Rifiuti

Documentazione Complementare

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Istituto per la finanza e l'economia locale (Ifel)

Nota 1° settembre 2014

Disciplina integrata Iuc (Tari-Tasi-Imu) - Legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di Stabilità 2014) con le modifiche recate dal decreto legge 6 marzo 2014, n. 16

Istituzione della Iuc

Il comma 639 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (di seguito legge di stabilità per l'anno 2014) istituisce l'imposta unica comunale (Iuc) basata su due presupposti impositivi: uno riferito al possesso e commisurato alla natura e al valore dell'immobile e l'altro all'erogazione e alla fruizione dei servizi comunali.

In base a questi presupposti, la Iuc si compone di:

— una imposta di natura patrimoniale – l'Imu – dovuta dal possessore di immobili (con esclusione delle abitazioni principali non di lusso);

— una componente riferita ai servizi che a sua volta si articola in:

  • Tasi – relativa ai servizi indivisibili dei Comuni (illuminazione pubblica, vigilanza urbana, manutenzione delle strade e del verde ecc.) a carico sia del possessore che dell'utilizzatore dell'immobile;
  • Tari – relativa al finanziamento dei costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell'utilizzatore.

È stata (inopportunamente) abolita la definizione di soggetto attivo del tributo già presente con riferimento alla Iuc nelle prime versioni della legge, che individuava il soggetto attivo nel "Comune nel cui territorio insiste, interamente o prevalentemente, la superficie degli immobili"1 .

 

Tari

Il presupposto della Tari è indicato dal comma 641, alternativamente, nel possesso e nella detenzione di locali o aree scoperte, indipendentemente dal loro effettivo uso, purché si tratti di immobili potenzialmente in grado di produrre rifiuti urbani. La normativa, in continuità con i previgenti prelievi sui rifiuti e con consolidata giurisprudenza di legittimità, valorizza dunque la mera attitudine degli immobili a produrre rifiuti, indipendentemente dalla circostanza che vi sia un effettivo utilizzo del servizio pubblico.

Non viene ripreso, all'interno della formulazione della nuova Tari, il concetto di "occupazione", presente nei regimi impositivi precedenti. Il comma 641 dispone, inoltre, l'esclusione dal pagamento della Tari delle aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, non operative, e delle aree comuni condominiali di cui all'articolo 1117 del Codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva.

Il comma 642 disciplina il soggetto passivo del tributo che rimane, così come nella Tares, il possessore o il detentore dell'area o del fabbricato suscettibile di produrre rifiuti urbani; sparisce anche qui la figura dell'occupante. In caso di pluralità di possessori o di detentori, vi è una responsabilità solidale tra tutti coloro che possiedono o detengono i locali e le aree soggette al pagamento del tributo.

La formulazione del nuovo comma 643 corrisponde alla normativa Tares e assegna la responsabilità del tributo al possessore nel caso di utilizzo temporaneo di un locale o di un'area inferiore ai sei mesi nell'arco dell'anno solare. Nel caso di utilizzi inferiori ai sei mesi ma non riconducibili ad un utilizzo temporaneo, come nell'ipotesi di un contratto di locazione quadriennale che inizia ad ottobre, si ritiene che la soggettività passiva sia comunque in capo all'utilizzatore per tutta la durata della detenzione.

Come nella disciplina Tares, nel caso di centri commerciali integrati e di multiproprietà, si prevede che il soggetto passivo del tributo (comma 644) resta il singolo titolare dei locali o delle aree ad uso esclusivo, mentre viene posta a carico dell'amministratore la responsabilità del pagamento del tributo e del connesso obbligo di presentazione della dichiarazione, sia per i locali comuni che per quelli ad uso esclusivo.

I commi da 645 a 648 riguardano l'ordinaria determinazione della superficie assoggettabile alla Tari e riprendono quanto già stabilito per la Tares. In particolare, fino alla completa attuazione delle procedure previste dal comma 647, relative all'interscambio tra i Comuni e l'Agenzia delle entrate dei dati relativi alla superficie delle unità immobiliari ai fini dell'allineamento tra i dati catastali relativi alle unità immobiliari a destinazione ordinaria e i dati riguardanti la toponomastica e la numerazione civica interna ed esterna di ciascun Comune, la superficie assoggettabile al tributo "è costituita da quella calpestabile dei locali e delle aree suscettibili di produrre rifiuti urbani e assimilati". Successivamente al completamento delle anzidette procedure, la superficie imponibile sarà pari all'80% della superficie catastale.

La lettera d-bis, articolo 1, del decreto-legge 6 marzo 2014, n. 16 (di seguito Dl 16) aggiunge un periodo al comma 645 della legge di stabilità specificando che l'uso delle superfici catastali per il calcolo della Tari decorre dal 1° gennaio successivo alla data di emanazione dell'apposito provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, previo accordo da sancire in sede di conferenza Stato-città ed autonomie locali che attesti l'avvenuta attuazione delle disposizioni di cui al comma 647 della legge 147/2013.

La precisazione recata dalla modifica in commento conferma che l'applicazione generalizzata della superficie imponibile catastale ai fini Tari deve avvenire a seguito dell'allineamento dei dati per l'insieme delle unità immobiliari ordinarie, ferma restando ovviamente la piena validità dei casi già considerati sulla base dell'80% della superficie catastale per effetto di attività di controllo, avviate da tempo dai Comuni sulla base delle disposizioni di cui agli articoli 70, comma 3, del Dlgs n. 507/1993 e 1, comma 183, della legge n. 296/2006.

Il comma 646 permette di considerare anche ai fini dell'applicazione della Tari le superfici dichiarate o accertate ai fini dei previgenti prelievi sui rifiuti (Tarsu, Tia 1, Tia 2, Tares), mentre, per l'attività di accertamento da parte dei Comuni, viene ripresa, come nella Tares, la norma del comma 340 della Legge finanziaria 2005, come era stata intesa ed applicata dai Comuni, prevedendo che "relativamente all'attività di accertamento, il Comune … può considerare come superficie assoggettabile alla Tari quella pari all'80 per cento della superficie catastale determinata secondo i criteri stabiliti dal regolamento" di cui al Dpr n. 138 del 1998. Nell'attuale formulazione è stata abolita la restrizione che limitava l'accertamento su base catastale agli immobili "a destinazione ordinaria".

Sembrerebbe, quindi, possibile operare anche con riferimento ai fabbricati a destinazione speciale di cui ai gruppo catastali D ed E. In realtà si tratta di norma mal formulata in quanto per i fabbricati a destinazione speciale non è previsto il calcolo della superficie catastale (si veda allegato "C" al Dpr n. 138 del 1998), pur potendosi operare sulla base dello sviluppo delle planimetrie catastali.

Il comma 648 prevede comunque che, per i locali e le aree diversi da quelle a destinazione ordinaria, la superficie assoggettabile alla Tari rimane quella calpestabile. Il comma 649, profondamente innovato rispetto alla precedente formulazione, precisa che nella determinazione della superficie assoggettabile alla Tari, non viene considerata quella parte dove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali, al cui smaltimento sono tenuti a provvedere i relativi produttori.

La lettera e-bis) dell'articolo 2 del dl 16, interamente sostituita durante l'esame parlamentare, interviene sul secondo periodo del comma 649, precisando che il Comune, mediante proprio regolamento, disciplina la riduzione della quota variabile della Tari in proporzione alle quantità di rifiuti speciali assimilati avviati al riciclo da parte del produttore, direttamente o per il tramite di soggetti autorizzati. Diversamente dalla precedente versione della norma, pertanto, il Comune ha ora l'obbligo di intervenire in materia di agevolazioni per i rifiuti assimilati autoriciclati, ma lo deve fare con espresso riferimento alla "quota variabile" della Tari e nell'ambito delle proprie facoltà regolamentari, definendo nel modo più appropriato (anche alla luce della realtà locale della gestione dei rifiuti) in che modo debba articolarsi l'agevolazione e computarsi il totale dei rifiuti prodotti al quale proporzionare il beneficio.

