Territorio

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Marche 4 ottobre 2010, n. 3323

Territorio - Ripristino della sede stradale - Ordinanza sindacale - Ex articolo 378 della legge n. 2248/1865 - Rispetto delle condizioni fissate per la tutela possessoria - Sussiste

L’ordinanza sindacale per il ripristino di opere che hanno determinato l’invasione del suolo statale non può considerarsi legittima decorso un anno dallo spoglio o dalla conoscenza dell’avvenuta turbativa.
Con queste motivazioni il Tar Marche (sentenza 3323/2010) ha dichiarato viziata per insussistenza dei requisiti di ordine temporale un’ordinanza sindacale di ripristino della sede stradale relativa a un fienile costruito a metà del secolo scorso.
Secondo la prevalente giurisprudenza, ricorda il Tar, il potere della P.a. di ordinare la riduzione in pristino per opere che invadono il suolo stradale, ex articolo 378 della legge n. 2248/1865, si configura sulla base delle stesse condizioni che rendono possibile la tutela possessoria nel diritto civile, ed in particolare il mancato decorso del termine di un anno dal sofferto spoglio o dalla conoscenza dell’avvenuta turbativa, qualora clandestina.
Nei casi di situazioni di fatto consolidate e non clandestine diventa perciò necessario un “giudizio petitorio”.

Tar Marche

Sentenza 4 ottobre 2010, n. 3323

Repubblica italiana

in nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per le Marche

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

Sul ricorso n. 1149 dell'anno 1991 Reg.Gen. , proposto da (omissis), res.te a (omissis), rappresentato e difeso dall'avv. (omissis), con domicilio eletto in Ancona, al Corso Mazzini, n. 160, presso lo studio dell'avv. (omissis);

contro

il Comune di (omissis), in persona del Sindaco in carica, non costituito in giudizio;

per l'annullamento,

previa sospensione,

A) dell'ordinanza del Sindaco del Comune di (omissis) n. 50/91, prot. 5102, in data 21 giugno 1991, con la quale è stato ordinato al sig. (omissis) ed al sig. (omissis) di ripristinare a proprie spese la sede stradale in narrativa indicata (tratto di strada di proprietà comunale sito in località (omissis) e costeggiante le particelle 120-123-119 del foglio di mappa 7) e di proprietà del Comune entro 10 giorni, con l'avvertimento che, in difetto, si sarebbe proceduto d'ufficio all'esecuzione dei lavori e con spese a carico degli inadempienti;

B) dell'ordinanza del Sindaco del Comune di (omissis) n. 51/91, prot n. 5104, in data 21 giugno 1891, con la quale si è ingiunto al sig. (omissis) di demolire a proprie spese entro 90 giorni le opere abusivamente realizzate sia sul suolo comunale (strada) che sulle particelle 123 – 119 del foglio 7 (opere consistenti in un capannone adibito a fienile avente una superficie coperta di mq. 313 circa ed un'altezza alla gronda di ml 6,00 e di ripristinare lo stato dei luoghi, con l'avvertimento che, in difetto della demolizione delle opere e del ripristino dello stato dei luoghi, si sarebbe proceduto a cura del Comune ed a spese dell'inadempiente, restando ferme le eventuali sanzioni di cui all'articolo 20 della legge n. 47/1985.

— Visto il ricorso, depositato il 25 ottobre 1981, con i relativi allegati;

— Vista l'ordinanza n. 744/1991, resa in esito della camera di consiglio del 28 ottobre 1991, di accoglimento dell'istanza cautelare;

— Vista l'ulteriore documentazione prodotta dal ricorrente il 15 settembre 2007,

— Visti gli atti tutti della causa;

— Relatore, alla pubblica udienza del 3 ottobre 2007, il Consigliere avv. (omissis);

— Udito l'avv. (omissis) per il ricorrente.

— Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto

1. In data 21 giugno 1991 il Sindaco del Comune di (omissis) adottava il provvedimento prot. n. 5102, ad oggetto "Ordinanza di ripristino stradale" n. r. 50/1991, del seguente, letterale tenore:

"Considerato che il tratto di strada di proprietà comunale sito in loc. (omissis) e costeggiante le particelle 120 – 123 – 119 del foglio di mappa 7 è intransitabile in quanto è stato lavorato e piantumato con mezzi agricoli dai rispettivi confinanti proprietari sigg.ri (omissis) e (omissis);

— Considerato che detta strada facente parte del demanio comunale è un bene di interesse pubblico per cui va ripristinato nella sua interezza in considerazione anche della pubblica sicurezza.

