Energia

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Emilia Romagna 26 giugno 2014, n. 241

Energia - Impianto a biogas da biomassa - Realizzazione in area agricola - Legittimità - Qualificazione come "industria insalubre" - Esclusione

Parole chiave Parole chiave: Energia | Energie rinnovabili | Procedure semplificate | Biogas / Biometano | Biomasse / Biocombustibili | Biomasse / Biocombustibili | Cogenerazione | Cogenerazione | Autorizzazioni | Autorizzazioni | Procedure semplificate | Biogas / Biometano | Energie rinnovabili

Tar Emilia-Romagna

Sentenza 26 giugno 2014, n. 241

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Emilia Romagna

Sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

 

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

 

sul ricorso numero di registro generale 288 del 2013, proposto da:

(omissis), rappresentati e difesi dagli avvocati (omissis), (omissis);

 

contro

Comune di Piacenza, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato (omissis);

Provincia di Piacenza, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis) e (omissis);

Agenzia regionale protezione ambiente (Arpa) — Emilia Romagna, Agenzia regionale protezione ambiente (Arpa) — Emilia Romagna -Sezione provinciale di Piacenza, Ente di gestione per i parchi e la biodiversità — Emilia Occidentale;

Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro in carica, e Soprintendenza per Beni architettonici e paesaggistici Province di Parma e Piacenza, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato (omissis);

Regione Emilia Romagna, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis) e (omissis);

Asl 101 — Piacenza, rappresentata e difesa dall'avvocato (omissis);

 

nei confronti di

Azienda Agricola (A), rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis) e (omissis);

 

per l'annullamento

della disposizione dirigenziale del Comune di Piacenza n. 40 del 7 giugno 2013 di presa d'atto della conclusione del procedimento per la procedura abilitativa semplificata per la costruzione ed esercizio di un impianto di cogenerazione elettrica (300 kWel) e termica alimentato da biogas da digestione anaerobica da realizzarsi in Piacenza a via (omissis) da parte dell'Azienda Agricola (A);

di tutti gli atti presupposti.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Piacenza, della Provincia di Piacenza, del Ministero per i beni e le attività culturali, della Regione Emilia Romagna, della Asl 101 — Piacenza e dell'Azienda Agricola (A);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore la dott.ssa (omissis);

Uditi, nell'udienza pubblica del giorno 15 maggio 2014, i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

 

Fatto

I ricorrenti, tutti residenti in Borgotrebbia, frazione del Comune di Piacenza, hanno impugnato l'autorizzazione, rilasciata in favore dell'Azienda (A), per la costruzione e l'esercizio di un impianto di cogenerazione elettrica (300 kW) e termica, alimentato da biogas da digestione anaerobica, da realizzarsi a Borgotrebbia.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Piacenza, la Provincia di Piacenza, il Ministero per i beni e le attività culturali anche per la Soprintendenza per Beni Architettonici e Paesaggistici delle Province di Parma e Piacenza, la Asl 101 di Piacenza e il controinteressato Nuca Stefano, chiedendo la reiezione del ricorso.

La Regione Emilia Romagna, anch'essa costituitasi in giudizio, successivamente ha revocato la propria costituzione con nota del 26 marzo 2014.

In vista della trattazione del ricorso le parti hanno depositato scritti conclusivi e repliche.

All'udienza pubblica del 15 maggio 2014 le parti hanno diffusamente illustrato le rispettive tesi nel corso della discussione orale e, all'esito, la causa è stata trattenuta in decisione.

I ricorrenti ritengono che l'impianto per cui è causa sarà fonte rilevante di inquinamento in ragione delle emissioni in atmosfera, del rumore, degli scarichi dei reflui, dello spargimento del digestato sui terreni e delle emissioni odorigene, essendo la materia prima costituita da escrementi animali e da materiale vegetale marcio.

Inoltre, secondo i ricorrenti, l'impianto comporterà sia l'aumento del traffico nella zona interessata, a causa del via vai dei camion carichi di materiale da trattare, sia un impatto visivo negativo nel territorio del Parco regionale fluviale del Trebbia.

Riferiscono che un Comitato sorto per contrastare la realizzazione di impianti a biomasse a Borgotrebbia, con note del 9 e del 23 agosto 2013, ha diffidato gli Enti competenti ad annullare in autotutela il provvedimento autorizzativo, sostenendo che l'impianto in discorso violerebbe la normativa istitutiva del Parco regionale fluviale del Trebbia, dal momento che tale impianto non sarebbe compatibile con le finalità istitutive del Parco e avrebbe, quanto meno, necessitato di una previa valutazione di impatto ambientale.

Tuttavia, poiché gli enti competenti hanno confermato l'esito della procedura abilitativa semplificata, i ricorrenti ne hanno impugnato gli atti innanzi al Tar.

 

Diritto

1. In limine, in punto di legittimazione, i ricorrenti invocano la vicinitas essendo tutti residenti a Borgotrebbia, nel territorio del Parco, in prossimità delle aree su cui sorgerà l'impianto e a ridosso delle strade interessate dal futuro transito dei veicoli pesanti.

In diritto hanno articolato dieci motivi con i quali, deducendo violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili, hanno in sostanza formulato le seguenti censure.

I) I provvedimenti impugnati sarebbero in contrasto con la Lr Emilia Romagna n. 19 del 4 novembre 2009, istitutiva del Parco regionale fluviale del Trebbia, nel cui territorio (precisamente nella zona C3) insiste parte dell'area ove dovrebbe realizzarsi l'impianto in contestazione; ciò in quanto l'impianto non sarà servente rispetto all'attività agricola, come previsto dall'articolo 6, comma 4, di detta legge regionale.

L'iniziativa sarebbe poi anche in contrasto con l'articolo 12, comma 7, Dlgs 387/2003, il quale precisa che gli impianti alimentati da fonti rinnovabili possono essere ubicati anche in zone agricole ma nel rispetto delle "disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale ...".

L'iniziativa sarebbe in contrasto, inoltre, con l'articolo 6, comma 5 lettera d) della legge istitutiva del Parco in quanto, con la realizzazione dell'impianto, l'attività agricola dell'Azienda (A) (produzione di pomodori e di barbabietola) verrà trasformata per dar vita ad una attività meramente speculativa tant'è che i liquami da smaltire proverranno anche da altre aziende agricole.