Il regolamento comunale deve inoltre individuare anche le aree di produzione di rifiuti speciali non assimilabili e i magazzini di materie prime e merci ai quali si estende il divieto di assimilazione. Rispetto alla previgente disciplina, che contemplava con certezza i soli locali di produzione di rifiuti speciali, la norma sembra estendere il divieto di assimilazione anche ai magazzini "funzionalmente ed esclusivamente collegati" alla produzione stessa, nozione sulla quale il regolamento comunale dovrà indicare gli esatti contorni. Nella formulazione della norma regolamentare il Comune dovrà considerare che l'esclusione dei magazzini può operare solo con riferimento a quelli connessi ad aree di produzioni di rifiuti speciali non assimilabili; restano, quindi, escluse dall'ambito di applicazione del beneficio i magazzini funzionalmente collegati ad aree di produzione di rifiuti speciali assimilati o di rifiuti speciali assimilabili anche se non assimilati.

Qualora i rifiuti speciali non assimilati siano conferiti al servizio pubblico di raccolta di rifiuti urbani, in assenza di apposita convenzione con il comune o con l'ente gestore, si applicano le sanzioni di cui all'articolo 256, comma 2 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

Il nuovo dispositivo mitiga la tendenza riscontrata in diverse occasioni – e da ultimo dalle modifiche introdotte nella versione originaria dello stesso Dl 16 – ad escludere rilevanti superfici produttive dal computo degli imponibili relativi al prelievo sui rifiuti, senza rivedere in modo organico i criteri di prelievo che restano ancorati al Dpr 158 del 1999. I commi 650 e 651 ricalcano esattamente i contenuti della Tares. In particolare, il tributo Tari "è corrisposto in base a tariffa commisurata ad anno solare, cui corrisponde un'autonoma obbligazione tributaria", (come stabiliva la normativa Tarsu) mentre i criteri di determinazione delle tariffe fanno riferimento al metodo normalizzato tipico della Tia, sempre attraverso il dettato del Dpr 158 (comma 651).

Il comma 652 introduce un'alternativa al criterio dell'applicazione del metodo normalizzato (Dpr 158/1999) nella determinazione della tariffa, prevedendo che il Comune può stabilire di applicare la Tari, nel rispetto del principio "chi inquina paga", sancito dall'articolo 14 della direttiva 2008/98/Ce relativa ai rifiuti, secondo alcuni criteri legati alla quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie ed a coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa di rifiuti per ogni categoria o sottocategoria omogenea, di fatto richiamando il dispositivo Tarsu, ed in particolare l'articolo 65 del Dlgs 507/1993.

L'alternativa proposta dal comma 652 – pur con l'intento di rendere meno rigido ed obbligato il passaggio all'applicazione dei criteri del Dpr 158 – rischia però di risultare inapplicabile, in quanto il richiamo a diversi criteri operativi di graduazione delle tariffe non esime il Comune dal dimostrarne la razionalità in relazione alla situazione locale della produzione di rifiuti per le diverse categorie, dei costi e della gestione del servizio.

La lettera e-bis) dell'articolo 2 del Dl 16, novellando il comma 652, aggiunge ai dispositivi ordinari sopra menzionati un meccanismo transitorio di determinazione delle tariffe, consentendo ai comuni, per gli anni 2014 e 2015:

— di utilizzare coefficienti per la determinazione della Tari superiori o inferiori fino al 50 per cento rispetto ai limiti indicati dal cd. "metodo normalizzato" di cui all'allegato 1 del Dpr 158 del 1999;

— di non considerare i coefficienti previsti dalle tabelle relative alla parte fissa della tariffa riservata alle utenze domestiche.

Questa norma assicura uno strumento transitorio tendente ad evitare gli eccessivi e repentini aumenti del prelievo che possono colpire alcune attività economiche, oltre che le famiglie numerose, nel passaggio all'applicazione dei criteri di graduazione delle tariffe propri della Tari, argomento che ha rappresentato un forte elemento di disturbo già nel 2013 nella prima applicazione della Tares. La transitorietà della norma suggerisce l'esigenza che i Comuni che decideranno di avvalersene prevedano un percorso di avvicinamento alle variazioni ordinariamente ammesse dal Dpr 158 nell'adozione dei coefficienti tariffari. Inoltre l'evidente intento di assicurare la sostenibilità del passaggio al nuovo regime tariffario rende ammissibile l'adozione di coefficienti non uniformi tra una categoria e l'altra, motivandone l'articolazione in ragione dell'esigenza di pervenire gradualmente all'assetto a regime del prelievo, che comporterà l'applicazione dei coefficienti rientranti nella forbice indicata dal Dpr 158.

Anche a questo proposito va sottolineata l'esigenza di modificare l'impianto del regolamento statale, ormai datato, al fine di aggiornarlo all'evoluzione dei sistemi di gestione dei rifiuti, esigenza peraltro recepita dalla modifica in commento del comma 652, che viene introdotta "nelle more" della revisione del Dpr 158.

L'ultimo periodo del comma 652 permette, quindi, di attuare la Tari mediante criteri di derivazione sia Tarsu che Tia, di fatto risolvendo il problema dell'individuazione dei coefficienti di produttività quantitativa e qualitativa dei rifiuti richiesti nella prima versione del comma in esame, nonché prescindendo, per le utenze domestiche, dall'articolazione tariffaria per numero dei componenti del nucleo familiare.

Va comunque precisato che la possibilità di aumentare o ridurre del 50 per cento i coefficienti di cui alle tabelle allegate al Dpr 158 è nella sostanza finalizzata a permettere un'applicazione transitoria della Tari, in particolare per i Comuni che, provenendo da un regime Tarsu o Tia sperimentale, non intendono applicare fin da subito, per le ragioni sopra esposte, il criterio normalizzato. Tale possibilità, comunque non esclusa per la generalità dei Comuni, dovrebbe essere utilizzata solo marginalmente nei casi di consolidata applicazione del "metodo normalizzato", nel cui ambito l'utilizzo dell'ulteriore spazio di manovrabilità dovrebbe avvenire solo sulla base di solide motivazioni della non coerenza di taluni dei coefficienti ministeriali.

Il comma 653 di nuova istituzione, introduce tra i criteri di calcolo dei costi le risultanze dei fabbisogni standard, evidentemente relativi al servizio rifiuti, ma a decorrere dal 2016.

Viene confermata la previsione, già contenuta nella norma istitutiva della Tares, secondo la quale in ogni caso deve essere assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio rifiuti (comma 654), ricomprendendovi anche i costi per lo smaltimento in discarica (costi di realizzazione e di esercizio dell'impianto, costi sostenuti per la prestazione della garanzia finanziaria e costi stimati di chiusura, nonché costi di gestione successiva alla chiusura) previsti dall'articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/Ce relativa alle discariche di rifiuti. Viene inoltre specificato che da tali costi sono esclusi i costi relativi ai rifiuti speciali al cui smaltimento provvedono a proprie spese i relativi produttori.

Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 184, comma 3, del Dlgs 152/2006 sono rifiuti speciali:

— i rifiuti da attività agricole e agro-industriali;

— i rifiuti derivanti dalle attività di demolizione, costruzione e di scavo;

— i rifiuti da lavorazioni industriali, artigianali, da attività commerciali, di servizio e sanitarie;

— i rifiuti derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque, dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi.

