Rifiuti

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Liguria 20 gennaio 2015, n. 88

Rifiuti - Autorizzazione unica ambientale (Aia) – Articolo 3, Dpr 59/2013 - Messa in riserva di rifiuti ex articolo 216, Dlgs 152/2006 - Disciplina urbanistica – Non conformità – Diniego

Laddove l'attività di gestione rifiuti non sia conforme alla disciplina urbanistica, va negata l'autorizzazione unica ambientale.
Il Tar Liguria ha, con sentenza 20 gennaio 2015, n. 88, confermato il provvedimento del Comune di Genova di diniego di autorizzazione unica ambientale ad una società operante nel commercio di materiali edili.
I Giudici hanno ritenuto che fosse legittimo il diniego di Aua ex Dpr 59/2013 relativamente all'attività di messa in riserva di rifiuti (nella fattispecie coincidente con il deposito di detriti da demolizioni e ristrutturazioni edilizie), poiché tale attività non è ammessa nella zona dal piano urbanistico comunale (cd. “Puc”).
Ha trovato così conferma il solco giurisprudenziale del Consiglio di Stato (sentenza 4869/2013), secondo il quale "la compatibilità urbanistica non possa non costituire presupposto per il legittimo esercizio dell'attività di recupero dei rifiuti".

La presente pronuncia è correlata ai seguenti provvedimenti

Altre pronunce sullo stesso argomento

  • Sentenza Consiglio di Stato 9 febbraio 2017, n. 565

    Autorizzazione unica ambientale - Scarico acque reflue ed emissioni in atmosfera - Procedimento - Rilascio - Articolo 3, Dpr 59/2013 - Richiesta di documentazione antimafia - Emissione dell'informativa antimafia con effetto interdittivo per il rilascio dell'Aua - Articolo 89-bis Dlgs 159/2011 - Legittimità - Sussistenza


Tar Liguria

Sentenza 20 gennaio 2015, n. 88

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 326 del 2014, proposto da:

(omissis) Sas di (omissis) e (omissis) & C., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avv. (omissis);

contro Comune di Genova, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. (omissis), (omissis)

Provincia di Genova, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. (omissis), (omissis), (omissis);

per l'annullamento del provvedimento del Comune di Genova n. 6 del 22 gennaio 14 di diniego autorizzazione unica ambientale per l'attività di messa in riserva dei rifiuti nei locali di (omissis);

del provvedimento dirigenziale della Provincia di Genova 19 dicembre 2013 prot. 0129231/2013 di diniego di autorizzazione unica ambientale per l'attività di messa a dimora di rifiuti;

del verbale della conferenza di servizi in data 10 dicembre 2013 e della relativa nota 23 dicembre 2013 n. prot. 0130447 di trasmissione dello stesso;

del parere 10 dicembre 2013 n. prot. 375753;

della nota 28 ottobre 2013 n. prot. PG/2013/328687;

della nota 23 ottobre 2013 n. prot. 0108649;

del parere 10 ottobre 2013 n. 309601.

Nonché per la condanna al risarcimento del danno subito in conseguenza dei provvedimenti di cui alla presente epigrafe.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Genova e di Provincia di Genova;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 gennaio 2015 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto

Con ricorso notificato il 21 marzo 2014 al Comune di Genova e depositato il successivo 2 aprile 2014, la società (omissis) Sas, ha impugnato, chiedendone l'annullamento, i provvedimenti in epigrafe di diniego di autorizzazione unica ambientale per l'attività di messa in riserva di rifiuti nei locali di (omissis).

Avverso i provvedimenti impugnati la ricorrente ha dedotto i seguenti motivi:

1) violazione dell'articolo 216, Dlgs 152/2006 in relazione agli articoli 208 e ss. Dlgs 152/2006 e Dm 5 maggio 1998, violazione degli articoli 3 e 6 legge 241/1990, eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, illogicità, contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione, difetto di comparazione degli interessi, sviamento in quanto la ragione ostativa al rilascio dell'autorizzazione unica ambientale addotta dall'amministrazione, la non ammissibilità dell'attività di messa in riserva in quanto non ammessa dal Puc vigente né dal progetto preliminare di Puc, non afferirebbe a problematiche di natura ambientale ma esclusivamente di natura urbanistica;

2) violazione dell'articolo 216, Dlgs 152/2006 e del Dm 5 maggio 1998, violazione dell'articolo 43 pt. 4.3c, 4.6d e 4.10 del Puc vigente, violazione degli articoli 3 e 6 legge 241/90, difetto di istruttoria e di motivazione in quanto la messa in riserva dei rifiuti sarebbe compatibile con la destinazione urbanistica di "connettivo urbano" ammessa nella relativa zona;

3) violazione dell'articolo 216 Dlgs 152/06 e del Dm 5 maggio 1998, violazione dell'articolo

