Sentenza Tar Lombardia 11 novembre 2003, n. 4984
Realizzazione di discariche di rifiuti - Possibilità di ritenere la destinazione agricola non ostativa - Circoscrivere a impianti ed opere di interesse pubblico per i quali gli strumenti urbanistici non prevedano una specifica localizzazione e che per loro natura non possano essere ubicati altro che in zona agricola - Necessità - Sussiste
Tar Lombardia
Sentenza 11 novembre 2003, n. 4984
Repubblica italiana
In nome del popolo italiano
Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia — Sezione 1a
ha pronunciato la seguente
Sentenza
sui ricorsi nn. 197 e 198 del 2003 proposti rispettivamente da
Arianna Immobiliare s.r.l., con sede in Milano, in persona del legale rappresentante Anna Teresa Cirino, e Ditta (...), con sede in Lainate, in persona del signor Mario La Porta, entrambe rappresentate e difese dagli avv.ti Riccardo Villata, Andreina Degli Esposti e Mauro Pisapia, presso il cui studio sono elettivamente domiciliate in Milano, via San Barnaba 30
contro
Comune di Nerviano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Mario Viviani, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Milano, Galleria San Babila 4/A
per l'annullamento
— del provvedimento 29 novembre 2002 (prot. n. 35916) avente ad oggetto il diniego di concessione in sanatoria per l'impianto di frantumazione gestito dalla ditta La Porta in località Villanova [ric. 197/03];
— della diffida ad esercitare l'attività, emessa dal Comandante della Polizia municipale il 16 dicembre 2002 (n. prot. 37794) e notificata il 28.12.02 [ric. 198/03];
— dei pareri 2 gennaio 2003 dell'Asl e 22 gennaio 2003 dell'Arpa, comunicati con note 31 gennaio e 11 febbraio 2003 del Comandante della Polizia municipale [motivi aggiunti al ric. 198/03].
Visti i ricorsi (notificati il 24, depositati il 28 gennaio 2003) e i motivi aggiunti (notificati il 7-10-12 marzo e depositati il 17 marzo 2003);
Visti i controricorsi del Comune, le memorie delle parti, gli atti e i documenti di causa;
Uditi, alla pubblica udienza del 22 ottobre 2003, relatore il dott. Carmine Spadavecchia, i difensori delle parti;
Considerato quanto segue in
Fatto e diritto
1. La Società in epigrafe, proponente il primo ricorso, è proprietaria degli immobili in cui l'Impresa, che ha proposto il secondo, esercita attività di trattamento di inerti.
Gli inerti sono costituiti da materiale proveniente da demolizioni edilizie, che viene frantumato per ottenere pietrisco e sfridi, stoccati all'aperto in cumuli e poi trasportati altrove per il loro riutilizzo.
L'impianto è ubicato nell'area sita in comune di Nerviano, via Campestre, località Villanova, individuata in catasto terreni al foglio 11, mapp. 703-704-707-708.
Con istanza 27.6.2002 la Società immobiliare ha chiesto al Comune la concessione in sanatoria relativa all'impianto e alle aree di stoccaggio del materiale inerte.
Previa istruttoria il Comune, con atto 29 novembre 2002 assunto dal responsabile del Servizio edilizia privata, ha respinto l'istanza per contrasto dell'intervento con il piano regolatore e per altri motivi (assenza di opere di urbanizzazione; omessa richiesta di sanatoria per talune opere abusive; difformità di un tratto di recinzione dalla relativa autorizzazione; mancanza di documentazione relativa al superamento delle barriere architettoniche; omessa produzione del progetto ex articolo 4 Dpr 44/91 e omessa dichiarazione relativa agli impianti elettrici; omissione di adempimenti previsti dal regolamento comunale di tutela del verde).
La Società contesta, con il primo ricorso, le ragioni del diniego e in particolare quella relativa all'incompatibilità urbanistica dell'impianto, assumendo che la destinazione agricola dell'area non osterebbe né alla sanatoria edilizia delle opere abusive né all'esercizio dell'attività in questione.
2. Il secondo ricorso, proposto dall'Impresa, investe la diffida 6 dicembre 2002 — emessa dal Comandante della Polizia municipale — ad esercitare l'attività senza nulla-osta sindacale; diffida fondata sulle medesime ragioni urbanistiche poste alla base del diniego di concessione in sanatoria.