Secondo i ricorrenti il Comune avrebbe dovuto effettuare una approfondita istruttoria e, in base al principio di precauzione di cui all'articolo 3-ter del Dlgs, 152/2006, avrebbe dovuto, quanto meno, sospendere l'iniziativa al fine di consentire un'adeguata risposta tecnica alle diffide pervenute.

II) Il Piano di sviluppo aziendale presentato dalla controinteressata sarebbe carente. Esso infatti:

— non prevederebbe la creazione di alcun posto di lavoro e quindi non potrebbe considerarsi neppure un "piano di sviluppo";

— la piccola parte dei terreni che rimarrebbe destinata alla produzione tradizionale non sarebbe utilizzabile in termini economicamente sostenibili;

— non vi sarebbe la disponibilità dei terreni agricoli da seminare.

III. Il Piano del traffico presentato dalla controinteressata sarebbe inammissibile e non conforme ai contenuti della Dgr n. 1495/2011, avendo previsto che il tragitto che dovranno percorrere i mezzi per il trasporto degli effluenti zootecnici interesserà via della Puglia che, tuttavia, è in parte di proprietà privata, e quindi non utilizzabile in assenza di specifici accordi con i proprietari, e strada dell'Aguzzafame, sulla quale insiste un itinerario ciclabile.

IV. I provvedimenti impugnati non avrebbero tenuto conto che in prossimità dell'area in questione è stato avviato il progetto di recupero ambientale LIFE10ENV IT 400 "New Life", finanziato dall'Unione europea, dall'Università Cattolica, dal Comune e dalla Provincia di Piacenza, che punta a ripristinare 200.000 mq degradati della sponda del fiume Trebbia; progetto di riqualificazione con cui l'esercizio di un impianto da biogas sarebbe incompatibile.

Né sarebbe stato considerato che in prossimità dell'area in questione insistono due siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale (Sic-Zps) della Rete Natura 2000 (IT 4010016 "Basso Trebbia", IT 4010018 "Fiume Po da Rio Boriacco a Bosco Ospizio") e un gomito regionale (ID 2029 Croara).

V. I provvedimenti impugnati sarebbero illegittimi anche sotto il profilo della mancata imposizione del rispetto dei limiti alle emissioni in atmosfera del metano atteso che, per impianti quale quello per cui è causa, il Dlgs 152/2006 fissa, al punto 1.3 lettera a) della parte terza dell'allegato I alla Parte V, quale limite per le emissioni relativi alla voce Cot (carbonio organico totale), quello di 150 mg/Nm3 (limite, comprensivo anche del metano).

VI. L'azienda controinteressata non avrebbe previsto la realizzazione di vasche o contenitori chiusi a tenuta, previsti dalla Dgr n. 1495/2011, avente ad oggetto i "Criteri tecnici per la mitigazione degli impatti ambientali nella progettazione e gestione degli impianti a biogas".

VII. L'autorizzazione concessa sarebbe illegittima non essendo stata richiesta all'azienda controinteressata una "cauzione a garanzia della esecuzione degli interventi di dismissione e delle opere di messa in pristino, da versare a favore dell'amministrazione procedente mediante fideiussione bancaria o assicurativa..." come previsto dal Dm 10 settembre 2010, parte III, punto 13.3 lettera D.

VIII. L'iniziativa assentita, che determina un aggravio del peso urbanistico ed edilizio in un'area agricola, sarebbe incompatibile con la normativa regionale, statale e comunitaria a tutela della biodiversità, del paesaggio agricolo identitario e dell'agricoltura.

In subordine le norme richiamate dall'amministrazione (delibera assemblea legislativa Emilia Romagna n. 51/2011, Dgr Emilia Romagna n. 1198/2010, articolo 12 Dlgs 387/2003, articolo 1, comma 423, legge n. 266/2005), ove intese nel senso di consentire il progetto in questione, sarebbero da disapplicare per violazione del diritto comunitario, o in subordine da dichiarare incostituzionali, per violazione dei diritti fondamentali, del diritto alla vita, alla salute, all'uguaglianza.

IX. L'autorizzazione impugnata sarebbe illegittima atteso che il progetto per la costruzione e l'esercizio dell'impianto contestato non è stato sottoposto a previa valutazione di impatto ambientale, solo perché così previsto dalla legge regionale.

Pertanto, ove in contrasto con la normativa comunitaria, gli articoli 4, 4-bis e 4-ter e gli allegati 1, 4 e 5 della Lr n. 9/1999 dovrebbero essere disapplicati ovvero dichiarati incostituzionali.

X. Gli atti impugnati sarebbero illegittimi anche per non essere stati preceduti da alcuna valutazione di incidenza come previsto, in particolare, dall'articolo 5, comma 3, del Dpr 357/1997 (attuazione della direttiva 92/43/Cee relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche), stante la vicinanza di siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale (Sic— Zps) della Rete Natura 2000 (IT 4010016 "Basso Trebbia", IT 4010018 "Fiume Po da Rio Boriacco a Bosco Ospizio"), nonché del gomito regionale (ID 2029 Croara).

2. Il Comune di Piacenza, dopo aver premesso la ricostruzione dei fatti di causa, ha eccepito l'inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva dei ricorrenti, non essendo a tal fine sufficiente invocare la sola vicinitas, ma dovendosi anche allegare e dimostrare il vulnus in ipotesi derivante dagli atti impugnati.

Quanto al merito della vicenda ha riferito che, nel rispetto della procedura abilitativa semplificata disciplinata dall'articolo 6 del Dlgs 3 marzo 2011, n. 28, lo Sportello unico comunale, gli Enti e le Autorità che hanno partecipato al procedimento si sono espressi favorevolmente sul progetto per la realizzazione di un impianto a biogas con potenza di 300 kW, ne hanno verificato la conformità alle norme di settore statali e regionali impartendo, altresì, le necessarie prescrizioni alle quali attenersi, sia in fase di realizzazione sia in fase di funzionamento.

