Rifiuti

Giurisprudenza

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Sentenza Corte di Cassazione 10 settembre 2004, n. 18316

Tarsu - Mancato pagamento o ricalcolo basato sull'uso effettivo - Mancata utilizzazione di locali od aree scoperte - Possibilità - Non sussiste

La presente pronuncia è correlata ai seguenti provvedimenti

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Corte di Cassazione

Sentenza 10 settembre 2004, n. 18316

Corte di Cassazione, Sezione tributaria

 

(omissis)

Svolgimento del processo

La società River S.r.l. impugnava la cartella esattoriale n. 225065471, notificatagli dal Comune di Pavia, per la tassa dei rifiuti solidi urbani relativa agli anni 1996,1997 e 1998.

La Ctp di quella città accoglieva il ricorso e la Ctr della Lombardia, su gravame del Comune, riformava la sentenza di primo grado, confermando la tassazione applicata dall'Ente locale.

Riteneva il Giudice di appello giusta l'applicazione della tariffa imposta dal Comune costituita sulla base della tariffa ordinaria commisurata ai metri quadri ed alla natura degli spazi ridotta del trenta per cento, dato l'uso stagionale (quattro mesi) cui detti spazi erano sottoposti.

Avverso detta decisione propone ricorso per Cassazione la società River S.r.l.; resiste con controricorso il Comune di Pavia.

 

Motivi della decisione

Con unico motivo la società lamenta la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per non avere la Ctr tenuto conto che la tassa, quale prestazione pecuniaria, è dovuta ad un ente pubblico solo nel caso e nella proporzione in cui il contribuente ne usufruisca, mentre i Giudici del gravame hanno risolto la questione in base al disposto dell'articolo 66 Dlgs n. 507/1993, senza affrontare o motivare in alcun modo il contrasto con la disposizione prevista dall'articolo 62 st. Dlgs che prevede la non assoggettabilità al tributo dei luoghi che "risultino in obbiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell'anno"; né, peraltro, hanno motivato in ordine all'eccepita iniquità del tributo contestata dalla società contribuente.

Il motivo non è fondato.

Infatti il Dlgs n. 507/1993 all'articolo 62, che definisce il presupposto della tassa, dispone al primo comma che "La tassa è dovuta per l'occupazione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibito,... ..esistenti nel territorio comunale in cui il servizio è istituito ed attivato o comunque è reso in maniera continuativa ...."; al secondo comma poi, prevede le esclusioni tra le quali è anche compresa quella invocata da parte ricorrente: locali ed aree che" risultino in obbiettive condizioni di non utitizzabilità".

Dalla lettura di tale norma si deduce che presupposto del sorgere dell'obbligo di pagamento della tassa in questione è la detenzione dei "locali ed aree scoperte" e non l'attività che vi sia svolta, la quale costituisce solo uno dei parametri ai quali la tassa è commisurata, mentre l'altro, principale, è costituito dalla superficie dei locali e delle aree stesse.

Peraltro, è principio consolidato di questa Corte ed enunciato anche rispetto alla precedente disciplina che "La raccolta dei rifiuti solidi urbani costituisce per il Comune un obbligo e, per la prestazione del servizio, sussiste a carico del cittadino l'obbligo del pagamento di un tributo, che va qualificato lassa alla stregua dell'indicazione della stessa legge, nonché della sua natura, con la conseguenza che è dovuto indipendentemente dal fatto che l'utente utilizzi il servizio"(v. ex multis, cass. civ. sentt. nn. 7945/2002 e 9920/2003); ciò in quanto detto tributo è destinato al procacciamento dei mezzi necessari alla realizzazione delle finalità istituzionali del Comune per cui deve essere applicato uniformemente nei confronti di tutti coloro che la legge individua come soggetti passivi, con conseguente inderogabilità convenzionale di tale obbligo da parte dell'Ente locale. Tuttavia la legge contempla all'articolo 66 dei contemperamenti per quelle situazioni che obbiettivamente possono portare ad una minore utilizzazione del servizio, come nel caso di specie di uso stagionale, che si concretano in una riduzione percentuale espressamente prevista della tariffa, ma giammai ad un totale esonero del pagamento.

È, inoltre, da aggiungere che l'ipotesi di inutilizzabilità per otto mesi all'anno, prospettata dalla società contribuente per ottenere una tariffa dimensionata solo sui tempi d'uso, non corrisponde alla previsione legislativa in quanto la norma indica quale causa di esclusione dall'obbligo del tributo le condizioni di "obbiettiva" inutilizzabilità che non possono certo essere individuate nella mancata utilizzazione legata alla volontà od alle esigenze dell'utente.

Tutto ciò premesso, la Ctr ha bene applicato la norma disciplinante il servizio di smaltimento dei rifiuti, applicando la riduzione della tariffa per l'uso stagionale, cosi come previsto dall'articolo 66, e non, come richiesto dalla contribuente società, la diminuzione della stessa in rapporto all'uso effettivo; non sussiste, pertanto, l'eccepita iniquità del tributo.

Conseguentemente, il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in E. 2100, di cui E. 100 per le spese.

 

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società contribuente alla spese che si liquidano in E. 2100, di cui E. 2000 per onorari.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, il 30 aprile 2004.

Depositato in Cancelleria il 10 settembre 2004

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