— Visto l'articolo 38 della legge 8 giugno 1990, n. 142

Ordina

ai sig.ri:

a) — (omissis), nato in (omissis) e residente a (omissis);

b) — (omissis), nato in (omissis) ed ivi residente in loc. (omissis)

A ripristinare a proprie spese la sede stradale in narrativa indicata e di proprietà di questo Comune entro 10 (dieci) dal ricevimento della presente ordinanza.

Trascorso inutilmente detto termine senza che le SS.LL. abbiano provveduto a quanto prescritto e per quanto di competenza, si procederà d'ufficio alla esecuzione dei lavori e le spese a carico degli inadempienti.

— Resta comunque salvo ed impregiudicato a carico delle SS.LL. ogni eventuale provvedimento sia di natura civile che penale in caso di incidente o danni a persone e cose.

— Copia della presente per quanto di competenza sarà inviata alla Procura della Repubblica presso la Pretura di Ascoli Piceno, nonché ai Vigili Urbani-Sede incaricati di controllare ed accertare che la presente venga eseguita.

F.to il Sindaco (prof. (omissis))".

2. Nella stessa data 21 giugno 1991 il Sindaco del Comune di (omissis) assumeva il provvedimento prot. n. 5104 ad oggetto "Ingiunzione di demolizione articolo 7 legge n. 47.85", ordinanza nr. 51/91, del seguente letterale tenore:

"Vista la legge n. 47 del 28 febbraio 1985 e successive modificazioni ed integrazioni articolo 7.

— Considerato che alla fine del tratto della strada di proprietà comunale sita in questo Comune loc. (omissis) e costeggiante la particella 123 del foglio di mappa 7, il sig. (omissis) ha costruito senza licenza edilizia sulla strada stessa sopra indicata un capannone adibito a fienile avente una superficie coperta di mq. 313 circa ed un'altezza alla gronda di ml. 6,00

Ingiunge

al signor (omissis), nato ad (omissis) e residente a (omissis) a demolire a proprie spese entro e non oltre giorni 90 (novanta) dalla notificazione della presente ordinanza, le opere abusivamente realizzate sia sul suolo comunale (strada) che sulle particelle 123-119 del foglio 7 e di ripristinare lo stato dei luoghi;

Avverte

che qualora non si sia provveduto alla demolizione delle opere realizzate abusivamente ed al ripristino dello stato dei luoghi nel termine sopra indicato si procederà a cura di questo Comune ed a spese dell'inadempiente.

— Restano ferme le eventuali sanzioni di cui all'articolo 20 della legge 47.85.

— Copia della presente per quanto di competenza sarà inviata alla Procura della Repubblica presso la Pretura di Ascoli Piceno, al Presidente della Giunta Regione Marche – Ancona; ai Vigili Urbani-Sede incaricati di controllare ed accertare che la presente venga eseguita".

f.to Il Sindaco (omissis)".

3. Avverso le ordinanze sopradescritte n. 50/91 e n. 51/91 il sig. (omissis) produceva il presente ricorso giurisdizionale amministrativo, chiedendone l'annullamento e, cautelarmente, la sospensione.

A sostegno del gravame il sig. (omissis) premetteva in fatto:

— che la famiglia (omissis) era proprietaria da antica data degli appezzamenti di terreno descritti al foglio di mappa n. 7 del Comune di (omissis) con le particelle nn. 119, 123;

— che il ricorrente non aveva mai conosciuto l'esistenza della strada di cui il Comune attualmente voleva il ripristino;

— che anche le persone che in passato avevano coltivato il fondo asserivano di avere sempre lavorato le particelle in questione integralmente, senza lasciare nessun tipo di passaggio a persone o cose (vedi la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà a firma (omissis) e (omissis): doc. n. 3 e n. 4) e questo avveniva da epoca molto remota;

— che già dal 1925 la situazione era corrispondente all'attuale, come si era potuto appurare;

— che, nel 1965, il sig. (omissis), padre del ricorrente, aveva dato incarico di costruire il capannone di cui all'ordinanza n. 51/91, proprio sulle particelle n. 119 e 123 al perito edile (omissis), il quale aveva ultimato l'opera nell'ottobre dello stesso anno (si vedano al riguardo la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà a firma (omissis), doc. n. 5, nonché le copie autentiche delle fatture della ditta (omissis) n. 312/65 e n. 4993/65 relative all'acquisto del materiale per la costruzione, documenti n. 6 e n. 7);