Per le istituzioni scolastiche statali, la disciplina Tari conferma il criterio forfetario già vigente dal 2008 e via via confermato in ambito Tia e Tares. Infatti, il comma 655 richiama l'articolo 33-bis del decreto 31 dicembre 2007, n. 248, per effetto del quale le istituzioni scolastiche statali non sono tenute al pagamento, poiché è il Ministero dell'istruzione a corrispondere direttamente ai Comuni la somma concordata in sede di accordo raggiunto in Conferenza Stato-città ed autonomie locali nelle sedute del 22 marzo e del 6 settembre 2001 (pari ad € 38,734 milioni). L'importo versato è un importo forfetario complessivo per lo svolgimento del servizio di raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti, che di fatto sostituisce il tributo. Il contributo sostitutivo statale è determinato, dunque, non in base alla superficie convenzionale dei locali utilizzati dagli istituti scolastici, ma in base al numero degli alunni. Pur non essendo esplicitamente definito il perimetro di riferimento del contributo statale, il richiamo al Dl n. 248 del 2007 permette di confermare che il contributo sostitutivo — e quindi l'inapplicabilità della Tari — si deve riferire esclusivamente alla scuole statali e non quindi ad altri istituti scolastici appartenenti ad enti pubblici o a soggetti privati.

La norma specifica altresì che "il costo relativo alla gestione dei rifiuti delle istituzioni scolastiche è sottratto dal costo che deve essere coperto con il tributo comunale sui rifiuti".

In tal modo, la quota dei relativi oneri che non trova copertura nell'importo erogato dal Ministero sembra dover restare a carico del bilancio comunale e non traslata sulla tariffa applicata alle altre categorie di contribuenti. Si ricorda, tuttavia, che nei regimi Tarsu e Tia si era invece ritenuto che l'ammontare del costo eccedente rispetto ai proventi del contributo statale dovesse rimanere a carico dei contribuenti (cfr. Corte dei Conti Veneto, parere n. 60 del 17 luglio 2008). Lo stesso Dipartimento delle finanze, sia nelle Linee guida alla redazione del regolamento sia in quelle relative al Piano finanziario, sembra arrivare ad analoga conclusione, in quanto viene data l'indicazione di sottrarre dai costi da finanziare con la Tari l'importo ricevuto, portandolo in deduzione dai costi comuni diversi (Ccd). Così operando, la parte dei costi non coperti dal contributo Miur viene posta a carico degli altri contribuenti.

I commi 656, 657 e 658 disciplinano le riduzioni tariffarie connesse alla fruizione del servizio di gestione dei rifiuti. Anche in questo caso vengono ripresi i contenuti della disciplina Tares, con riferimento ai locali o aree ubicati in zone non servite, o nei casi di effettuazione della raccolta differenziata e di rifiuti avviati al recupero. I tre commi citati non fanno riferimento al regolamento come mezzo normativo per prevedere le riduzioni, anche se ciò appare pleonastico. Le riduzioni in questione sono obbligatorie e riguardano:

— il caso di mancato svolgimento del servizio o di grave violazione delle norme in materia (comma 656, la misura massima del tributo è il 20%), sempre in analogia con la disciplina Tares;

— il caso di zone nelle quali non è effettuata la raccolta dei rifiuti; la misura massima del tributo è in questo caso il 40% (comma 657), graduabile in ragione della distanza dal più vicino punto di raccolta rientrante nella zona servita.

Il comma 658 prevede un'agevolazione obbligatoria (sia pure senza indicazione della dimensione) a favore della raccolta differenziata delle utenze domestiche. Tale obbligo appare incongruo, in quanto la raccolta differenziata è in generale estensione e tende a coinvolgere tutte le utenze domestiche. Peraltro, i Comuni possono comunque istituire agevolazioni specifiche, ad esempio in caso di avvio di nuovi sistemi di differenziazione.

Il comma 659 individua gli aspetti della disciplina facoltativa delle riduzioni ed agevolazioni in generale, fino all'esenzione, che confluiscono nella disciplina regolamentare della Tari. Le materie demandate alla regolamentazione comunale sono le seguenti:

a) abitazioni con unico occupante;

b) abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale od altro uso limitato e discontinuo;

c) locali, diversi dalle abitazioni, ed aree scoperte adibiti ad uso stagionale o ad uso non continuativo, ma ricorrente;

d) abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano la dimora, per più di sei mesi all'anno, all'estero;

e) fabbricati rurali ad uso abitativo.

Rispetto alla disciplina Tares, che prevedeva riduzioni nella misura massima del 30 per cento, la nuova disposizione non solo non prevede alcun limite percentuale ma prevede anche la possibilità di disporre l'esenzione.

Il Dl 16 (articolo 2 lettera e-ter), sostituendo il comma 660, stabilisce che il Comune può deliberare ulteriori riduzioni o esenzioni rispetto a quelle di cui al comma 659, con possibilità di disporne la copertura con risorse derivanti dalla fiscalità generale comunale.

Va evidenziato che rispetto alla disciplina Tares (articolo 14, comma 19 del Dl n. 201/2011), nella quale era pacifica la possibilità per i Comuni di porre a carico della platea dei contribuenti del tributo l'onere delle ulteriori agevolazioni regolamentate, seppur nel limite del 7 per cento del costo complessivo del servizio, la disciplina Tari appare ambigua, in quanto, da un lato, prevede che la copertura delle ulteriori agevolazioni "può essere disposta attraverso apposite autorizzazioni di spesa" e, dall'altro lato, che la copertura stessa "deve essere assicurata da risorse della fiscalità generale del Comune".

L'incertezza coinvolge anche la possibilità di riparto degli oneri delle eventuali agevolazioni di carattere sociale disposte dal Comune, pur previste ai fini Tari dal comma 682 della Legge di stabilità 2014 (facoltà di adottare agevolazioni "che tengano conto altresì della capacità contributiva della famiglia, anche attraverso l'applicazione dell'Isee"). Tale eventuale esclusione sarebbe tuttavia incongrua, in quanto si tratta di una fattispecie, pur facoltativa, espressamente prevista dalla legge, allo stesso modo delle agevolazioni di cui al comma 659. Si ritiene pertanto che ai fini degli obblighi di copertura di cui alla nuova formulazione del comma 660, anche le agevolazioni sociali facoltative di cui alla lettera a), n. 4 del comma 682 rientrino nella possibilità di copertura attraverso la ripartizione dell'onere sulla generalità dei contribuenti Tari.

Il Dl 16 (articolo 2 lettera e-quater) abroga il comma 661, che prevedeva che la Tari fosse  bbligatoriamente non dovuta in relazione alle quantità di rifiuti assimilati avviati al recupero dal produttore. L'abrogazione va letta in collegamento con la nuova formulazione del comma 649.

I commi da 662 a 665 relativi alla tariffa giornaliera per il servizio di gestione dei rifiuti assimilati, applicabile ai soggetti che occupano o detengono temporaneamente locali o aree pubbliche, ricalcano sostanzialmente, con alcune semplificazioni, la normativa Tares, con la possibilità di aumentare sino al 100% la tariffa giornaliera calcolata su base annuale. La norma relativa alla riscossione, collegata alle modalità di gestione della Tosap, non tiene conto del fatto che molti Comuni hanno istituito il Canone in sostituzione della Tosap e, anche se il Canone non ha natura tributaria, sarebbe stato opportuno prevedere la possibilità di riscossione congiunta delle due entrate. Al riguardo occorre tenere conto che la riscossione autonoma della Tari giornaliera sarebbe di importi talmente ridotti da risultare antieconomica. I Comuni possono naturalmente ovviare con una apposita norma regolamentare.

