Sostanze pericolose

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Toscana 15 maggio 2015, n. 786

Amianto - Rimozione - Curatela fallimentare - Negligente abbandono - Non provato - Ordinanza sindacale ex articolo 50, Dlgs 267/2000 - Illegittimità

Secondo il Tar Toscana, nel caso di lastre in cemento amianto abbandonate da un’impresa fallita, il Sindaco non può ordinare al curatore fallimentare la rimozione delle stesse.
Il Giudice toscano (sentenza 786/2015) aderisce così al proprio consolidato orientamento sulle ordinanze in materia di bonifica dei siti inquinati, ritenendolo applicabile anche nel caso di rimozione dei materiali contenenti amianto ai sensi della legge 257/1992.
Il Tar ha escluso che, nel caso specifico, il fondamento della responsabilità dei commissari liquidatori fosse riconducibile a negligenza per violazione dell’obbligo di custodia e di conservazione dei beni affidati.
Il degrado dell’area, secondo quanto emerso dagli atti, era infatti risalente a un periodo precedente la nomina dei commissari, mentre l’esposizione delle strutture agli agenti atmosferici, secondo il Tar, rappresenta un “dato inevitabile”. I curatori, da parte loro, avevano comunque effettuato una serie di interventi atti ad evitare l’ingresso nell’area di estranei e assicurare un livello minimo di sicurezza all’interno della stessa.

Tar Toscana

Sentenza 15 maggio 2015, n. 786

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

 

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 1379 del 2014, proposto dai sigg. (omissis);

contro

— Comune di Santa Croce sull'Arno in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avv. (omissis);

— Asl 11 – Empoli e Agenzia regionale protezione ambiente (Arpa) — Toscana — Dipartimento provinciale di Pisa, non costituite in giudizio;

 

per l'annullamento

— dell'ordinanza contingibile ed urgente del Sindaco del Comune di Santa Croce sull'Arno n. 8 del 20 maggio 2014, successivamente pervenuta;

— del parere Ausl 11 Empoli, U.O. Igiene e sanità pubblica prot. n. 33798 del 23.08.2011 e del verbale di sopralluogo congiunto Ausl — Arpat del 21.06.2011;

— della nota Arpat 10.04.2014 P.I. 01.23.34/3.10 e del verbale di ispezione Arpat 19.03.2014;

— della nota Ausl 11 Empoli del 6 maggio 2014 prot. n. 16418;

nonchè per quanto occorrer possa, ove ritenute lesive, della nota dirigenziale prot. 3349 del 01.03.2012 e della nota prot. 8588 del 21.05.2012.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Santa Croce sull'Arno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile 2015 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto

1) La Società cooperativa edilizia (omissis) '90 è stata posta in liquidazione coatta amministrativa con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 18/3/2010. Il compendio immobiliare in Comune di Santa Croce sull'Arno acquistato dalla predetta società nel 2008 (comprendente siti industriali dismessi da anni) ha formato oggetto dal 2004 di ripetute ordinanze con cui la predetta Amministrazione comunale ha imposto alla proprietà di provvedere alla rimozione e allo smaltimento dei rifiuti presenti nel sito e all'esecuzione di interventi di bonifica. Per quanto riguarda l'area denominata ex Soldani detti interventi non sono stati eseguiti dalla proprietà dell'epoca.

Nel 2011, quando già era subentrata la Società cooperativa edilizia (omissis) '90, poi posta in liquidazione coatta amministrativa, l'Azienda Usl 11 di Empoli ha segnalato al Comune di Santa Croce sull'Arno la criticità della situazione dell'area in questione, caratterizzata da strutture "in evidente stato di degrado" e dalla presenza di "grandi quantità di materiali contenenti amianto", con conseguente necessità di effettuare interventi di messa in sicurezza e rimozione dei materiali in questione. In data 11/9/2013 il Sindaco di Santa Croce sull'Arno ha adottato l'ordinanza n. 20 con cui ha imposto ai commissari liquidatori della (omissis) '90 una serie di prescrizioni finalizzate alla messa in sicurezza dell'area mediante rimozione dei Mca e alla pianificazione degli interventi di bonifica. Contro tale provvedimento la predetta società ha proposto il ricorso n. 1720/2013, che questo Tar ha accolto con la sentenza n. 118 del 20 gennaio 2014, annullando l'ordinanza impugnata.

2) In data 20/5/2014 il Sindaco di Santa Croce sull'Arno, richiamando i rapporti dell'Arpat del 10/4/2014 e dell'Azienda Usl 11 di Empoli del 6/5/2014, ha quindi adottato l'ordinanza contingibile e urgente n. 8, con cui ha ordinato ai commissari liquidatori della (omissis) '90 di provvedere entro due mesi dalla notifica dell'atto:

— "alla messa in sicurezza dell'area mediante la rimozione delle lastre in cemento amianto frantumate e a terra e quelle in procinto di cadere o danneggiate…, previa presentazione… di apposito Piano di Lavoro ai sensi dell'articolo 256 del Dlgs 81/2008 per la rimozione di detti materiali";

— "alla presentazione… della documentazione completa attestante l'avvenuto smaltimento dei materiali contenenti amianto…".

