Rifiuti

Giurisprudenza

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Sentenza Corte di Cassazione 26 febbraio 2004, n. 8424

Materiali provenienti da demolizioni e scavi, costituenti rifiuti speciali - Scarico in un'area determinata attraverso una condotta ripetuta, anche se non abituale e protratta per lungo tempo - Autorizzazione alla realizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti - Necessità - Sussiste

Corte di Cassazione

Sentenza 26 febbraio 2004, n. 8424

 

(omissis)

Svolgimento del processo

Motivi della decisione

Con sentenza in data 27 dicembre 2002 la Corte d'Appello di Catanzaro confermò la sentenza 26 novembre 2001 del Giudice monocratico del Tribunale di quella città, con la quale (...) era stato condannato, con le attenuanti generiche e la sospensione condizionale, alla pena di mesi otto di arresto e lire dieci milioni di ammenda, perché riconosciuto colpevole del reato di cui all'articolo 51, comma 3, del Dlgs n. 22 del 1997 ("per avere realizzato e gestito, in assenza di autorizzazione, una discarica di rifiuti speciali — materiale edilizio, eternit ed altro — su suolo di sua proprietà", in Borgia, acc. il 05.10.99).

La sentenza di appello è stata impugnata con ricorso per Cassazione personalmente dall'imputato, il quale ha denunciato, con unico motivo, violazione dell'articolo 51, comma 3, del Dlgs n. 22 del 1997. Il ricorso va dichiarato inammissibile perché le censure propongono questioni di mero fatto, limitandosi a una diversa prospettazione delle risultanze processuali, e sono comunque manifestamente infondate. Infatti, il ricorrente sostiene, innanzi tutto, che "è risultato provato che il sito, presso il quale i CC hanno sorpreso tal (...) nell'atto di scaricare da un autocarro del materiale, non è attrezzato né destinato a discarica"; che "con interpretazione personale, avulsa dal dato obiettivo e dalle prove testimoniali addotte dalla stessa accusa, ... quella modestissima quantità di materiale inerte non pericoloso osservato dai CC... e di cui al verbale di sequestro, è divenuto, nella parte motiva della sentenza di primo grado, una cospicua quantità di materiale di scarico, operata con dei camion, alla presenza dell'imputato (...)". Per contro, la sentenza impugnata ha ritenuto, con accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità e sorretto da adeguata motivazione (in quanto basata sui riferimenti dei verbalizzanti e sui rilievi fotografici eseguiti)

a) che "sul posto vi era una quantità veramente notevole di materiali provenienti da demolizioni edilizie: frammenti di mattoni, di marmetti e pavimentazioni, eternit, una betoniera, ecc.";

b) che tale ammasso di rifiuti, per la sua quantità ed eterogeneità, "non poteva essere stato scaricato in una sola occasione, ma in una pluralità di operazioni, effettuate in tempi diversi, con materiali provenienti da più cantieri". Su tali basi, i Giudici di merito hanno fatto ineccepibile applicazione del principio secondo cui i materiali provenienti da demolizioni e scavi costituiscono rifiuti speciali a norma dell'articolo 7 del Dlgs n. 22 del 1997, comma 3, lettera b), e scaricarli in un'area determinata attraverso una condotta ripetuta, anche se non abituale e protratta per lungo tempo, configura quella realizzazione o gestione di discarica per la quale è richiesta l'autorizzazione di cui all'articolo 27 del del Dlgs n. 22 del 1997 e segg.(tra le molte, Cass., Sezione 3a , 28 novembre 1997, Verrastro).

Manifestamente infondata è, poi, la tesi difensiva secondo cui il (...) non si sarebbe "neppure accorto dell'ingresso sul sito del camion condotto dall'ineffabile (...)", avendo i Giudici di merito persuasivamente rilevato che "la baracca dell'officina del (...) è posta a pochissimi metri dall'avvallamento ove gli scarichi venivano effettuati", per cui gli stessi "non potevano di certo passare inosservati"; mentre di mero fatto e comunque non decisiva è l'affermazione del ricorrente che "la baracca è posta ad almeno cento metri dall'avvallamento di cui parla la Corte".

Manifestamente infondata è anche l'ulteriore deduzione secondo cui la sentenza impugnata "immotivatamente e irragionevolmente estende al (...) la responsabilità di tutti quegli altri apporti..., per il solo fatto che lo stesso (...) era il componente della famiglia presente in officina il 05.10.99 e sol perché in quel verbale di sequestro... viene dai CC. indicato — erroneamente — come il proprietario del terreno".

Infatti, i Giudici di merito hanno basato la riferibilità della discarica all'attuale ricorrente sui seguenti decisivi rilievi:

1) il (...) aveva la disponibilità del terreno in questione;

2) l'officina di cui si è detto era gestita dallo stesso (in questa sede, non ha importanza se da solo o insieme agli altri componenti della famiglia);

3) per la già sottolineata situazione dei luoghi, egli stesso non poteva non essere a conoscenza degli scarichi (che, quindi, avvenivano con il suo consenso). Del tutto apodittica e infondata è, di conseguenza, anche l'affermazione che il (...) "deve rispondere del solo fatto del 05.10.99".

Alla declaratoria di inammissibilità consegue la condanna dell'imputato, che ha sottoscritto personalmente il ricorso, alle spese, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di cinquecento euro.

 

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di cinquecento euro alla Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2004.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2004

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