— che trattavasi di struttura prefabbricata in ferro, ricoperta da lamiere ormai logorate dal tempo trascorso dalla loro posa in opera (si vedano le foto, doc. n. 8 e 9), atta a ricovero attrezzi e materiali vari, edificata in prossimità della casa colonica di proprietà degli (omissis), che sorgeva in zona isolata, come era tipico nelle campagne della zona;

— che il capannone aveva una superficie coperta di mq. 313 circa ed un'altezza di ml. 6 ed era perciò perfettamente visibile a tutti.

Ed esponeva i seguenti motivi di diritto.

I) L'ordinanza n. 50/91 era viziata da incompetenza.

Le norme fondamentali che disciplinavano la riduzione in pristino delle strade erano l'articolo 378 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato f) e l'articolo 20 del Rd 8 dicembre 1933, n. 1740, le quali conferivano al Sindaco ed al Prefetto un potere di imperio in ordine alla tutela delle strade pubbliche.

Tale potere però, per quanto riguardava il Sindaco, era limitato dall'ultimo comma dell'articolo 20 del Rd n. 1740/1933 alle sole strade interne all'abitato, mentre per quelle poste al di fuori la competenza spettava al Prefetto; ed in tal senso si era andata consolidando costantemente la giurisprudenza.

— Nel caso in esame la strada sarebbe dovuta esistere in aperta campagna (come dimostrato dalle fotografie, doc. n. 8 e 9) e quindi l'ordine di ripristino sarebbe dovuto provenire dal Prefetto e non dal Sindaco. Donde l'ordinanza era da dichiarare illegittima in quanto emessa da organo incompetente.

II) L'ordinanza n. 50/91 era viziata per difetto di forma, in quanto, in violazione dell'articolo 3, n. 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241, ometteva di indicare il termine e l'autorità a cui, avverso di essa, era possibile ricorrere.

III) L'ordinanza n. 50/91 era illegittima in quanto, anche ammettendo che la strada in questione fosse un tempo realmente esistita – e ciò non era stato affatto documentato dalla P.a., che, alla richiesta di chiarimenti del ricorrente, si era limitata a rispondere con un'evasiva certificazione attestante che la strada non era classificata ai sensi della legge 21 aprile 1962, n. 181 ma apparteneva comunque al Comune come demanio stradale (si veda il documento n. 10) -, ci si trovava in presenza di atti e fatti che avevano portato alla cd. sdemanializzazione tacita del bene. Ed infatti, per costante giurisprudenza, la demanialità poteva cessare con il venir meno della destinazione del bene all'uso pubblico ed a seguito di circostanze tali da far ritenere che la P.a. avesse definitivamente rinunciato alla sua destinazione all'uso pubblico (cfr. Cass. Civ., 20 aprile 85, n. 2610 ed altre).

Nel caso in esame erano trascorsi svariati decenni (ne erano documentati circa sei, dal 1925, come da dichiarazione del sig. (omissis), doc. n. 3; ma nulla escludeva che si potesse risalire ancora di più nel tempo) prima che la P.a. avesse preso l'iniziativa di esercitare l'autotutela possessoria attraverso l'ordinanza de qua.

Il Comune non poteva certo affermare di essere venuto a conoscenza solo di recente di tale situazione in quanto trattavasi di una strada che, se pubblica, avrebbe richiesto i lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione che rientravano nelle normali competenze dell'ente proprietario, il quale invece non vi aveva mai provveduto (solo da quando (omissis) aveva costruito sull'ipotetico tracciato erano trascorsi ventisei anni!).

Lo stato attuale dei luoghi aveva quindi avuto origine ab inammorabile ed, allorché era stato costruito il capannone, il bene era già sdemanializzato, anche se solo tacitamente, ed il ricorrente aveva oramai consolidato il diritto di conservarlo inalterato avendolo usucapito.

IV) L'ordinanza n. 50/91, era illegittima per arbitrario esercizio del potere di autotutela.

A quanto detto sopra aggiungevasi che il potere di autotutela dei beni demaniali, per costante giurisprudenza, veniva assimilato all'azione di reintegra nel possesso, esercitata dal privato non oltre l'anno dal sofferto spoglio o dalla scoperta dello stesso se clandestino (cfr. Tar Sardegna 2 giugno 1990 ed altre).