Ha precisato che solo una piccola parte dell'area su cui verrà realizzato l'impianto di biogas ricade nell'area parco e, comunque, nella zona classificata come pre-parco (area C dove è in ogni caso ammessa la costruzione di impianti di biogas); trattasi di zona nella quale, ai sensi dell'articolo 6 comma 5 Lr 19/2009, sono ammessi nuovi interventi quale quello proposto dall'Azienda (A).

In proposito ha rappresentato che la documentazione fornita dal Sig. (omissis) risulta coerente con le finalità e gli obiettivi gestionali del parco, come affermato nella nota dell'Ente di gestione per i parchi e la biodiversità Emilia Occidentale (doc. 30 del fascicolo del Comune).

Il Comune ha, dunque, confutato ciascun motivo formulato dai ricorrenti chiedendo la reiezione del ricorso.

3. La Provincia di Piacenza si è difesa in merito ai soli motivi V e VI, che coinvolgono atti di sua emanazione, confutando gli assunti dei ricorrenti con dati tecnico-scientifici ed eccependo, in via preliminare, l'inammissibilità del quinto motivo per mancata impugnazione del la Dgr n. 1496/11 con la quale la Regione Emilia Romagna ha stabilito i limiti emissivi degli impianti alimentati a biogas (doc. 2 del fascicolo della Provincia).

4. La Asl 101 di Piacenza, per quanto di sua competenza, ha premesso che il parere tecnico che deve essere rilasciato al Comune da parte dell'Azienda sanitaria è esclusivamente di natura igienico-sanitaria e riguarda gli aspetti riferiti all'inquinamento acustico (mezzi di trasporto utilizzati per conferimento delle biomasse all'impianto, per la movimentazione delle biomasse e del digestato e funzionamento dell'impianto), all'inquinamento atmosferico (emissioni di inquinanti atmosferici e di gas serra dall'impianto, dai mezzi di trasporto sia delle biomasse che del digestato), alle emissioni odorigene e all'inquinamento delle falde (percolamenti dallo stoccaggio delle biomasse).

Ciò premesso la Asl ha osservato che in ricorso non sono dedotti vizi o censure riferiti al parere espresso dall'Azienda Usl di Piacenza; di conseguenza ha contestato gli assunti dei ricorrenti in subordine e per mero tuziorismo difensivo.

5. Il Ministero per i beni e le attività culturali e la Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici hanno difeso la piena legittimità dell'autorizzazione paesaggistica oggetto della relazione comunale e controllata senza rilievi, osservando che trattasi di attività tecnico-discrezionale dell'Amministrazione su cui i ricorrenti non hanno svolto censure specifiche.

6. L'azienda controinteressata ha contestato tutti gli assunti dei ricorrenti con argomentazioni così sintetizzabili:

— la presunta incompatibilità della localizzazione scelta per l'impianto di cui si discute con la zona del Parco regionale fluviale del Trebbia e con il progetto "New Life" non sarebbe sostenibile in quanto l'impianto sarà realizzato ai confini del perimetro del parco ed oltretutto in prossimità di uno stabilimento industriale già esistente;

— sarebbe priva di fondamento anche l'eccezione secondo cui l'impianto determinerà un aggravio del peso urbanistico ed edilizio in un'area agricola;

— il Piano di sviluppo aziendale (P.s.a.) e il Piano del traffico allegati al progetto, del tutto apoditticamente sarebbero stati definiti carenti dai ricorrenti essendo stati entrambi illustrati e valutati in sede di conferenza di servizi (organo deputato a tale valutazione) ottenendo l'approvazione di tutti gli enti competenti coinvolti;

— non sussisterebbe il denunciato aggravio del traffico fatta eccezione per un lieve aumento nei mesi di maggio, agosto e settembre (quando i trasporti medi salirebbero a 25, a differenza degli altri nove mesi dell'anno in cui sono previsti nel numero da 1 a 4), circostanza che non potrebbe da sola comportare l'inammissibilità del piano del traffico;

— quanto alle emissioni atmosferiche, l'impianto in discorso avrebbe il pregio di evitare emissioni ben più impattanti quali quelle prodotte da impianti di produzione di energia a combustibile fossile e, comunque, non sarebbe qualificabile come industria insalubre;

— il presunto obbligo di realizzare anche vasche o contenitori chiusi a tenuta non si applicherebbe al caso di specie trattandosi di liquami zootecnici di origine aziendale che non richiedono tale ulteriore tipo di precauzione;

— l'affermazione per cui non sarebbe stata richiesta la "cauzione a garanzia della esecuzione degli interventi di dismissione e delle opere di messa in pristino, da versare a favore dell'amministrazione procedente mediante fideiussione bancaria o assicurativa...", sarebbe infondata essendo in atti (docc.1 e 4 del fascicolo della controinteressata) l'atto unilaterale d'obbligo a rogito Notaio Carlo Brunetti di Piacenza (registrato a Piacenza in data 29 luglio 2013 al n. 5144) e la fideiussione n. 4095334 del 28 marzo 2014 rilasciata dalla Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza Spa nell'interesse di (omissis) in favore del Comune di Piacenza;

— l'impianto in oggetto non rientrerebbe fra quelli da sottoporre a Via non ricadendo, né per tipologia né per dimensioni, tra le opere che la legge regionale o quella statale ritengono di assoggettare alla Via.

In conclusione la controinteressata ha chiesto la reiezione del ricorso e la condanna dei ricorrenti, per lite temeraria, al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura del quintuplo del contributo unificato dovuto per il ricorso introduttivo, ai sensi dell'articolo 26 C.p.a..

Ha chiesto, inoltre, la condanna dei ricorrenti al risarcimento del danno, quantificato in € 224.280,00, derivatole dalla proposizione del presente ricorso per la perdita parziale (0,2%) degli incentivi statali di cui al Dm 6 luglio 2012, applicabili solo agli impianti nuovi che entrano in esercizio dal 1° gennaio 2013, passando da 0,236 € per kW dell'anno 2013 a 0,231 € per kW quale tariffa prevista per l'anno 2014, nonché all'ulteriore danno derivatole dal blocco dell'erogazione del finanziamento richiesto ed ottenuto in banca per la realizzazione dell'impianto (doc. 3 id.) con proroga della validità del finanziamento fino al 6 settembre 2014.