3) Contro quest'ultimo provvedimento i predetti commissari liquidatori hanno proposto il ricorso in epigrafe, formulando censure di violazione di legge ed eccesso di potere.

Per resistere al gravame si è costituito in giudizio il Comune di Santa Croce sull'Arno, che ha ampiamente controdedotto.

4) Nella camera di consiglio del 25 settembre 2014 questo Tribunale, con l'ordinanza n. 530, ha accolto la domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato.

5) Le parti hanno depositato memorie e repliche in vista dell'udienza del 16 aprile 2015, in cui la causa è passata in decisione.

 

Diritto

1) Il provvedimento impugnato è un'ordinanza contingibile e urgente adottata ai sensi dell'articolo 50 Tuel. In tale atto:

— vengono richiamati gli accertamenti svolti e le segnalazioni inviate, a partire dal 2011, dall'Azienda Usl 11 di Empoli e dall'Arpat relativamente alla situazione di degrado dell'area di cui si controverte, con specifico riferimento ai materiali contenenti amianto e alla necessità, segnalata da ultimo con i rapporti dell'Arpat del 10/4/2014 e dell'Azienda Usl 11 di Empoli del 6/5/2014, di procedere alla rimozione dei frammenti di Mca rinvenuti a terra e delle parti pericolanti delle coperture degli edifici, così da evitare il rischio di dispersione di fibre nell'ambiente e quindi di esposizione dei residenti intorno all'area;

— in relazione a quanto sopra si sottolinea la necessità e l'urgenza di effettuare gli interventi richiesti dall'Azienda Usl 11 di Empoli e si sostiene che detti interventi devono essere posti in atto dai commissari liquidatori della (omissis) '90, "proprietaria dell'area in questione, e responsabili quindi della custodia dell'area stessa e del mantenimento del suo stato di conservazione anche indipendentemente dai profili soggettivi"; evidenziando "che rispetto all'attuale stato di conservazione di tali materiali non sia etiologicamente indifferente il negligente abbandono agli agenti atmosferici ed agli accessi vandalici da parte di terzi in cui sono stati lasciati i capannoni di che trattasi";

— ne consegue l'ordine ai predetti commissari liquidatori di procedere "alla messa in sicurezza dell'area mediante la rimozione delle lastre in cemento amianto frantumate e a terra e quelle in procinto di cadere o danneggiate…", presentando l'occorrente documentazione.

2) Le censure formulate nel ricorso possono essere così sintetizzate:

a) i commissari liquidatori non possono essere destinatari di un ordine come quello oggetto del provvedimento impugnato; come già affermato dal Tar nella sentenza n. 118/2014, pronunciata tra le medesime parti, i predetti organi non possono essere obbligati ad effettuare bonifiche di siti inquinati, anche nell'ipotesi di rimozione di materiali contenenti amianto; il soggetto onerato, ai sensi dell'articolo 12 della legge n. 257/1992, è unicamente il proprietario, al quale non possono essere equiparati i commissari liquidatori, non essendovi continuazione dell'attività che ha dato causa all'inquinamento; né la responsabilità dei commissari liquidatori può fondarsi su un preteso obbligo di custodia dell'area e su asserite negligenze nell'opera di conservazione, posto che gli stessi hanno adottato apposite misure per impedire l'accesso di estranei all'area e che il deterioramento dei manufatti e dei materiali risale ad epoca precedente la nomina dei commissari; il citato articolo 12 della legge n. 257/1992, d'altra parte, pone a carico del proprietario dell'immobile non l'attività di rimozione dell'amianto, ma solo il costo delle relative operazioni;

b) il medesimo articolo 12 (comma 3) prevede la rimozione dei Mca "qualora non si possa ricorrere a tecniche di fissaggio"; non risulta che il Comune abbia svolto un'istruttoria per verificare quest'ultima possibilità;

c) non sussistono i presupposti che legittimano un intervento in via contingibile e urgente ex articolo 50 Tuel, con specifico riferimento all'esistenza di un pericolo immanente per la salute pubblica e alla imprevedibilità della situazione, che era nota da tempo.