— Nel caso di specie l'ordinanza impugnata era illegittima anche sotto questo profilo in quanto la P.a. aveva ormai perso il diritto (se mai lo aveva avuto) di esercitare una qualsiasi forma di tutela possessoria sul bene in questione. A tal riguardo il Comune non avrebbe neppure potuto invocare la clandestinità dello spoglio, considerando che sulle particelle attualmente reclamate esisteva dal 1965 una costruzione di notevoli dimensioni.

V) I sovraesposti motivi di illegittimità valevano anche nei riguardi dell'ordinanza n. 51/91, strettamente collegata a quella n. 50/91, ma la quale dava ingresso a considerazioni aggiuntive.

— Ed infatti il capannone di cui si ingiungeva la demolizione perchè edificato in assenza di licenza edilizia era stato costruito nel 1965 (ultimo nell'ottobre 1965, come da documento n. 5 in atti), quando ancora non era stata modificata la legge 17 agosto 1942, n. 1150, che all'articolo 31 prevedeva la necessità di ottenere l'apposita licenza dal Podestà del Comune solo per le costruzioni nei centri abitati. Tale articolo 31 era stato modificato solo dalla legge 6 agosto 1967, 765, il cui articolo 10 aveva esteso la necessità della licenza per le costruzioni da eseguirsi su tutto il territorio comunale.

— Trattavasi di legge successiva di ben due anni all'ultimazione del manufatto ed essa non poteva certo avere efficacia retroattiva.

Pertanto la costruzione, realizzata da (omissis) in aperta campagna, era stata eseguita nel periodo in cui non necessitava licenza edilizia per edificare in zona agricola; questo ulteriore motivo di illegittimità colpiva l'ordinanza n. 51/91, oltre agli altri sopra esposti, comuni alle due ordinanze.

4.— Il Comune di (omissis) non si costituiva .

5.— Alla camera di Consiglio del 28 ottobre 1991 il Tar accordava l'invocata tutela cautelare (ordinanza n. 744/1991).

6.— A seguito della notificazione dell'avviso di segreteria ex articolo 9, 2° comma della legge n. 205/2000, effettuata l'11 maggio 2004, il ricorrente, con atto depositato il 12 ottobre 2004, recante anche la sua sottoscrizione personale, chiedeva che venisse fissata l'udienza di discussione del gravame, al fine di impedirne la perenzione.

7.— In data 15 settembre 2007 la difesa del ricorrente produceva ulteriore documentazione fotografica sullo stato dei luoghi.

8.— La causa veniva discussa alla pubblica udienza del 3 ottobre 2007. Indi essa passava in decisione.

 

Diritto

I) Il Collegio reputa di dover distinguere nettamente il petitum di annullamento riferito alle due ordinanze sindacali impugnate, la n. 50/91 (capo A dell'epigrafe) e la n. 51/91 (capo B dell'epigrafe) entrambe assunte il 21 giugno 1991, poiché, malgrado l'apparenza, la loro similarità attiene ad un unico comune elemento presupposto (l'asserita esistenza di una strada di proprietà comunale in località (omissis), costeggiante le particelle 120, 123 e 119 del mappale 7; che il ricorrente avrebbe invaso con lavorazioni agrarie e piantumazioni, per il che è stato ordinato il ripristino della strada entro 10 giorni con l'ordinanza n. 50/91; e su cui il ricorrente avrebbe costruito, a confine con le particelle 123 e 119, un capannone adibito a fienile, del quale è stata ingiunta la demolizione entro 90 giorni con l'ordinanza n. 51/91), mentr'invece sono differenti (e perciò solo parzialmente sovrapponibili) la sostanza e/o la tipicità dei poteri autoritativi con esse esercitati dal Comune di (omissis):

— l'ordinanza n. 50/91 si dichiara essere stata adottata ai sensi dell'articolo 38 della legge 8 giugno 1990, n. 142, cioè dal Sindaco in veste di Ufficiale di Governo nell'esercizio di funzioni di competenza statale: nella fattispecie, quale organo che sovrintende "alla emanazione degli atti a lui attribuiti dalle leggi e dai regolamenti in materia di ordine, e sicurezza pubblica" (comma 1°, lettera b) ovvero, fors'anche, che adotta "provvedimenti contingibili ed urgenti in materia di sanità ed igiene, edilizia e polizia locale al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini" (comma 2°);