7. Vanno ripercorsi i tratti salienti della procedura per cui è causa.

In data 28 dicembre 2012 l'Azienda Agricola (A) ha inoltrato al Comune di Piacenza richiesta di autorizzazione paesaggistica ai sensi del Dlgs 22 gennaio n. 42 (doc. 3 del fascicolo del Comune) e Pas (procedura abilitativa semplificata) (doc. 2 id.), per la realizzazione di un impianto di cogenerazione elettrica e termica (300 kWel.) alimentato da biogas da digestione anaerobica e opere accessorie, da realizzarsi in Comune di Piacenza in via (omissis).

Prodotte le integrazioni richieste dal Comune di Piacenza (doc. 4 id.), in data 7 febbraio 2013 (doc. 9 id.) è stata convocata la prima Conferenza di Servizi alla quale hanno partecipato i rappresentati dell'Amministrazione provinciale di Piacenza e di Arpa — Sezione provinciale di Piacenza.

Non erano invece presenti, sebbene convocati, i rappresentanti di: Parco regionale fluviale del Trebbia Ente di gestione per i parchi e la biodiversità Emilia Occidentale, Ausl, Comando Vigili del fuoco di Piacenza, Consorzio di bonifica di Piacenza, Ministero dello sviluppo economico, Iren, Sopraintendenza per i beni architettonici e paesaggistici, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Dipartimento militare marittimo, Aeronautica militare, Comando militare Esercito, Ministero della difesa, Telecom.

Delle attività della Conferenza, tra cui il parere favorevole della Provincia con osservazioni e il nulla osta di Iren, veniva redatto verbale (doc. 9 id.).

Con nota del 31 gennaio 2013 (doc. 5 id.) il Comando Provinciale VV.FF. comunicava di aver approvato ai soli fini antincendio il progetto presentato dalla ditta (A); il Ministero dello sviluppo economico comunicava, con nota del 4 febbraio 2013 (doc. 6 id.) di ritenere non necessario partecipare ai lavori della conferenza; il Consorzio di bonifica, con mail del 5 febbraio 2013 (doc. 7 id.) comunicava che il nuovo impianto non interferisce con il reticolo idraulico di sua gestione, il Ministero per i beni e le attività culturali con nota del 7 febbraio 2013 (doc. 8 id.) comunicava di non poter partecipare a causa di altri obblighi istituzionali, ma di rimanere in attesa dell'invio delle integrazioni richieste per poter esprimere il parere di competenza.

L'Aeronautica militare si esprimeva con nota del 4 marzo 2013 (doc. 10 id.) comunicando che l'intervento non interferisce né con sedimi/infrastrutture di sua competenza, né con servitù prediali o militari e che pertanto nulla osta relativamente ai soli aspetti demaniali all'intervento.

Hanno fatto seguito le integrazioni (doc. 11 id.) alle richieste formulate dalla Provincia di Piacenza, i chiarimenti alle osservazioni formulate dalla Asl (doc. 12 id.) e i chiarimenti del progettista (doc. 13 e 14 id.).

Alla seconda Conferenza di servizi in data 20 maggio 2013 (doc. 15 id.) erano presenti i rappresentati della Provincia di Piacenza, di Arpa Piacenza e del Parco regionale fluviale del Trebbia che hanno dato i rispettivi pareri favorevoli.

A fine maggio 2013 il dirigente della D.O. riqualificazione e sviluppo del territorio del Comune di Piacenza ha presentato la proposta di autorizzazione paesaggistica (doc. 17 id.) ai sensi dell'articolo 146 del Dlgs. 42/2004, con prescrizioni.

La terza conferenza di servizi si teneva in data 6 giugno 2013 (doc. 18 id.), e al relativo verbale venivano allegati: la proposta di autorizzazione paesaggistica; la nota della Sopraintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del 29 maggio 2013 che, esaminata la proposta, limitatamente alla compatibilità paesaggistica si esprimeva nel senso di non ravvisare impatti significativi rispetto al contesto paesaggistico vincolato; il parere favorevole del Consorzio di bonifica del 27 maggio 2013; il parere della Provincia del 6 giugno 2013 circa la sussistenza dei presupposti per il rilascio dell'autorizzazione alle emissioni in atmosfera, pur con prescrizioni per l'utilizzazione agronomica del digestato; il parere favorevole di Arpa.

Stante il valore di autorizzazione paesaggistica del verbale della conferenza e di chiusura del procedimento di Pas, con disposizione dirigenziale n. 40 del 7 giugno 2013 (doc. 19 id.), il Comune ne ha preso atto prescrivendo, tra l'altro, la presentazione, prima dell'inizio dei lavori, dei seguenti atti:

— atto unilaterale d'obbligo registrato e trascritto, con il quale viene assunto l'impegno a rimuovere l'impianto e a rimettere in pristino lo stato dei luoghi in caso di dismissione dell'impianto stesso ai sensi dell'articolo 12 comma 4 del Dlgs 387/2003 (al quale dovrà essere allegata la polizza fideiussoria);

— atto unilaterale d'obbligo, con firme autenticate, con il quale si obbliga a rimuovere le costruzioni esistenti nella fascia di rispetto stradale, come indicato all'articolo 40.07 delle Nta del Prg vigente.

In data 2 agosto 2013, accertata la carenza di documenti richiesti, il Comune ha adottato l'ordinanza n. 597 (doc. 20 id.) avente ad oggetto l'ordine di non intraprendere i lavori: infatti risultavano mancanti la richiesta di autorizzazione sismica, la denuncia di deposito del progetto esecutivo riguardante le strutture, la dichiarazione di denuncia dei lavori da parte dell'impresa costruttrice, l'atto unilaterale d'obbligo con il quale viene assunto l'impegno a rimuovere l'impianto e a rimettere in pristino lo stato dei luoghi in caso di dismissione dell'impianto e l'atto unilaterale d'obbligo per la rimozione delle costruzioni esistenti nella fascia di rispetto stradale.

Il Comune riferisce che la suddetta documentazione mancante è stata prodotta dal sig. (omissis) il 9 aprile 2014 (doc. 32 id.).