Il riferimento al comma "666" indicato dal comma 665 sembra dovuto alla volontà di applicare anche alla Tari temporanea il tributo provinciale di cui al comma 666 che prevede il mantenimento, come avveniva nella Tares, del tributo per l'esercizio di funzioni di tutela, protezione ed igiene dell'ambiente anche in riferimento alla Tari. Il tributo provinciale, istituito dal Dlgs n. 504 del 1992 (art. 19, espressamente richiamato) è applicato nella misura percentuale deliberata dalla provincia sull'importo del tributo determinato dal Comune. In proposito, va osservato che il legislatore, come già avvenuto in relazione alla Tia, definisce il tributo provinciale "commisurato alla superficie", mentre l'applicazione effettiva è in percentuale dell'importo stabilito dal Comune, che può introdurre nella determinazione della tariffa elementi diversi dalla superficie (condizioni d'uso, fruizione del servizio, agevolazioni sociali).

I commi 667 e 668 si riferiscono alla tariffa puntuale commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati. In particolare, viene demandato ad un regolamento ministeriale, che doveva essere emanato entro il mese di giugno 2014, il compito di stabilire i criteri per la realizzazione da parte dei Comuni di sistemi di misurazione puntuale di rifiuti conferiti al servizio pubblico o di sistemi di gestione caratterizzati dall'utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio, finalizzati ad "un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati". Non è chiaro se l'emanazione di queste nuove regole debba comportare una revisione della natura del prelievo, con particolare riguardo al tributo Tari.

Con il comma 668, i Comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico, possono con regolamento, prevedere l'applicazione della tariffa avente natura corrispettiva, al posto della Tari. Il Comune può comunque tenere conto dei criteri di cui al Dpr 158/1999 nella commisurazione della tariffa, che viene applicata e riscossa dal soggetto affidatario del servizio di gestione dei rifiuti urbani.

 

Tasi

Il Dl 16 (articolo 2, lett. f) riformula il comma 669 e abroga il 670, chiarendo definitivamente l'esclusione dei terreni dal pagamento della Tasi. Viene altresì evitato l'ambiguo riferimento alle "aree scoperte", formalizzando opportunamente un orientamento del Ministero dell'economia e delle finanze, in precedenza solo informalmente comunicato. Le incertezze circa il regime Tasi da riservare alle aree edificabili che in regime Imu sono fiscalmente considerate come terreni agricoli in presenza dei requisiti soggettivo/oggettivi previsti per questi ultimi2 sono state risolte dal Dipartimento delle finanze, nelle Faq Imu/Tasi pubblicate a giugno, nel senso della non imponibilità ai fini Tasi di tali fattispecie.

La lettera g) abroga il comma 670 che escludeva dall'imposizione le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali imponibili, non operative e le aree comuni condominiali di cui all'articolo 1117 del Codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva. L'abrogazione appare coerente, poiché rende più omogenea la base imponibile Tasi con quella dell'Imu evitando malintesi e ambiguità, anche alla luce dell'esclusione dei terreni dal campo di applicazione della Tasi.

Il comma 671 individua tra i soggetti passivi non soli i proprietari degli immobili, ma anche i detentori. La norma stabilisce, inoltre, che in caso di pluralità di possessori o di detentori essi sono tenuti in solido all'adempimento dell'obbligazione tributaria. La solidarietà opera autonomamente solo con riferimento alle singole categorie "pluralità di possessori" e "pluralità di detentori", non potendo chiedersi al possessore anche la quota non versata dal detentore. Questa impostazione appare coerente con il successivo comma 681, che chiarisce che, nel caso in cui l'unità immobiliare sia occupata da un soggetto diverso dal titolare del diritto reale sull'unità immobiliare, quest'ultimo e l'occupante sono titolari di "un'autonoma obbligazione tributaria".

Il comma 672 chiarisce la soggettività passiva del locatario nella Tasi, nel contratto di locazione finanziaria. La soggettività passiva decorre dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto. La norma specifica poi che la durata del contratto di locazione finanziaria include l'eventuale periodo di avvenuta conclusione del contratto ma di mancata restituzione del bene e si conclude con il verbale di riconsegna dell'immobile.

Ovviamente, tale specificazione non opera ai fini Imu, stante la diversa finalità dei due prelievi e il regime di specialità dei due ambiti tributari.

Il comma 673 prevede che in caso di detenzione non superiore ai sei mesi (nell'arco dell'anno solare), la Tasi è dovuta solo dal possessore a titolo di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e superficie.

Il comma 674 disciplina il caso di locali in multiproprietà e di centri commerciali, attribuendo all'amministratore la responsabilità del versamento della Tasi per i locali e le aree scoperte in uso esclusivo ai singoli possessori o detentori. Restano fermi gli obblighi per i possessori e detentori derivanti dal rapporto tributario riguardante i locali e le aree ad uso esclusivo.

Il comma 675 interviene sulla base imponibile stabilendo che è la stessa prevista per l'applicazione dell'imposta municipale propria di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011.

Con il comma 676, il vincolo alla manovrabilità delle aliquote Tasi a regime è stato fortemente ristretto rispetto alla versione iniziale del Ddl Stabilità:

— l'aliquota base Tasi resta fissata all'1 per mille;

— l'aliquota Tasi applicata a ciascuno dei due comparti principali (Altri immobili, e Abp), sommato alla corrispondente aliquota Imu, non può superare il valore dell'aliquota Imu massima (10,6 per mille per gli Altri immobili; 6 per mille per l'Abp); nella precedente versione del Ddl Stabilità, il limite era maggiorato di un punto;

— per il 2014 l'aliquota massima Tasi non può superare il 2,5 per mille;

Ciò significa che i Comuni che hanno deliberato un'aliquota ordinaria "Altri immobili" al massimo o vicina al massimo di 10,6 per mille, non sono in grado di applicare l'aliquota Tasi di base su tale comparto e, per riottenere il gettito perduto, devono attivare la propria leva fiscale esclusivamente sull'abitazione principale. Nei casi di aliquote Imu già portate su livelli alti nel 2013 questa manovra resta comunque di portata inferiore a quella disponibile in regime Imu 2013.

La norma non reintroduce, come da più parti auspicato, una detrazione equivalente a quella già in vigore per l'Imu sull'abitazione principale, soprattutto con riferimento alle abitazioni con rendita catastale molto bassa, e per questo di fatto escluse dall'Imu. La soluzione al problema del finanziamento delle detrazioni Tasi sull'abitazione principale, introdotta dal 16/2014 (articolo 1, comma 1 lettera a), che interviene a modificare l'ultimo periodo del comma 677 della legge finanziaria 2014, lascia ai Comuni la responsabilità di introdurre tali detrazioni e permette, a tale scopo ed al verificarsi di determinate condizioni, di accedere per il solo 2014 al superamento dei limiti massimi dell'aliquota Tasi, sopra riportati, per un ulteriore 0,8‰ complessivo, di fatto ripartibile a discrezione del Comune tra Abitazione principale e Altri immobili.

