Rifiuti

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Marche 15 novembre 2005, n. 1210

Rifiuti - Gestione - Articolo 21, comma 7 Dlgs 22/1997 - Attività di recupero dei rifiuti urbani - È liberalizzata

Tar Marche

Sentenza 15 novembre 2005, n. 1210

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per le Marche (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

Sul ricorso numero di registro generale 00764 del 2004, proposto da:

Cosmari, Consorzio Obbligatorio per lo Smaltimento dei Rifiuri, con sede legale in Tolentino, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Stefania Maroni ed elettivamente domiciliato in Ancona, C.so Garibaldi n. 124, presso lo studio dell'avv. Fernando Piazzolla;

 

contro

l'Amministrazione provinciale di Macerata, in persona del Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Franco Gentili e Leonardo Filippucci ed elettivamente domiciliato in Ancona, Via Mamiani n. 14, presso lo Studio dell'avv. Cesaroni Paolo;

 

e nei confronti di

della Spa Smea, con sede legale in Sforzacosta di Macerata, in persona del Presidente del consiglio di amministrazione, dotto Ciro Farneri, e dell'Amministratore delegato, rag. Stefano Monachesi, rappresentati e difesi dagli avv.ti Claudio Netti e Renato Perticarari ed elettivamente domiciliati in Ancona, C.so Matteotti n.31, presso lo studio dell'avv. Cesare Serrini;

 

per l'annullamento

— della deliberazione 23 aprile 2004, n. 254 della Giunta provinciale di Macerata con cui la società Smea è stata autorizzata alla realizzazione e gestione di un impianto per la messa in riserva e recupero dei rifiuti urbani, assimilati e speciali non pericolosi;

— di ogni altro atto presupposto, conseguente e connesso.

 

Visto il ricorso con i relativi allegari;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Macerata e della società Smea;

Visto il ricorso incidentale proposro dalla società Smea, in persona del Presidente del consiglio di amministrazione, rappresentato e difeso dagli avv.ti Claudio Netti e Renato Perricarari ed elettivamente domiciliaro in Ancona, P.za Stamira n.5 presso lo studio dell'avv. Flavio Barigelletri;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Marche sul ricorso incidentale come sopra proposto dalla società Smea, in persona del Presidente pro-tempore della Giunta regionale, rappresentato e difeso

dall'avv. Paolo Costanzi dell'Avvocatura regionale ed elettivamente domiciliato in Ancona, Via Giannelli n.36;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore, alla pubblica udienza del 19 ottobre 2005, il Cons. Luigi Ranalli ed uditi i difensori delle parti, come da relativo verbale d'udienza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

 

Fatto

La Giunta provinciale di Macerata, con deliberazione 23 aprile 2004, n. 254, ha autorizzato, ai sensi degli articoli 27 e 28 del Dlgs 5 febbraio 1997, n. 22, la Spa Smea, già iscritta nel relativo registro provinciale ai sensi del successivo articolo 33, alla realizzazione ed alla gestione di un impianto per la messa in riserva e recupero rifiuti urbani, assimilati e speciali non pericolosi, su area in località Sforzacosta di Macerata, secondo le tipologie ed i codici Cer indicati nell'allegato A, dando atto che l'approvazione del progetto costituiva, ai sensi del menzionato articolo 27, V comma, variante allo strumento urbanistico vigente nel Comune di Macerata.

Il Cosmari, quale consorzio obbligatorio tra i Comuni della Provincia di Macerata, costituito per lo smaltimento dei rifiuti ai sensi dell'articolo 8 della Lr Marche 28 ottobre 1999, n. 28, che già aveva diffidato la Provincia dal rilasciare 1'autorizzazione, con il ricorso in epigrafe indicato, notificato il 16 luglio 2004 e depositato il 19 luglio 2004, ha impugnato la deliberazione n. 254/2004, deducendo:

1) violazione del regolamento provinciale approvato con deliberazione n. 355/2001 in attuazione dell'articolo 27 del Dlgs 22/1997 e del piano provinciale dei rifiuti, (punti 14.3 e 14.3.1), perché, quando la Conferenza dei Servizi si è espressa sulla domanda della Smea:

— non era stato acquisito il parere dell'ArpaM;

— non era stato redatto il parere dal responsabile del procedimento, né questo parere poteva essere validamente sostituto dall'illustrazione (presumibilmente orale) effettuata dal Responsabile del Servizio provinciale per la gestione dei rifìuti direttamente in sede di conferenza, per di più relativa, come deve dedursi dal verbale del 2 dicembre 2003, solo all'esercizio di un impianto di recupero e messa in riserva (R13) mentre la domanda della Smea era chiaramente diretta ad ottenere l'approvazione di un progetto sia per il recupero (R13 e R3) che per lo smaltimento (D15 e D13), né il parere di che trattasi può ritenersi validamente sostituito dalla relazione istruttoria alla deliberazione impugnata, solo successivamente redatta dal responsabile del procedimento;

— non ha affatto considerato e valutato che l'approvazione del progetto comportava variante urbanistica al Prg del Comune di Macerata, anzi alla relativa riunione neppure ha partecipato, come previsto, il Sindaco di Macerata ed il Dirigente comunale del Settore urbanistica, o un suo delegato, valutazione ancor più necessaria se si considera che, in precedenza la stessa Conferenza dei servizi aveva espresso parere negativo in merito ad analoga richiesta della Smea e che la successiva impugnazione era stata respinta dal Tar Marche;

— malgrado i rilievi effettuati dal Consorzio ricorrente ed i pareri legali (di fatto sfavorevoli) all'uopo acquisiti, il responsabile del procedimento non ha riconvocato la Conferenza dei servizi per esaminare i rilievi intervenuti;

2) violazione della Lr 28/1999, del piano provinciale dei rifiuti, del Dlgs 22/1997, dell'articolo 14 della legge 236/2003, ed eccesso di potere per vari profili: l'autorizzazione di che trattasi è stata rilasciata in violazione del regime di "privativa" attribuito al Consorzio ricorrente ai sensi del Dlgs 22/1997, della Lr 28/1999 e del piano provinciale dei rifiuti, non potendo affatto la privativa essere disapplicata, come ritenuto dall'Amministrazione (soprattutto per quanto riguarda lo smaltimento), in applicazione della deroga stabilita dall'articolo 23 della legge 31 luglio 2002, n. 179, perché a sua volta incompatibile con la nuova disciplina sull'affidamento dei servizi pubblici prevista dall'articolo 14 del Dl 30 settembre 2003, n. 269: infatti la gestione dei rifiuti è senz'altro un servizio pubblico, mentre la società Smea, cui partecipa il Comune di Macerata, non solo non risulta affidataria di un siffatto servizio, ma neppure ha i requisiti per diventarlo. Del resto, se la Provincia ha approvato lo statuto del Cosmari prevedendo la privativa per "tutte le attività di smaltimento e trattamento dei rifiuti urbani e assimilati prodotti nel bacino di recupero e smaltimento della Provincia di Macerata e nell'unica area di raccolta", risulta incomprensibile come possa aver poi autorizzato un altro soggetto ad effettuare queste operazioni, tant' è che l'intendimento della Smea, come si evince dai suoi comunicati, è proprio quello di organizzare un servizio di raccolta porta a porta di particolari categorie di ritìuti, nonché la separazione della frazione umida da quella secca per poi organizzarne il recupero.

La difesa della Provincia di Macerata, con la memoria di costituzione in giudizio e successiva memoria depositata il 28 setttembre 2005, ha chiesto che il ricorso sia respinto in quanto infondato, diffusamente replicando ai singoli motivi di gravame.