Gli atti di diffida, nelle more inoltrati (nell'agosto 2013) da un comitato sorto per contrastare la realizzazione di impianto a biomasse a Borgotrebbia (doc. 21 e 25 id.), sono stati inviati sia agli Enti competenti (doc. 22 e doc. 26 id.), i quali si sono espressi confermando i propri pareri (da doc. 27 a doc. 32), sia al Sig. Nuca, invitandolo a partecipare al procedimento e a presentare eventuali deduzioni (doc. 23 e 24 id.).

8. Si può prescindere dall'esame delle eccezioni preliminari essendo il ricorso infondato.

Deve premettersi che gran parte dei motivi formulati nel corposo atto di ricorso può condensarsi in un'unica sostanziale censura: gli enti che hanno preso parte alla Conferenza dei servizi non avrebbero svolto un'adeguata istruttoria, non avendo approfondito le tematiche della tutela del parco, dell'aumento del traffico, delle immissioni inquinanti, delle garanzie inerenti il ripristino dell'area dopo la dismissione dell'impianto.

A tale assunto si contrappone il dato documentale per cui lo Sportello unico comunale, gli Enti e le Autorità che hanno partecipato al procedimento, dopo aver chiesto integrazioni e chiarimenti, si sono espressi tutti favorevolmente sul progetto per la realizzazione dell'impianto a biogas con potenza di 300 kW per cui è causa, adottando un provvedimento conclusivo autorizzatorio, con prescrizioni relative sia alla fase di realizzazione sia alla fase di funzionamento dell'impianto.

9. Va tratteggiato sinteticamente il quadro normativo di riferimento.

Per l'attività di costruzione ed esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili di cui ai paragrafi 11 e 12 delle linee guida, adottate ai sensi dell'articolo 12, comma 10, del Dlgs 29 dicembre 2003, n. 387, non soggetti a semplice comunicazione, si applica la procedura abilitativa semplificata prevista dall'articolo 6 del Dlgs 3 marzo 2011, n. 28, emanato in attuazione della direttiva 2009/28/Ce sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili.

L'articolo 42 delle Nta del Comune di Piacenza considera la produzione di energia elettrica e termica da biogas attività agricola connessa ai sensi della legge 266/2005 (Finanziaria 2006), che, all'articolo 1 comma 423, nel testo modificato dall'articolo 2quater della legge 81/2006, recita: "La produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche effettuate dagli imprenditori agricoli costituiscono attività connesse ai sensi dell'articolo 2135 , 3° comma C.c., e si considerano produttive di reddito agrario".

10. I motivi I, II, III, IV e X possono essere scrutinati congiuntamente, seguendo un unico filo conduttore, poiché si risolvono nell'unica articolata censura di difetto di istruttoria.

Esaminando gli atti di causa il Collegio rileva quanto segue.

10.1. Dalla cartografia (doc. 28 del fascicolo del Comune) risulta che una piccola area su cui verrà realizzato l'impianto di biogas ricade nell'area parco; in particolare ricade nella zona classificata come pre-parco (area C) nella quale, ai sensi dell'articolo 6 comma 5 Lr 19/2009, istitutiva del parco, sono ammessi determinati interventi, tra i quali (lettera d), "nuovi interventi edilizi funzionali all'esercizio delle attività agricole e delle attività connesse alla multifunzionalità delle aziende agricole ed alla differenziazione del reddito, purché compatibili con le finalità istitutive del Parco, qualora se ne dimostri il reale fabbisogno tramite un Piano di sviluppo aziendale, nel rispetto delle norme vigenti degli strumenti urbanistici comunali".

L'Ente di gestione per i parchi e la biodiversità Emilia Occidentale, già espressosi favorevolmente nella conferenza dei servizi del 20 maggio 2013 (doc. 15 id.), con nota del 6 settembre 2013 (doc. 30 id.) in riscontro alla diffida inviata dal comitato, ha ritenuto la documentazione fornita dal Sig. Nuca coerente con le finalità e gli obiettivi gestionali del parco.

Nello specifico il responsabile dell'Area ha considerato "rispettato quanto previsto alla lettera f comma 2 dell'articolo 1 della Lr n. 19/2009, che prevede tra le finalità la qualificazione e la promozione delle attività economiche e dell'occupazione locale basate su un uso sostenibile delle risorse umane".

Inoltre ha ritenuto l'impianto conforme alle norme di salvaguardia di cui all'articolo 6 della Lr 19/2009, in quanto non rientra tra le attività vietate elencate al comma 4, bensì in quelle di cui al comma 5, lettera d).

In ordine al piano di sviluppo aziendale (doc. 11 id.) il responsabile d'area si è espresso in termini di coerenza con le finalità istitutive del parco in quanto tendente a promuovere la multifunzionalità di un'azienda agricola locale, mediante un'attività economica connessa, che differenzia il proprio reddito e che si basa sull'uso sostenibile delle risorse naturali.

Quanto alla valutazione d'incidenza il dirigente, premesso che l'impianto ricade all'esterno dei Siti d'Importanza Comunitaria e, dunque, di non essere competente all'avvio della procedura, ha fatto presente che alla base deve esservi comunque una valutazione di probabile incidenza negativa significativa dell'impianto esterno all'interno del sito.

Osserva il Collegio che il parere testé riassunto riveste posizione di centralità in ordine alla sostanza di gran parte delle censure formulate in ricorso.

Invero in detto parere sono affrontati in modo diffuso e puntuale i temi nodali su cui si incentrano le critiche dei ricorrenti, sicché non è ravvisabile il dedotto difetto di istruttoria, risultando le conclusioni ivi formulate il frutto di una attenta analisi e ponderata valutazione di tutti gli aspetti coinvolti nel progetto assentito: dalla viabilità all'assenza di rischio per l'ambiente, dalla compatibilità del progetto con l'area parco alla non interferenza con i vicini siti di interesse comunitario.

Si tratta, nel complesso, di valutazioni tecnico-discrezionali che non presentano profili di illogicità o irragionevolezza tali da poter dare ingresso al sindacato giurisdizionale.

I ricorrenti, nella sostanza, non condividono le valutazioni espresse dalle varie amministrazioni coinvolte e tendono, con le loro censure, più che a dedurre vizi di legittimità, a sindacare il merito delle scelte amministrative, così sostituendo proprie valutazioni di opportunità a quelle dell'amministrazione.