— l'ordinanza n. 51/91 è stata dichiaratamente emanata in attuazione dell'articolo 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, cioè avvalendosi dei poteri di accertamento e di repressione conferiti all'autorità comunale dalla legislazione urbanistica per l'eliminazione coattiva delle opere eseguite in assenza o in grave difformità dal titolo edilizio: nella fattispecie l'ingiunzione a demolire il manufatto abusivo ed a ripristinare lo stato dei luoghi entro 90 giorni, sotto pena, in difetto, della demolizione in danno (articolo 7, commi 2° e 5°).

In definitiva, l'ordinanza n. 51/91 trae fondamento dalla ritenuta violazione della normativa urbanistica ed edilizia per essere stato il capannone eretto senza concessione (o equivalente titolo edilizio) e non solo perchè esso è andato ad occupare (parzialmente) la strada di proprietà comunale [nell'ordinanza si afferma che le opere sono state abusivamente realizzate "sia sul suolo comunale (strada) che sulle particelle 123-119 del foglio 7"].

II) 1. Tanto premesso, l'esame del provvedimento di cui al capo A dell'epigrafe dà luogo a perplessità per quanto concerne la spettanza della giurisdizione all'Ago e non al Giudice amministrativo; perplessità che scaturiscono dalla considerazione che la controversia ha comunque a che fare con l'esistenza del diritto di proprietà pubblica su un bene immobile (un tratto della strada comunale in località (omissis) confinante con i fondi privati identificati con le particelle 120, 123, 119 del foglio di mappa 7) e perciò con posizioni giuridiche che hanno la consistenza di diritti soggettivi assoluti e contrapposti (la proprietà demaniale sulla strada; la proprietà privata del frontista).

2. Orbene il Collegio è incline a superare le perplessità concernenti la giurisdizione nel senso di riconoscere il potere di decisione del caso al Giudice amministrativo.

In proposito va osservato che il thema decidendum – quale risulta dalla compenetrazione tra petitum e causa petendi (almeno per quanto riguarda i motivi di ricorso primo, secondo e quarto) – non consiste direttamente e principalmente nello stabilire l'appartenenza del suolo in contestazione al privato proprietario ricorrente anziché al Comune di (omissis), bensì nel valutare la legittimità del provvedimento n. 50/91, posto in essere dal Comune stesso in funzione di autotutela di un suo presunto bene demaniale.

In definitiva e nella sostanza, non viene in questione il presupposto fondante del provvedimento, costituito dall'asserita proprietà pubblica del suolo, sibbene la correttezza dell'esercizio del potere di autotutela dell'Amministrazione sul suolo proprio. Come la giurisprudenza amministrativa – sia la più risalente nel tempo (Tar Friuli Venezia Giulia, 6 dicembre 1984, n. 404; Tar Sicilia, Palermo, 15 maggio 1985, n. 405; ecc.) che anche quella recente (cfr.: C. di Stato, VI Sez., 8 maggio 2006, n. 2509) – ha chiarito, appartiene alla giurisdizione del giudice amministrativo la controversia relativa a un bene demaniale, nella quale non sia contestata la demanialità del bene o la sua estensione, bensì l'illegittimo esercizio della potestà di autotutela demaniale dell'Amministrazione.

Per il che, la proprietà comunale del tratto di strada di cui, con l'atto impugnato, si è ordinata la riduzione in pristino stato viene nel presente giudizio, affermata incidenter tantum, a giustificazione della trattenuta giurisdizione sul caso.

III) Nel merito, l'impugnativa dell'ordinanza n. 50/91 è fondata.

1. Sussiste il dedotto vizio di incompetenza.

Ed infatti l'articolo 378 della legge20 marzo 1865, n. 2248, allegato f) aveva riservato al prefetto il potere di ordinare la riduzione in pristino stato allorchè venissero violate, con alterazione dello stato delle cose, le norme della stessa legge sui lavori pubblici (all'articolo 1 della quale venivano elencate le opere pubbliche di ogni genere attribuite alla competenza ministeriale del Ministero dei lavori pubblici e, tra di esse, erano comprese anche "le strade provinciali, comunali e vicinali": articolo 1, lettera d).

