Rifiuti

Giurisprudenza

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Corte di Cassazione

Sentenza 22 luglio 2004 n. 13793

Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili

 

(omissis)

Fatto

Con citazione notificata il 17 marzo 2000 l'avv. (...) conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Firenze il Comune di Firenze e, premesso di aver ricevuto una cartella di pagamento per tassa smaltimento rifiuti il 18 ottobre 1999, atto che non conteneva ulteriori precisazioni, chiedeva una sentenza dichiarativa dell'inesistenza del debito tributario, nonché la sospensione dell'esecuzione esattoriale. Deduceva che la pretesa del Comune si sarebbe fondata su un atto unilaterale di tale ente, definito come "verbale di rilevazione", dal quale emergeva che il suo studio legale era situato in un appartamento, laddove ella disponeva soltanto di una stanza, quale ospite di altro legale. Che, inoltre, l'amministrazione aveva attribuito all'immobile una superficie superiore a quella reale, applicando la tariffa prevista per l'uso abitativo.

Costituitosi in giudizio, il Comune deduceva, in via pregiudiziale, il difetto di giurisdizione del Giudice adito; nel merito, contestava la pretesa avversaria.

L'attrice proponeva, quindi, ricorso per regolamento di giurisdizione, chiedendo che questa Corte dichiari la giurisdizione del Giudice ordinario.

Secondo la ricorrente, la giurisdizione delle Commissioni tributarie non è generale, ma è limitata ai casi tassativamente previsti dalla legge. Nella specie, la cartella si riferisce ad un non meglio identificato "suppletivo" di tassa per smaltimento rifiuti, mai prima richiesta o accertata. Inoltre, l'atto sarebbe stato emanato senza l'osservanza dei criteri stabiliti dall'articolo 7 della legge n. 212 del 2000.

In sostanza, l'attrice avrebbe fatto valere il proprio diritto soggettivo a non essere obbligata a prestazioni patrimoniali non previste dalla legge, o comunque non fatte valere nelle forme previste dalla legge.

Con ordinanza del 22 marzo 2001 il Tribunale rigettava l'istanza di sospensione dell'esecuzione.

Il Comune resisteva con controricorso, deducendo il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario. Premesso che la ricorrente aveva già impugnato la cartella esattoriale dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Firenze, la quale aveva dichiarato inammissibile il ricorso, l'amministrazione deduce che — secondo l'articolo 2 del Dlgs n. 546 del 1992, anche a seguito della modifica introdotta con l'articolo 12, comma 2°, della legge n. 448 del 2001 — tutte le controversie relative ai tributi comunali sono devolute alle Commissioni tributarie.

Con memoria, presentata oltre il termine di cui all'articolo 378 C.p.c., la ricorrente contesta la legittimazione del dirigente del servizio contenzioso del comune di Firenze a costituirsi in rappresentanza dell'ente nel presente giudizio, senza delega dell'organo competente.

 

Diritto

3.1. La questione sulla capacità processuale del dirigente comunale, pur essendo stata sollevata nella memoria presentata senza l'osservanza del termine di cui all'articolo 378 C.p.c., deve essere esaminata d'ufficio, concernendo l'ammissibilità del controricorso.

Trattandosi di verificare l'osservanza di norme processuali, la Corte può procedere ad un diretto esame degli atti di causa.

Come risulta dai documenti contenuti nel fascicolo del Comune controricorrente (la cui produzione deve ritenersi ammessa, concernendo l'ammissibilità del controricorso), con ordinanza n. 4361 del 14 giugno 2002 il Sindaco, facendo riferimento alla propria precedente ordinanza n. 3747 del 23 maggio 2002 con la quale venivano attribuiti gl'incarichi dirigenziali, in attuazione dell'articolo 35 dello statuto comunale approvato con deliberazione del Consiglio comunale del 13 novembre 2000, n. 1206, confermava la delega precedentemente conferita ai dirigenti, e in particolare a quella che si era costituita nel presente giudizio di Cassazione per regolamento di giurisdizione, l'esercizio dei poteri di rappresentanza, ivi compreso quello di stare in giudizio. Inoltre, preso atto delle incertezze insorte sul problema della rappresentanza in giudizio del Comune da parte dei dirigenti e della legittimità delle norme statutarie che prevedono la possibilità, da parte del Sindaco, di delegare ai dirigenti la rappresentanza processuale dell'ente, con atto del 19 aprile 2004 il Sindaco del Comune di Firenze ratificava tutti gli atti posti in essere dalla dirigente nel presente processo, ivi compresa la fase relativa al ricorso per regolamento, e rinnovava espressamente il mandato allo stesso difensore.

