Danno ambientale e bonifiche

Giurisprudenza (Normativa regionale)

print

Sentenza Tar Liguria 5 settembre 2014, n. 1346

Danno ambientale - Sito inquinato - Principio "chi inquina paga" - Presupposti - Presenza di un danno all'ambiente - Necessità - Messa in sicurezza - Differenze

Il principio "chi inquina paga" in materia ambientale presuppone che sia stato cagionato un danno da riparare con costi a carico del responsabile ed è norma "di chiusura" che opera dove le misure preventive non siano state efficaci.
Il Tar Veneto nella sentenza 5 settembre 2014, n. 1346 relativa a un sito di stoccaggio provvisorio di rifiuti solidi urbani, precisa i contorni e le differenze tra il principio "chi inquina paga" e gli obblighi di messa in sicurezza di un sito. Quest'ultima è una misura che evita o corregge la diffusione o propagazione dei danni all'ambiente, rientra tra le misure precauzionali e grava sul proprietario/detentore del sito da cui possano scaturire danni all'ambiente. Non avendo natura sanzionatoria o risarcitoria non presuppone l'individuazione dell'eventuale responsabile.
Il principio "chi inquina paga" invece parte dal presupposto un danno all'ambiente vi sia stato, ponendo i costi di tale danno in capo al responsabile. Esso persegue quindi una finalità repressivo-riparatoria o specificamente ripristinatoria nella logica della internalizzazione delle esternalità negative.

Tar Liguria

Sentenza Tar Liguria 5 settembre 2014, n. 1346

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria

(Sezione Prima)

 

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

 

sul ricorso numero di registro generale 906 del 2013, proposto da:

Società (A) Srl, in nome del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato (omissis);

 

contro

Comune di La Spezia, in nome del sindaco, rappresentato e difeso dagli avvocati (omissis), (omissis), (omissis); Regione Liguria, Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente ligure Arpal;

 

per l'annullamento

dei provvedimenti del dirigente del servizio del comune di la Spezia aventi ad oggetto l'intimazione ad assumere ogni accorgimento atto a ripristinare la situazione di sicurezza del sito Monte Montada prescritti dall'Arpal

 

e per l'accertamento

dell'obbligo del Comune di La Spezia di provvedere alla messa in sicurezza del sito Monte Montada.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di La Spezia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2014 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto

La Società ricorrente, proprietaria del sito in località denominata Monte Montada destinato in origine allo stoccaggio provvisorio di rifiuti solidi urbani, ha impugnato le intimazioni "a provvedere a tutti gli interventi necessari per la messa in sicurezza delle aree come prescritti dall'Arpal". Provvedimenti adottati dal dirigente del servizio del comune di La Spezia in occasione di eventi franosi occorsi nella zona montuosa prospiciente il sito.

Ha cumulativamente esperito l'azione d'accertamento volta alla declaratoria giudiziale dell'obbligo del Comune di provvedere alla messa in sicurezza del sito.

Nelle premesse dell'atto introduttivo ha analiticamente descritto il dipanarsi della vicenda, passata al vaglio del giudice penale, che ha avuto come iniziali protagonisti la società dante causa, originaria proprietaria del sito di stoccaggio, ed il comune di La Spezia.

L'Ente locale, seguendo la prospettazione contenuta in ricorso, dopo aver manifestato la volontà – poi revocata – d'acquistare il compendio immobiliare, avrebbe di fatto gestito il sito rendendosi responsabile della situazione di pericolosità per l'ambiente di cui ai provvedimenti impugnati.

E che sarebbero d'incerta qualificazione giuridica non avendo "né la forma né la sostanza" di ordinanze contingibili ed urgenti.

Sicché, invocando il principio condensato nella proposizione "chi inquina paga", la società ricorrente, oltre l'annullamento degli atti impugnati, ha chiesto la declaratoria giudiziale dell'obbligo del Comune, assumendosi i conseguenti oneri economici, di mettere in sicurezza il sito.

Le azioni proposte sono sostenute dai seguenti motivi:

Violazione degli articoli 17 e 11 Dlgs 22/1997. Violazione degli articoli 239, 250 e 253 Dlgs 152/2006 e dei principi generali. Eccesso di potere sotto vari profili;

Violazione e falsa applicazione dell'articolo 54 Dlgs 18 agosto 2000. Incompetenza. Eccesso di potere.

Il Comune di La Spezia, offrendo una diversa ricostruzione dei fatti, si è costituito instando per l'infondatezza del ricorso. In pendenza di lite ha dato atto che la società ha eseguito le opere ordinate con gli atti impugnati, concludendo per l'improcedibilità dell'impugnazione.

Accolta la domanda incidentale di tutela cautelare, alla pubblica udienza dell'11 giugno 2014 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.

 

Diritto

Sono impugnate le intimazioni, adottate dal dirigente del servizio del Comune di La Spezia, "a provvedere a tutti gli interventi necessari per la messa in sicurezza delle aree come prescritti dall'Arpal".

