Energia

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Emilia Romagna 25 luglio 2013, n. 236

Energie rinnovabili - Impianto cogenerativo a biogas da biomasse - Assoggettamento a "screening" ambientale - Esclusione - Condizioni - Natura - Impianto termico per la produzione di energia

Gli impianti a biogas da biomasse non sono soggetti a verifica di assoggettabilità a Via. Lo ha deciso il Tar Emilia Romagna nella sentenza 25 luglio 2013, n. 236.
I Giudici confermano l'autorizzazione unica (Dlgs 387/2003) per un impianto cogenerativo a biogas da biomassa, negando, come voleva il ricorrente, che per lo stesso occorresse anche lo "screening ambientale" ai sensi dell’allegato IV, Parte II, al Dlgs 152/2006, punto 2, lettera c). Infatti, anche a qualificare tale impianto come "industria" esso non è "impianto non termico per la produzione di energia", che sarebbe soggetto a "screening" se sopra 1 MWe, ma semmai "impianto termico", per il quale la verifica di assoggettabilità a Via scatta solo se di potenza termica sopra i 50 MWt (l'impianto in questione era ben al di sotto di tale soglia).
Inoltre il Tar ha anche ricordato che gli impianti a biogas da biomassa non sono "industrie insalubri" non trattando o smaltendo in alcun modo rifiuti, poiché gli elementi organici introdotti negli impianti non sono "smaltiti" o in qualche modo "trattati", ma servono solo per iniziare l’attività di decomposizione delle sostanze immesse, ai fini della produzione energetica.

Parole chiave Parole chiave: Energia | Energie rinnovabili | Biogas / Biometano | Autorizzazioni | Via (Pua-Paur) / Vas | Biogas / Biometano | Autorizzazioni | Procedure semplificate | Via (Pua-Paur) / Vas | Procedure semplificate | Energie rinnovabili

Tar Emilia-Romagna

Sentenza 25 luglio 2013, n. 236

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Emilia Romagna

Sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

 

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

 

sul ricorso numero di registro generale 249 del 2012, proposto da:

(omissis), rappresentato e difeso dall'avvocato (omissis);

 

contro

Provincia di Piacenza, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato (omissis);

 

nei confronti di

(omissis) Società agricola consortile a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis);

 

per l'annullamento

della determinazione del Dirigente del Servizio ambiente ed energia della Provincia di Piacenza:

n. 136 del 25 gennaio 2012 avente ad oggetto autorizzazione alla costruzione ed esercizio di un impianto a biogas per la produzione di energia elettrica ubicato nel Comune di Besenzone;

della determinazione del dirigente del Settore viabilità, edilizia e Infrastrutture della Provincia di Piacenza n. 2801 del 28 dicembre 2011 portante rilascio concessione stradale per la regolamentazione di due accessi carrai già esistenti;

della determinazione n. 798 in data 27 aprile 2012 del Dirigente del Servizio ambiente ed energia della Provincia di Piacenza;

della determinazione n. 707 in data 27 aprile 2013 del Dirigente del Settore viabilità, edilizia e infrastrutture avente ad oggetto realizzazione di n. 2 piazzole di sosta;

della determinazione n. 737 del 17 aprile 2012 del Dirigente del Settore viabilità, edilizia e infrastrutture avente ad oggetto rilascio concessione edilizia per la realizzazione di n. 5 piazzole di sosta;

del verbale della conferenza dei servizi tenutasi il 18 aprile 2012;

di tutti gli atti presupposti, preliminari e comunque connessi.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Piacenza e di (omissis) Società agricola consortile a r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore la dott.ssa (omissis);

Uditi, nell'udienza pubblica del giorno 19 giugno 2013, i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

 

Fatto e diritto

1. Con ricorso notificato il 5 luglio 2012 e depositato il 12 luglio successivo il ricorrente ha impugnato gli atti in epigrafe chiedendone l'annullamento.

Si sono costituite in giudizio sia la Provincia di Piacenza sia la controinteressata (omissis) Società agricola consortile a r.l. eccependo, in via preliminare, l'inammissibilità del ricorso e chiedendone, in subordine, la reiezione per infondatezza.

Alla camera di consiglio del 19 settembre 2012 la ricorrente ha rinunciato all'istanza cautelare.