E l'articolo 20 del Rd 8 dicembre 1933, n. 1740 [Testo unico di norme per la tutela delle strade e per la circolazione] aveva disciplinato, sempre attribuendone la competenza al Prefetto, il potere di ordinare "la riduzione delle cose al pristino stato" e di adottare "tutti i provvedimenti necessari" nei casi di esecuzione d'ufficio, cioè sul presupposto di accertate violazioni della normativa a tutela delle strade pubbliche che avevano alterato lo stato delle cose, come previsto dall'articolo 378 della legge n. 2248/1865, allegato f.

Disponeva detto articolo 20, all'ultimo comma, che "le attribuzioni del presente articolo sono esercitate dal Sindaco quando si tratti di strade all'interno dell'abitato".

2.— Orbene, l'ordinanza n. 50/91 è stata assunta – come già s'è notato – dal Sindaco di (omissis) richiamandosi, a giustificazione del potere esercitato, l'articolo 38 della legge 8 giugno 1990, n. 142.

L'articolo 38 in parola, al comma primo, lettera b), prevede che il Sindaco, quale ufficiale di Governo, sovrintende "alla emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalle leggi e dai regolamenti in materia di ordine e sicurezza pubblica, di sanità e di igiene pubblica".

Ed al comma secondo, attribuisce al Sindaco, sempre quale ufficiale di Governo, il potere di adottare "provvedimenti contingibili ed urgenti in materia di sanità ed igiene, edilizia e polizia locale al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini".

3.— Deve escludersi che il provvedimento di cui si discute rientri tra quelli contingibili ed urgenti configurati dall'articolo 38, 2° comma dalla legge n. 142/1990, sia per l'estraneità della materia (il debordare delle colture agrarie sul preesistente tracciato stradale comunale non attiene nè alla sanità ed igiene, nè all'edilizia, nè alla polizia locale), sia per l'insussistenza di qualunque grave pericolo tale da minacciare l'incolumità dei cittadini, sia, comunque, perchè, nel provvedimento stesso, difetta qualunque richiamo specifico alla necessità ed all'urgenza tali da giustificare il ricorso a provvedimenti contingibili ed indifferibili.

— Ergo l'ordinanza in questione è stata adottata ai sensi dell'articolo 38, comma primo lettera b).

4.— Se così è, il Sindaco, in veste di ufficiale di Governo, poteva porre in essere solo quegli atti che erano a lui attribuiti dalle leggi e dai regolamenti; e non poteva perciò esorbitare dai limiti di competenza alla sua sfera, quale ufficiale di Governo, imposti dalla legge e dai regolamenti esistenti.

5.— Poichè l'articolo 20, ultimo comma del Rd 8 dicembre 1933, n. 1740 attribuiva al Sindaco il potere di ordinare la riduzione in pristino e di adottare tutti gli altri provvedimenti necessari in caso di illegittima alterazione dei luoghi solo relativamente alle "strade all'interno dell'abitato", il Sindaco di (omissis) non poteva emettere l'ordinanza n. 50/91, con cui ordinava ai sig.ri (omissis) e (omissis) di ripristinare a proprie spese il tratto di strada comunale sito in località (omissis) e costeggiante le particelle 120, 123 e 119 del foglio 7, reso intransitabile in quanto lavorato e piantumato dai due predetti proprietari confinanti, poichè tale potere di intervento coattivo competeva al Prefetto, trattandosi di strada fuori del centro abitato.

Che il tratto di strada in questione fosse esterno all'abitato cittadino e/o collocato in area extraurbana è incontrovertibile, alla luce non solo della sua inclusione nel catasto rustico ma altresì dell'effettiva situazione dei luoghi, quale evidenziata dalla documentazione fotografica in atti.

6.— Sul piano sostanziale l'ordinanza n. 50/91, è viziata per insussistenza dei requisiti di ordine temporale che presiedono al corretto esercizio del potere di autotutela del bene pubblico.

Secondo la prevalente giurisprudenza, il potere dell'Autorità (nel ns. caso: dell'Autorità statale) di ordinare la riduzione in pristino relativamente ad opere che hanno determinato l'invasione del suolo stradale, previsto dall'articolo 378 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato f si configura quale potestà di autotutela possessoria iuris publici, destinata ad assicurare il ripristino della situazione preesistente, sulla base di quelle stesse condizioni che rendono possibile la tutela possessoria in diritto civile ed, in particolare, il mancato decorso del termine di un anno dal sofferto spoglio o dalla conoscenza dell'avvenuta turbativa, qualora questa sia stata posta in essere in modo clandestino.

