Privacy, trattamento illecito dati entra nella "231"

Responsabilità 231

Parole chiave: Disposizioni trasversali/Aua | Rifiuti | Sicurezza sul lavoro | Responsabilità 231

Altri documenti con le stesse parole chiave

• Regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398 (23/10/2000)
• Responsabilità amministrativa "231", sequestrabile anche l'intera azienda (13/05/2013)
• Misure interdittive ex Dlgs 231/2001, nozione ampia di "profitto" da reato (14/05/2013)
• Sequestro ex "231", possibile utilizzo beni per continuità aziendale (30/10/2013)
• Responsabilità "231", da sequestro va sottratta utilità percepita da danneggiato (14/06/2013)
• Responsabilità "231", sanzione interdittiva alla società solo se motivata (22/03/2013)
• La Conferenza di servizi dopo la riforma della P.a. (04/10/2019)
• Decreto Presidente Provincia Trento 28 marzo 2018, n. 2-77/Leg (05/04/2018)

La responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per fatto di dipendenti e collaboratori ex Dlgs 231/2001 riguarda anche le violazioni della tutela della privacy, tra cui il trattamento illecito dei dati. A prevederlo il Dl 93/2013 in corso di conversione in legge alla Camera.

I delitti in materia di privacy (non le contravvenzioni) si aggiungono così a decorrere dal 17 agosto 2013 (entrata in vigore del Dl 93/2013) alla platea di "reati presupposto" che fanno scattare la responsabilità amministrativa delle imprese per fatto di dipendenti o collaboratori, andando a ingrossare le fattispecie penali attualmente previste, tra le quali spiccano i diversi reati ambientali introdotti nel Dlgs 231/2001 dal Dlgs 121/2011.

Le violazioni della disciplina sulla privacy riguardano quelle ex Parte III, Titolo III, Capo II del Dlgs 30 giugno 2003, n. 196: in particolare, trattamento illecito dati, falsità nelle dichiarazioni o notificazioni al Garante, inosservanza provvedimenti del Garante. I modelli organizzativi che esonerano da responsabilità ex Dlgs 231/2001 andranno implementati, considerando che in assenza o inadeguatezza del modello organizzativo, in caso di reato in materia di privacy commesso dal dipendente o collaboratore, la società rischia una sanzione da 100 a 500 quote (una singola quota varia da 258 fino a un massimo di 1.549 euro).