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Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Lombardia 9 luglio 2009, n. 4345

Atti di pianificazione - Legittimazione ad agire - Criteri della vicinitas e della effettiva utilità lesa - Lesione qualità della vita - Sussistenza

Un atto di pianificazione territoriale può arrecare pregiudizio al cittadino sia nel senso di una possibile diminuzione del valore dell’immobile di sua proprietà, sia nel senso di un sensibile peggioramento della qualità ambientale del territorio in cui vive.
Con sentenza 9 luglio 2009, n. 4345, il Tar Lombardia ha riconosciuto l’esistenza in capo ai cittadini residenti di un interesse ad agire fondato non solo sul collegamento stabile con la zona oggetto delle opere, ma anche sulla lesione dello status di residenti che esse possono effettivamente comportare.
Tale lesione, a parere del Collegio, è provata dalla riduzione delle aree verdi (o meglio, del loro spezzettamento in tante piccole aree al posto di una sola di grosse dimensioni), dallo spostamento delle aree adibite a parcheggio (più lontane dalle residenze) e dalla netta diminuzione degli alberi, naturali barriere antirumore.

Tar Lombardia

Sentenza Tar Lombardia 9 luglio 2009, n. 4345

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

Sul ricorso numero di registro generale (...) del 2006, proposto da:

(omissis);

contro

Comune di Milano, (...);

Regione Lombardia, (...);

 

nei confronti di

(omissis);

per l'annullamento delle delibere in data 15.2.2005 e 13.7.2005 del Collegio di Vigilanza per l’attuazione dell’accordo di programma approvato con decreto dell’Assessore Regionale al Territorio e Urbanistica 20 luglio 2004 n. 12690 con le quali è stata apportata una variante al PII Garibaldi Repubblica, nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale e connesso ed in particolare della determina dirigenziale 12.5.2005 n. 244 in materia di aggiornamento dei valori di monetizzazione di aree per standard.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Milano;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Lombardia;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di (omissis);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Uditi, relatore la dott. (omissis), alla pubblica udienza del 20 maggio 2009, (omissis) per i ricorrenti, l’Avv. (omissis) per il Comune di Milano, l’Avv. (omissis) per la Regione, gli Avv. (omissis) per i controinteressati;

Considerato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue:

 

Fatto

Con il ricorso n. 4813/2004 un centinaio di cittadini residenti nella zona limitrofa a Garibaldi e Repubblica, hanno impugnato gli atti relativi al Programma Integrato di Intervento “Garibaldi Repubblica”, oggetto di un accordo di programma approvato con delibera regionale del 20.7.2004 n. 12690.

Alcuni dei cittadini che hanno proposto il suddetto ricorso hanno impugnato ora i provvedimenti di variante adottati dal Collegio di Vigilanza, in data 15.2.2005 e 13.7.2005, con cui sono state apportate delle variazioni al progetto originario, relative alla destinazione di aree ubicate nelle unità U1 e U3.

Lamentano in particolare i ricorrenti che le varianti impugnate avrebbero comportato una riduzione degli standard qualitativi e una collocazione peggiorativa del verde e dei parcheggi rispetto alla loro abitazione.

Le Amministrazioni resistenti e la società controinteressata, nel costituirsi in giudizio, hanno sollevato l’eccezione di carenza di interesse, ritenendo non provata la lesione conseguente alla variazione progettuale, ovvero l’utilitas che ogni ricorrente può ottenere dall’accoglimento del ricorso.

Con sentenza non definitiva n. 1313 del 16.2.2009 il Collegio ha disposto una istruttoria, a carico dei ricorrenti, affinchè venisse dimostrata la loro “ esatta collocazione territoriale, il requisito della vicinitas, nonché la lesione conseguente alla approvazione della variante al piano”.

Infatti la circostanza che il ricorso in esame fosse stato presentato solo da alcuni dei residenti che avevano promosso ricorso avverso il PII, ha reso necessario verificare se in base alla loro collocazione la variante provocasse loro una lesione rispetto al precedente progetto.

In data 18.3.09 i ricorrenti hanno prodotto una relazione dettagliata, da cui emerge per ciascuno di loro l’esatta collocazione, la connessione territoriale con le singole opere realizzate in variante e la lesione che subiscono.

In vista dell’udienza di merito le parti depositavano memorie a sostegno della propria tesi.

Alla pubblica udienza del 20 Maggio 2009, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

 

Diritto

1) Il presente ricorso è stato promosso da un gruppo di cittadini milanesi, avverso gli atti di variante del Piano Integrato di Intervento Garibaldi Repubblica.

2) Il Collegio ritiene infondata l’eccezione di carenza di interesse, in quanto, come si dirà nel proseguo, i ricorrenti hanno compiutamente dato la prova della lesione conseguente agli atti di variante.

