Rifiuti

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Con la sentenza n. 29627 del 2016 la quarta sezione penale della Cassazione ha affrontato numerose questioni in tema di discarica di rifiuti e di omessa bonifica.

 

La sentenza ha annullato, in parte con rinvio ed in parte senza rinvio la sentenza della Corte di appello di Firenze cui aveva rinviato la precedente sentenza della terza sezione n. 32797 del 2013 che, in relazione alle questioni poi esaminate con la sentenza in commento, aveva affermato i principi di diritto di cui alle massime ufficiali che seguono (numeri da 256661 a 256665):

 

a) In tema di tutela dell'ambiente, le rocce e le terre da scavo che presentino sostante esterne inquinanti sono sottratte alla disciplina sui rifiuti solo in presenza: a) di caratteristiche chimiche che escludano una effettiva pericolosità per l'ambiente; b) di approvazione di un progetto che ne disciplini il reimpiego; c) di prova dell'avvenuto rispetto dell'obbligo di reimpiego secondo il progetto. (Fattispecie in cui, lo smarino, ovvero il materiale da scavo delle gallerie, in quanto destinato ad essere abbandonato in discarica, è stato qualificato come rifiuto).

b) Ai fini dell'integrazione del reato di gestione di discarica non autorizzata, rientrano nella nozione di gestione anche la fase post-operativa, successiva alla chiusura, e di ripristino ambientale.

c) In tema di discarica, il mancato esercizio dell'attività di controllo e vigilanza della stessa, anche dopo la cessazione dei conferimenti, lungi dal rientrare in un generico obbligo di eliminare le conseguenze del reato già perfezionato ed esaurito o dall'integrare il reato ex articolo 257 del Dlgs n. 152 del 2006, relativo alla bonifica dei siti inquinati, è parte costitutiva del reato di gestione di discarica ambientale. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato la sentenza che aveva ritenuto di fissare la cessazione della permanenza del reato di gestione di discarica non autorizzata in coincidenza con l'ultimo conferimento).

d) La permanenza del reato previsto dall'articolo 51, comma terzo, del Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22 (oggi sostituito dall'articolo 256, comma terzo, del Dlgs 3 aprile 2006, n. 152), per la gestione abusiva o irregolare della fase post-operativa di una discarica, cessa o con il venir meno della situazione di antigiuridicità per rilascio dell'autorizzazione amministrativa, la rimozione dei rifiuti o la bonifica dell'area o con il sequestro che sottrae al gestore la disponibilità dell'area, o, infine, con la pronuncia della sentenza di primo grado.

e) Il principio di retroattività della norma più favorevole trova applicazione soltanto qualora la disciplina sopravvenuta incida direttamente sulla fattispecie tipica. (In applicazione del principio la Corte ha affermato che, con riguardo al reato di omessa bonifica, i nuovi valori e la nuova metodologia di accertamento previsti dagli artt. 239 e ss., Dlgs n. 152 del 2006, si applicano a quelle discariche e siti le cui procedure, avviate anteriormente all'entrata in vigore di detto decreto, siano proseguiti successivamente ad esso, restando le condotte, cessate anteriormente, collegate ai presupposti previsti dall'articolo 17 Dlgs n. 22 del 1997).

 

I principi di diritto affermati dalla sentenza n. 29627 del 2016 in linea con l’impostazione della requisitoria del Procuratore generale Fimiani (salvo che per il punto n. 8 che segue, in relazione al quale si veda il paragrafo della 4 requisitoria), possono così sintetizzarsi.