In vista della trattazione del merito le parti hanno depositato scritti conclusivi e repliche e all'udienza pubblica del 19 giugno 2013, sentiti i difensori presenti, la causa è stata trattenuta in decisione.

2. In data 9 giugno 2011 la (omissis) Società agricola consortile a r.l. presentava alla Provincia di Piacenza istanza di Autorizzazione Unica per la costruzione e l'esercizio di un impianto cogenerativo per la produzione di energia elettrica, della potenza di 998 KWe, alimentato a biogas da biomasse agricole da ubicarsi in Comune di Besenzone.

Stante la rilevata incompletezza della domanda la società proponente, in data 10 agosto 2011, presentava ulteriore istanza di autorizzazione unica; veniva pertanto indetta conferenza di servizi che si riuniva il 1° settembre 2011, il 5 novembre 2011 e il 20 dicembre 2011, data nella quale la conferenza si esprimeva favorevolmente al rilascio dell'autorizzazione richiesta, nel rispetto di una serie di prescrizioni e condizioni, tra le quali la presentazione, preliminarmente al rilascio dell'autorizzazione, del titolo di reale godimento dell'area interessata all'impianto.

Detta documentazione veniva prodotta il 2 gennaio 2012.

Con determinazione dirigenziale n. 136 del 25 gennaio 2012 la Provincia di Piacenza rilasciava l'autorizzazione richiesta subordinata al rispetto delle prescrizioni ivi indicate.

A seguito di istanza di alcuni residenti in Besenzone, la Provincia di Piacenza comunicava l'avvio del procedimento volto all'eventuale ritiro in autotutela dell'autorizzazione rilasciata; seguiva la riunione in data 18 aprile 2012 in cui la conferenza dei servizi non ravvisava elementi per una valutazione diversa da quella del 20 dicembre 2011, ritenendo tuttavia necessario che l'autorizzazione rilasciata venisse subordinata, relativamente all'esercizio, alla produzione di apposito accordo tra la società ed il proprietario del pozzo per l'utilizzo dell'acqua funzionale alle già previste esigenze dell'impianto, nonché integrata con le prescrizioni contenute nella concessione stradale per la realizzazione di piazzole di scambio e sosta.

3. Ritenendo illegittimi tali atti la ricorrente li ha impugnati formulando otto motivi che di seguito si riassumono.

1) Violazione dell'articolo 12, comma 4-bis, del Dlgs 29 dicembre 2003, n. 387, violazione dei punti 13.1. e 14.4. delle linee guida di cui al Dm 10 settembre 2010, eccesso di potere per manifesta illogicità, incongruità e contraddittorietà: la dimostrazione della disponibilità dei terreni, interessati alla realizzazione dell'impianto, in epoca (2 gennaio 2012) successiva alla conclusione della conferenza dei servizi, da parte della società proponente, avrebbe dovuto determinare l'improcedibilità dell'istanza presentata e, comunque, avrebbe viziato irrimediabilmente l'intero procedimento autorizzativo.

2) Violazione dell'articolo 6, comma 7, del Dlgs 3 aprile 2006, n. 152, dell'articolo 27, comma 43, lett. a), della legge 23 luglio 2009, n. 99, e del punto 2, lett. c), di cui all'allegato IV al Dlgs 3 aprile 2006, n. 152: il progetto dell'impianto in discorso,in quanto di potenza complessiva nominale pari a 2,4 MW, superiore, quindi, alla soglia di 1 MW prevista dalle Linee guida ministeriali, avrebbe dovuto essere sottoposto preventivamente alla procedura di verifica di assoggettabilità a Via (c.d. screening), disciplinata dagli artt. 20 e segg. del Dlgs 3 aprile 2006, n. 152, disposizioni queste ultime, pertanto, asseritamente violate.

3) Violazione della delibera di Giunta della Regione Emilia Romagna n. 1495 del 24 ottobre 2011: l'autorizzazione concessa sarebbe illegittima in quanto non preceduta dalla valutazione dell'impatto sul traffico, come previsto dal paragrafo 1, lettera c) della richiamata delibera, essendosi limitata l'amministrazione ad imporre prescrizioni in tal senso.