Va ricordato che questa Sezione ha seguito, nella sentenza n. 1551/2008, l’orientamento del Consiglio di Stato (decisione n. 1584 del 10.4.2008), secondo cui l’interesse al ricorso, in materia di impugnazione degli atti di pianificazione, non può essere provato solo con la situazione dello stabile collegamento con la zona interessata dalle opere, ma attraverso la dimostrazione del pregiudizio effettivo o anche potenziale, ma direttamente conseguente all’adozione degli atti gravati e della connessa utilitas ricavata dall’accoglimento del ricorso.

Secondo questo orientamento il pregiudizio arrecato dal provvedimento gravato deve essere effettivo, nel senso che dall’esecuzione dello stesso deve discendere in via immediata e personale un danno certo alla sfera giuridica del ricorrente, ovvero potenziale, nel senso, però, che la lesione si verificherà in futuro con un elevato grado di certezza (Cons. St., sez. IV, 22 giugno 2006, n.3947), mentre deve escludersi il presupposto in questione nell’ipotesi in cui il danno derivante dall’attuazione dell’atto impugnato sia meramente eventuale, e, cioè, quando lo stesso non risulta, di per sé, capace di arrecare una lesione diretta alla sfera del soggetto ricorrente, né risulti sicuro che il danno si realizzerà in un secondo tempo (Cons. St., sez. IV, 19 giugno 2006, n.3656).

Nelle controversie attinenti alla realizzazione di interventi che incidono sul territorio si è ulteriormente precisato che, se è vero che l’ordinamento riconosce una posizione qualificata e differenziata a tutti coloro che si trovano in una situazione di stabile collegamento con la zona interessata, è anche vero che, in concreto, devono ritenersi titolati all’impugnativa solo i soggetti che possono lamentare una rilevante e pregiudizievole alterazione del preesistente assetto urbanistico ed edilizio, per effetto della realizzazione dell’intervento controverso (Cons. St., sez. IV, 11 aprile 2007, n.1672).

Il pregiudizio che può conseguire ad un intervento di pianificazione può consistere nella possibile diminuzione di valore del proprio immobile o nella peggiore qualità ambientale: una volta accertata la vicinitas, rappresentata dal collegamento territoriale, vanno valutate le implicazioni urbanistiche dell’intervento e le conseguenze prodotte sulla qualità della vita di coloro che per residenza, attività lavorative e simili ragioni, sono in durevole rapporto con la zona interessata dall’intervento.

Nel caso di specie l’onere probatorio è stato assolto: nella relazione prodotta è dimostrato come la variante sia idonea a comportare un peggioramento allo status di residente, emergendo anche i singoli aspetti negativi per ciascuno dei ricorrenti.

Sicuramente nel rappresentare la lesione vi è anche una valutazione soggettiva, legata alla sensibilità della persona, ma è indubbio che oggi, nel comune sentire, sia i parcheggi vicini alla propria abitazione, sia i giardini pubblici, sia le barriere naturali antirumore sono elementi che contribuiscono a migliorare la qualità della vita.

I ricorrenti hanno dimostrato che la lesione si riconduce alla riduzione di aree verdi nelle vie limitrofe alle abitazioni dei soggetti interessati e alla diminuzione di alberi destinati a costituire barriere antirumore, alla eliminazione di spazi a parcheggio od al loro spostamento in zone non facilmente accessibili.

In particolare la previsione di una vasta area verde viene sostituita con spazi frammentati di verde, per una diversa distribuzione del sistema viario: anche se lo spazio a verde, complessivamente considerato rimane lo stesso, la funzione e l’utilità di un polmone verde non può essere certamente equiparata a quella di singoli spazi verdi.

Così come la riduzione e lo spostamento di parcheggi pubblici in una zona distante rispetto alla propria abitazione, costituisce ex se un elemento peggiorativo della qualità della vita, soprattutto in considerazione dell’aumento degli abitanti che si avrà a conclusione del piano.

Si deve ritenere che i ricorrenti non si siano limitati alla apodittica affermazione della sussistenza della vicinitas, ma abbiano compiutamente dimostrato come la variante apporti loro delle conseguente peggiorative, dal punto di vista della viabilità e della vivibilità.

Una maggior prova non può essere richiesta, pena la totale vanificazione della tutela avverso gli interventi di pianificazione: indipendentemente dalla questione se la somma complessiva degli standard viene mantenuta a seguito della variante, è stato provato che con gli atti impugnati i ricorrenti potranno godere di minori servizi (quali i parcheggi), di minor utilità (il polmone verde) e di un sistema viario meno funzionale.

Per tali ragioni l’eccezione va respinta.

3) Nel merito il ricorso è fondato sotto il profilo della incompetenza, fatto valere nel motivo n. 4, per la violazione dell’articolo 13, 3 comma dell’Accordo di programma e dell’articolo 34 5 comma del Dlgs 267/2000, in quanto la variante non può ricondursi tra gli atti di competenza del Comitato di Vigilanza.