Più in dettaglio il Collegio osserva che la validità del piano di sviluppo aziendale è stata correttamente valutata nel suo complesso, in termini di affidabilità prognostica, non essendo esigibile una sorta di lettura parcellizzata, come preteso dai ricorrenti, dalla quale potersi evincere con esattezza il numero di posti di lavoro che si andranno a creare, ovvero il guadagno che l'azienda realizzerà da quella parte dell'attività che resterà destinata alla produzione tradizionale.

Quanto, infine, alla disponibilità dei terreni da seminare, il Collegio osserva che, al fine di valutare la sussistenza del rapporto di connessione tra attività agricola e impianto per la produzione di energia elettrica mediante impiego di biogas ricavato da biomassa di origine vegetale e zootecnica, deve tenersi conto anche delle superfici non ancora in conduzione all'atto della domanda di approvazione del piano aziendale ma contemplate nella relazione tecnico-agronomica e disponibili al momento della messa in esercizio dell'impianto (cfr. Consiglio di Stato, Sezione V, 2 settembre 2013, n. 4340).

Nel caso di specie sono gli stessi ricorrenti a riferire che dal piano aziendale i terreni da seminare risultano alcuni in proprietà ed altri in affitto.

Dunque la censura è del tutto infondata essendo pacifico che la controinteressata avesse la disponibilità dei terreni, fin dalla presentazione del piano di sviluppo aziendale.

10.2. Anche le censure rivolte al Piano del traffico (doc. 13 id.) sono infondate.

L'Azienda (A) ha previsto di utilizzare liquame bovino proveniente da due aziende, Cascina (omissis) e Azienda (omissis); uno dei tragitti per raggiungere da queste l'azienda (A) interesserà, tra le altre, Via della Puglia e Strada Aguzzafame.

Dagli atti di causa risulta che quest'ultima, oltre essere ciclo-pedonale, è anche aperta al traffico veicolare, come si evince dai rilevi fotografici e dall'ordinanza n. 20 del 17 gennaio 2014 (doc. 33 id.).

La via denominata "Della Puglia", che collega via Agosti con via Aguzzafame, è una strada, di proprietà dei frontisti, adibita al pubblico transito e regolarmente inserita nello stradario cittadino (doc. 34 id.).

Le Amministrazioni coinvolte nel procedimento non hanno rilevato problemi di viabilità o di emissioni atmosferiche generate dai mezzi di trasporto (v. relazione del Sueap del Comune — doc. 31 id. — e verbale conferenza di servizi del 20 maggio 2013 — docc. 15 e 27 id.).

Anche sotto tale profilo, dunque, le censure di difetto di istruttoria formulate dai ricorrenti risultano infondate e tendenti a sostituire proprie valutazioni a quelle svolte dagli enti competenti in Conferenza dei servizi, più che ad evidenziare reali aspetti di illegittimità.

10.3. Infondata è anche la pretesa incompatibilità dell'impianto con il progetto di recupero ambientale LIFE10ENV IT 400 "New Life", avviato da Comune di Piacenza, Provincia di Piacenza e Università Cattolica del Sacro Cuore e co-finanziato dall'Unione europea.

Si tratta, come spiegato sia dai ricorrenti che dal Comune, di un progetto in forza del quale i 200.000 mq di terreno degradato in cui negli anni 70/80 sorgeva la discarica di Borgotrebbia saranno bonificati e torneranno a essere un'area di pregio naturalistico fruibile dai cittadini (doc. 27, 28 e 31 id.).

Tuttavia le due aree si trovano a distanza di circa 1,5 Km., sicché non risulta incongrua la valutazione con cui l'Amministrazione ha escluso rischi di interferenza.

Per analoghe ragioni di distanza e per la sostanziale natura non inquinante dell'impianto in discorso, non risulta irragionevole, altresì, in assenza di un obbligo di legge, la decisione di non sottoporre il progetto a valutazione di incidenza per la vicinanza dei due siti di importanza comunitaria e zone di protezione speciale (Sic-Zps) della Rete Natura 2000 e di un gomito regionale (ID 2029 Croara).

11. Il V motivo, inerente la mancata considerazione del metano nel computo del limite da rispettare per i composti organici volatili emettibili in atmosfera, è inammissibile.

I ricorrenti, infatti, deducono l'illegittimità della nota della Provincia 40784 del 6 giugno 2013 (doc. 1 del fascicolo della Provincia), nella parte in cui prevede che dal calcolo del valore limite di 150 mg/Nm3 stabilito per i composti organici volatili (espressi come carbonio organico totale), debba essere esclusa la componente metanica, sostenendo che, viceversa, nel limite di emissioni di carbonio organico totale (Cot) andrebbe ricompreso anche il metano.

L'Amministrazione provinciale, invero, nel suddetto parere si è uniformata ai limiti emissivi stabiliti per gli impianti alimentati a biogas dalla delibera regionale n. 1496/2011 (doc. 2 id.).

Al punto 4.36 dell'allegato alla Dgr n. 1496/2011 è indicato che, dal limite di emissione dei composti organici volatili (espressi come C-organico totale), deve ritenersi escluso il metano.

La suddetta delibera, non impugnata dai ricorrenti, rappresenta l'atto presupposto in conformità al quale la Provincia ha assunto la nota censurata, che si profila, dunque, atto a contenuto vincolato.

12. Con il VI e il VII motivo i ricorrenti deducono l'illegittimità dell'autorizzazione per non aver imposto la realizzazione di vasche o contenitori chiusi a tenuta, previsti dalla Dgr 1495/2011 e per non aver richiesto la cauzione a garanzia del ripristino, come prescritto dal Dm 10 settembre 2010.

12.1. La prima censura è infondata.

Il punto 3.1. della Dgr n. 1495/2011 prevede che la conservazione delle biomasse non palabili in arrivo all'impianto debba essere effettuata in "vasche/contenitori chiusi a tenuta, salvo un'apertura minima per gli sfiati che dovranno essere opportunamente trattati''.

Tale disposizione non impone un particolare tipo di copertura né impone che la biomassa raccolta nelle vasche o nei contenitori debba essere tenuta in depressione, limitandosi a prescrivere che la copertura sia "a tenuta".