4) Violazione dell'articolo 22 del Dlgs 30 aprile 1992, n. 285, dell'articolo 45, comma 3, del Dpr 16 dicembre 1992, n. 495, eccesso di potere per erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti: l'amministrazione avrebbe illegittimamente consentito la regolarizzazione e (solo per uno, anche) l'ampliamento dei tre accessi carrai esistenti, sebbene a distanza inferiore ai 300 mt..

5) Violazione della delibera di Giunta della Regione Emilia Romagna n. 1495 del 24 ottobre 2011: l'autorizzazione sarebbe illegittima in quanto, pur in presenza di scarti agroindustriali, quali le polpe di barbabietola, non ha prescritto i contenitori a tenuta.

6) Eccesso di potere per illogicità manifesta: l'autorizzazione sarebbe illegittima in quanto, essendo stata rilasciata per alimentazione con "qualsiasi biomassa non sia rifiuto" lascerebbe alla società "la facoltà di decidere che cosa sia rifiuto"(pag. 48 del ricorso).

7) Violazione del regolamento regionale 20 novembre 2011 n. 41: l'autorizzazione sarebbe illegittima perché, anziché sottoporre a Via anche la derivazione di acqua pubblica, si sarebbe limitata a prescrivere che la società, prima di avviare l'impianto, debba produrre l'accordo con il proprietario del pozzo per l'utilizzo dell'acqua funzionale all'impianto stesso.

8) Eccesso di potere per illogicità manifesta: l'istruttoria sull'impatto acustico sarebbe stata carente essendovi non coincidenza fra le planimetrie progettuali.

3. L'amministrazione e la controinteressata si sono difese eccependo, in via preliminare, l'inammissibilità del ricorso sia per non avere il ricorrente dimostrato la vicinitas, sia per non aver impugnato nei termini la determinazione del 28 dicembre 2011 del Dirigente del Settore viabilità nonché la determinazione del Dirigente del Servizio ambiente ed energia del 25 gennaio 2012, atteso che l'atto impugnato sarebbe meramente confermativo di quest'ultima.

Nel merito hanno contestato pedissequamente ogni motivo di ricorso.

4. Si può prescindere dall'esame delle eccezioni preliminari essendo il ricorso infondato nel merito.

Come riferito dallo stesso ricorrente, il procedimento conclusosi con l'impugnata autorizzazione è da ricondursi alla disciplina definita dall'articolo 12 Dlgs n. 387 del 2003, recante attuazione della direttiva 2001/77/Ce relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità.

Si riporta, nella parte di interesse, il testo della norma, la cui rubrica è "Razionalizzazione e semplificazione delle procedure autorizzative": "1. Le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti, autorizzate ai sensi del comma 3, sono di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti … 3. La costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, gli interventi di modifica, potenziamento, rifacimento totale o parziale e riattivazione, come definiti dalla normativa vigente, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, sono soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dalla regione o dalle province delegate dalla regione, nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, che costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico. A tal fine la Conferenza dei servizi è convocata dalla regione entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione ... 4. L'autorizzazione di cui al comma 3 è rilasciata a seguito di un procedimento unico, al quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità stabilite dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni e integrazioni … Il rilascio dell'autorizzazione costituisce titolo a costruire ed esercire l'impianto in conformità al progetto approvato e deve contenere l'obbligo alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi a carico del soggetto esercente a seguito della dismissione dell'impianto o, per gli impianti idroelettrici, l'obbligo alla esecuzione di misure di reinserimento e recupero ambientale. Fatto salvo il previo espletamento, qualora prevista, della verifica di assoggettabilità sul progetto preliminare, di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, il termine massimo per la conclusione del procedimento unico non può essere superiore a novanta giorni, al netto dei tempi previsti dall'articolo 26 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, per il provvedimento di valutazione di impatto ambientale. 4-bis. Per la realizzazione di impianti alimentati a biomassa e per impianti fotovoltaici, ferme restando la pubblica utilità e le procedure conseguenti per le opere connesse, il proponente deve dimostrare nel corso del procedimento, e comunque prima dell'autorizzazione, la disponibilità del suolo su cui realizzare l'impianto. 5. All'installazione degli impianti di fonte rinnovabile di cui di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c) per i quali non è previsto il rilascio di alcuna autorizzazione, non si applicano le procedure di cui ai commi 3 e 4. Ai medesimi impianti, quando la capacità di generazione sia inferiore alle soglie individuate dalla tabella A allegata al presente decreto, con riferimento alla specifica fonte, si applica la disciplina della denuncia di inizio attività di cui agli articoli 22 e 23 del Testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e successive modificazioni ... 7. Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici. Nell'ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 14 ...".