La ricorrente censura la commistione tra profili relativi alla disciplina urbanistico-edilizia e profili attinenti all'igiene e alla salubrità dell'ambiente, sul rilevo che solo questi ultimi sarebbero rilevanti ai fini del rilascio del nulla-osta; ripropone poi le censure svolte dalla Società proprietaria circa la compatibilità dell'impianto con la destinazione agricola del sito.
I motivi aggiunti investono i pareri 2 gennaio 2003 dell'Asl e 22 gennaio 2003 dell'Arpa, comunicati con note 31 gennaio e 11 febbraio 2003 del Comandante della Polizia municipale.
Premesso che il parere Asl si porrebbe in contraddizione con un precedente parere favorevole rilasciato dal Servizio prevenzione sicurezza ambienti della stessa Azienda sanitaria, la ricorrente torna a denunciare l'irrilevanza dei profili urbanistici, siccome estranei alle finalità di tutela igienico-sanitaria cui il parere è preordinato; contesta che l'attivazione dello scarico derivante dall'insediamento incorra nel divieto previsto dalla legge regionale n. 62 del 1985; assume la congruità dei servizi igienici, localizzati in una roulotte dotata di serbatoi stagni che non produrrebbero scarico alcuno, donde la non pertinenza della disciplina sugli scarichi.
Quanto al parere dell'Arpa — che si assume peraltro incompetente in tema di valutazioni igienico-sanitarie, demandate all'Asl — la ricorrente sostiene: che le acque meteoriche di dilavamento non sono soggette alla disciplina di cui al Dlgs 152/99; che i requisiti di igienicità (acqua potabile, docce, servizi igienici) sono assicurati dalla roulotte; che è infondato il timore che i materiali trattati non siano inerti e possano costituire fonte di inquinamento; che è errata la valutazione negativa dell'impatto acustico.
Contesta infine la legittimità del Regolamento locale di igiene tipo, chiedendone la disapplicazione nella parte in cui subordina al rilascio del nulla-osta sindacale l'esercizio di attività produttive.
Il Comune, costituito in entrambi i giudizi, ha controdedotto.
3. I ricorsi, che per connessione possono essere riuniti e definiti con un'unica pronuncia, sono infondati.
La legge regionale lombarda 7 giugno 1980 n. 93 (norme in materia di edificazione nelle zone agricole) stabilisce (articolo 2, primo comma) che nelle aree destinate dagli strumenti urbanistici generali a zona agricola sono ammesse esclusivamente le opere realizzate in funzione della conduzione del fondo e destinate alla residenza dell'imprenditore agricolo e dei dipendenti dell'azienda nonché alle attrezzature e infrastrutture produttive (stalle, silos, serre, magazzini, locali per la lavorazione, conservazione e vendita dei prodotti agricoli).
Aggiunge che la concessione edilizia per gli interventi di cui sopra può essere rilasciata esclusivamente all'imprenditore agricolo, singolo o associato, ovvero al titolare o al legale rappresentante dell'impresa agricola (articolo 3, primo comma).
Inoltre la concessione è subordinata "alla presentazione al Sindaco di un atto di impegno che preveda il mantenimento della destinazione dell'immobile al servizio dell'attività agricola, da trascriversi ….. sui registri della proprietà immobiliare"; nonché "all'accertamento da parte del Sindaco dell'effettiva esistenza e funzionamento dell'azienda agricola" (articolo 3, secondo comma).
In forza dell'articolo 4, le disposizioni di cui agli articoli 2 e 3 sono immediatamente prevalenti sulle norme e sulle previsioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi e di igiene comunali che risultino in contrasto con esse.
In assenza degli indicati requisiti di ordine soggettivo e oggettivo non vi è dunque spazio nella Regione Lombardia per il rilascio di concessioni edilizie preordinate ad interventi in zona agricola diversi da quelli indicati.
Ne consegue che la destinazione agricola preclude l'installazione e l'esercizio di impianti come quello in questione, che possono e devono trovare opportuna collocazione nelle zone a destinazione industriale.
