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Sentenza Consiglio di Stato 4 ottobre 2013, n. 4905

Territorio - Stabilimento balneare - Sostituzione pavimentazione   esterna - Conglomerato cementizio - Articolo 24, Dpr 328/1952 -   Variazioni al contenuto concessione - Espressa autorizzazione -   Richiesta

Consiglio di Stato

Consiglio di Stato 4 ottobre 2013, n. 4905

 

Repubblica italiana

in nome del popolo italiano

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 3542 del 2012, proposto da:

Comune di Pescara, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato (omissis), con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

contro

Il Pirata Sas di Cirotti Lorenzo, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis) e (omissis), con domicilio eletto presso lo studio dell'avvocato (omissis);

per la riforma della sentenza 9 novembre 2011, n. 621 del Tribunale amministrativo regionale dell'Abruzzo, sezione staccata di Pescara, Sezione I.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l'atto di costituzione in giudizio del (omissis) Sas di (omissis);

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2013 il Cons. (omissis) e uditi per le parti gli avvocati (omissis), per delega dell'avvocato (omissis), e (omissis) per delega dell'avvocato (omissis).

 

Fatto e diritto

1.– Il (omissis) Sas è titolare di uno stabilimento balneare, denominato (omissis), situato in (omissis).

In prossimità della stagione estiva 2010 la società ha effettuato lavori consistenti nella sostituzione della pavimentazione esterna esistente con un "conglomerato cementizio".

Il Comune – all'esito del sopralluogo effettuato in data 26 marzo 2010, ripetuto il successivo 27 maggio, e avuto riguardo all'ordinanza di sospensione dei lavori del 26 marzo 2010, n. 38610, nonché alla diffida alla rimozione del 23 giugno 2010, n. 82785 – con ordinanza 7 dicembre 2010, n. 30, ha ordinato alla società la rimozione delle opere abusive e il ripristino dello stato dei luoghi.

La società ha impugnato i predetti atti innanzi al Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo, sezione staccata di Pescara, deducendo le seguenti illegittimità, riportate in sintesi: i) violazione degli articoli 1 e 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, non avendo il Comune mai adottato "un provvedimento conclusivo espresso" ma "direttamente il provvedimento esecutivo sanzionatorio"; ii) violazione degli articoli 3 e 6 del Dpr 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), dell'articolo 30 della legge regionale 12 aprile 1983, n. 18 (Norme per la conservazione, tutela, trasformazione del territorio della Regione Abruzzo) e dell'articolo 11 del piano demaniale, in quanto la sostituzione della pavimentazione non costituirebbe manutenzione straordinaria ma ordinaria; iii) violazione degli articoli 3 e 6 del Dpr 380/2001 e dell'articolo 17 del piano demaniale, in quanto, contrariamente a quanto dedotto dal Comune, la società non avrebbe realizzato dei massetti di cemento; iv) violazione dell'articolo 37 del Dpr 380 del 2001, in quanto per i lavori realizzati in assenza di denuncia di inizio attività è prevista la sola sanzione pecuniaria.

2.– Il Tribunale amministrativo, con sentenza 9 novembre 2011, n. 621, ha accolto il ricorso, rilevando che: "l'intervento non possa essere considerato dal Comune come un vero e proprio unico massetto di cemento, per la sua divisione in lastre ancorché di notevole peso e spessore". Per queste ragioni il primo giudice ha ritenuto che "il massetto di cemento originario risulta sostanzialmente frazionato e quindi va considerato (…) come un intervento di manutenzione ordinaria".

3.– Il Comune ha proposto appello, rilevando che la ricorrente non avrebbe dedotto alcuna censura avverso l'ordinanza di sgombero nella parte in cui, in applicazione dell'articolo 24 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione, ha rilevato l'assenza della specifica autorizzazione demaniale. In particolare, si è dedotto che, a prescindere dagli aspetti di rilevanza edilizia, tale autorizzazione sarebbe richiesta per qualunque tipo di intervento.

3.1.– Si è costituita in giudizio la ricorrente in primo grado, deducendo che il motivo prospettato è inammissibile, in quanto si tratterebbe di una eccezione che l'appellante non ha mai proposto in primo grado. Nel merito si è chiesto il rigetto dell'appello.

4.– In via preliminare deve ritenersi infondata la suddetta eccezione di inammissibilità sollevata dalla parte resistente.

La questione posta, con l'atto di appello, nel giudizio di primo grado integra gli estremi di una mera difesa o eccezione in senso improprio. Si tratta, infatti, di argomenti difensivi utilizzati per dimostrare l'infondatezza dell'azione proposta, senza l'allegazione di fatti o atti idonei a paralizzare la pretesa azionata. Ne consegue che la mera difesa può costituire, anche quando non espressa nel processo di primo grado, oggetto di un autonomo motivo di appello.

5.– Nel merito l'appello è fondato.

L'articolo 24 (Variazioni al contenuto della concessione) del Regolamento per l'esecuzione del Codice della navigazione (navigazione marittima) prevede che: "la concessione è fatta entro i limiti di spazio e di tempo e per le opere, gli usi e le facoltà risultanti dall'atto o dalla licenza di concessione. // Qualsiasi variazione nell'estensione della zona concessa o nelle opere o nelle modalità di esercizio deve essere richiesta preventivamente e può essere consentita mediante atto o licenza suppletivi dopo l'espletamento dell'istruttoria. Qualora, peraltro, non venga apportata alterazione sostanziale al complesso della concessione e non vi sia modifica nell'estensione della zona demaniale, la variazione può essere autorizzata per iscritto dal capo del compartimento, previo nulla osta dell'autorità che ha approvato l'atto di concessione".

La disposizione deve essere intesa nel senso che qualsiasi variazione al contenuto della concessione attuata mediante la realizzazione di interventi sul suolo demaniale deve essere oggetto di una espressa autorizzazione. Il rilascio di una tale autorizzazione ha una valenza autonoma e separata rispetto ai titoli edilizi.

Nel caso in esame, l'amministrazione comunale ha rilevato, con l'ordinanza di sgombero, che non era stata richiesta la suddetta autorizzazione.

Le opere eseguite sono conseguentemente abusive, a prescindere dalla rilevanza delle stesse sul piano strettamente edilizio.

Ne consegue che, in assenza di specifiche censure avverso la parte degli atti impugnati che hanno accertato la violazione del citato articolo 24 (peraltro oggettivamente esistente), non poteva trovare accoglimento il ricorso di primo grado.

La sentenza impugnata è, pertanto, erronea nella parte in cui ha ritenuto non necessario alcun titolo abilitativo in ragione della qualificazione in termini di manutenzione ordinaria dell'intervento eseguito.

6.– La società appellata è condannata al pagamento, in favore del Comune appellante, delle spese processuali, che si determinano in euro 3.000,00 (tremila), oltre accessori.

 

PQM

 

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:

a) accoglie l'appello proposto con il ricorso, indicato in epigrafe, n. 3542 del 2012;

b) condanna la società appellata al pagamento, in favore del Comune appellante, delle spese processuali, che si determinano in euro 3.000,00 (tremila), oltre accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2013 con l'intervento dei magistrati:

(omissis)

Depositata in Segreteria il 4 ottobre 2013

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