3) Sul primo e decisivo motivo di ricorso il Comune di Santa Croce sull'Arno si difende affermando:

— il curatore ha l'obbligo di custodia dei beni a lui affidati e dunque risponde della conservazione degli stessi, dovendosi anche assumere la responsabilità di rimuovere i materiali pericolosi o pericolanti, per prevenire danni a terzi e alla salute pubblica;

— nel caso in esame è inapplicabile l'articolo 242 del Dlgs n. 152/2006 invocato dai ricorrenti, sia perché i materiali da rimuovere non costituiscono rifiuti prodotti dall'imprenditore fallito, sia perché sussiste un nesso di causalità (evidenziato nel provvedimento impugnato) tra lo stato di conservazione delle coperture (degradato) e lo stato di abbandono dell'immobile; va applicato invece l'articolo 12 comma 3 della legge n. 257/1992, norma speciale rispetto alla disciplina generale dettata dal Codice dell'ambiente.

4) Le tesi dell'Amministrazione non convincono il Collegio.

Già nella citata sentenza n. 118/2014, pronunciata tra le medesime parti nel ricorso riguardante la precedente ordinanza sindacale n. 20/2013, questo Tar ha richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale, ribadito nella sentenza della Sezione n. 157/2011, secondo cui "la curatela fallimentare non può essere destinataria di ordinanze sindacali dirette alla bonifica di siti inquinati, per effetto del precedente comportamento commissivo od omissivo dell'impresa fallita". In quell'occasione si è dunque ritenuto applicabile l'orientamento in questione anche al caso di rimozione dell'amianto, soggetto alla specifica disciplina dettata dalla legge 27 marzo 1992 n. 257. Tale conclusione è peraltro conforme ad altra sentenza (22 gennaio 2013 n. 103) in cui la Sezione ha altresì puntualizzato (sempre con riferimento alla sentenza n. 157/2011): "Quanto affermato in tema di rifiuti vale anche nella particolare materia delle bonifiche di materiali contenenti amianto poiché la maggiore delicatezza delle procedure di rimozione dei manufatti in amianto pericolosi per la salute non rileva circa la pregnanza degli argomenti adotti nella sentenza citata".

Il Collegio non ravvisa ragioni per discostarsi dall'indirizzo già seguito. Né si può ritenere che nel caso in esame il fondamento della responsabilità dei commissari liquidatori sia riconducibile alla violazione dell'obbligo di custodia e di conservazione dei beni loro affidati, causata dal negligente abbandono degli stessi, come affermato nel provvedimento impugnato: di ciò non vi è prova sufficiente. In proposito occorre considerare quanto segue:

— come riportato nel verbale del sopralluogo congiunto effettuato da personale dell'Azienda Usl 11 di Empoli e dell'Arpat in data 21/6/2011, nell'area di cui si controverte l'attività lavorativa è cessata almeno dal 2006 e già nel 2004 erano arrivate "al Comune, ai Carabinieri e alla ASL le prime segnalazioni di degrado socio-urbanistico della zona"; all'epoca del sopralluogo "i luoghi ed in particolare le strutture dei capannoni ivi presenti risultavano in evidente stato di degrado";

— nel corso del successivo sopralluogo Arpat/Ausl 11, effettuato il 19/3/2014, "è stata visionata l'intera area che è risultata recintata e chiusa con cancelli dotati di catene con lucchetto. All'interno erano ancora presenti ed integre le opere di messa in sicurezza, operate dalla ditta incaricata dalla parte: vasche recintate, zone pericolanti interdette, cartellonistica indicante il divieto di accesso, ecc. ".

Da quanto sopra emerge: che il degrado dell'area e delle strutture interessate dalla presenza di Mca è assai risalente ed è ragionevolmente riconducibile già a un periodo precedente la nomina, nel 2010, dei commissari liquidatori; che questi ultimi hanno effettuato una serie di interventi (compatibili con i loro poteri e con le risorse a loro disposizione) atti ad evitare l'ingresso nell'area di estranei e ad assicurare livelli minimi di sicurezza all'interno della stessa; che dunque non appare giustificata l'accusa, riportata a fondamento del provvedimento impugnato, di "negligente abbandono… agli accessi vandalici da parte di terzi in cui sono stati lasciati i capannoni di che trattasi"; mentre l'esposizione di tali strutture agli agenti atmosferici è un dato inevitabile, dunque non imputabile ai commissari liquidatori, così come non appare imputabile ai predetti la situazione di pericolo connessa alla presenza di frammenti di Mca a terra e di parti pericolanti delle coperture degli edifici, riconducibile piuttosto a condizioni di degrado già in atto prima dell'insediamento dei commissari stessi (anche se accentuatesi nel tempo).

5) In relazione a quanto sopra il primo e principale motivo di ricorso risulta fondato. Tanto basta per accogliere il ricorso — assorbiti gli ulteriori motivi dedotti — e conseguentemente annullare il provvedimento sindacale impugnato.

La particolarità della vicenda giustifica, in analogia con quanto già disposto nella sentenza n. 118/2014, l'integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio.

 

PQM

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e conseguentemente annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:

(omissis)

 

Depositata in Segreteria il 15 maggio 2015

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