Sentenza Tar Puglia 21 novembre 2013, n. 2363
Rifiuti - Contaminazione delle acque di falda - Ordinanza provinciale - Articolo 244, Dlgs 152/2006 - Principio “chi inquina paga” - Nesso di causalità - Indizi plausibile - Richiesti
Tar Puglia
Sentenza 21 novembre 2013, n. 2363
Repubblica italiana
In nome del popolo italiano
Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia
Lecce — Sezione Prima
ha pronunciato la presente
Sentenza
sul ricorso numero di registro generale 740 del 2013, proposto da:
(omissis) Spa, rappresentata e difesa dagli avv. (omissis), (omissis), (omissis), (omissis), con domicilio eletto presso (omissis);
contro
Provincia di Brindisi, rappresentata e difesa dagli avv. (omissis), (omissis), con domicilio eletto presso Segreteria Tar in Lecce, via F. Rubichi 23; Comune di San Donaci, Regione Puglia, Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) — Puglia;
nei confronti di
(omissis) Spa, rappresentata e difesa dagli avv. (omissis), (omissis), con domicilio eletto presso (omissis);
per l'annullamento
dell'ordinanza della Provincia di Brindisi prot. n. 16272 dell'8 marzo 2013, di diffida alla bonifica ex articolo 244 del Dlgs 152/2006, anticipata a mezzo telefax alla ricorrente, recante "(omissis) Spa Certificazione completamento lavori di bonifica dell'ex Punto Vendita (omissis), ubicato in (omissis), attuale (omissis), provv. n. 1300 del 20 luglio 2010. Ordinanza di bonifica articolo 244 del Dlgs 152/2006 e s.m.i.", con la quale la Provincia di Brindisi, al di fuori di qualsivoglia istruttoria e accertamento, ha ritenuto la ricorrente responsabile, in solido con la controinteressata (omissis) attuale proprietaria del sito, della presunta contaminazione delle acque di falda così diffidandola a predisporre un progetto di bonifica delle acque sotterranee e a porre in essere interventi di messa in sicurezza d'emergenza entro 30 giorni dalla data di notifica dell'ordinanza;
della nota della Provincia di Brindisi prot. n. 77325 del 22 ottobre 2012 avente ad oggetto la comunicazione di avvio del procedimento per l'emanazione dell'ordinanza ex articolo 244 del Dlgs 152/2006;
di ogni altro atto preordinato, conseguente o comunque connesso, ivi inclusi: la nota della Provincia di Brindisi prot. n. 46862 del 14 giugno 2012; la comunicazione della Provincia di Brindisi prot. n. 79296 del 29 ottobre 2012.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Provincia di Brindisi e di (omissis) Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2013 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori (omissis), (omissis), anche in sostituzione di (omissis);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto e Diritto
1. È impugnata l'ordinanza in epigrafe, con cui la Provincia di Brindisi ha ordinato alla ricorrente – già proprietaria del punto vendita carburanti ubicato in (omissis) – di provvedere alla presentazione di un progetto finalizzato all'esecuzione degli interventi per la messa in sicurezza d'emergenza e alla bonifica delle acque di falda.
A sostegno del ricorso, la ricorrente ha dedotto i seguenti profili di gravame, appresso sintetizzati: 1) violazione degli articoli 244 Dlgs 152/2006, 191 Tfue; eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità, irragionevolezza, perplessità, difetto dei presupposti; 2) violazione degli articoli 242-244-248 Dlgs 152/2006, 2-7-21 nonies, legge 241/90; eccesso di potere per contraddittorietà e difetto di motivazione; 3) violazione dell'articolo 240 co. 1, lett. m) e t) del Dlgs 152/2006; eccesso di potere per difetto di motivazione ed assenza dei presupposti; 4) violazione dell'articolo 257 Dlgs 152/2006; eccesso di potere per assenza dei presupposti e travisamento dei fatti.
Nella camera di consiglio del 5 giugno 2013 è stata accolta la domanda di tutela cautelare.
