Energia

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Veneto 23 novembre 2012, n. 1439

Impianti fotovoltaici - Localizzazione - Aree agricole - Preclusioni generali - Esclusione - Presenza di espressa previsione localizzativa nel Piano regionale generale del Comune - Necessità

Parole chiave Parole chiave: Energie rinnovabili | Energia | Procedure semplificate | Fotovoltaico | Fotovoltaico | Agricoltura / Allevamento | Autorizzazioni | Autorizzazioni | Procedure semplificate | Energie rinnovabili

Tar Veneto

Sentenza 23 novembre 2012, n. 1439

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto

(Sezione Seconda)

 

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

 

sul ricorso numero di registro generale 665 del 2010, integrato da motivi aggiunti,

proposto da:

Federazione Coldiretti del Veneto, in persona del Presidente pro tempore, (omissis) e (omissis), rappresentati e difesi dagli avvocati (omissis) e (omissis);

 

contro

Regione Veneto, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis) e (omissis);

Comune di Canaro, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato(omissis);

nei confronti di (omissis) Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis), (omissis), (omissis);

Autorità di bacino del Fiume Fissero — Tartaro – Canalbianco, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

 

per l'annullamento

della Dgrv n. 740 del 15 marzo 2010 avente ad oggetto "autorizzazione alla costruzione e all'esercizio di un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica con potenza di picco 48 MWp — Comune di Canaro (RO), località Saline, ai sensi dell'articolo 12, commi 3 e 4 del Dlgs 29 dicembre 2003 n. 387", nonché dei pareri resi dall'Autorità di bacino del fiume Fissero — Tartaro — Canalbianco il 5 novembre 2009 dal Comune di Canaro il 6 novembre 2009, dei verbali della conferenza dei servizi indetta dalla Regione Veneto del 6 novembre 2009 e del 10 marzo 2010 e della Dgrv n. 2204 dell'8 agosto 2008 avente ad oggetto"disposizioni organizzative per l'autorizzazione, l'installazione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili", della Dgrv n. 4070 del 30 dicembre 2008 avente ad oggetto "impianti di energia da fonti rinnovabili — impianti idroelettrici — Dgr 2204/2008 — disposizioni procedurali".

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Veneto e di Comune di Canaro e di (omissis) Srl;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2012 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori (omissis) in sostituzione di (omissis) per i ricorrenti, (omissis) in sostituzione di (omissis) per la Regione Veneto e (omissis) per la Srl (omissis);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto

Con provvedimento della Giunta della Regione Veneto n. 740 del 15 marzo 2010, emessa in esito ad apposita conferenza di servizi, la (omissis) Srl è stata autorizzata, ex articolo 12 Dlgs 387/2003, alla realizzazione ed all'esercizio, su area di circa 120 ha, insistente su Z.t.o. agricola E2, di un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica in Comune di Canaro, loc. Saline.

Avverso tale autorizzazione hanno proposto ricorso i signori (omissis) e (omissis), rispettivamente proprietario ed affittuario di un'area agricola, coltivata a cereali, limitrofa a quella interessata dall'impianto, nonché la Federazione Coldiretti del Veneto.

A sostegno del gravame i ricorrenti hanno dedotto l'illegittimità dell'autorizzazione unica per violazione dell'articolo 44 della Lr 11/2004 e dell'articolo 30 delle N.t.a. del P.r.g., norme che non contemplano tra gli interventi ammessi in zona agricola la realizzazione di un impianto fotovoltaico, bensì, solo interventi funzionali all'attività agricola.

Inoltre, hanno eccepito la violazione dell'articolo 17 della legge 241/1990 e il difetto di istruttoria, non essendo stato acquisito il parere del Consorzio di bonifica Padana Polesana, invocato dall'Autorità di bacino del fiume Fissero — Tartaro — Canalbianco in sede di rilascio del proprio parere.