11 pt. 5.2 del Puc adottato con deliberazione C.C. Genova n. 92/11, violazione degli articoli 3 e 6 legge 241/1990, difetto di istruttoria e di motivazione in quanto il Comune non avrebbe approfondito la possibilità di ricondurre l'attività al connettivo urbano ovvero ritenerla accessoria a quelle ammesse esercitate dalla ricorrente;

4) violazione dell'articolo 44 pt. 2 del Puc vigente e dell'articolo 12 pt n. 11 del Puc adottato con deliberazione C.C. Genova n. 92/11, violazione degli articoli 3 e 6 legge 241/1990, difetto di istruttoria e di motivazione in quanto l'attività in questione deve ritenersi accessoria a quella principale esercitata dalla ricorrente e ammessa nella zona;

5) violazione dell'articolo 12 Dpr 380/2001 e dell'articolo 216 Dlgs 152/2006 e Dm 5 maggio 1998, violazione del Puc adottato, violazione degli articoli 3 e 6 legge 241/1990, difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto il Comune avrebbe dovuto, ove avesse ritenuto il contrasto con le disposizioni del puc adottato, soprassedere dal rilascio del parere e non già esprimersi in senso negativo.

La ricorrente concludeva per l'accoglimento del ricorso e l'annullamento dei provvedimenti impugnati con vittoria delle spese di giudizio.

Veniva formulata anche domanda risarcitoria.

Si costituivano in giudizio le amministrazioni intimate.

All'udienza pubblica del 9 gennaio 2015 il ricorso è passato in decisione.

 

Diritto

Il ricorso in esame è rivolto avverso gli atti procedimentali e il provvedimento finale di rilascio dell'autorizzazione unicaambientale nella parte in cui ha negato l'autorizzazione relativamente all'attività di messa in riserva di rifiuti.

La società ricorrente ha aperto un negozio in Genova (omissis) per la vendita all'ingrosso e al dettaglio di materiali da costruzione nel quale, oltre alla vendita di sabbia, ghiaia e altri materiali per l'edilizia, si proponeva lo svolgimento del servizio di ritiro e messa in riserva di detriti derivanti da demolizioni e ristrutturazioni edilizie, dedicando a questa attività una superficie di circa 43 mq a fronte di una superficie totale di oltre 600 mq. Tale messa a riserva sarebbe relativa a rifiuti non pericolosi e i tempi di stoccaggio non sarebbero superiori all'anno.

Le amministrazioni intimate, a fronte della richiesta di autorizzazione unica ambientalerichiesta dalla ricorrente ad esito di un complesso procedimento, adottavano i provvedimenti odiernamente impugnati consistenti nel diniego relativamente all'attività di ritiro e messa a dimora di rifiuti, in quanto tale attività non sarebbe ammessa nella zona né dal Puc vigente né da quello recentemente adottato.

Avverso i predetti dinieghi è insorta la ricorrente.

Con il primo motivo la ricorrente sostiene che la valutazione della compatibilità ambientalesarebbe svincolata dalla compatibilità urbanistica ovvero che valutazioni urbanistiche non sarebbero di per sé sufficienti in assenza di ulteriori elementi a giustificare il diniego diautorizzazione. Tale tesi è stata successivamente articolata in memoria, rilevando come la compatibilità urbanistica sia concetto diverso da quello di conformità urbanistica onde occorrerebbe una valutazione specifica relativamente alla possibilità che una attività, se pure non conforme alla destinazioni urbanistiche ammesse in zona, non sia comunque radicalmente contrastante con le stesse.

La tesi è destituita di fondamento.

Deve rilevarsi come il Consiglio di Stato abbia espresso l'avviso secondo il quale la compatibilità urbanistica dell'impianto, benché non espressamente contemplata dall'articolo 216 del Dlgs 152/2006 e dal Dm 5 febbraio 1998, non possa non costituire presupposto per il legittimo esercizio dell'attività di recupero dei rifiuti, atteso che deve essere qualificato sicuramente pericoloso per la preservazione dell'ambiente circostante un impianto che, sebbene rispetti le specifiche tecniche del caso, si ponga in dissonanza con la destinazione urbanistica dell'area. Il Consiglio di Stato ha, inoltre, rilevato come tale interpretazione sia l'unica possibile per rendere coerente la procedura semplificata di cui agli articoli 214 e ss. del Dlgs 152/2006 con quella ordinaria di cui al precedente articolo 208, nel quale si fa espresso riferimento all'esigenza di documentare la conformità del progetto (di impianto) alla "normativa urbanistica" ed alla valutazione, in sede di conferenza di servizi, della compatibilità dello stesso "con le esigenze ambientali e territoriali" (C.S. III 24 settembre 2013 n. 4689, Tar Campania, n. 6 luglio 2009, n. 3733).

La ricorrente, tuttavia, sostiene l'alterità concettuale tra conformità urbanistica e compatibilità urbanistica ma la distinzione non pare persuasiva.

In via di prima approssimazione occorre rilevare che se una destinazione d'uso non è ammessa in una zona la stessa è incompatibile e l'attività è non conforme alla disciplina urbanistica onde la sostanziale assimilabilità dei due concetti.