All'udienza del 23 ottobre 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
2. Con i vari motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, per comunanza delle relative censure, deduce la ricorrente l'illegittimità dell'impugnata ordinanza, avuto riguardo a: 1) la mancata individuazione, da parte della Provincia, del soggetto presuntivamente responsabile dell'inquinamento; 2) il difetto di motivazione in ordine al mutamento della situazione di fatto cristallizzata con D.D. n. 1300/2010, con cui si è attestato il raggiungimento degli obiettivi di bonifica nei limiti della concentrazione soglia di rischio (Csr); 3) l'inosservanza del procedimento prescritto dall'articolo 242 commi 3 e 4, Dlgs 152/2006.
Le censure sono fondate.
2.1. Ai sensi dell'articolo 242, comma 1, Dlgs 152/2006, "Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell'inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione".
Dispone poi il successivo comma 2: "Il responsabile dell'inquinamento, attuate le necessarie misure di prevenzione, svolge, nelle zone interessate dalla contaminazione, un'indagine preliminare sui parametri oggetto dell'inquinamento e, ove accerti che il livello delle concentrazioni soglia di contaminazione (Csc) non sia stato superato, provvede al ripristino della zona contaminata".
Ai sensi del comma 3, poi, "Qualora l'indagine preliminare di cui al comma 2 accerti l'avvenuto superamento delle CSC anche per un solo parametro, il responsabile dell'inquinamento ne dà immediata notizia al comune ed alle province competenti per territorio con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate. Nei successivi trenta giorni, presenta alle predette amministrazioni, nonché alla regione territorialmente competente il piano di caratterizzazione".
Infine, dispone il successivo comma 4 che: "Sulla base delle risultanze della caratterizzazione, al sito è applicata la procedura di analisi del rischio sito specifica per la determinazione delle concentrazioni soglia di rischio (Csr)".
2.2. Tale normativa costituisce attuazione del principio, di matrice comunitaria (articolo 191 Tfue), secondo il quale: "chi inquina paga". Principio che pone l'obbligo di attuazione delle misure di prevenzione e/o bonifica del sito al soggetto che si sia reso materialmente responsabile dell'inquinamento.
In tal senso, la giurisprudenza ha da tempo condivisibilmente chiarito che: "Il complesso della disciplina, di cui al Dlgs 3 aprile 2006 n. 152, conforme al diritto comunitario, appare ispirato al cd. principio del "chi inquina paga", da intendersi in senso sostanzialistico, secondo il principio di effettività come criterio guida nell'interpretazione del diritto comunitario ambientale, sancito con sentenza della Corte di Giustizia Ce 15 giugno 2000. Detto principio del "chi inquina paga" consiste, in definitiva, nell'imputazione dei costi ambientali (cd. ovvero costi sociali estranei alla contabilità ordinaria dell'impresa) al soggetto che ha causato la compromissione ecologica illecita" (Tar Calabria, Catanzaro, I, 18 settembre 2012, n. 954. In termini confermativi, cfr. altresì, ex multis, Tar Sicilia, Catania, 11 settembre 2012, n. 2117; Tar Toscana, II, 11 giugno 2012, n. 1104).
Pertanto, conformemente al principio "chi inquina paga", l'obbligo di riparazione incombe sugli operatori solo in misura corrispondente al loro contributo al verificarsi dell'inquinamento o al rischio di inquinamento. In particolare, per poter presumere l'esistenza di un siffatto nesso di causalità, l'autorità competente deve disporre di indizi plausibili in grado di dar fondamento alla sua presunzione, quali la vicinanza dell'impianto dell'operatore all'inquinamento accertato e la corrispondenza tra le sostanze inquinanti ritrovate e i componenti impiegati da detto operatore.
2.3. Tanto premesso, e venendo ora al caso di specie, rileva il Collegio che l'ordinanza in questione è stata emessa nei confronti sia dell'odierna ricorrente, che di (omissis) Spa, senza che sia specificato in che misura l'evento sia imputabile all'una e all'altra società. Già soltanto per tale ragione, pertanto, è evidente l'illegittimità dell'impugnato provvedimento, posto che esso ha imposto l'adozione delle misure di ripristino ambientale in capo ad un soggetto (l'odierna ricorrente) del quale non è stato provato il suo ruolo di responsabile dell'inquinamento. La qual cosa è tanto più evidente se si considera che, come emerge dalla documentazione in atti (cfr. doc. 5 del fascicolo di parte ricorrente), alla data dell'impugnato provvedimento (8 marzo 2013) (omissis) Spa non gestiva più lo stabilimento in esame, avendolo ceduto a (omissis) Spa con contratto di permuta di ramo d'azienda per notar Colombo del 13 luglio 2000.