Con il terzo, quarto e quinto motivo, i ricorrenti hanno evidenziato alcuni profili di illegittimità della Dgrv 2204/2008, anch'essa impugnata con il presente ricorso e che costituisce l'atto presupposto della delibera di autorizzazione. In particolare, i ricorrenti sostengono che con tale delibera la Giunta regionale avrebbe consentito l'edificazione su terreni agricoli, anche da parte di coloro che non sono imprenditori agricoli, introducendo surrettiziamente una modifica dell'articolo 44 della Lr 11/2004 ed invadendo la competenza del Consiglio regionale.

Infine, con ricorso per motivi aggiunti, i ricorrenti hanno dedotto la falsa applicazione dell'articolo 12 del Dlgs 387/2003, avendo la Regione autorizzato la realizzazione dell'impianto senza la previa emanazione delle linee guida ministeriali, cui era demandato il compito di dettare le disposizioni per lo svolgimento del procedimento autorizzativo e per l'individuazione dei siti non idonei.

Si sono costituiti in giudizio la Regione Veneto, il Comune di Canaro e la (omissis) Srl, eccependo il difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti e contestando, nel merito, la fondatezza del ricorso.

Con ordinanza emessa all'esito della camera di consiglio del 6 maggio 2010, confermata in grado di appello, il Collegio ha rigettato l'istanza di sospensiva.

All'udienza del 7 novembre 2012, all'esito della discussione, il ricorso è stato assunto in decisione.

 

Diritto

Preliminarmente, deve essere esaminata l'eccezione di difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti.

I signori (omissis) e (omissis) asseriscono sul punto che il loro interesse ad impugnare l'autorizzazione unica in oggetto e le due delibere di Giunta presupposte, deriverebbe, innanzitutto, dalla loro qualità, rispettivamente, di proprietario e affittuario di un'area agricola situata nelle vicinanze a quella interessata dall'impianto fotovoltaico.

Inoltre, hanno prospettato anche un danno potenziale, costituito dalla limitazione delle possibilità di sviluppo delle loro attività, conseguente al progressivo ridimensionamento delle aree agricole destinate alle colture e al progressivo aumento dei prezzi dei terreni agricoli, causati dell'installazione degli impianti fotovoltaici.

Ritiene il Collegio che tali generiche circostanze, oltre ad essere indimostrate, non siano comunque idonee a radicare un interesse qualificato e differenziato in capo a signori (omissis), suscettibile di tutela giurisdizionale.

Infatti, i due ricorrenti persone fisiche non sono titolari di un fondo confinante con quello di proprietà della (omissis), ma solo di un'area situata nelle vicinanze (a distanza di circa 1 km, come allegato dalle parti resistenti), e tale circostanza, di per sé, non può essere sufficiente a radicare un interesse all'impugnazione, dovendo sempre fornire il ricorrente la prova concreta del pregiudizio specifico inferto dagli atti impugnati alla propria sfera giuridica (cfr. Tar Veneto, Sezione II n. 959/2012).

Peraltro, a dimostrazione di tale  pregiudizio, i due ricorrenti non adducono questioni di danno da "vicinitas" (ad esempio, scolo delle acque o altri disturbi al loro terreno e alle loro colture provenienti dall'impianto fotovoltaico), bensì tematiche di carattere generale, quali l'impatto sul microclima o il ridimensionamento delle aree agricole destinate alle colture — cagionati, a loro dire, dal proliferare di impianti fotovoltaici  — che rimangono lontane da una dimostrazione di un concreto "vulnus" alla loro sfera giuridica e che quindi non giustificano il loro intervento in giudizio.

In particolare, poi, è rimasta totalmente indimostrata in tutti i suoi elementi, l'asserita compromissione della possibilità per (omissis) di esercitare il "diritto di prelazione" sull'acquisto di terreni agricoli limitrofi, a causa dell'aumento dei prezzi di vendita degli stessi. E, d'altra parte, le Amministrazioni resistenti hanno fondatamente obiettato che l'aumento del valore dei terreni agricoli comporterebbe, piuttosto, un vantaggio per (omissis), proprietario fondiario. Con riferimento, invece, alla posizione della Federazione Coldiretti, la difesa della parte ricorrente ha rappresentato come quest'ultima organizzazione abbia quale finalità statutaria la tutela, lo sviluppo e la valorizzazione dell'attività agricola e che l'insediamento indiscriminato su aree agricole degli impianti fotovoltaici è causa di danni per tutta la categoria degli agricoltori. Tali danni sarebbero costituiti, in particolare, dal "costante ridimensionamento delle aree agricole destinate alle colture, dal progressivo aumento dei prezzi dei terreni agricoli, con conseguente delocalizzazione della stessa attività agricola ed un progressivo disincentivo allo sviluppo agricolo del territorio".

