Responsabilità 231

Giurisprudenza

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Sentenza Tribunale di Brescia 20 febbraio 2015

Responsabilità amministrativa delle persone giuridiche ex Dlgs 231/2001 - Prescrizione quinquennale - Atti interruttivi della prescrizione - Contestazione dell'illecito all'ente - Natura - Atto recettizio - Sussistenza

La prescrizione quinquennale dell'illecito amministrativo della persona giuridica ex Dlgs 231/2001 si interrompe con l'atto di contestazione dell'illecito regolarmente notificato all'interessato.
Lo ricorda il Tribunale di Brescia nella sentenza 20 febbraio 2015. Ai sensi dell'articolo 22, Dlgs 231/2001 la prescrizione delle sanzioni amministrative a carico dell'ente per reato presupposto commesso dal manager o dal dipendente, si interrompe nel caso di applicazione di misure cautelari interdittive o nel caso della contestazione dell'illecito amministrativo ex articolo 59, Dlgs 231/2001. In quest'ultimo caso la prescrizione non corre fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio.
Però, ricorda il Tribunale bresciano, l'utilizzo del verbo "contesta" nell'articolo 59, Dlgs 231/2001 rimanda necessariamente all'emissione di un atto il cui contenuto (l'enunciazione del fatto appunto), deve essere portato a conoscenza del destinatario tramite regolare notifica, non basta l'emissione dell'atto. Se la notifica non avviene o è irregolare la prescrizione non si interrompe.

Tribunale

Sentenza 20 febbraio 2015

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale di Brescia

Seconda Sezione penale

(omissis)

 

Ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

 

(omissis)

Con decreto ex articolo 550 C.p.p. del 25 ottobre 2013 veniva citata a giudizio innanzi al Tribunale di Brescia in composizione monocratica (X) Srl in persona del legale rappresentante pro tempore per rispondere dell'illecito amministrativo di cui agli articoli 5 comma 1 lettere a) e b) e 25-septies comma 3 Dlgs 231/2008 (Dlgs 231/2001 – NdR), dipendente dal presupposto reato di cui all'articolo 590 comma 3 C.p., ascritto alle persone fisiche (…) (per i quali si è proceduto separatamente, avendo i predetti avanzato istanza di patteggiamento all'udienza del 30 maggio 2014).

All'udienza del 30 maggio 2014, in accoglimento dell'eccezione difensiva relativa alla nullità del decreto di citazione – per non essere stato notificato al legale rappresentante dell'ente – veniva disposta la rinnovazione della notifica del suddetto atto di citazione.

All'udienza del 7 novembre 2014, eccepito nuovamente il difetto di notifica del decreto di citazione, medio tempore non avvenuta, veniva disposta la rinnovazione della notifica (ricevuta dal legale rappresentante dell'ente costituito solo in data 7 novembre 2014).

All'udienza del 20 febbraio 2015 la difesa, riportandosi alle argomentazioni diffusamente esposte nella memoria acquisita in atti, chiedeva pronunciarsi sentenza di non doversi procedere ex articolo 469 C.p.p. per estinzione dell'illecito dovuta ad intervenuta prescrizione, essendo decorsi cinque anni tra la data del commesso reato (25 maggio 2009) e la data della notifica del decreto di citazione a giudizio al legale rappresentante di (X) Srl, regolarmente eseguita, per quanto detto, solo in data 7 novembre 2014.

Sinteticamente, la difesa evidenziava che la disciplina contenuta nel Dlgs 231/2001 ed, in specie, negli articoli 22 e 59, ispirandosi a principi di natura civilistica, richiederebbe, ai fini interruttivi della prescrizione, non già la semplice emissione del decreto ex articolo 550 C.p.p., ma la sua regolare notificazione all'ente.

Nel caso di specie, sottolineava la difesa, essendo stato il decreto di citazione notificato regolarmente all'ente solo in data 7 novembre 2014 (oltre quindi cinque anni dalla commissione del reato), l'illecito amministrativo dovrebbe considerarsi estinto per intervenuto decorso del termine prescrizionale.

Il P.M. si opponeva all'accoglimento della predetta istanza.

Il Giudice non può che convenire con le argomentazioni svolte nella memoria difensiva ed, in particolare, con la ritenuta natura recettizia dell'atto di citazione a giudizio ai fini interruttivi della prescrizione ex articolo 22 Dlgs 231/2001.

Invero, l'analisi testuale e sistematica delle norme di seguito analizzate, porta a ritenere, contrariamente a quanto si verifica nel sistema processuale per i fatti costituenti reato, che la prescrizione quinquennale dell'illecito amministrativo dipendente da reato sia interrotta non già dalla sola emissione del decreto di citazione emesso ex articolo 550 C.p.p., bensì soltanto dalla sua regolare notificazione all'ente.

Ed infatti, ai sensi dell'articolo 22 comma 2 del citato decreto: "interrompono la prescrizione la richiesta di applicazione di misure cautelari interdittive e la contestazione dell'illecito amministrativo a norma dell'articolo 59", il quale a sua volta recita che: "quando non dispone l'archiviazione, il Pubblico Ministero contesta all'ente l'illecito amministrativo dipendente dal reato. La contestazione dell'illecito è contenuta in uno degli atti indicati dall'articolo 405, comma 1 C.p.p.".