Pertanto, la risalenza della permuta rispetto alla data di accertamento dell'inquinamento (7-8 novembre 2011) non consente una sicura imputazione di quest'ultimo all'odierna ricorrente. Ciò tanto più che l'amministrazione non ha in alcun modo indicato la sussistenza di elementi dai quali inferirsi una qualche forma di responsabilità di (omissis) Italia Spa nella causazione dell'illecito in esame.
2.4. Già soltanto per tali ragioni, pertanto, l'impugnato provvedimento è illegittimo, e va annullato.
3. A ciò aggiungasi, per mere ragioni di completezza espositiva, che l'ordinanza in questione è illegittima anche in relazione agli ulteriori motivi di gravame dedotti dalla ricorrente. Invero, sotto un primo punto di vista, rileva il Collegio che la Provincia di Brindisi, con precedente D.D. n. 1300 del 20 luglio 2010, ha deliberato "… di ritenere concluso il procedimento relativo alla bonifica del punto vendita carburanti (omissis) Spa", e conseguentemente, "di certificare … il completamento dei lavori di bonifica del sito in questione, fatte salve eventuali ulteriori decisioni che potranno essere assunte a completamento delle attività di monitoraggio delle acque di falda".
Senonché, con il provvedimento odiernamente impugnato, la Provincia, a seguito delle analisi eseguite dal Dap di Brindisi dell'Arpa in data 7-8 novembre 2011, ha rilevato la contaminazione delle acque di falda, quanto al parametro "Toluene". Orbene, a fronte di una precedente procedura di bonifica avente ad oggetto anche le acque sotterranee, e conclusasi positivamente (seppur in termini non definitivi, dovendosi eseguire ulteriori accertamenti), l'amministrazione non ha fornito alcuna motivazione idonea a giustificare l'ascrivibilità della contaminazione di dette acque ad un fatto (la gestione del punto vendita di carburanti da parte di (omissis) ) cessato più di un anno prima.
In secondo luogo, e in termini correlati, alcuna indagine istruttoria risulta essere stata svolta in relazione alla sussistenza degli elementi di cui all'articolo 240 lett. m) e t) Dlgs 152/2006, in particolare quanto alla rilevanza/significatività della quantità di sostanze inquinanti rinvenute "in situ".
3.1. Per tali ragioni, è evidente il lamentato difetto istruttorio e motivazionale dell'impugnato provvedimento, non avendo l'amministrazione dato conto delle ragioni per le quali, a distanza di più di un anno dalla cessazione della gestione del punto vendita di carburanti da parte di (omissis), il sito in questione è risultato nuovamente inquinato per effetto di condotte in qualche modo ascrivibili alla società ricorrente.
4. Da ultimo, non risulta attivato il necessario contraddittorio procedimentale prescritto dall'articolo 242 commi 3 e 4 Dlgs 152/2006 in relazione alla previa necessità del piano di caratterizzazione, e sulla base delle risultanze di quest'ultimo, dell'applicazione della procedura di analisi del rischio specifica per la determinazione delle Csr.
4.1. Anche sotto questo profilo, pertanto, risulta evidente l'illegittimità dell'impugnato provvedimento, non essendo quest'ultimo stato preceduto dalla suddetta procedura di approvazione del piano di caratterizzazione, da svolgersi in contraddittorio con i soggetti interessati.
5. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso è fondato.
Ne consegue l'annullamento dell'atto impugnato.
6. Sussistono giusti motivi, rappresentati dalla complessità delle questioni trattate, per la compensazione delle spese di lite.
PQM
Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia Lecce — Sezione Prima,
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e annulla per l'effetto l'atto impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
(omissis)
Depositata in Segreteria il 21 novembre 2013