Con la memoria di costituzione in giudizio anche la difesa della società Smea ha chiesto che il ricorso sia respinto in quanto infondato, preliminarmente eccependo la carenza di legittimazione attiva del Consorzio, essendo incostituzionale la Lr 28/199 nella parte in cui prevede questi Consorzi come obbligatori, mentre con atto notificato il 14 ottobre 2004 alla Regione Marche, il 15 ottobre 2004 alla Provincia di Macerata ed il 18 successivo al Cosmari e depositato il 25 ottobre 2004, ha proposto ricorso incidentale, chiedendo l'annullamento:

— della deliberazione 22 dicembre 2000, n. 99, con cui il Consiglio provinciale di Macerata ha approvato il piano provinciale per la gestione dei rifiuti, relativamente al punto in cui riserva al Cosmari, in regime di privativa, la raccolta, lo smaltimento ed il trattamento dei rifiuti urbani ed assimilati, nonché delle deliberazioni con cui la Provincia ha predisposto lo statuto del Consorzio e l'Assemblea del Cosmari lo ha costituito, sempre nella parte relativa al regime di privativa, sollevando, a tale scopo, la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 8 della Lr 28/1999.

La difesa del Consorzio ricorrente, con memorie depositate il 28 settembre 2005 ed il 7 ottobre 2005 ha replicato al suindicato ricorso incidentale, insistendo per l'accoglimento del proprio ricorso.

Anche la difesa della Regione Marche, con memoria depositata il 7 ottobre 2004, ha replicato al suindicato ricorso incidentale, deducendo la manifesta infondatezza della dedotta questione di legittimità costituzionale.

Questo Tribunale, con ordinanza 28 luglio 2004, n. 355 ha respinto l'istanza cautelare proposta ai sensi dell'articolo 21, u.c., della legge 6 dicembre 1971, n. l034.

 

Diritto

È impugnata la deliberazione n. 254/2004 della Giunta provinciale di Macerata con cui la Spa Smea. è stata autorizzata a realizzare e gestire un impianto per la messa in riserva e recupero rifiuti urbani, assimilati e speciali non pericolosi con contestuale variante allo strumento urbanistico vigente nel Comune di Macerata.

L'illegittimità della deliberazione è stata innanzi tutto dedotta per violazione del procedimento stabilito dal regolamento provinciale sul funzionamento della conferenza dei servizi di cui all'articolo 27 del Dlgs 22/1997, così come approvato dalla Giunta con deliberazione 31 ottobre 2001, n. 355.

Il Collegio considera il gravame infondato.

Premesso che la conferenza dei servizi non è un collegio perfetto e che non ha funzioni decisorie, tant'è che deve esprimere un "parere" a sua volta neppure vincolante per la Giunta provinciale — nella fattispecie organo competente a pronunciarsi in modo definitivo ai sensi dell'articolo 4 della Lr Marche 28/1999 sulle autorizzazioni di che trattasi — ai fini della legittimità di questo specifico parere è sufficiente che tutti i componenti di diritto siano stati regolarmente convocati, che siano presenti la maggioranza dei componenti e che sia adottato a maggioranza (tutte circostanze non contestate), né, in questo caso, può escludersi che la conferenza si sia espressa senza adeguata conoscenza del progetto sottoposto al suo esame a causa degli omessi e preventivi pareri del responsabile del procedimento e dall'ArpaM dal momento che il responsabile del procedimento ed il delegato del Dipartimento provinciale dell'ArpaM sono stati presenti alla relativa riunione del 2 dicembre 2003, sottoscrivendo il verbale e senza alcuna annotazione di dissenso.

In sostanza, ciò che, più correttamente, è mancato, è un loro parere preventivo espresso in forma "scritta", non l'assenza di un loro effettivo parere favorevole: peraltro, il responsabile del procedimento, cioè del Servizio provinciale per la gestione dei rifiuti, oltre ad aver illustrato il progetto proprio nel corso della riunione del 2 dicembre 2003 della conferenza di servizi, ha successivamente redatto il documento istruttorio in senso favorevole all'approvazione ed all'autorizzazione, poi presupposto della deliberazione impugnata.

Neppure rileva se alla conferenza dei servizi non abbia partecipato il Sindaco di Macerata ed il responsabile del Settore urbanistica della Provincia di Macerata, anche se l'approvazione del progetto comporta ex lege variante allo strumento urbanistico generale vigente, in quanto regolarmente convocati ed avendo, per di più, la conferenza dei servizi anche condizionato il proprio parere favorevole alla previa acquisizione di quello (favorevole) del suindicato responsabile del Settore urbanistica, poi effettivamente intervenuto.

