End of waste, Cassazione esclude retroattività
Rifiuti
Il regolamento 333/2011/Ce sulla cessazione della qualifica di rifiuto (“end of waste”) dei rottami ferrosi non può applicarsi a fatti antecedenti la propria entrata in operatività, scattata il 9 ottobre 2011.
La Suprema Corte (sentenza 43430/2014) ha così confermato la condanna per gestione non autorizzata di rifiuti non pericolosi (articolo 256, Dlgs 152/2006) nei confronti di un’impresa che aveva accumulato sul proprio piazzale, in maniera incontrollata, oltre 700 mc di rottami metallici.
La tesi del ricorrente, secondo il quale con l’entrata in vigore del regolamento 333/2011/Ue si sarebbe verificata una “abolitio criminis”, con effetti retroattivi incondizionati, della condotta di detenzione per tutti i rottami che soddisfano le condizioni fissate dalla normativa Ue, è stata respinta dalla Corte.
Dal complesso sistema delineato dal regolamento, il Giudice evince infatti come l’end of waste non sia legato solo alla natura e ai trattamenti che i rottami subiscono, ma anche alle specifiche prescrizioni (ad esempio in materia di formulari) e al positivo esito delle procedure preliminari che la normativa delinea: non è quindi possibile alcuna applicazione preventiva della norma.
A cura di Vincenzo Dragani e della Redazione Reteambiente
Rifiuti - Rottami ferrosi - Regolamento 333/2011/Ue sull'end of waste - Effetto retroattivo delle disposizioni - Abolitio criminis - Non sussiste - Accumulo incontrollato di rottami metallici - Gestione non autorizzata di rifiuti - Sussiste
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