La censura non è fondata.

La circostanza che nel previgente piano di fabbricazione il lotto di terreno in questione fosse inserito nella "zona residenziale esterna" e, in quanto tale suscettibile di sfruttamento edilizio, non è di per sè decisiva: ciò che rileva è che quel terreno, pur dopo l'approvazione di un piano di lottizzazione risalente all'anno 1981, è rimasto inedificato per oltre un decennio e tale era ancora all'atto dell'approvazione del nuovo PRG.

E poiché, con scelta ampiamente discrezionale, l'amministrazione ha stabilito che tra gli indirizzi programmatici del nuovo PRG vi fosse quello di contenere ogni ulteriore forma di espansione dell'edificazione che non fosse di mero riordino dell'esistente, a causa dello scarso sviluppo demografico ed economico del paese, l'area di proprietà della ricorrente ha subìto una trasformazione inversa, da residenziale ad agricola, che è giustificata dalla sua condizione di fatto e dalla scelta di pianificazione generale operata dal nuovo strumento urbanistico.

Il Collegio non ritiene, infatti, di poter condividere l'assunto che tale scelta sia manifestamente irragionevole giacchè "attesa l'ubicazione dell'area in oggetto, l'inserimento della stessa in un contesto edificatorio di natura residenziale e l'esistenza di tutte le opere di urbanizzazione sarebbe stato più logico e coerente mantenere la destinazione urbanistica prevista dal previgente piano di fabbricazione".

In realtà è evidente che la censura impinge nel merito di scelte amministrative ampiamente discrezionali, in quanto l'area in questione è tale, oggettivamente, da poter essere considerata edificabile o agricola in funzione delle scelte di pianificazione generale e degli obiettivi di maggiore o minore espansione delle aree edificabili previste nello strumento generale: il terreno, infatti, non è collocato all'interno del centro storico di Cison, come si sostiene nel ricorso, ma è periferico e limitrofo all'adiacente frazione di Campomulino, rispetto alla quale si pone come zona intermedia non edificata, mentre, per quanto attiene alla cd. modestissima dimensione del lotto, occorre dire che si tratta di un fondo di più di mezzo ettaro (mq. 6208) che confrontato con l'ampiezza dei fondi limitrofi e con la complessiva configurazione assai parcellizzata del territorio comunale, costituisce un terreno di rispettabili dimensioni.

Ne consegue che, come sostiene l'amministrazione comunale intimata, non sussiste, avuto riguardo alla natura eminentemente discrezionale del potere di pianificazione urbanistica, alcuna insanabile contraddittorietà nell'averlo classificato agricolo anziché residenziale.

Né vale obiettare che il fondo non presenta caratteristiche tali da essere idoneo alla coltivazione, perché è pacifico che la destinazione a verde agricolo non è necessariamente preordinata alla tutela degli interessi dell'agricoltura, potendo essere funzionale al soddisfacimento di altre esigenze, tra cui quella di evitare addensamenti edilizi ed espansioni pregiudizievoli ad un corretto insediamento urbano del territorio.

La destinazione agricola non dipende, infatti, necessariamente dalla sola vocazione del terreno, che, nella specie, è comunque rappresentata da un'area verde non compromessa, collocata ai bordi del contesto urbanizzato di un piccolo comune pre-montano, ma dalla scelta discrezionale, motivata sul piano generale, di orientare gli insediamenti urbani e produttivi in determinate direzioni ovvero di salvaguardare precisi equilibri dell'assetto territoriale (cfr. TAR Veneto, sez. 2°, 9 novembre 1999 n. 1978).

E ciò è, esattamente, quanto ha previsto il nuovo PRG, che ha assunto tra gli indirizzi programmatici del nuovo piano la finalità primaria di non prevedere e consentire alcuna espansione edilizia implicante spreco del territorio, avendo riscontrato che il piano di fabbricazione vigente risulta sovradimensionato e che in presenza di segni di contrazione demografica ed economica del paese, non è giustificato alcun incremento delle aree edilizie, ad eccezione di quello strettamente finalizzato alla sistemazione delle aree di degrado urbanistico ed alla armonizzazione del tessuto edificato preesistente.

Da quanto precede discende anche l'infondatezza del secondo gruppo di censure (terzo e quarto motivo), con cui la ricorrente si duole della mancanza di specifica motivazione in ordine alle ragioni della variazione apportata dal PRG al terreno di sua proprietà, tenuto conto della particolare situazione di affidamento derivante dall'approvazione del progetto di lottizzazione presentato nel 1981 dalla stessa ricorrente e dalle comproprietarie (doc. n. 2 depositato il 14 marzo 1999).