Va precisato che l'incremento dello 0,8 per mille viene riferito "complessivamente" sia al limite della sommatoria delle aliquote Imu e Tasi sia al limite che fissa al 2,5‰ l'aliquota massima Tasi per il 2014. Ciò implica che il Comune potrebbe deliberare l'aliquota Tasi al 3,3, fermo restando tuttavia che in tale ipotesi la sommatoria delle aliquote Tasi e Imu non potrà essere superiore a quella massima prevista dalla normativa Imu, per le singole categorie di immobili. Parimenti, il Comune potrebbe mantenere ferma l'aliquota Tasi al 2,5 ma aumentare il tetto della sommatoria delle aliquote Imu e Tasi fino all'11,4. Sono poi possibili aumenti su due limiti (Tasi al 2,9 e sommatoria aliquote all'11), fermo restando che non potrà essere superato l'incremento complessivo dello 0,8. Su questo punto, ved. la circolare Mef n. 2/DF del 29 luglio 2014.

Va altresì osservato che la norma non vincola il Comune all'integrale utilizzo del gettito da maggiorazione "straordinaria" dell'aliquota al finanziamento delle detrazioni (o delle altre agevolazioni) da introdurre per l'abitazione principale.

Si osserva tuttavia che, già nella versione iniziale del decreto legge n.16, il dispositivo che stabilisce la condizione di accesso all'aumento di aliquota collegato al sistema delle detrazioni non era chiaro, risultando di difficile pubblica verificabilità. La norma imponeva infatti di applicare benefici al comparto dell'abitazione principale e delle unità ad essa assimilate "tali da generare effetti sul carico di imposta Tasi equivalenti a quelli determinatisi con riferimento all'Imu" sui medesimi fabbricati. A seguito dell'esame parlamentare, al testo originario è stato aggiunto l'inciso "o inferiori" con riferimento agli effetti del carico di imposta Tasi che dovranno quindi essere garantiti in misura equivalente o inferiore a quelli determinatisi con l'Imu, qualora il Comune deliberi l'ulteriore 0,8 per mille. Anche la novità sopra descritta appare poco chiara e potenzialmente in grado di dar luogo ad incertezze applicative.

La modifica introdotta sembra infatti determinare la più ampia libertà, anche per i Comuni che intendano avvalersi dell'applicazione dell'aliquota maggiorata di cui alla lettera a), nella determinazione del sistema agevolativo Tasi da riservare all'abitazione principale e alle abitazioni ad essa assimilate. Infatti, il requisito definitivamente modificato permette ora di assicurare effetti agevolativi anche "inferiori" a quelli a suo tempo vigenti per l'Imu e non necessariamente "equivalenti". Il Comune potrebbe dunque introdurre detrazioni di minor impatto rispetto al livello "equivalente", pur applicando la maggiorazione di aliquota permessa dalla legge. Il riferimento alla legge istitutiva dell'Imu, posto alla fine della lettera a) ("anche tenendo conto di quanto previsto dall'articolo 13 del citato decreto-legge n. 201, del 2011") sembra inoltre rafforzare l'esigenza di ancorare il concetto di equivalenza al livello standard dell'Imu.

Si ritiene, ad ogni modo, che il livello di detrazioni Tasi "equivalenti" all'Imu da applicare debba essere commisurato ad un assetto standard delle due imposte, al fine di non determinare ingiustificate disparità tra Comuni a seconda dell'aliquota Imu raggiunta fino al 2013 e dell'aliquota Tasi che si ritiene di dover applicare in ragione di molteplici fattori di variazione delle risorse disponibili. Nella generalità dei casi l'aliquota standard Tasi-abitazione principale di riferimento è ovviamente l'1‰ indicato dal comma 676 della Legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013). Nei casi di utilizzo della maggiorazione di cui alla norma in commento, il riferimento allo standard sembra dover essere maggiorato della maggior aliquota effettivamente applicata sull'abitazione principale. In questa interpretazione il massimo livello di aliquota Tasi, da comparare con il livello standard dell'aliquota Imu (4‰), può raggiungere la misura dell'1,8‰. Le detrazioni di riferimento "equivalenti" Imu dovrebbero quindi variare tra 50 euro e 90 euro corrispondenti alla formula:

aliquota Tasi di riferimento (min 1‰; max 1,8‰)

diviso aliquota Imu base (4‰)

moltiplicato detrazione di base.

Volendo considerare anche la quota di detrazione destinata ai figli conviventi di età non superiore a 26 anni (beneficio obbligatorio a norma dell'art. 13 del dl 201 per i soli anni 2012 e 2013), agli importi indicati si dovrà aggiungere una detrazione-figli variabile tra 12,5 e 22,5 euro, a seconda dell'aliquota Tasi effettiva come in precedenza definita.

Va ricordato che il Comune potrà ovviamente decidere di elevare tali livelli, esattamente come avveniva nel regime Imu, mentre sulla base della normativa ordinaria della Tasi può determinare liberamente le agevolazioni sull'abitazione principale (e, al limite, non applicarle) nel caso di mantenimento delle misure di aliquota entro i limiti stabiliti per il 2014 dai commi 676 e 677 della Legge di stabilità 2014.

Infine, per completezza di esposizione, si sottolinea che l'obbligo di applicazione di agevolazioni Tasi sull'abitazione principale di cui alla lettera a) in commento non si concretizza necessariamente con l'introduzione di una detrazione fissa uguale per tutti.

Una volta determinato l'onere da detrazione fissa equivalente (ad esempio come suggerito nel presente commento), tale onere potrà essere attribuito alla platea dei contribuenti possessori dell'abitazione principale (e assimilate) sulla base di criteri differenziati con riferimento, ad esempio, alle condizioni socio-economiche del nucleo familiare, ovvero al valore dell'immobile o all'ammontare della rendita catastale.

A completamento del dispositivo di sostenibilità del passaggio alla Tasi e dell'introduzione di detrazioni, interviene inoltre lo stesso dl 16 (articolo 1, comma 1, lettera d), che sostituisce il comma 731 della Legge di stabilità. La norma, che resta applicabile per il solo 2014, modifica l'integrazione aggiuntiva già istituita (per un importo di 500 mln. di euro) dal comma 731, portando lo stanziamento a 625 milioni. Viene inoltre abolito il vincolo di destinazione che destinava l'assegnazione aggiuntiva all'introduzione di detrazioni Tasi sull'abitazione principale. Il criterio di ripartizione introdotto fa riferimento ad una metodologia demandata al Mef sentita la Conferenza Stato-Città, che tenga conto "dei gettiti standard ed effettivi dell'Imu e della Tasi". Questa formulazione permette di graduare il contributo a favore dei Comuni che con i limiti di aliquota Tasi stabiliti dalla legge – anche considerando il menzionato incremento dello 0,8 per mille e, dal lato del fabbisogno, un onere standard per l'introduzione di detrazioni – non hanno la possibilità di ricostituire attraverso la Tasi l'ammontare di risorse perduto con l'abolizione dell'Imu sull'abitazione principale. Tra i Comuni che presentano maggiori fabbisogni vanno considerati quelli che hanno applicato aliquote Imu sull'abitazione principale più elevate nel biennio 2012-13 e che inoltre ricadono nella non applicabilità (in tutto o in parte) dell'aliquota standard Tasi (1‰), con riferimento al comparto degli "Altri immobili", per effetto del vincolo di cui al comma 677 della Legge di stabilità.

Il riparto di tale fondo integrativo è stato determinato a seguito della presa d'atto della metodologia avvenuta in occasione della Conferenza Stato-Città del 30 luglio 2014 ed ha riguardato oltre 1.800 Comuni.