Ancora, secondo il disposto di cui all'articolo 22 comma 4 Dlgs 231/2001: "Se l'interruzione (n.d.s. della prescrizione) è avvenuta mediante la contestazione dell'illecito amministrativo dipendente da reato, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio".

Così riportate le disposizioni di riferimento, dalla semplice lettura testuale degli stessi articoli 22 e 59 si ricava che il Legislatore ha richiesto, per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato, un'attività del Pubblico Ministero diretta ad interrompere la prescrizione coincidente, appunto, con la "contestazione all'ente" dell'illecito stesso.

L'utilizzo del verbo "contesta" contenuto nell'articolo 59 del Dlgs 231/2001, invero, rimanda necessariamente all'emissione di un atto, il cui contenuto (l'enunciazione del fatto appunto), deve essere portato a conoscenza del destinatario.

Tale attività, per contro, non è prevista ai fini dell'interruzione della prescrizione dei fatti di reato, con riguardo al cui istituto (articolo 160 C.p.) il Legislatore, lungi dall'utilizzare espressioni indicative di una comunicazione tra mittente e destinatario (quali la voce verbale "contesta" o altre eventualmente analoghe), si limita ad elencare in modo statico specifici atti processuali, la cui efficacia interruttiva è subordinata alla mera emissione.

E, con riferimento a tali atti, va peraltro rimarcato che nemmeno il relativo contenuto essenziale normativo contempla fra i suoi elementi costitutivi la contestazione del fatto al soggetto cui esso è ascritto, essendo prescritto ai fini di validità la mera enunciazione del fatto in via di contestazione.

L'interpretazione in oggetto trova conforto anche nella lettura sistematica delle norme.

Ed infatti, l'articolo 22 comma 4 Dlgs 231/2001 risulta formulato in termini del tutto identici all'articolo 2945 C.c. nel disciplinare comunemente un regime sospensivo della prescrizione destinato a protrarsi fino al passaggio in giudicato della sentenza.

Detta analogia – non ravvisabile fra la disciplina civilistica e quella penale in tema di prescrizione – è decisiva ai fini di interesse, laddove si osservi che la sospensione della prescrizione prevista dal decreto legislativo 231/2001 è determinata solo ed unicamente dalla contestazione dell'illecito all'ente e che, in via simmetrica, la stessa sospensione disciplinata dal Codice civile consegue soltanto a due specifiche ipotesi (alla notificazione dell'atto con il quale si inizia un giudizio e alla domanda proposta nel corso di un giudizio ai sensi dell'articolo 2943 C.c.) in cui l'esercizio del diritto avviene nel necessario contraddittorio delle parti mediante atti notificati alla controparte.

Da tale parallelismo si ricava pertanto che la contestazione dell'illecito all'ente, foriera sia di effetti interruttivi che di effetti sospensivi, è atto di natura recettizia, per la cui efficacia è imprescindibile l'effettiva conoscenza del destinatario.

Tali conclusioni a livello sistematico trovano conforto nella disciplina generale in materia di sanzioni amministrative, nel cui ambito si ricava che il Legislatore, proprio in materia coincidente con quella che ci occupa, ha inteso regolare il regime dell'interruzione della prescrizione secondo le norme del Codice civile, statuendo espressamente all'articolo 28 della legge 689/1981 che: "L'interruzione della prescrizione è regolata dalle norme del Codice civile", con ciò sancendo l'imprescindibile natura recettizia dell'atto interruttivo.

Deve, infine, osservarsi che siffatta natura dell'atto introduttivo del giudizio, quale atto interruttivo della prescrizione, è stata altresì di recente condivisa dalla giurisprudenza di legittimità, avendo la Suprema Corte espressamente statuito che: "In applicazione analogica di quanto stabilito dagli articoli 2943 e 2945 C.c., ove la cognizione del Giudice penale sia estesa anche ad un illecito amministrativo connesso al reato, il processo che venga iniziato a seguito di rapporto regolarmente notificato all'interessato ex legge n. 689 del 1981, articolo 14 e articolo 24, comma 2, produce l'effetto di interrompere la prescrizione anche dell'illecito punito con la sanzione amministrativa, fino al passaggio in giudicato della sentenza penale" (cfr. Cassazione, Sezione 5 n. 20060 del 4 aprile 2013 e Cassazione Sezione 4 n. 10649 del 5 luglio 2012).

Dalle considerazioni che precedono discende quindi che l'illecito amministrativo contestato a (X) Srl deve ritenersi estinto per decorso del termine prescrizionale di cinque anni, essendo tale lasso temporale ampiamente decorso tra la data di commissione del reato (25 maggio 2009) e la data di regolare notifica del decreto emesso ex articolo 550 C.p.p. (7 novembre 2015).

 

PQM

 

Il Tribunale di Brescia, Sezione seconda penale monocratica

Visti gli articoli 469 C.p.p. e 67 Dlgs 231/2001,

dichiara non doversi procedere nei confronti di (X) Srl, in persona del rappresentante legale pro-tempore, dall'illecito al medesimo ascritto perché estinto per intervenuta prescrizione.

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