La controinteressata ha previsto in progetto di realizzare la copertura della pre-vasca di carico mediante un telo impermeabile fissato alle pareti il cui sfiato viene mandato direttamente all'impianto di trattamento.

Il Collegio ritiene non illogica la valutazione tecnica di rispondenza di tale copertura alle prescrizioni della Dgr n. 1495/2011 e di idoneità a contrastare efficacemente lo sviluppo delle sostanze odorigene (cfr. nota della Provincia del 26 agosto 2013 — doc. 10 del fascicolo della Provincia — e nota Arpa in pari data — doc. 11 id.).

Non coglie nel segno neanche l'affermazione per cui non sarebbe stata svolta un adeguata istruttoria sulle emissioni prodotte dal motore installato.

Risulta dagli atti che la Provincia e l'Arpa (docc. ult. cit.) hanno compiuto tale valutazione sulle emissioni del motore che il gestore ha indicato (modello MAN E2848 LE 322); la Provincia ha, inoltre, prescritto, per la verifica del rispetto dei limiti emissivi, specifici controlli (v. nota n. 40784 del 6 giugno 2013).

12.2. La censura inerente la asserita mancata prestazione di idonee garanzie da parte del (omissis) è infondata, oltre che superata.

Invero la D.d. 40/2013 ha prescritto di produrre, in uno con la comunicazione di inizio lavori, un atto unilaterale d'obbligo per l'assunzione di impegno a rimuovere l'impianto e a rimettere in pristino lo stato dei luoghi in caso di dismissione dell'impianto stesso ai sensi dell'articolo 12 comma 4 del Dlgs 387/2003, nonché di un atto unilaterale d'obbligo a rimuovere le costruzioni esistenti nella fascia di rispetto stradale, come indicato all'articolo 40.07 delle Nta del Prg vigente.

Il (omissis) ha consegnato la documentazione richiesta il 9 aprile 2014 (doc. 32 id.) ivi compresa la fideiussione.

Dagli atti risulta, infatti, che, stante la mancanza dell'intera documentazione richiesta, il Comune di Piacenza aveva vietato l'inizio dei lavori (cfr. ordinanza n. 597/2013 – doc. 20 del fascicolo del Comune).

13. Con l'VIII motivo i ricorrenti deducono l'asserita illogicità di consentire la realizzazione dell'impianto in questione in zona agricola.

La censura è ai limiti dell'inammissibilità per genericità.

Sul punto il Collegio osserva che il biogas agricolo ha la sua ragion d'essere nell'uso ottimale delle risorse del fondo.

Un impianto quale quello in discorso, oltretutto di piccole dimensioni, è funzionalmente connesso alla trasformazione dei prodotti derivanti dalla produzione agricola e, dunque, la sua allocazione in zona agricola deve ritenersi compatibile con le linee guida dettate con il Dm 10 settembre 2010, giacché l'articolo 12, Dlgs 387/2003 prevede che gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai piani urbanistici (cfr. Tar Toscana, sez. II, 6 novembre 2013, n. 1493).

Peraltro, i ricorrenti in prima battuta e ad altri fini (I motivo) invocano il Dm 10 settembre 2010 e la disciplina dettata dall'articolo 12 comma 7 Dlgs 387/2003; successivamente, onde contestare l'ubicazione dell'impianto in discorso in zona agricola, ne chiedono la disapplicazione per contrasto con il diritto comunitario, o in subordine, la declaratoria di incostituzionalità per violazione dei diritti fondamentali, del diritto alla vita, alla salute, all'uguaglianza, essendo, a parere dei ricorrenti, "illogico … che in una zona agricola e comunque in zona agricola/parco (zona a, b, o c) si effettui una iniziativa (speculativa) del genere" (così a pag. 26 del ricorso).

Tale ultima censura, peraltro formulata "per mero tuziorismo", di per sé infondata per quanto si è detto, è manifestamente inammissibile.

Invero, per contestare in sede giurisdizionale la conformità al diritto comunitario o ai principi costituzionali di leggi regionali o statali che consentano l'installazione, in zona a destinazione agricola, di un impianto per la produzione di energia elettrica da biogas, sarebbe necessario quanto meno indicare quali siano le disposizioni comunitarie o le norme costituzionali violate, non potendosi la censura ad una legge risolversi in un personale giudizio di "illogicità", non sorretto da ragioni giuridiche.

14. Infine, con il IX motivo i ricorrenti ritengono illegittima la mancata sottoposizione a Via del progetto.

L'impianto in discorso, di potenza nominale pari a 300 kW, inferiore alla soglia dimensionale dei 25 MW, non ricade infatti tra i progetti da sottoporre a screening e a Via ai sensi della Lr 9/1999.

La tesi dei ricorrenti è che detto progetto andrebbe sottoposto a procedura di verifica di assoggettabilità a Via, anche se non previsto dalla citata legge regionale.

Si tratta di tesi che non può essere condivisa.

Come il Collegio ha già avuto modo di chiarire in un precedente, al quale per brevità rinvia (cfr. sentenza n. 236/2013), l'impianto che produce biogas da biomasse non smaltisce né tratta rifiuti e non è in alcun modo qualificabile come industria insalubre.

Invero si tratta di un impianto che produce energia, mediante un particolare procedimento che si concreta nel cosiddetto biogas, per cui vengono introdotti elementi organici che procedono ad un'attività riproduttiva rispetto alle sostanze immesse, pertanto tali elementi non sono rifiuti, utilizzati per essere smaltiti o in qualche modo trattati, ma servono per iniziare l'attività di decomposizione delle sostanze immesse, ai fini della produzione energetica.

Le amministrazioni si sono espresse sulla compatibilità ambientale del progetto, sotto i diversi profili, nell'ambito della conferenza di servizi.

Invero, il procedimento di Pas previsto dall'articolo 6 del Dlgs 3 marzo 2011, n. 28 emanato in attuazione della direttiva 2009/28/Ce sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, è dominato dalla conferenza di servizi ed finalizzato al rilascio dell'autorizzazione semplificata per la realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili (di cui ai paragrafi 11 e 12 delle linee guida, adottate ai sensi dell'articolo 12, comma 10 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387), non soggetti a semplice comunicazione.