Atteso il parallelismo con la tutela possessoria di competenza del giudice ordinario in ordine allo spoglio subito da privati (articolo 1168 C.c.; articolo 703 C.p.c.) il potere di autotutela relativa ai beni demaniali non può considerarsi legittimamente esercitato quando sia trascorso oltre un anno dal sofferto spoglio, o dalla scoperta di esso (se clandestino) o, comunque, quando sia trascorso un notevole lasso di tempo, che abbia comportato il consolidamento dello stato di fatto, per rimuovere il quale diviene necessaria l'instaurazione di un giudizio petitorio.

Dunque, la tutela di cui all'articolo 378 della legge n. 2248, allegato f del 1865 è esperibile purchè ricorrano presupposti analoghi a quelli che abilitano il privato ad invocare la tutela possessoria ex articolo 1168 C.c. e 703 C.p.c. citati; e, così come non necessita per l'adozione del provvedimento che ordina il ripristino che l'Amministrazione accerti l'esistenza o meno di diritti reali sulla strada, così, trascorso oltre un anno dallo spoglio o, comunque, un periodo di tempo troppo lungo, essa non può esperire la reintegrazione del possesso in sede di autotutela.

7.— Nella fattispecie, nel preambolo del provvedimento impugnato non si è fatto cenno alcuno all'epoca in cui i proprietari confinanti avrebbero arbitrariamente invaso, con le loro coltivazioni, il tratto di strada comunale, limitandosi a rilevare che esso era tuttora intransitabile.

Per contro il ricorrente ha sostenuto ed ha portato più che un principio di prova che i terreni già di proprietà di suo padre, (omissis), relativi al foglio di mappa n. 7, particelle 123, 119 e 202 erano "sempre stati coltivati integralmente, senza lasciare alcuno spazio per il passaggio di persone o cose" (cfr. le dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà rese dal mezzadro (omissis) e da (omissis)).

— Nemmeno su tale punto il Comune di (omissis), che non si è costituito, ha fatto pervenire osservazioni in sua difesa. Dal che anche questo Collegio è autorizzato a desumere argomento di prova (cfr. l'articolo 116, 2° comma C.p.c.) circa il fatto che lo sconfinamento delle coltivazioni sul tratto di strada comunale era semmai avvenuto non di recente, ma molti e molti anni prima (da "sempre", secondo le dichiarazioni giurate) che il Comune adottasse il provvedimento con cui ordinava il ripristino del tracciato viario.

8.— Ogni restante motivo di censura proposto avverso l'ordinanza n. 50/91 può essere assorbito.

IV) Passando alla disamina del provvedimento di cui al capo B) dell'epigrafe si osserva quanto segue.

1.— L'impugnativa di esso è sicuramente ammissibile.

L'appartenenza al giudice amministrativo in ordine alla domanda di annullamento dell'ingiunzione alla demolizione del manufatto suppostamente abusivo poichè edificato senza licenza edilizia ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 47/1985 si radica essenzialmente sulla natura del potere esercitato attraverso l'atto medesimo, che è quello di controllo degli interventi importanti una trasformazione urbanistica e/o edilizia del territorio, al fine di attuare un'ordinata, regolata, armonica sua utilizzazione, rispettosa tanto degli interessi particolari dei proprietari privati quanto delle superiori esigenze collettive di vivibilità ambientale, di equilibrato assetto distributivo e di sviluppo socio-economico, la cui realizzazione è demandata dalla legislazione urbanistica ed edilizia alla pubblica amministrazione.

Ed infatti l'ordinanza n. 51/91, qualificata dal Sindaco di (omissis) come "ingiunzione di demolizione articolo 7 legge n. 47.85", risulta espressamente essere stata adottata nei confronti del sig.(omissis) in attuazione della legge n. 47 del 28 febbraio 1985, articolo 7 per aver egli "costruito senza licenza edilizia sulla strada stessa sopra indicata un capannone adibito a fienile avente una superficie coperta di mq.313 circa ed un'altezza alla gronda di ml. 6,00".

Per il che la tipologia del provvedimento, di repressione dell'abuso edilizio ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47, lo connota sicuramente come appartenente all'esplicazione del potere autoritativo conferito all'Autorità comunale finalizzato all'attuazione ed al rispetto della normativa urbanistica incidente sulla proprietà privata dei suoli per il loro corretto uso nell'interesse pubblico, proprietà perciò degradata da diritto soggettivo ad interesse legittimo.