Del resto, ai sensi del principio generale ora desumibile dall'articolo 21/ octies della legge 241/1990, non ogni irregolarità formale o procedimentale dell'atto amministrativo rileva ai fini della sua annullabilità, ma solo quella che effettivamente avrebbe indotto l'Amministrazione ad adottarlo in modo sostanzialmente diverso.

La conferenza dei servizi neppure doveva essere riconvocata per esaminare le osservazioni formulate dal Consorzio ricorrente, perché né l'articolo 27 del Dlgs 22/1997 né il regolamento provinciale tanto prevedono in caso di eventuali osservazioni presentare dopo il parere da parte di soggetti estranei al procedimento e, comunque, le osservazioni del Consorzio sono state analiticamente esaminate e valutate dal responsabile del procedimento, allorché ha redatto il proprio documento istruttorio finale sottoposto all'esame della Giunta.

Ugualmente infondato è, ad avviso del Collegio, il secondo motivo di gravame sulla violazione del regime di privativa attribuito al Cosmari.

Il regime di privativa a favore dei Comuni, previsto dall'articolo 21, I comma, del Dlgs 22/1997, sin dall'emanazione di questo decreto non era assoluto, cioè non riguardava tutte le fasi della "gestione" dei rifiuti così come defmita dall'articolo 6, I comma, lettera d), del Dlgs 22/1997 (raccolta, anche differenziata, trasporto, recupero e/o smaltimento, controllo) dal momento che il citato I comma dell'articolo 21 fa riferimento alla "gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento", (quindi escluso), mentre è proprio ai sensi del successivo VII comma, prima che fosse sostituito, la privativa neppure si applicava "alle attività di recupero dei rifiuti assimilati" ed "alle attività di recupero dei rifiuti che rientrino nell'accordo di programma di cui all'articolo 22, comma 11" del Dlgs 22/1997, cioè al recupero, a seguito di preventiva individuazione a seguito di specifici accordi di programma, dei rifiuti urbani provenenti da raccolta differenziata non previsti dal piano regionale e da effettuare negli impianti ubicati all'interno di insediamenti industriali.

Del resto se, ai sensi del suindicato decreto legislativo, il regime di privativa avesse riguardato anche lo smaltimento ed il recupero, sarebbero incomprensibili i successivi articoli 27 e 28, cioè quelli relativi proprio alla possibilità per "i soggetti che intendono realizzare nuovi impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti, anche pericolosi" di presentare apposita domanda per la relativa approvazione del progetto dell'impianto ed autorizzazione all'esercizio.

Inoltre, anche la Lr Marche 28 ottobre 1999, n. 28, allorché nell'articolo 6, I comma, ha confermato il suindicato regime di privativa a favore dei Comuni, nel successivo VIII ha ugualmente precisato che la privativa si riferiva alla gestione dei rifiuti avviati allo smaltimento ed ha integralmente confermato le due suindicate eccezioni per il recupero, così come all'epoca previste nel VII comma dell'articolo 21 del Dlgs 22/1997.

Di contro, un regime di privativa a favore dei Consorzi obbligatori solo per la fase ultima dello smaltimento è previsto nell'articolo 7, I comma, della citata Lr 28/1999, allorché dispone che "lo smaltimento dei rifiuti urbani ed assimilati è assicurata dai Comuni attraverso Consorzi obbligatori" e che "i Consorzi obbligatori, in regime di privativa, realizzano e gestiscono ovvero affidano ad un unico soggetto (..) lo smaltimento dei ritiuti urbani ed assimilati".

Per la fase del recupero, però, nessuna privativa la legge regionale ha espressamente stabilito a favore dei Consorzi obbligatori.

Orbene, a parte quanto disposto dalla Lr 28/1999 per lo smaltimento da parte dei Consorzi, per quanto riguarda il recupero dei rifiuti, poiché:

— ai sensi dell'articolo 1, II comma, del Dlgs 22/1997, di attuazione della direttiva 91/156/Cee, le Regioni devono disciplinare la materia oggetto del decreto in conformità delle sue disposizioni, espressamente definite come principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117, I comma, della Cost.;

— la Lr 28/1999 è stata emanata proprio in attuazione del suindicato decreto legislativo;

è evidente che la legislazione statale integrativa sopravvenuta ha efficacia prevalente sia sulle disposizioni legislative regionali già vigenti che, a maggior ragione, sulle già vigenti norme regolamentari e/o atti amministrativi di carattere generale eventualmente già adottati, quale il piano regionale e provinciale dei rifiuti e lo statuto del Cosmari.