Detta procedura semplificata ha carattere omnicomprensivo ed assorbe ogni altro procedimento previsto dalle leggi regionali e volto alla verifica o alla valutazione dell'impatto ambientale.

Ciò in quanto la conferenza di servizi è la sede nella quale le varie Amministrazioni preposte alla tutela dei beni ambientali, paesaggistici e storico-artistici debbono esternare le loro valutazioni tecniche.

14.1. Non può essere condivisa neanche la tesi per cui detta legge regionale andrebbe dichiarata incostituzionale o disapplicata per contrasto con la direttiva comunitaria 2011/92/Ue.

I ricorrenti richiamano, a sostegno della loro tesi, la sentenza della Corte Costituzionale n. 93 del 20 maggio 2013.

In tale pronuncia la Corte ha dichiarato incostituzionale la legge regionale n. 3/2012 della Regione Marche, tra l'altro nella parte in cui, nell'individuare i criteri per identificare i progetti da sottoporre a Via regionale o provinciale, non prevedeva che si dovesse tener conto, caso per caso, di tutti i criteri indicati nell'allegato III della direttiva Ue, come previsto dall'articolo 4, paragrafo 3, della stessa direttiva.

Secondo la Consulta: "Dalla citata direttiva Ue discende un preciso obbligo gravante su tutti gli Stati membri di assoggettare a Via non solo i progetti elencati nell'allegato l, ma anche i progetti descritti nell'allegato II, qualora si rivelino idonei a generare un impatto ambientale importante, all'esito della procedura di c.d. screening. Tale screening deve essere effettuato avvalendosi degli specifici criteri di selezione definiti nell'allegato III della stessa direttiva e concernenti, non solo la dimensione, ma anche altre caratteristiche dei progetti (il cumulo con altri progetti, l'utilizzazione di risorse naturali, la produzione di rifiuti, l'inquinamento e i disturbi ambientali da essi prodotti, la loro localizzazione e il loro impatto potenziale con riferimento, tra l'altro, all'area geografica e alla densità della popolazione interessata). Tali caratteristiche sono, insieme con il criterio della dimensione, determinanti ai fini della corretta individuazione dei progetti da sottoporre a Via o a verifica di assoggettabilità nell'ottica dell'attuazione dei principi di precauzione e di azione preventiva (considerando n. 2) ed in vista della protezione dell'ambiente e della qualità della vita (considerando n. 4)."

Il Collegio osserva che la questione di incostituzionalità della legge regionale n. 9/1999 prospettata dai ricorrenti, a prescindere da eventuali profili di non manifesta infondatezza, non è rilevante nel presente giudizio.

Infatti, per quanto riguarda l'impianto per cui è causa, non risulta la presenza in zona di altri progetti analoghi, non è prevista la produzione di rifiuti, non si tratta di un impianto inquinante, è contemplata l'utilizzazione esclusiva di risorse naturali e non è ragionevole ipotizzare significativi disturbi ambientali atteso che — è dato pacifico — l'impianto sorgerà in zona agricola e non a ridosso di un agglomerato urbano ad alta densità.

È agevole rilevare come, nel caso di specie, 5 dei 7 parametri riguardanti le caratteristiche del progetto, indicati dalla Consulta, risultino comunque considerati.

D'altra parte, in punto di fondatezza della questione, deve darsi atto, come osservato dalla difesa del Comune, che la Regione Emilia Romagna ha adottato, in subjecta materia, ad integrazione della legge regionale, una disciplina piuttosto articolata (Dgr 1198/2010; delibera Assemblea legislativa 51/2011; Dgr 1495/2011; Dgr 1496/2011), con cui ha posto particolare attenzione alle tematiche ambientali, con riferimento a progetti quali quello in discorso, minimizzando i potenziali impatti degli impianti a biogas sull'ambiente e sulla cittadinanza.

In conclusione, per tutte le suesposte considerazioni, il ricorso deve in parte essere respinto e in parte dichiarato inammissibile.

15. La domanda risarcitoria formulata dalla controinteressata in via riconvenzionale va dichiarata inammissibile poiché non ritualmente proposta con atto notificato alle altre parti.

Peraltro la domanda è anche infondata.

Invero l'Azienda (A) ha chiesto il risarcimento del danno, quantificato in € 224.280,00, derivatole dalla proposizione del presente ricorso per la perdita parziale (0,2%) degli incentivi statali di cui al Dm 6 luglio 2012, applicabili solo agli impianti nuovi che entrano in esercizio dal 1° gennaio 2013, passando da 0,236 € per kW dell'anno 2013 a 0,231 € per kW quale tariffa prevista per l'anno 2014, nonché all'ulteriore danno derivatole dal blocco dell'erogazione del finanziamento richiesto ed ottenuto in banca per la realizzazione dell'impianto (doc. 3 del fascicolo della ricorrente) con proroga della validità del finanziamento fino al 6 settembre 2014.

L'infondatezza della domanda risulta per tabulas atteso che il ricorso in epigrafe è stato notificato solo in data 23 ottobre 2013, dunque circa 10 mesi dopo la data del 1° gennaio 2013, indicata dalla ricorrente come data di messa in esercizio, utile per non incorrere nella perdita parziale degli incentivi.

D'altra parte il (omissis) ha depositato al Comune la documentazione necessaria per intraprendere i lavori soltanto in data 9 aprile 2014; ne discende che il ritardo nella messa in esercizio dell'impianto non è certamente addebitabile alla proposizione del presente ricorso.

7. Le spese del giudizio, secondo la soccombenza, sono poste a carico dei ricorrenti nei confronti di tutte le parti costituite — fatta eccezione per la Regione cui nulla è dovuto — e sono liquidate come in dispositivo.

Non sussistono, viceversa, i presupposti per l'applicazione dell'invocata sanzione per lite temeraria, di cui all'articolo 26, comma 2, C.p.a.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna, Sezione distaccata di Parma, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, in parte lo respinge e in parte lo dichiara inammissibile.

Condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio che liquida in € 1.000,00 (mille) per parte costituita, oltre C.a. e Iva come per legge, se dovuti.

Nulla nei confronti della Regione Emilia Romagna.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 15 maggio 2014 con l'intervento dei Magistrati:

(omissis)

 

Depositata in segreteria il 26 giugno 2014.

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