L'aliquota massima Tasi per i fabbricati rurali ad uso strumentale, come novella il comma 679, non può eccedere l'aliquota di base, pari all'uno per mille. Tale limitazione va letta in coordinamento con l'abolizione dell'Imu sui fabbricati rurali strumentali (comma 708), che avrebbe consentito di adottare un'aliquota Tasi su tale comparto fino al 2 per mille. In sostanza, nonostante l'esclusione dall'Imu, i Comuni non potranno portare l'aliquota Tasi oltre l'uno per mille per i fabbricati rurali strumentali. Tale limitazione sembra dover valere anche nell'ipotesi di utilizzo dell'incremento dello 0,8 di aliquota previsto dal Dl 16, in quanto il limite in questione appare "speciale", nel senso che sfugge ad ambedue le definizioni di cui al comma 677: è inferiore ed autonomo rispetto al limite generale del 2,5 per mille; non è rapportabile al limite-somma delle aliquote Tasi più Imu3 .

La lettera h) dell'articolo 2 del dl 16 sopprime la lettera f) del comma 679 che prevedeva la possibilità per il Comune di applicare riduzioni ed esenzioni Tasi nel caso di "superfici eccedenti il normale rapporto tra produzione di rifiuti e superficie stessa". L'abolizione appare quanto mai opportuna poiché la formulazione della lettera f) era stata ereditata da una precedente versione delle casistiche di agevolazione della Tari, evidentemente incoerente con il carattere della componente Tasi, tributo a base patrimoniale, nel cui ambito appare incongruo introdurre distinzioni in base alle superfici degli immobili imponibili.

Con il comma 680, viene spostato al 24 gennaio il termine di pagamento del 40% dell'aumento di aliquota 2013 rispetto alle aliquote di base delle fattispecie esentate dall'Imu con il dl 133 del 2013 (la cosiddetta "mini-Imu").

Alla stessa data viene obbligatoriamente posto il termine per il pagamento della maggiorazione Tares, se non pagata al 16 dicembre 2013. Il comma 681 sancisce che, in caso di immobili occupati da soggetti diversi dal titolare del diritto reale, l'occupante versa una quota della Tasi, stabilita dal Comune nel regolamento, compresa tra il 10 e il 30 per cento; il resto rimane a carico del possessore.

Va osservato, in proposito, il rischio di polverizzare una parte minoritaria dell'imposta dovuta su un'ampia platea di affittuari con la conseguenza di dover richiedere pagamenti inferiori alle entità minime attualmente considerate dalla legge e dai regolamenti comunali e pari a 12 euro per i pagamenti spontanei, anche se si tratta di importo regolamentabile dal Comune. Il limite di 30 euro per i pagamenti richiesti con accertamento è invece escluso nel caso di tributi locali per effetto del successivo comma 736.

Il comma 3 dell'articolo 1 del Dl 16 uniforma sostanzialmente le esenzioni Tasi a quelle in vigore per l'Imu. Si dispone, anzitutto, l'esenzione dalla Tasi per gli immobili posseduti dallo Stato e, nel proprio territorio, da Regioni, Province, Comuni, Comunità montane, enti del servizio sanitario nazionale. In sede di conversione del Dl 16 l'esenzione è stata anche estesa ai rifugi alpini non custoditi, ai punti di appoggio ed ai bivacchi.

Viene inoltre espressamente introdotta anche nel regime Tasi l'esenzione degli immobili previsti dall'articolo 7 comma 1, lettere b), c), d), e), f) e i) del Dlgs n. 504 del 1992, già richiamata dalla normativa Imu. Tali esenzioni comprendono gli immobili posseduti da enti non commerciali (associazioni, enti ecclesiastici e simili) utilizzati direttamente dai possessori per attività meritorie (sanitarie, didattiche, ricreative, previdenziali, ecc.) svolte in forma non commerciale. Con riferimento alla lettera i), riguardante gli immobili posseduti dagli enti non commerciali, l'esenzione è da riferirsi alla parte non utilizzata per finalità commerciali. L'esclusione della fattispecie recata dalla lettera h), articolo 7 del Dlgs 504/1992, relativa ai terreni siti in territori montani, è ovviamente dovuta all'esclusione generale dei terreni non edificabili dal campo di applicazione della Tasi.

Il Dl 16 non richiama l'articolo 9, comma 6-quinquies del dl 174 del 2012, il quale dispone che "in ogni caso" l'esenzione di cui all'articolo 7, comma 1, lettera i), del Dlgs n. 504 del 1992, non si applica alle fondazioni bancarie di cui al Dlgs n. 153 del 1999. Ciò implica che gli immobili delle fondazioni bancarie, se rispettano le condizioni previste dalla citata lettera i) della disciplina Ici, sono comunque da considerarsi esenti da Tasi. Inoltre, non è stata richiamata l'esenzione prevista, dall'art. 9, comma 8, del Dlgs n. 23 del 2011 per i fabbricati rurali strumentali ubicati nei comuni classificati montani o parzialmente montani. Questi fabbricati, quindi, al pari, degli altri fabbricati rurali strumentali di pianura, sono assoggettati alla Tasi, pur con aliquota non superiore all'1 per mille.

Alla Tasi, infine, non si applica l'esenzione per gli immobili-merce (fabbricati posseduti da imprese edilizie, destinati alla vendita e non locati, rimasti invenduti), prevista per l'Imu dall'articolo 13, comma 9-bis, del Dl n. 201 del 2011.

 

Norme Comuni Iuc – Tari – Tasi

Al comma 682 vengono definiti i contenuti del regolamento comunale per l'applicazione della Iuc, relativamente alle componenti Tari e della Tasi. Va infatti ricordato che, in base al comma 703, resta salva la disciplina per l'applicazione dell'Imu.

Con riferimento alla Tari (lettera a), oltre ai criteri di tariffazione, la classificazione delle utenze in categorie omogenee e il sistema delle riduzioni, si menziona la disciplina di riduzioni facoltative di natura sociale con riferimento alla capacità contributiva familiare ed all'applicazione dell'Isee (punto 4).

Viene inoltre opportunamente esplicitata la facoltà di determinare percentuali di superfici da considerare forfetariamente riconducibili alla produzione di rifiuti speciali, nei casi in cui la determinazione analitica di tali superfici (da escludere dal computo della Tari) non risulti agevole.

Con riferimento alla Tasi (lettera b), oltre alla riproduzione della già menzionata facoltà di introduzione di agevolazioni sociali, si introduce l'obbligo di elencare nel regolamento i servizi indivisibili al cui finanziamento la Tasi concorre, con l'indicazione dei relativi costi (punto 2).

Il comma 683 ribadisce che la delibera di approvazione delle tariffe del tributo deve essere adottata entro il termine fissato dalle norme statali per l'approvazione del bilancio di previsione. Lo stesso comma prevede inoltre che le tariffe della Tari devono essere determinate tenendo conto del contenuto del piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, redatto dal soggetto che svolge il servizio stesso e approvato "dal Consiglio comunale o da altra Autorità competente". Tale dispositivo accoglie una proposta di modifica formulata dall'Anci in fase di conversione in legge del Dl 102 del 2013, riguardante la Tares, consistente nella richiesta di menzionare espressamente il Consiglio comunale quale autorità preposta all'approvazione del Piano finanziario, facendo salva l'eventualità che le norme vigenti (nazionali o regionali) indichino una diversa autorità in tale materia (ATO e altri simili organismi di gestione di area vasta).

Nella precedente versione della norma, infatti, il Consiglio comunale non veniva espressamente citato, con il rischio di indeterminazione delle competenze relative all'approvazione del piano finanziario nel caso di regioni che non avessero ancora provveduto ad applicare le norme relative alla regolazione dei servizi pubblici locali in ambiti organizzativi sovra comunali.

La parte finale del comma ammette espressamente la possibilità di differenziazione dei prelievi Tari e Tasi "in ragione del settore di attività nonché della tipologia e della destinazione degli immobili", come peraltro emerge dalla conferma espressa dell'articolo 52, Dlgs n. 446/1997, di cui al successivo comma 702.