4.1. Con il primo motivo il ricorrente contesta la legittimità dell'autorizzazione impugnata in quanto rilasciata asseritamente prima che la controinteressata avesse la disponibilità dell'area su cui realizzare l'impianto.

La censura è infondata atteso che già in data 24 novembre 2010, ossia in epoca antecedente la conferenza di servizi del 20 dicembre 2011, (omissis) aveva acquisito la disponibilità dell'area con il contratto preliminare di compravendita stipulato avanti le associazioni agricole di categoria (doc. 2 del fascicolo della controinteressata).

Il comma 4-bis della surriportata norma che, ai sensi dell'articolo 65, comma 5, del Dl 24 gennaio 2012, n. 1, deve intendersi riferito esclusivamente alla realizzazione di impianti alimentati a biomasse situati in aree classificate come zone agricole dagli strumenti urbanistici comunali, si esprime infatti in termini di "disponibilità" e non già di proprietà; disponibilità che può correttamente considerarsi acquisita in forza del solo preliminare di vendita, salvo, naturalmente, il perfezionarsi della traditio con il trasferimento della proprietà per effetto del rogito notarile.

Il parere favorevole espresso sub condicione nella riunione conclusiva della conferenza di servizi non sconta, dunque, l'asserita illegittimità atteso che in esso è imposta la prescrizione di presentare il titolo di reale godimento prima del rilascio dell'autorizzazione unica.

Tant'è che l'autorizzazione unica (determinazione 25 gennaio 2012 n. 136) è successiva all'acquisizione dell'area, avvenuta con atto di compravendita stipulato in data 30 dicembre 2011.

4.2. Anche il secondo motivo, con cui il ricorrente assume che prima del rilascio dell'autorizzazione unica si sarebbe dovuto sottoporre a procedura di verifica di assoggettabilità a Via il progetto, è infondato.

Il progetto autorizzato con l'impugnato provvedimento riguarda un impianto agricolo, segnatamente un impianto cogenerativo per la produzione di energia elettrica, della potenza di 998 KWe, alimentato a biogas da biomasse agricole (doc. 6 del fascicolo della Provincia di Piacenza).

La tesi del ricorrente è che detto progetto, riguardando un impianto da fonte rinnovabile non termico, di potenza nominale superiore a 1 MW e, andrebbe sottoposto a procedura di verifica di assoggettabilità a Via, rientrando nella nozione di cui all'allegato IV, Parte II, al Dlgs 152/2006, punto 2, lettera c).

L'assunto è infondato.

Si riporta il testo della norma, nella parte di interesse:

"Progetti sottoposti alla Verifica di assoggettabilità di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano.

1. Agricoltura

a) cambiamento di uso di aree non coltivate, semi-naturali o naturali per la loro coltivazione agraria intensiva con una superficie superiore a 10 ettari;

b) iniziale forestazione di una superficie superiore a 20 ettari; deforestazione allo scopo di conversione di altri usi del suolo di una superficie superiore a 5 ettari;

c) impianti per l'allevamento intensivo di animali il cui numero complessivo di capi sia maggiore di quello derivante dal seguente rapporto: 40 quintali di peso vivo di animali per ettaro di terreno funzionalmente asservito all'allevamento. Sono comunque esclusi, indifferentemente dalla localizzazione, gli allevamenti con numero di animali inferiore o uguale a: 1.000 avicoli. 800 cunicoli, 120 posti per suini da produzione (di oltre 30 kg) o 45 posti per scrofe, 300 ovicaprini, 50 posti bovini;

d) progetti di gestione delle risorse idriche per l'agricoltura, compresi i progetti di irrigazione e di drenaggio delle terre, per una superficie superiore ai 300 ettari;

e) piscicultura per superficie complessiva oltre i 5 ettari;

f) progetti di ricomposizione fondiaria che interessano una superficie superiore a 200 ettari

