Consiglio di Stato, il rifiuto “abbancato” non diventa terreno
Rifiuti
Nel caso di rifiuti abbandonati, l’articolo 239 del Dlgs 152/2006 subordina la caratterizzazione pro bonifica dell’area all’avvenuta rimozione dei rifiuti. Da qui la “impossibilità giuridica” di una trasformazione del rifiuto abbancato in terreno.
Il CdS (sentenza 27 dicembre 2013, n. 6259) ha così rigettato il ricorso contro un’ordinanza provinciale che diffida un privato ad avviare a smaltimento o recupero dei rifiuti prodotti da uno zuccherificio (calci di defecazione), utilizzati anni prima per il recupero ambientale (R10) di una cava, a seguito di successive analisi che avevano evidenzato la violazione dei limiti previsti dal Dm 5 febbraio 1998 (procedure semplificate di recupero dei rifiuti).
L’obiezione del ricorrente secondo la quale il test di cessione deve essere effettuato sul rifiuto cd. “tal quale” al momento dell’utilizzo (e non quando il rifiuto è già stato distribuito sul terreno e ricoperto con terreno vegetale), è stata rigettata dal CdS che sottolinea come la nozione di rifiuto “tal quale” è rilevante soltanto ai sensi dell’articolo 8 del Dm 5 febbraio 1998, cioè la norma che disciplina le modalità di campionamento per la caratterizzazione fisico chimica del rifiuto, “mentre non compare nel successivo articolo 9 ai fini dell’effettuazione test di cessione di cui all’allegato 3 dello stesso Dm”.
Rifiuti - Abbandono e deposito incontrollato - Ordinanza comunale - Articolo 239, Dlgs 152/2006 - Trasformazione del rifiuto abbancato in terreno - Impossibilità giuridica - Procedure semplificate di recupero - Test di cessione - Articolo 9, Dm 5 febbraio 1998 - Necessità del rifiuto "tal quale - Escluso
Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero
Norme in materia ambientale - Stralcio - Parte IV - Gestione dei rifiuti, imballaggi e bonifica dei siti inquinati
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