È noto, infatti, che l'obbligo di specifica motivazione, in funzione limitativa del potere discrezionale di cui dispone l'amministrazione in sede di pianificazione, sussiste solo a fronte di situazioni meritevoli di particolare tutela tra cui l'esistenza di un piano di lottizzazione debitamente approvato e convenzionato, ovvero di un giudicato di annullamento di un diniego di concessione o dichiarativo dell'obbligo di sottoscrivere la convenzione.

Nel caso di specie appare evidente che dopo l'approvazione del piano di lottizzazione, risalente all'anno 1981, il progetto è stato abbandonato e non c'è traccia che prima dell'adozione del nuovo PRG la ricorrente si sia attivata in qualunque modo per attuarlo.

Ne consegue che la posizione della sig.ra (...) è quella di un mero aspirante all'edificazione di un lotto inedificato e che, dal punto di vista della motivazione specifica, la sua situazione è indifferenziata rispetto a quella generale dei proprietari di aree virtualmente edificabili: in tali situazioni è noto che l'amministrazione non è tenuta a motivare analiticamente, caso per caso, la ragione della scelta che prevede il sacrificio di tale aspirazione, se essa discende, come nella specie, direttamente dalle finalità del piano e dalle scelte di programmazione urbanistico-edilizia in esso chiaramente evidenziate.

Quanto infine alla censura di disparità di trattamento, per avere l'amministrazione reso edificabile, classificandola tra le "zone residenziali di espansione parzialmente edificate", un'area vicina alla proprietà (...) e di assai maggior pregio sotto il profilo ambientale e paesaggistico, la Sezione osserva che non è possibile confrontare e far discendere dal diverso trattamento di due aree diversamente localizzate e oggettivamente diversificate un vizio sintomatico della motivazione, né è sufficiente avanzare il mero dubbio che si sia inteso trasferire la cubatura da un terreno all'altro.

Il Collegio osserva che si tratta di aree diverse di difficile comparazione e comunque, anche a prescindere dal fatto che in sede di approvazione regionale dello strumento urbanistico l'area che si assume favorita è stata ridimensionata, non è sufficiente che una singola proprietà abbia beneficiato di un trattamento diverso (consistente nella trasformazione residenziale di area in precedenza agricola) per inficiare l'applicazione di un criterio di pianificazione di carattere generale qual è quello, applicato alla proprietà ricorrente, di non consentire ampliamenti non strettamente necessari alle finalità di recupero e riordino del tessuto preesistente.

La circostanza che dietro l'operazione si celi l'intento di favorire il Sindaco, quale asserito proprietario o comproprietario dell'area resa edificabile, dimostra infatti soltanto che sarebbe in ipotesi illegittima quest'ultima previsione e non che la scelta di principio di contenere l'edificabilità di nuove aree sia inficiata da contraddittorietà.

Infondato è, infine, anche il terzo gruppo di motivi (quinto e sesto), con cui la ricorrente si duole della contraddittorietà del previsto inserimento dell'area in zona agricola E1, in quanto sono tali in base alle NTA solo "le zone che per la natura del suolo, tipicità della produzione, qualità delle infrastrutture esistenti, sono da porre sotto la massima tutela".

Infatti, come già rilevato, la finalità della destinazione a verde agricolo dell'area della ricorrente non è stata imposta da esigenze di coltivazione agricola ma dal progetto di accentramento, ridimensionamento e riordino dello spazio edificato.

Né rileva, anche a prescindere dal fatto che la ricorrente non ha chiesto l'inserimento dell'area in altra zona di tipo E ma l'annullamento della destinazione agricola ed il ripristino di quella residenziale, la circostanza che il fondo, per la condizione nella quale versa (incolto e soggetto a sfalcio) non abbia le caratteristiche per essere assoggettato alla massima tutela propria delle zone agricole E1.

In realtà la classificazione dell'area in zona E1 non presuppone che l'area sia di fatto utilizzata per colture tipiche o che possieda già tutte le caratteristiche previste dalla legge giacché essa inerisce al contenuto programmatico del piano regolatore generale (cfr. C.d.S. sez. 4° 25 maggio 1998 n. 869) che nella specie rinviene la sua motivazione nella relazione agronomica allegata al piano.

Il ricorso va perciò respinto.

Le spese e le competenze di causa meritano, nondimeno, di essere compensate per ragioni di equità.

 

PQM

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima sezione, respinge il ricorso in epigrafe.

Compensa interamente tra le parti spese e competenze di causa.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, addì 29 novembre 2001.

(omissis)

Depositata il 18 luglio 2002.

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