Sulla legittimità della legge regionale n. 93 del 1980 si è pronunciata d'altronde la Corte costituzionale con ordinanza 16.5.95 n. 167, nell'ambito di una vertenza (cfr. Tar Milano 1a, 15.4.96 n. 480) avente ad oggetto il diniego di concessione edilizia per un'opera (box per cavalli) e un'attività (pratica di sport equestri) ben più conciliabili con la destinazione agricola di quanto non sia un impianto di trattamento e recupero di materiali inerti.
4. L'autorizzazione regionale rilasciata con decreto dirigenziale 5.4.2001 n. 7993, ripetutamente richiamata da parte ricorrente allo scopo di legittimare l'impianto, è stata rilasciata ai sensi dell'articolo 6 del Dpr 24 maggio 1988 n. 203 (recante attuazione di direttive Cee in materia di qualità dell'aria e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali), e riguarda esclusivamente la verifica di idoneità dell'impianto sotto il profilo delle emissioni in atmosfera, come del resto conferma il secondo comma del citato articolo 6, secondo cui "copia della domanda di cui al comma 1 deve essere trasmessa al Ministro dell'ambiente, nonché allegata alla domanda di concessione edilizia rivolta al sindaco".
Lo stesso decreto dirigenziale precisa sul punto che l'istruttoria regionale compiuta "non concerne la materia urbanistico-edilizia", e ribadisce la propria "complementarità ….. ad altre autorizzazioni da acquisire per il rilascio del nulla osta di inizio attività di competenza del Sindaco"; né esso è di per sé suscettibile di introdurre varianti al piano regolatore volte a realizzare la compatibilità urbanistica dell'impianto a fronte di destinazioni altrimenti preclusive.
La giurisprudenza citata dalle ricorrenti — che considera la destinazione agricola non ostativa alla realizzazione di opere quali impianti idroelettrici e discariche di rifiuti — va ragionevolmente circoscritta a impianti ed opere di interesse pubblico per i quali gli strumenti urbanistici non prevedano una specifica localizzazione e che per loro natura non possano essere ubicati altro che in zona agricola.
La tesi opposta, volta a generalizzare il principio, porterebbe viceversa, come logica conseguenza, a legittimare l'esercizio in zona agricola di qualsiasi attività produttiva, il che svuoterebbe di ogni valenza le destinazioni d'uso fissate in sede di zonizzazione del territorio.
5. La legittimità del diniego di concessione in sanatoria (impugnato con il primo ricorso) comporta la legittimità della diffida (impugnata col secondo) che in quel diniego trova il suo principale presupposto.
La censura secondo cui i profili urbanistici dovrebbero essere estranei alle valutazioni da compiersi in sede di rilascio del nulla-osta è infondata alla luce dell'articolo 3.1.9. del regolamento locale d'igiene tipo, a norma del quale (ultimo comma) il nulla-osta per l'esercizio di attività lavorativa e depositi rilasciato dal sindaco attesta "…l'idoneità e la corrispondenza alla documentazione prodotta e alle norme vigenti in materia di conformità urbanistica, igiene edilizia, igiene ambientale e tutela della salute nei luoghi di lavoro".
La previsione del nulla-osta da parte del regolamento di igiene non presenta i dedotti profili di illegittimità. In tema di realizzazione, attivazione, localizzazione di impianti produttivi, la disciplina delle funzioni e del procedimento, quale delineata dagli articoli 23 e seguenti del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 112, è esplicita nel senso che l'insediamento di attività produttive è sottoposto ad autorizzazione, che l'istruttoria ha per oggetto anche i profili urbanistici (articolo 25 comma 1), che il progetto deve essere conforme alle singole prescrizioni delle norme vigenti (articolo 25, comma 2, lettera c), che la realizzazione dell'impianto, anche se avviata in base ad autocertificazioni, è comunque subordinata al rilascio della concessione edilizia (lettera d), salvo ricorso alla conferenza di servizi quando il progetto contrasti con le previsioni di uno strumento urbanistico (lettera g).
6. Per le considerazioni esposte, che assorbono ogni altro motivo di censura, i ricorsi vanno respinti. Sussistono tuttavia ragioni sufficienti per la compensazione tra le parti delle spese di causa.
PQM
Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, previa riunione, respinge i ricorsi in epigrafe.
Spese compensate.
Così deciso in Milano, nella Camera di Consiglio del 22 ottobre 2003, con l'intervento dei Magistrati:
(omissis)