 

1) la permanenza del reato di gestione di discarica senza autorizzazione non cessa a seguito della presentazione ed anche dell’approvazione del piano di caratterizzazione, nella disciplina del Dm n. 471/1999, applicabile “ratione temporis”, in quanto le stesse non costituiscono attività univocamente ed irreversibilmente volte a rimuovere la situazione di antigiuridicità legata al deposito/discarica di rifiuti, ma mere attività ricognitive dei livelli di contaminazione (punto 7 del “considerato in diritto);

2) nel caso di gestione di discarica senza autorizzazione la condanna relativamente ad un periodo non impedisce l’affermazione di responsabilità per un periodo successivo (nella specie dopo il dissequestro), in quanto in tema di reato permanente, che il divieto di un secondo giudizio riguarda la condotta delineata nell'imputazione ed accertata con sentenza, di condanna o di assoluzione, divenuta irrevocabile e non anche la prosecuzione della stessa condotta o la sua ripresa in epoca successiva, giacché si tratta di fatto storico diverso non coperto dal giudicato e per il quale non vi è impedimento alcuno a procedere (punto 9 penultimo periodo del “considerato in diritto”);

3) la titolarità di un impianto di gestione di rifiuti è elemento sufficiente per fondare la responsabilità da omessa autorizzazione (punto 10 ultimo periodo del “considerato in diritto”);

4) il superamento delle Csr è elemento strutturale del reato di omessa bonifica, in quanto le concentrazioni soglia di rischio individuano “i livelli di contaminazione delle matrici ambientali che costituiscono valori al di sopra dei quali è necessaria la caratterizzazione del sito e l'analisi di rischio sito specifica, così come già affermato dalla sentenza n. 25718/2014 (punti 14, ultimi tre periodi, del “considerato in diritto”);

5) conseguentemente va annullata la sentenza che abbia omesso di verificare, prima di affermare la penale responsabilità per il reato di omessa bonifica, se siano state superate le concentrazioni soglia di rischio, la cui violazione può essere ritenuta anche in via indiziaria, fermo restando che il degrado del sito e la natura illecita della gestione operativa non sono in sé elementi presuntivi, atteso che il reato presuppone la violazione di ben precisi standard (punto 15 del “considerato in diritto”);

6) nel caso di successione nella carica di amministratore, considerato che responsabile dell’inquinamento ed obbligato alla bonifica è l’ente, occorre valorizzare i principi generali in tema di rapporto organico e concorso nel reato per cui: a) l’amministratore subentrante risponde del reato di omessa bonifica in quanto nelle attività d’impresa aventi impatto sull’ambiente, l’insorgenza di un obbligo di bonifica costituisce un evento possibile e prevedibile, con la conseguenza che grava sull’amministratore subentrante un obbligo di verifica della realtà gestionale inclusivo sia dell’eventuale pendenza di progetti di bonifica approvati e da eseguire, sia della sussistenza di condizioni fattuali giustificanti o un obbligo di avvio della procedura di bonifica o un obbligo di bonifica “tout court” per le pregresse attività di contaminazione; b) l’amministratore cessato, non avendo più alcun titolo per interagire con la P.A. per le attività propedeutiche alla bonifica, né la capacità economica per provvedervi, non risponde, salvo che la sostituzione sia stata surrettiziamente preordinata ad eludere obblighi di legge ovvero che si ravvisi una sua responsabilità a titolo di concorso (punti 16-19 del “considerato in diritto” che riprende testualmente oltre alla requisitoria quanto affermato dallo stesso Procuratore generale Fimiani nell’opera La tutela penale dell’ambiente, Milano, 2015, pag. 715 e ss.);

7) il soggetto terzo che con la propria azione od omissione abbia contribuito al verificarsi dell’evento di contaminazione nell’ambito dell’attività propria del committente, con il quale collabora in fora di un rapporto contrattuale d’opera (es. impresa di betonaggio) e di servizi (es. intermediario), è corresponsabile dell’evento di contaminazione e, quindi, coobbligato alla bonifica, con la conseguente responsabilità per il reato di omessa bonifica a titolo di concorso (punto 20 del “considerato in diritto”);

8) nel caso di conferimento in discarica, senza autorizzazione, di ingenti quantitativi di rifiuti, quando sia incerta tale natura, anche a seguito del confronto con gli organi di controllo, il fatto rileva quale contravvenzione ma non integra il delitto di traffico illecito di rifiuti di cui all’articolo 260 T.U.A., mancando l’elemento soggettivo del dolo specifico di conseguire un ingiusto profitto (punto 23 del “considerato in diritto”).

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