2. Industria energetica ed estrattiva

a) impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 MW,

b) attività di ricerca sulla terraferma delle sostanze minerali di miniera di cui all'articolo 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, ivi comprese le risorse geotermiche, incluse le relative attività minerarie;

c) impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda con potenza complessiva superiore a 1 MW;

d) impianti industriali per il trasporto del gas, vapore e dell'acqua calda che alimentano condotte con una lunghezza complessiva superiore ai 20 km;

e) impianti industriali per la produzione di energia mediante lo sfruttamento del vento con potenza complessiva superiore a 1 MW;

f) installazioni di oleodotti e gasdotti e condutture per il trasporto di flussi di CO2 ai fini dello stoccaggio geologico superiori a 20 km;

g) attività di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi in terraferma;

h) estrazione di sostanze minerali di miniera di cui all'articolo 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, mediante dragaggio marino e fluviale;

i) agglomerazione industriale di carbon fossile e lignite;

I) impianti di superficie dell'industria di estrazione di carbon fossile, di petrolio, di gas naturale e di minerali metallici nonché di scisti bituminose;

m) impianti per la produzione di energia idroelettrica con potenza nominale di concessione superiore a 100 kW e, per i soli impianti idroelettrici che rientrano nella casistica di cui all'articolo 166 del presente decreto ed all'articolo 4, punto 3.b, lettera i), del decreto del Ministro dello sviluppo economico in data 6 luglio 2012, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta ufficiale n. 159 del 2012, con potenza nominale di concessione superiore a 250 kW;

n) impianti di gassificazione e liquefazione del carbone.

n-bis) Impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che non rientrano negli allegati II e III al presente decreto ai fini dello stoccaggio geologico a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/Ce in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio".

Innanzitutto deve osservarsi che, nella prima parte, riguardante il settore dell'agricoltura, la norma non annovera impianti del tipo in discorso fra quelli da sottoporre a screening.

D'altra parte, anche volendo ricondurlo al settore "industria", l'impianto per cui è causa, basando la produzione di energia su un processo di combustione di biogas, non potrebbe in ogni caso farsi rientrare tra gli impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda di cui alla lettera c) ma, al più, potrebbe farsi rientrare nella nozione di "impianti termici per la produzione di energia elettrica" di cui alla lettera a) della citata norma: tuttavia, trattandosi di impianto di potenza inferiore alla soglia dei 50 MW fissata dalla norma, deve escludersi l'assoggettabilità dello stesso alla invocata procedura.

Nel verbale della conferenza di servizi del 18 aprile 2012 (doc. 7 id.) si legge, a pag. 7, che tale assunto è supportato dalla nota 10 marzo 2006 prot. n. 24521 della Regione Emilia Romagna, nella parte in cui specifica che "nel ciclo termico deve avvenire un processo di combustione che per definizione è una reazione di ossidazione nella quale il comburente (comunemente ossigeno, aria) svolge l'azione di agente ossidante mentre il combustibile (di solito petrolio, benzina, gasolio, olio combustibile, carbone, legno, metano, propano, butano, gas) è considerato l'agente riducente".

D'altra parte il Collegio ritiene persuasiva la tesi affermata dal Consiglio di Stato (con la sentenza Sezione V, 7 ottobre 2009, n. 6117, che ha riformato la citata sentenza del Tar Bologna 3296/2008, invocata dal ricorrente) per cui l'impianto che produce biogas da biomasse non smaltisce né tratta rifiuti e non è in alcun modo qualificabile come industria insalubre.

Afferma, invero, la richiamata sentenza: "Va rilevato, infatti, che nella specie non si tratta affatto di impianti che smaltiscano o trattino in qualche modo rifiuti; si tratta, invece, di impianti che producono energia, mediante quel particolare procedimento che si concreta nel cosiddetto biogas, per cui vengono inizialmente introdotti elementi organici che procedono ad un'attività riproduttiva rispetto alle sostanze immesse, donde la caratteristica relativamente alla quale i residui in parola non sono utilizzati per essere smaltiti o in qualche modo trattati, ma servono solo per iniziare l'attività di decomposizione delle sostanze immesse, ai fini della produzione energetica.