Di conseguenza, allorché l'articolo 23 della legge 31 luglio 2002, n. 179, ha così sostituito il VII comma dell'articolo 21 del Dlgs 22/1997 "la privativa di cui al comma 1 non si applica alle attività di recupero dei rifiuti urbani ed assimilati, a far data dal 1° gennaio 2003" e a questa disposizione che deve farsi riferimento per stabilire se ed in quali casi la deroga alla privativa prevista per la fase del recupero dei rifiuti sia attualmente operante.

La nuova eccezione è, però, ben diversa dalla precedente, in quanto deroga alla privativa per la fase del "recupero" dei rifiuti urbani ed assimilati senza alcuna conferma della precedente limitazione al solo recupero di quelli non previsti nel piano regionale, se svolto nell'ambito di un insediamento industriale ed individuato mediante specifico accordo di programma.

In sostanza, la fase del recupero dei rifiuti urbani ed assimilati è stato liberalizzata senza limitazioni e può essere svolta anche da soggetti all'uopo autorizzati, anche se diversi dai Comuni o dai Consorzi obbligatori.

Ai fini della permanente validità dell'eccezione disposta del VII comma dell'articolo 21 del Dlgs n.22/1997 neppure rileva, ad avviso del Collegio, la nuova disciplina sull'affidamento dei servizi pubblici prevista dall'articolo 14 del Dl 30 settembre 2003 n. 269, proprio perché nella fattispecie non si tratta di affidare a terzi un servizio di esclusiva competenza del Consorzio ma, più correttamente, di autorizzare l'espletamento di un servizio che può essere svolto direttamente anche da un soggetto diverso, né rileva, ai fini della legittimità della deliberazione impugnata, la legittimità del precedente diniego opposto dalla Regione Marche, confermata dalla sentenza n. 99/2003 di questo Tribunale, in quanto si tratta di diniego intervenuto prima della data di entrata in vigore del nuovo regime di deroga.

Si deduce, però, nel ricorso che la società Smea non è stata autorizzata al solo recupero dei rifiuti, ma anche allo smaltimento: anche questo profilo d'illegittimità (parziale) della deliberazione impugnata è infondato.

Infatti la società è stata autorizzata al deposito preliminare dei rifiuti indicati con la sigla D15 o al raggruppamento preliminare indicato con la sigla D13 derivanti "esclusivamente" dalle operazioni di trattamento effettuate dalla ditta stessa presso l'impianto autorizzato: si tratta, più correttamente, di operazioni di stoccaggio successive al recupero e oggettivamente necessarie e non di operazioni preliminari alle effettive operazioni di diretto smaltimento, così come elencate negli altri punti della tabella B allegata al Dlgs 22/1997, né, tanto meno, la legittimità della deliberazione impugnata può essere ravvisata a causa del preannunciato e concreto utilizzo che la Smea intende fare dell'autorizzazione rilasciata, essendo le relative ed eventuali violazioni espressamente e diversamente disciplinate dalla legislazione vigente.

In definitiva, tutti i profili di illegittimità dedotta con i suindicati gravami risultano infondati ed il ricorso va respinto: di conseguenza il ricorso incidentale proposto dalla Smea va dichiarato improcedibile per carenza di interesse e resta assorbito l'esame della questione di illegittimità costituzionale della Lr 28/1999, dedotta dalla stessa società ai fini della carenza di legittimazione attiva del Cosmari.

Sussistono motivi per compensare le spese di giudizio.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale delle Marche respinge il ricorso in epigrafe indicato, proposto dal Cosmari, e dichiara improcedibile il ricorso incidentale proposto dalla Spa Smea.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Ancona nella Camera di Consiglio del giorno 19 ottobre 2005 con l'intervento dei signori:

(omissis)

 

Depositata n Segreteria il 15 novembre 2005

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