L’articolo 11 dell’Accordo di Programma prevede l’istituzione di un Collegio di Vigilanza, ai sensi dell’articolo 34 comma 7 del D.lgs 267/2000, cui è attribuita, oltre al compito di vigilanza sulla attuazione dell’Accordo, la facoltà di “assumere le iniziative di competenza per esperire le medesime procedure seguite per la conclusione dell’Accordo di programma, nel caso in cui venissero proposte o emergesse la necessità di apportare modificazioni al dimensionamento complessivo, nonché agli aspetti urbanistici primari del Programma Integrato di Intervento, di cui al successivo articolo 13 comma 3” (lett e), nonché di “apportare le varianti eccedenti la previsione dell’articolo 7 comma 10 della Lr 23/97 ai progetti planivolumetrici del PII che rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 8 della NTA del PII o che comunque si rendano necessarie a seguito di motivate esigenze tecniche infrastrutturali” (lett. f).

Questa disposizione va letta però unitamente all’articolo 13 comma 3, secondo cui, quando la modifica riguarda il dimensionamento globale o incida sugli aspetti urbanistici primari del Programma integrato di intervento, il Collegio di vigilanza debba attivare le medesime procedure seguite per l’Accordo.

Le variante de quibus, introdotte nel progetto planivolumetrico, sono state adottate solo dal Collegio di Vigilanza sull’assunto che si tratti di varianti imposte da esigenze tecniche, che non incidono sul dimensionamento complessivo degli interventi e quindi riconducibili all’ipotesi della lett. F) sopra riportata.

Il Collegio ritiene invece che la variante, modificando la destinazione di alcune aree ubicate nelle unità U1 e U3 e spostando alcune strutture viarie, abbia inciso sul progetto iniziale e quindi dovesse essere approvata con la medesima procedura di approvazione dell’Accordo di Programma.

Come emerge dalla relazione allegata al verbale del 13.7.2005 il Progetto planivolumetrico, che costituisce anche variante, “affronta le problematiche infrastrutturali, connesse al tracciato e alla successiva realizzazione della linea 5 della metropolitana”: non si tratta quindi solo di un adeguamento tecnico, ma di una modifica sostanziale della localizzazione degli spazi pubblici, che doveva essere riesaminata dai soggetti intervenuti nell’Accordo di programma.

Nella relazione prodotta dalla difesa della Soc. (omissis) si afferma che le delibere si limiterebbero ad un approfondimento progettuale del Protocollo d’Intesa: viene tuttavia specificato che “l’elemento che più di tutti ha influito sulla definizione del Planivolumetrico Attuativo è stato l’inserimento del tracciato della nuova linea 5 nello sviluppo dell’area, il cui progetto e le cui modalità di realizzazione sono state definite dopo la sottoscrizione del PII del 2003”. Prosegue poi la relazione affermando che “tali aspetti infrastrutturali hanno determinato un necessario aggiornamento del disegno planivolumetrico e la definizione di una (parziale) differente localizzazione delle aree di concentrazione fondiaria portando ad un assetto definitivo di quelle che nel PII erano state inizialmente definite come aree di possibile modifica fondiaria”.

L’introduzione in un piano di una nuova linea di trasporto non può essere considerata una variante di adeguamento: è stato dimostrato come tale variante abbia infatti comportato una modifica delle localizzazioni del verde e dei parcheggi, nonché della viabilità, incidendo sulla sua conformazione originaria.

Per tale ragione la variante doveva essere adottata con la medesima procedura di approvazione dell’accordo di programma.

4) Ai sensi dell’articolo 26 legge 1034/1971, la fondatezza della censura di incompetenza determina unicamente la rimessione dell'affare all'autorità indicata come competente, ed impedisce l'esame delle altre doglianze che finirebbe, altrimenti, per risolversi in un giudizio anticipato sui futuri provvedimenti dell'organo riconosciuto come competente ed in un vincolo anomalo sulla riedizione del potere (Consiglio Stato , sez. V, 06 aprile 2009 , n. 2143).

Si verte infatti in una ipotesi di incompetenza tra soggetti tra i quali non vi è un rapporto di tipo infrasoggettivo, ipotesi nella quale invece secondo un recente orientamento sarebbe possibile l’esame delle ulteriori censure (cfr. Tar Lombardia, Brescia, 1 giugno 2001, n. 398 e Consiglio di Stato, Sez. V, 11 dicembre 2007, n. 6408).

Per tale ragione le altre censure non possono essere qui valutate e, dichiarato l'annullamento degli atti impugnati, l'affare va rimesso all’Amministrazione per l’adozione dei provvedimenti necessari da parte dell’organo competente.

In considerazione della particolarità della questione, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizi tra le parti.

PQM

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sez. II, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati e rimessione dell'affare all'Autorità competente.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 20/05/2009 con l'intervento dei Magistrati:

(omissis)

Depositata in segreteria il 09/07/2009

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