Il fatto che inizialmente, all'atto dell'avvio dell'impianto, vi fosse l'immissione di sostanze organiche, rifiuti animali in senso lato, non determina solo per questo la classificazione dell'impianto fra quelli afferenti il trattamento dei rifiuti, in quanto le sostanze organiche suddette, lungi dall'essere l'oggetto del trattamento, ne sono invece uno strumento operativo, con il quale l'impianto funziona, alla stregua di un meccanismo di messa in moto.

Né rientrano gli impianti medesimi nell'ambito delle industrie insalubri, non essendo i medesimi menzionati fra quelli e non potendo peraltro operare l'analogia nella materia della elencazione degli impianti che rientrano nella insalubrità, nelle varie classi di cui essa consiste".

In definitiva, il procedimento definito dall'articolo 12 Dlgs n. 387 del 2003, quale è quello per cui è causa, dominato dalla conferenza di servizi e finalizzato al rilascio dell'autorizzazione unica alla realizzazione di impianti produttori di energia dallo sfruttamento di fonti energetiche rinnovabili (biomasse, impianti eolici e altro) ha carattere omnicomprensivo ed assorbe ogni altro procedimento previsto dalle leggi regionali e volto alla verifica o alla valutazione dell'impatto ambientale.

Ciò in quanto la conferenza di servizi è la sede nella quale le varie Amministrazioni preposte alla tutela dei beni ambientali, paesaggistici e storico-artistici debbono esternare le loro valutazioni tecniche.

Invero, il generico richiamo contenuto nell'articolo 12, citato, al rispetto delle normative vigenti in tema di tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio artistico, non può essere inteso come salvezza anche dei moduli procedimentali di settore che secondo la previgente normativa erano intesi alla salvaguardia di quei valori.

Qualora, in fase di attuazione del provvedimento autorizzatorio, si verifichi l'inottemperanza del beneficiario alle prescrizioni imposte con l'autorizzazione unica, tale comportamento inadempiente non si riverbera ex post sulla legittimità del provvedimento amministrativo autorizzatorio, che rimane invulnerata, potendo e dovendo l'inottemperanza de qua rilevare in sede di controlli, demandati all'amministrazione, il cui esito negativo potrà condurre anche alla sanzione della revoca dell'autorizzazione (cfr. Tar Piemonte, Sezione I, 25 settembre 2009, n. 2292).

4.3. Col terzo motivo il ricorrente assume che l'autorizzazione unica avrebbe omesso la previsione di un piano del traffico.

Il motivo è infondato.

Innanzitutto va osservato che l'invocata delibera di Giunta regionale n. 1495 del 24 ottobre 2011, ai sensi del punto 8 che regola il regime transitorio, non è applicabile alle procedure autorizzatorie in corso alla data della sua pubblicazione sul Bur, quale risulta essere il procedimento in discorso, iniziato con istanza del 10 agosto 2011.

In ogni caso e a prescindere dalla suddetta delibera la censura non coglie nel segno atteso che, dalla documentazione in atti, risulta che (omissis), a seguito di espressa richiesta in tal senso, ha prodotto il piano del traffico in data 19 ottobre 2011 (cfr. verbale di Conferenza di servizi del 18 aprile 2012), prevedendo piazzole di scambio lungo la S.P. 46.

4.4. Il quarto motivo, con cui il ricorrente deduce il mancato rispetto della distanza minima di mt. 300 tra gli accessi privati assentiti con la concessione stradale del 28 dicembre 2011 n. 136, in disparte gli eccepiti profili di tardività, è infondato.

Invero l'impugnata concessione attiene ad accessi carrabili già esistenti, in quanto tali estranei alla disciplina di cui all'articolo 22 del Codice della strada ed all'articolo 45 del relativo regolamento di attuazione (cfr. Tar Veneto, sez. I, 15 gennaio 2003, n. 422; anche Tar Emilia Romagna, Bologna, sez. II, 1° dicembre 2010, n. 8099).

In ogni caso, ai sensi dell'articolo 45, comma 3, del Dpr 16 dicembre 1992, n. 495, Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada, "L'ente proprietario della strada può derogare a tale distanza, fino ad un minimo di 100 m, qualora, in relazione alla situazione morfologica, risulti particolarmente gravosa la realizzazione di strade parallele. La stessa deroga può essere applicata per tratti di strade che, in considerazione della densità di insediamenti di attività o di abitazioni, sono soggetti a limitazioni di velocità e per i tratti di strade compresi all'interno di zone previste come edificabili o trasformabili dagli strumenti urbanistici generali od attuativi vigenti".