Cumulativamente la società ricorrente, proprietaria del sito di stoccaggio, ha esperito l'azione d'accertamento volta alla declaratoria giudiziale dell'obbligo del Comune di provvedere alla messa in sicurezza del sito.

In limine, quanto all'impugnazione dei provvedimenti prescrittivi l'esecuzione delle opere, mette conto rilevare che la società (come testualmente si legge nella nota dell'ufficio ambiente del Comune del 28 aprile 2014) "ha eseguito gli interventi che sembrano utili a scongiurare i rischi immediati dei movimenti franosi".

Sicché più non sussiste alcun interesse all'annullamento degli atti impugnati e, in simmetria, l'azione costitutiva c.d. demolitoria è divenuta improcedibile.

Residua quella d'accertamento dell'obbligo giudiziale del Comune di messa in sicurezza del sito.

Sulle controverse ed opposte ricostruzioni in fatto della vicenda insistentemente e diffusamente trattate dalla parti con gli atti di causa, va sottolineato che le questioni di fatto qui dibattute sono già stata scrutinate in vari gradi di giudizio dal giudice penale alle cui conclusioni (in fatto), in assenza di autonoma istruttoria processuale, occorre riportarsi.

Gli elementi ivi scaturenti e rilevanti in questo giudizio possono sintetizzarsi nei termini seguenti: l'adeguamento tecnico dell'impianto di stoccaggio gravava sulla società dante causa della ricorrente; il Comune, dopo il sequestro penale dell'area, non si mai ingerito nella gestione e manutenzione della discarica; la società ricorrente già procuratrice (a fare data dal 14 luglio 2006) della dante causa, ha poi acquistato (atto di compravendita del 29 luglio 2009) il compendio tecnico ed immobiliare, di cui conosceva la situazione dei luoghi, il contenzioso in atto con il Comune e la vicenda penale in atto.

Sul piano squisitamente giuridico.

La ricorrente invoca il principio "chi inquina paga" quale premessa maggiore del sillogismo che, (nella premessa minore) della ritenuta responsabilità del Comune per i fatti d'inquinamento o di pericolosità per la sicurezza dei luoghi, la porta ad affermare l'obbligo del Comune di messa in sicurezza del sito.

Non si avvede che così ragionando cade in una vera e propria contraddizione tecnico-giuridica: invoca la tutela preventiva dell'ambiente mediante il richiamo di una (opposta e specifica) tecnica risarcitoria.

In materia ambientale il principio chi "inquina paga" presuppone che sia stato cagionato un danno da riparare i cui costi devono gravare sul responsabile. Persegue una finalità repressivo riparatoria (o più specificamente ripristinatoria) secondo la logica della internalizzzazione delle esternalità negative. Ed è – va sottolineato – norma di chiusura: entra in gioco laddove le misure atte a prevenire i danni, che devono trovare prioritaria applicazione, non siano state efficaci, sì da non avere impedito alla fonte i fatti dannosi all'ambiente.

Viceversa la messa in sicurezza del sito è misura di correzione di (diffusione o propagazione dei) danni. Rientra nel genus delle precauzioni, insieme al principio di precauzione vero e proprio e al principio dell'azione preventiva. Grava sul proprietario o detentore del sito da cui possano scaturire i danni all'ambiente, e, non avendo finalità sanzionatoria e/o risarcitoria, non presuppone affatto l'individuazione del(l'eventuale) responsabile.

La domanda d'accertamento all'esame contraddice tutto ciò: muove dalla supposta responsabilità del Comune per affermare l'obbligo di messa in sicurezza.

Misura che, per come è congegnata nell'ordinamento di settore, incombe direttamente ed in primo luogo sulla stessa società ricorrente, quale attuale proprietaria e detentrice del sito.

Aggiungasi che l'azione proposta non è nemmeno suscettibile ex articolo 32, comma 2, C.p.a., di diversa qualificazione e conversione in quelle d'accertamento e condanna al risarcimento di danni in forma specifica ex articoli 30, comma 2, C.p.a. e 2058 C.c..

Per le considerazioni già esposte, i fatti come acquisiti nel corso dei vari gradi di giudizio penale, qui recepiti, non consentono di formulare alcun giudizio di responsabilità colposa o finche oggettiva del Comune nella gestione e manutenzione della discarica.

Sicché non sussiste alla radice il presupposto sia soggettivo che oggettivo dell'azione di risarcimento dei danni.

La complessità in fatto della vicenda dedotta in causa giustifica la compensazione delle spese di lite.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Liguria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte improcedibile e, per altra parte, infondato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 11 giugno 2014 con l'intervento dei Magistrati:

(omissis)

 

Depositata in segreteria il 5 settembre 2014.

Annunci Google
  • ReteAmbiente s.r.l.
  • via privata Giovanni Bensi 12/5,
    20152 Milano

    Tel. 02 45487277
    Fax 0245487333

    R.E.A. MI - 2569357
    Registro Imprese di Milano - Codice Fiscale e Partita IVA 10966180969

Reteambiente.it - Testata registrata presso il Tribunale di Milano (20 settembre 2002 n. 494) - ISSN 2465-2598