In conclusione, secondo il principio affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza 12 marzo 2004, n. 5174, deve ritenersi che la costituzione del Comune di Firenze nel presente giudizio di Cassazione sia regolarmente avvenuta, essendo riferita all'esercizio di poteri di rappresentanza sostanziale inerenti al rapporto costituente oggetto del giudizio di cui si tratta, secondo la previsione dell'articolo 107 del Dlgs n. 267 del 2000, dedicato alle "funzioni e responsabilità della dirigenza".

3.2. La questione di giurisdizione devo essere risolta nel senso che non spetta al Giudice ordinario, bensì alle Commissioni tributarie, conoscere della presente controversia.

Secondo la costante giurisprudenza delle Sezioni Unite, la giurisdizione delle Commissioni tributarie viene attribuita in ragione delle specifiche materie stabilite dalla legge. Fino all'entrata in vigore dell'articolo 12, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, che devolve al Giudice tributario tutte le controversie in materia di tributi di ogni genere, e che non è applicabile alla presente controversia ratione temporis, a tale Giudice devono, comunque, ritenersi attribuite tutte le controversie relative ai tributi previsti dall'articolo 2 del Dlgs n. 546/92 nel testo all'epoca vigente, ivi comprese quelle in materia di tributi comunali (lettera h). Il criterio di attribuzione della giurisdizione è, pertanto, quello della materia e non quello della situazione soggettiva di cui si denuncia la lesione, né, tanto meno, del tipo di tutela giuridica richiesta.

Per quanto attiene, in particolare, al tipo di azione introducibile dinanzi al Giudice tributario, si pone soltanto un problema di proponibilità o di ammissibilità, in relazione al modo con cui la lite può essere instaurata, e cioè, secondo l'articolo 19 del Dlgs n. 546 del 1992, l'impugnazione di specifici atti impositivi o di riscossione, o di determinati atti di rifiuto. Il carattere esclusivo della giurisdizione tributaria comporta che non possono ritenersi devolute, in via residuale, al Giudice ordinario azioni non consentite nel giudizio tributario, quale quella — proposta nel caso di specie — di accertamento negativo dell'obbligazione tributaria. Secondo una pluriennale e consolidata giurisprudenza della Corte Sezioni Unite, 17 giugno 1988, n. 4120; 6 novembre 1993, n. 10999; 4 novembre 1994, n. 9126), l'azione di mero accertamento del debito d'imposta non può ritenersi devoluta al Giudice ordinario, e la sua proposizione dinanzi alle Commissioni tributarie dà luogo soltanto ad una dichiarazione di improponibilità assoluta della domanda.

Dalle considerazioni che precedono discende, altresì, che neppure la configurazione della posizione soggettiva dell'attrice come diritto soggettivo può fondare la giurisdizione del Giudice ordinario.

Inoltre, la costante giurisprudenza delle Sezioni Unite (fra le più recenti ci si limiterà a ricordare le sentenze delle Sezioni Unite 12 marzo 2001, n. 103; 7 febbraio 2002, n. 1733; 1 marzo 2002, n. 3030) ha più volte affermato che il carattere esclusivo della giurisdizione tributaria comporta che tale giurisdizione si estende ai casi in cui è in discussione l'esistenza del rapporto obbligatorio tributario.

In conclusione, deve essere dichiarata la giurisdizione delle Commissioni tributarie, con la condanna della ricorrente alle spese, che si liquidano in complessivi euro settecento cinquanta, di cui seicento cinquanta per onorari.

 

PQM

 

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite;

dichiara la giurisdizione delle Commissioni tributarie e condanna la ricorrente alle spese, liquidate in complessivi euro 750,00, di cui 650,00 per onorari.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio delle Sezioni Unite civili, il 6 maggio 2004.

Depositata in cancelleria in data 22 luglio 2004.

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