Dunque si tratta di una previsione normativa e regolamentare derogabile.

4.5. Con il quinto motivo il ricorrente lamenta che il progetto assentito, relativamente alla presenza di scarti agroindustriali aventi tenore di sostanza secca inferiore al 60%, in violazione della predetta Dgr 1495/2011, non prevederebbe i prescritti contenitori a tenuta.

Il motivo è infondato.

Innanzitutto, per le ragioni espresse, va rilevata l'inapplicabilità ratione temporis della predetta disposizione al procedimento per cui è causa.

In ogni caso l'attività assentita non prevede l'utilizzo di scarti agroindustriali bensì sottoprodotti che vengono insilati (tra i quali vanno ricomprese le polpe supressate, costituenti sottoprodotto della lavorazione industriale della barbabietola da zucchero presso l'impianto): tali sottoprodotti, come affermato dalla controinteressata e non contestato dalla ricorrente, non necessitano di contenitori a tenuta.

D'altra parte non è ravvisabile la denunciata contraddizione tra quanto dichiarato dall'Arpa e la relazione tecnica di (omissis), in ordine all'utilizzo dei colletti e delle foglie, posto che l'autorizzazione provinciale non ha assentito la possibilità di insilare detti sottoprodotti ma ne ha previsto l'utilizzazione entro le 72 ore.

4.6. Anche il sesto motivo è infondato.

Il ricorrente lamenta che la previsione di alimentare l'impianto con qualsiasi biomassa che non sia rifiuto consentirebbe l'utilizzo di materiali non previsti in progetto, lasciando così ad (omissis) la decisione circa cosa debba intendersi per rifiuto.

In disparte i profili di inammissibilità della censura per genericità, il Collegio osserva che l'individuazione dei rifiuti risulta normativamente disciplinata.

Tant'è che l'autorizzazione unica ha prescritto che l'impianto possa essere alimentato esclusivamente dalla digestione anaerobica di sostanze che non costituiscano rifiuto, come disciplinato dalla parte quarta del Dlgs n. 152/2006, delimitando in tal modo, ed in termini negativi, le sostanze utilizzabili nel processo produttivo.

4.7. Non ha miglior sorte il settimo motivo, con cui il ricorrente lamenta che la previsione di utilizzare il pozzo di proprietà di terzi per le esigenze dell'impianto avrebbe dovuto essere assoggettata a valutazione di impatto ambientale, al pari dell'impianto medesimo.

Invero, per le ragioni esplicitate al punto 4.2., il progetto dell'impianto non era da assoggettare a Via.

Peraltro, la questione delle acque non è ricollegabile all'autorizzazione unica ma, al più, all'autorizzazione all'uso del pozzo che non confluisce nella prima e, dunque, resta in ogni caso estranea alle sorti di quella.

4.8. Con l'ottavo e ultimo motivo, il ricorrente sostiene genericamente vi siano difformità tra la planimetria riportata nel documento previsionale di impatto acustico (doc. 13 del fascicolo della controinteressata) e quella contenuta nelle tavole di progetto, nonché contraddizioni con riferimento alle biomasse da trattare nell'impianto: da ciò trae la conclusione che l'istruttoria non sia stata abbastanza approfondita.

Il motivo è inammissibile per genericità, non essendo ricavabile dal suo argomentare in cosa consisterebbero le denunciate difformità e quale sarebbe il vulnus che ne deriverebbe al ricorrente.

Il motivo è, in ogni caso, infondato posto che l'amministrazione ha osservato, con affermazione rimasta non contestata, che ciò che il ricorrente definisce planimetria (riportata nello studio di impatto acustico) sarebbe soltanto una rappresentazione grafica della posizione dell'impianto.

Per quanto precede il ricorso deve essere respinto.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna, Sezione distaccata di Parma, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo respinge.

Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio che liquida in € 4.000,00 (quattromila) per parte costituita, oltre rimborso forfetario spese generali, oneri previdenziali e fiscali come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2013 con l'intervento dei Magistrati:

(omissis)

 

Depositata in segreteria il 25 luglio 2013.

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