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Giurisprudenza

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Sentenza Corte di Cassazione 12 maggio 2014, n. 19444

Territorio - Edilizia - Autorizzazioni - Permesso di costruire - Manufatti in parte o del tutto interrati - Necessità - Sussiste

La presente pronuncia è correlata ai seguenti provvedimenti

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Corte di Cassazione

Sentenza 12 maggio 2014, n. 19444

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

La Corte Suprema di Cassazione

Terza Sezione penale

 

Composta da

(omissis)

 

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

 

sul ricorso proposto da: (omissis), n. a (omissis);

avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce. Sezione distaccata di Taranto in data 14 marzo 2013;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere (omissis);

udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale (omissis), che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udite le conclusioni del difensore, avvocato (omissis), che ha chiesto l'accoglimento;

 

Ritenuto in fatto

1. (omissis) propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, di conferma della sentenza del tribunale di Taranto per il reato di cui all'articolo 44 lettera b) del Dpr n. 380 del 2001 in relazione alla realizzazione, quale proprietario e committente, in assenza del permesso a costruire, di due vani al grezzo ricavati tra gli anfratti di una cava e di una piscina scoperta.

Premette il ricorrente di avere acquistato il 19 dicembre 2007 dai signori (omissis) immobile, per il quale era stato già rilasciato permesso di costruire in sanatoria nonché l'ulteriore permesso di costruire nell'anno 2007; avendo necessità di eseguire lavori di ristrutturazione e modifiche interne, modifiche di prospetto ed adeguamento igienico — sanitario, l'acquirente aveva quindi presentato progetto di recupero del fabbricato con l'annesso giardino di pertinenza ottenendo relativo permesso di costruire in data 9 aprile 2008. Poiché nel corso dei lavori finalizzati a sistemare il giardino pertinenziale erano stati eseguiti lavori in difformità dal permesso di costruire, il ricorrente aveva proceduto a regolarizzare tali opere ottenendo il 29 aprile 2010 permesso di costruire in sanatoria. Quanto al recupero delle cave, il ricorrente aveva invece presentato denuncia di inizio attività in sanatoria in data 12 marzo 2010 rispetto alla quale il Comune di Maruggio aveva proceduto all'ulteriore istruttoria richiedendo certificato di collaudo finale dei lavori eseguiti, certificato in effetti consegnato al Comune in data 3 maggio 2010; il Giudice di primo grado non si era tuttavia avveduto dell'esistenza della richiesta di Dia, in sanatoria presentata il 10 marzo 2010 mai fatta oggetto di diniego e/o di improcedibilità; la Corte d'Appello, da parte sua, aveva integrato sul punto la motivazione della sentenza impugnata valutando le opere in questione come determinanti una consistente e durevole trasformazione dell'assetto urbanistico e come irrilevante la dichiarazione del responsabile dello sportello unico del Comune in data 22 febbraio 2012.

2. Ciò posto, con un primo motivo lamenta la violazione degli articoli 10, 22, 23, 44 del Dpr n. 380 del 2001 deducendo che la Corte d'Appello ha ritenuto come la realizzazione di due vani al grezzo e di una piscina scoperta abbiano integrato gli interventi di nuova costruzione realizzati in mancanza di permesso di costruire.

Tuttavia quanto realizzato, ovvero lavori di pulizia e recupero di vecchie cave di tufo esistenti, rientra pacificamente nelle opere di ristrutturazione edilizia per le quali era necessaria e sufficiente la presentazione di una Dia; nella specie non si è considerata la presentazione della Dia in sanatoria e la conclusione del relativo procedimento senza provvedimenti di rigetto, come attestato dal Comune con certificazione del 22 febbraio 2012.

Con un secondo motivo lamenta la violazione di legge in relazione alla suddetta certificazione del 22 febbraio 2012 e la mancanza di motivazione o illogicità della stessa; in particolare si duole che la Corte abbia ritenuto detta certificazione, ove veniva attestata la esclusiva realizzazione di lavori di pulizia e il consolidamento di vecchie cave di tufo, come irrilevante.

Con un terzo motivo lamenta la violazione dell'articolo 4 della legge n. 493 del 1993 posto che con tale norma è stato demandato alle regioni il potere di disciplinare i casi in cui il cambio di destinazione d'uso deve essere soggetto a permesso o ad autorizzazione; nella specie la Corte d'Appello ha ritenuto la penale responsabilità in relazione alla realizzazione della piscina prescindendo dalla normativa regionale della Puglia che non imporrebbe per le opere in oggetto e il ritenuto mutamento di destinazione urbanistica alcun permesso a costruire.

 

Considerato in diritto

3. Il ricorso è inammissibile.

I primi due motivi, entrambi manifestamente infondati, muovono dal presupposto che per la realizzazione delle opere poste in essere, e, segnatamente, i vani al grezzo e la piscina scoperta interrata, fosse e sia sufficiente una Dia e che, pertanto, tanto più essendo stata presentata in data 1 marzo 2010 una Dia in sanatoria, il reato non sussisterebbe.

Tale assunto è stato però motivatamente confutato dalla sentenza impugnata che ha posto in rilievo, invece, che le opere per le quali è stata presentata dia. In sanatoria, peraltro mai rilasciata, non erano di mera pulizia, consolidamento e recupero di vecchie cave, bensì integranti "nuova costruzione" per la quale era quindi necessario il permesso a costruire; ha infatti evidenziato la realizzazione: 1) di una classica piscina interrata, di circa 103 mq. con profondità variabile da 0,30 a 2,00 metri, dotata di scala metallica per la discesa in acqua; 2) di un vano interrato di circa 1,5 metri rispetto al piano e con superficie coperta di circa 7,5 mq. e altezza di circa 3 metri; 3) di un manufatto fuoriuscente dal piano di circa 70 mq. e con superficie coperta di circa 61,00 mq. e altezza di circa 3,5 metri.

Costituiscono infatti lavori edilizi necessitanti di permesso a costruire non soltanto quelli per la realizzazione di manufatti che si elevano al di sopra del suolo, ma anche quelli in tutto o in parte interrati e che trasformano in modo durevole l'area impegnata dai lavori stessi (cfr., tra le altre, Sezione 3, n. 26197 del 29 aprile 2003, Agresti, Rv. 225388, proprio con riferimento a piscina interrata).

Di qui, dunque, la esatta riconducibilità di dette opere, ben diverse da quelle di cui all'articolo 22 del Dpr n. 380 del 2001, nel novero di quelle considerate dagli articoli 3 lettere e) ed e.1) e 10 del medesimo Dpr, e la conseguente, corretta, valutazione della irrilevanza dell'attestazione, tra l'altro di nessuna efficacia sanante, del responsabile dello Sportello unico del Comune del 22 febbraio 2012.

4. Il terzo motivo deduce violazione di legge in precedenza non proposta ed è quindi inammissibile; in ogni caso lo stesso si basa sulla considerazione che la valutazione di illiceità in particolare della piscina sarebbe dipesa da un mutamento di destinazione d'uso di un preesistente manufatto; al contrario, come già chiarito sopra, nella specie non si versa in mero mutamento di destinazione d'uso, ma in vera e propria ipotesi di nuova costruzione con conseguente irrilevanza, in ogni caso, delle norme regionali invocate.

5. L'inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di denaro di euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

 

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di denaro di euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 19 marzo 2014.

 

Depositata in cancelleria il 12 maggio 2014.

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