Peraltro ostano alla interpretazione fornita dalla ricorrente due argomenti.

Il primo la distinzione tra non conformità e incompatibilità sarebbe inevitabilmente rimessa alle valutazioni soggettive dell'interprete, con conseguente incertezza.

Il secondo la possibilità di derogare alla disciplina urbanistica, chè a tale esito nei fatti condurrebbe la distinzione tra conformità e compatibilità, sarebbe ammessa esclusivamente per le attività che ricadono nell'ambito della disciplina di cui all'articolo 216 Dlgs 152/2006 e non già per tutte le altre. Simile esito appare irrazionalmente discriminatorio poiché semmai proprio le attività di recupero e smaltimento rifiuti dovrebbero essere svolte conformemente alle indicazioni dello strumento urbanistico e non già derogando alle stesse.

Con il secondo motivo la ricorrente sostiene che l'attività in questione (ritiro e messa a dimora di rifiuti) potrebbe rientrare nell'ambito del "connettivo urbano".

L'articolo 43 4.6.d individua il connettivo urbano nei seguenti termini: "le attività artigianali e industriali compatibili con la residenza, di contenute dimensioni e con emissioni in atmosfera nulle o poco significative ai sensi del Dpr 25 luglio 1991 all.1 con esclusione delle voci 8, 16,17,18,22 e 25, con scarichi produttivi ammessi in fognatura e senza rischi di incidenti rilevanti a norma del Dpr 175/98". Orbene, da un primo punto di vista, come esattamente rilevato dall'amministrazione comunale, l'attività in questione si connota per emissioni "limitate" concetto diverso e di maggiore impatto e rilevanza rispetto a quello indicato nella norma "emissioni nulle o poco significative". Da altro punto di vista tra le attività espressamente escluse dal connettivo urbano rientrano i "silos per materiali da costruzione ad esclusione di quelli asserviti agli impianti di produzione industriale" previsti dal punto n. 18 di cui all'allegato n. 1 al Dpr 25 luglio 1991 espressamente richiamato dalla norma urbanistica.

Orbene se dall'ambito del connettivo urbano devono essere esclusi i silos per materiali da costruzione evidente appare come, a maggior ragione, debba essere esclusa la messa a dimora dei detriti derivanti da attività di demolizione posto che quest'ultima appare maggiormente idonea a dare disturbo alla zona sotto molteplici profili quali rumore, emissioni pulverulente e così via.

Parimenti infondato appare il terzo motivo con cui si lamenta la circostanza che l'amministrazione non abbia, con conseguente difetto di istruttorie di motivazione, esaminato la possibilità di ricondurre l'attività in questione al "connettivo urbano".

Dalla riconosciuta incompatibilità dell'attività in questione con le previsioni del connettivo urbano discende l'infondatezza del mezzo.

Con il quarto motivo si sostiene che l'attività in questione, messa a dimora di rifiuti edilizi, costituirebbe attività accessoria a quella principale costituita dalla vendita di materiali per l'edilizia, con conseguente ammissibilità in zona.

Il motivo è infondato.

Il concetto di accessorietà deve essere inteso nel senso oggettivo e non già essere lasciato alla interpretazione soggettiva dell'interprete. Nel caso di specie l'attività di ritiro dei detriti delle demolizioni non costituisce accessorio della attività di vendita dei materiali da costruzioni, come fatto palese dalla comune esperienza per cui normalmente all'attività di vendita di materiali per l'edilizia non si accompagna l'attività di ritiro di detriti, ma semplicemente costituisce attività aggiuntiva alla precedente il cui svolgimento in contemporanea alla vendita costituisce un valore aggiunto idoneo ad attirare la clientela ma non costituisce, se non nell'intenzione soggettiva della ricorrente, un accessorio della prima.

Da ultimo deve essere disatteso anche l'ultimo motivo, con cui si lamenta la violazione della disciplina sulle misure di salvaguardia. Secondo la prospettazione della ricorrente l'amministrazione non avrebbe potuto respingere tout court l'istanza ma avrebbe dovuto sospendere le proprie determinazioni in attesa della conclusione dell'iter di approvazione del nuovo Puc.

Il motivo è infondato.

L'applicabilità di tale disciplina presuppone che l'intervento sia ammissibile dallo strumento urbanistico vigente e precluso da quello adottato.

Nel caso di specie, invece, l'attività di messa a dimora di rifiuti confligge sia con le previsioni dello strumento urbanistico vigente sia con quelle di quello adottato.

Non sussistevano, pertanto, i presupposti per sospendere le determinazioni in ordine all'istanza di autorizzazione unicaambientale relativamente all'attività contestata.

Il ricorso deve, pertanto, essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore delle amministrazioni resistenti, dellespese di giudizio che si liquidano in complessivi € 2000, 00 (duemila/00) oltre Iva e Cpa come per legge per ciascuna di esse.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2015 con l'intervento dei magistrati:

(omissis)

Depositata in Segreteria il 20 gennaio 2015

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