2.— A ciò aggiungasi, per la residua parte del potere esercitato col provvedimento stesso – laddove si è affermato che le opere abusive erano state realizzate, oltre che sulle particelle 123-119 del foglio 7, sul suolo comunale (strada) – quanto già considerato al precedente paragrafo II; e cioè che, per valutare la legittimità dell'intervento repressivo posto in essere dal Sindaco a tutela della (affermata) proprietà del tratto stradale in località (omissis) non vengono in questione la decisione in ordine all'esistenza, su tale tratto, di una strada pubblica, nè perciò l'accertamento del diritto contrapposto sul relativo suolo del Comune di (omissis) anzichè del privato proprietario ricorrente, bensì, in relazione ai motivi dedotti (primo, secondo e quarto), le corrette modalità di esercizio del potere di autotutela sul bene demaniale spettante all'ente pubblico.

V) Quanto al merito, l'impugnativa del provvedimento di cui al capo B dell'epigrafe è ugualmente fondata.

1.— Va considerato primariamente il contenuto principale (ancorchè non esaustivo) dell'ordinanza n. 51/91, la quale – come già sopra si è notato – ha inteso sanzionare il sig. (omissis) per aver egli costruito senza licenza edilizia un capannone adibito a fienile e gliene ha perciò ingiunto la demolizione entro 90 giorni, vista la legge n. 47 del 28 febbraio 1985, articolo 7.

2.— Orbene l'ingiunzione di demolizione del manufatto agricolo non ha specificato quando esso sarebbe stato realizzato.

— A tal proposito il ricorrente ha invece fornito la prova che il capannone fu commissionato, fatto erigere ed ultimato entro il mese di ottobre del 1965, su incarico di (omissis), precedente proprietario del fondo e suo dante causa.

Si vedano:

— la dichiarazione giurata del perito edile e costruttore (omissis) che curò la realizzazione dell'opera;

— le fatture della ditta (omissis) n. 312 dell'8 gennaio 1965 (per lire 1.688.627) e n. 4993 del 12 maggio 1965 (per lire 1.553.973), relative ai materiali impiegati (lamiere zincate, tubi ed altro).

3.— Essendo l'intervento edilizio stato effettuato nel 1965, nella vigenza del testo originario dell'articolo 31, comma primo della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150, anteriormente alle modifiche apportate dall'articolo 10 della legge 6 agosto 1967, n. 765, ed essendo esso situato fuori del centro abitato, non era richiesta la licenza edilizia.

4.— Pertanto, attesa la piena regolarità edilizia del capannone, il Sindaco non poteva ingiungerne la demolizione.

5.— Come si è più volte rilevato, il provvedimento n. 51/91 ha natura, per così dire, anfibia, in quanto, ancorché l'eliminazione del manufatto sia stata ordinata sul presupposto che questo era stato edificato senza preventiva licenza edilizia, nel provvedimento stesso si è insistito anche sul fatto che l'opera era stata realizzata (in parte) sulla strada di proprietà comunale.

6.— Ove si ritenga che l'ordinanza di demolizione in parola abbia valenza repressiva anche perché diretta ad eliminare dal suolo pubblico l'ingombro rappresentato dal capannone dovrebbe affermarsene l'illegittimità, anche per questo secondo profilo, per le stesse ragioni già illustrate al precedente paragrafo III:

— competente all'adozione del provvedimento era il Prefetto;

— l'autotutela possessoria esercitata dall'Amministrazione oltre 25 anni dopo lo spoglio non era consentita.

— Per tutte le suesposte considerazioni, il capo del ricorso avverso l'ordinanza n. 50/91 ed il capo del ricorso avverso l'ordinanza n. 51/91 meritano di essere entrambi accolti.

— Il Collegio ritiene tuttavia la sussistenza di giusti motivi per denegare il rimborso delle spese.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale delle Marche accoglie integralmente il ricorso n. 1149 dell'anno 1991 Reg.Gen. , in epigrafe indicato, con l'annullamento di entrambi gli atti impugnati.

Denega il rimborso delle spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona, nella camera di consiglio del giorno 3 ottobre 2007, con l'intervento dei signori:

(omissis)

 

Depositata in segreteria

il 4 ottobre 2010

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