Il comma 684 stabilisce un termine temporale unico per la dichiarazione della Iuc, fissandolo al 30 giugno dell'anno successivo alla data di inizio occupazione o possesso dei locali o aree imponibili. Nel caso di "occupazione in comune" la dichiarazione può essere presentata anche da uno solo egli occupanti.

Il comma 685, prevede che, come per i precedenti regimi impositivi, la dichiarazione, redatta su modello messo a disposizione da ciascun Comune, ha effetto anche per gli anni successivi, finché non si verificano modificazioni da cui consegua un diverso ammontare del tributo. Anche in caso di variazione, la dichiarazione dovrà essere presentata entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui sono intervenute le modificazioni.

Inoltre, al fine di allineare le informazioni catastali con quelle della toponomastica e delle numerazione civica, nella dichiarazione dovranno essere contenuti anche i dati catastali, oltre che l'indirizzo degli immobili, comprensivo del numero civico ed dell'interno.

Il comma 686 assicura l'utilizzabilità anche in materia di Tari delle superfici dichiarate o accertate ai fini dei previgenti prelievi sui rifiuti. La norma permette la generale applicazione di tutti gli elementi informativi delle dichiarazioni (o accertamenti) in possesso del Comune ai fini della gestione della Tari.

Il comma 687 prevede che le disposizioni sulla dichiarazione Imu siano applicabili anche alla Tasi, in considerazione – si deve ritenere – delle ampie analogie esistenti tra i due prelievi.

Anche alla luce dei commi 686 e 687, appare forzata l'uniformazione delle scadenze della dichiarazione in un unico termine stabilito per legge, come stabilito dai commi 684 e 685. Il termine unificato al 30 giugno dell'anno successivo non facilita gli adempimenti dei contribuenti e ostacola la gestione dei controlli da parte dei Comuni.

Il Dl 16 (articolo 1, comma 1, lettera b) sostituisce il comma 688 della legge di stabilità ed interviene a diversificare le modalità di pagamento Tari e Tasi. Per la Tasi la riscossione viene ricondotta esclusivamente al circuito F24, comprendente anche lo strumento del bollettino postale analogo al modello F24 (come stabilito per l'Imu). Per la Tari, invece, si ammette, oltre all'F24, anche l'utilizzo delle "altre modalità offerte dai servizi elettronici interbancari/postali" già introdotte per il 2013 nel dispositivo Tares, nonché del bollettino postale semplice.

Tale differenziazione sembra riconducibile all'obiettivo della conoscenza tempestiva del dato di pagamento Tasi che, tuttavia, avrebbe potuto essere ugualmente raggiunto assegnando alle banche e a Poste italiane, quali intermediari del pagamento, l'obbligo di invio di rendicontazioni omogenee a quelle dell'F24, come già previsto sempre dallo stesso comma 688 (terzo periodo), anche nella versione originaria della norma.

Anche per quanto riguarda le scadenze di pagamento, la riformulazione del comma 688 recata dal dl 16 differenzia strutturalmente le due componenti dell'imposta "unica" Iuc.

Nel regime ordinario, infatti, le scadenze Tasi vengono uniformate a quelle in vigore per l'Imu (acconto entro il 16 giugno e saldo entro il 16 dicembre), riprendendo inoltre le medesime regole per la commisurazione dei pagamenti in acconto. Anche per la Tasi, dunque:

— l'acconto dovrà essere calcolato sempre in base alle misure dell'imposta in vigore per l'anno precedente;

— ai fini dell'efficacia delle aliquote decise dal Comune, le relative deliberazioni dovranno essere obbligatoriamente comunicate al Ministero dell'economia e delle finanze entro il 21 ottobre, per la pubblicazione sull'apposito sito entro il 28 dello stesso mese. Soltanto le deliberazioni pubblicate entro tale termine costituiscono obbligo per il calcolo dell'imposta a saldo (con eventuale conguaglio) e dell'acconto dell'anno successivo;

— viene altresì previsto un complesso dispositivo valido per il solo 2014, che differenzia i pagamenti Tasi con riferimento all'abitazione principale e agli altri immobili e a seconda dell'avvenuta deliberazione comunale entro il ristretto termine del 23 maggio 2014.

Tale ultima previsione è stata poi superata da un diverso dispositivo – comunque speciale e valido per il solo 2014 – per effetto del comma 12-quater, articolo 4, del Dl 24 aprile 2014, n. 66, introdotto in fase di conversione in legge (legge 23 giugno 2014, n. 89), che ha modificato ulteriormente il comma 688. La vigente disciplina dei pagamenti e degli obblighi di comunicazione dei provvedimenti relativi alla Tasi è dunque così riassumibile:

— per i Comuni che hanno inviato le delibere entro il 23 maggio 2014, la scadenza della rata di acconto resta fissata al 16 giugno, senza alcuna distinzione tra abitazione principale e altri immobili;

— per i Comuni che non hanno inviato le delibere entro maggio, la nuova scadenza della rata di acconto 2014 è fissata al 16 ottobre, a condizione però che le delibere siano inviate al Mef entro il termine del 10 settembre, ai fini della pubblicazione sul sito entro il 18 settembre;

— in caso di mancato invio entro tale data, il versamento della Tasi è effettuato in un'unica soluzione entro il 16 dicembre 2014, applicando l'aliquota di base dell'1 per mille a tutti gli oggetti imponibili, fermo restando comunque il rispetto del limite complessivo in base al quale la somma delle aliquote Imu e Tasi gravanti sul medesimo immobile non può superare l'aliquota massima prevista per l'Imu.

Sempre in questo caso, il detentore non possessore dell'immobile è obbligato al pagamento nella misura del 10% della Tasi complessivamente dovuta, calcolata in base alle condizioni del titolare del diritto reale.

Va pertanto sottolineato che, pur in presenza della ulteriore proroga dei termini per la deliberazione dei bilanci, attualmente fissati al 30 settembre, la comunicazione al Mef delle delibere riguardanti le aliquote ed i regolamenti della Tasi entro il termine del 10 settembre costituisce – per il solo anno 2014 – condizione essenziale per l'efficacia delle decisioni comunali in materia di Tasi.

A fronte della posposizione dei termini di pagamento Tasi, la stessa norma (attraverso l'emanazione del citato dl 88) ha previsto poi l'erogazione, entro il 20 giugno 2014, di un anticipo pari al 50% del gettito annuo di base della Tasi, stimato dal Mef, riservato ai Comuni delle regioni a statuto ordinario e delle Isole che non hanno deliberato le aliquote Tasi entro il 23 maggio. L'acconto è stato concesso "a valere sul Fondo di solidarietà comunale" e verrà recuperato nella seconda parte dell'anno mediante detrazioni sull'importo spettante del Fondo, ovvero – in caso di incapienza – mediante trattenute a cura dell'Agenzia delle entrate sugli incassi dei tributi acquisiti attraverso il circuito F24.

Per ciò che riguarda la Tari, resta in vigore la normativa già definita con la legge di stabilità 2014: viene lasciata al Comune la possibilità di determinare il numero e le scadenze di pagamento del tributo, assicurando "di norma" almeno due rate a scadenza semestrale. Resta altresì in vigore la disposizione originaria in base alla quale è nella facoltà del contribuente provvedere al versamento della Tasi e della Tari in unica soluzione annuale, da corrispondere entro il 16 giugno.

Con il comma 689 si prevede l'emanazione di decreti ministeriali riguardanti le modalità di pagamento Tari e Tasi, senza menzionare l'obbligo di contestualità del pagamento delle due componenti. In ottemperanza a tale disposizione con decreto interministeriale del 23 maggio 2014 del Ministero dell'economia è stato approvato il bollettino di conto corrente postale per il versamento Tasi.