Ritiene il Collegio che anche in tal caso vengano prospettate più delle generiche petizioni di principio che una dimostrata ed effettiva compromissione degli interessi dei coltivatori diretti.

Infatti, non vi è alcuna dimostrazione dell'aumento dei prezzi dei terreni agricoli, né alcuna indagine che attesti l'entità del denunciato fenomeno di "costante ridimensionamento delle aree destinate all'agricoltura" cagionato dall'installazione "indiscriminata" degli impianti fotovoltaici in dette aree.

Inoltre, la riduzione dei terreni destinabili alle colture agricole che si potrebbe astrattamente apprezzare, in alcuni casi, in un ristretto ambito territoriale, non è certo una conseguenza delle delibere di giunta impugnate (che peraltro dettano disposizioni solo procedurali e organizzative in materia di autorizzazione all'installazione di impianti fotovoltaici) e dei conseguenti provvedimenti autorizzatori del tipo di quello oggi impugnato, bensì, semmai, della stessa scelta di incentivare la produzione di energia pulita effettuata a livello nazionale e prima ancora europeo; potendo, difficilmente, gli impianti fotovoltaici essere collocati altrove rispetto alle aree agricole che, per la loro conformazione, presentano una naturale idoneità ad ospitare pannelli fotovoltaici (tolte le aree agricole rimarrebbero, infatti, solo le aree industriali, le cave dismesse o i siti contaminati).Non a caso il comma 7 dell'articolo 12 del Dlgs n. 387/2003 prevede che gli impianti in oggetto "possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici. Nell'ubicazione si dovrà tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale".

Anche nelle "linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili", dettate dal Dm 10 settembre 2010 (successivo all'autorizzazione impugnata), si fa divieto alle Regioni di considerare le aree agricole, in quanto tali, non idonee all'installazione di impianti fotovoltaici, mentre, l'individuazione della non idoneità dell'area deve essere operata dalle Regioni attraverso "un'apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico-artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di protezione non compatibili con l'insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti...".

Da tale contesto normativo emerge, dunque, una naturale compatibilità della destinazione agricola dei fondi con l'installazione e l'esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili.

Spetterà poi alle Regioni (oggi che sono state adottate le predette linee guida) ed ai Comuni, nell'esercizio della propria discrezionalità in materia di governo del territorio, rispettivamente, l'individuazione di aree c.d. non idonee, da una parte, e di quelle specificamente destinate ad impianti, dall'altra. Fermo restando, tuttavia, che, in assenza di un'espressa previsione localizzativa nel Prg comunale, com'è nel caso di specie, gli impianti fotovoltaici possono essere localizzati in tutte le zone agricole del territorio comunale. Ne consegue, dunque, l'assenza di una posizione d'interesse qualificato e differenziato anche in capo alla Coldiretti, non ricevendo, i suoi associati, alcun concreto pregiudizio alla loro sfera giuridica per effetto delle delibere della Giunta impugnate e dell' autorizzazione all'installazione dell'impianto in questione. In particolare, la dedotta compromissione dello sviluppo e della valorizzazione dell'attività agricola conseguente all'insediamento su aree agricole degli impianti fotovoltaici, anche se fosse effettivamente comprovata, non potrebbe certo essere ritenuta una conseguenza dei provvedimenti in questa sede impugnati.

Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile per difetto di legittimazione attiva dei ricorrenti;

Condanna i ricorrenti, in solido, a rimborsare alle parti resistenti le spese di lite, che si liquidano per ciascuna di esse in € 1.500,00 oltre oneri accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2012 con l'intervento dei Magistrati:

(omissis)

 

Depositata in segreteria il 23 novembre 2012.

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