Con riferimento all'invio di bollettini precompilati il Dl n. 88 del 2014, modificando il comma 688, prevede per la Tasi che a decorrere dall'anno 2015, i comuni assicurano la massima semplificazione degli adempimenti dei contribuenti rendendo disponibili i modelli di pagamento preventivamente compilati su loro richiesta, ovvero procedendo autonomamente all'invio degli stessi modelli.

I commi 690 e 691 riprendono con qualche variante il dispositivo Tares introdotto dal dl 35 del 2013. Viene confermata la titolarità del Comune per l'applicazione e la riscossione della Iuc, fatta eccezione per la tariffa di natura corrispettiva che è applicata e riscossa dal soggetto affidatario del servizio di gestione dei rifiuti urbani.

Il Dl 16 (articolo 1, comma 1, lettera c) riformula il comma 691 della Legge di Stabilità 2014 migliorando per alcuni aspetti la versione iniziale della norma riguardante le possibilità di affidamento a soggetti esterni della gestione della Tari e della Tasi. Non viene tuttavia risolta l'intera problematica della continuità degli affidamenti in essere.

In particolare, per la Tari:

— viene precisato il dispositivo che permette di mantenere in capo alle aziende di gestione dei rifiuti anche la gestione del nuovo prelievo ivi inclusa anche la gestione della tariffa di natura corrispettiva, estendendo lo stesso meccanismo anche per le alle aziende affidatarie della gestione del solo prelievo;

— viene però esclusa la possibilità a regime di affidare la gestione del prelievo al soggetto gestore del servizio rifiuti, essendo prevista solo la possibilità di affidamento ai soggetti gestori alla data del 31 dicembre 2013, fino alla scadenza del contratto.

Per ciò che riguarda la Tasi, viene invece esclusa ogni opzione in continuità con gli affidamenti relativi all'Imu. Tale limitazione costringe i Comuni che hanno esternalizzato la gestione dell'Imu a intraprendere nuovi affidamenti nel caso volessero acquisire servizi analoghi relativi alla Tasi, nonostante l'obiettiva contiguità tra la Tasi e l'Imu, con evidente aggravio di oneri amministrativi ed economici.

Il comma 692 prevede la designazione da parte del Comune di un funzionario responsabile del tributo, al quale sono attribuiti "tutti i poteri per l'esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale, compreso quello di sottoscrivere i provvedimenti afferenti a tali attività, nonché la rappresentanza in giudizio per le controversie relative al tributo stesso".

Quest'ultima previsione, ripresa dalla disciplina Tares, è innovativa rispetto alla figura del funzionario responsabile della Tarsu e degli altri tributi comunali, costituendo di fatto una deroga alla regola generale dettata dalla legge n. 88 del 2005, che affida la rappresentanza in giudizio nel processo tributario al Sindaco o al dirigente o titolare di posizione organizzativa dei tributi.

In base a quanto sancito dai commi 693 e 694, nell'esercizio dei compiti ad esso attribuiti, il funzionario responsabile può:

— inviare questionari ai contribuenti:;

— richiedere dati e notizie ad uffici pubblici o ad enti di gestione di servizi pubblici, in esenzione di spese e diritti

— disporre l'accesso ai locali ed aree assoggettabili a tributo, mediante personale debitamente autorizzato e con preavviso di almeno sette giorni.

Nel caso di mancata collaborazione da parte del contribuente o di altro impedimento alla diretta rilevazione, l'accertamento può essere effettuato in base a presunzioni semplici (articolo 2729 Codice civile).

I commi da 695 a 702 si riferiscono alle sanzioni in caso di non assolvimento degli obblighi derivanti dalla Iuc.

In base al comma 700, i Comuni possono adottare per via regolamentare circostanze attenuanti o esimenti ai fini dell'applicazione delle sanzioni, nel rispetto dei principi stabiliti in materia dalla legge statale.

Nel comma 701 vengono richiamate le disposizioni di cui al cosiddetto "mini Testo unico dei tributi locali", contenute nell'art. 1, commi da 161 a 170 della legge n. 296 del 2006, che attengono all'accertamento, alla riscossione, ai rimborsi ed al contenzioso.

Viene infine espressamente confermata l'applicabilità alla Iuc dell'articolo 52 del Dlgs n. 446 del 1997, e con essa l'ampia autonomia regolamentare nella determinazione delle aliquote, delle agevolazioni e delle modalità applicative dei tributi (comma 702).

Il comma 703 conferma espressamente la validità della disciplina dell'Imu (ulteriormente innovata da successive disposizioni della stessa Legge di Stabilità), che non viene quindi sostituita dalla Iuc, ma da questa inglobata, mantenendo sostanziale autonomia disciplinare e normativa.

Viene invece abrogato (co. 704) l'articolo 14 del Dl 201, istitutivo della Tares.

Si deve infine ricordare che, anche a seguito delle difficoltà connesse ai pagamenti di misura minima riconducibili, in particolare, alla maggiorazione Tares e alla quota Tasi dovuta dai detentori non possessori dell'immobile, la Legge di stabilità (comma 736) ha escluso i tributi locali dall'applicazione della soglia minima di 30 euro per l'accertamento e la riscossione coattiva.

 

Gestione maggiorazione Tares e imposta di scopo

Per tutte le attività di accertamento, riscossione, rimborsi, sanzioni ed interessi relativi alla maggiorazione Tares 2013, il cui gettito è stato riservato allo Stato, il comma 705 fa salve le norme vigenti in materia di Tares, attribuendo altresì ai Comuni il gettito derivante dalle attività di controllo.

Con il comma 706, si lascia ferma la possibilità di istituire l'imposta di scopo; si ricorda che il comma 145 dell'articolo unico della legge n. 296 del 2006, innovato con il Dlgs n. 23 del 2011 (art. 6, co. 2 introdotto dal dl n.16 del 2012) stabilisce la possibilità per i Comuni di istituire, con proprio regolamento, un'imposta di scopo destinata esclusivamente alla copertura delle spese per la realizzazione di opere pubbliche individuate dai Comuni nello stesso regolamento. Il previgente riferimento all'Ici, già esteso all'Imu dalle modifiche normative indicate, viene così esteso anche al nuovo assetto dell'Imu.

 

Modifiche alla disciplina dell'Imu

Il comma 707 introduce rilevanti innovazioni nella disciplina dell'Imu, rendendo anzitutto stabile e non più "sperimentale" il tributo (lett. a), e consolidando diverse modifiche introdotte con i decreti 102 e 133 nel corso del 2013.

Alla lettera b), punti 1 e 2, viene stabilito che l'abitazione principale non è più oggetto di imposizione Imu, ad esclusione delle unità classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 e A/9, per le quali restano in vigore le aliquote del comma 7 e le detrazioni del comma 10 dell'articolo 13 del decreto legge 201/2011.

Il punto 3) prevede la possibilità per il Comune di ampliare la nozione di abitazione principale ad altre possibili categorie, attraverso decisioni di assimilazione che possono riguardare:

a) l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che l'abitazione non risulti locata;

b) l'unità immobiliare concessa in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado che la utilizzano come abitazione principale, prevedendo che l'agevolazione operi o limitatamente alla quota di rendita risultante in catasto non eccedente il valore di euro 500, oppure nel solo caso in cui il comodatario appartenga a un nucleo familiare con Isee non superiore a 15.000 euro annui. In caso di più unità immobiliari, l'agevolazione può essere applicata ad una sola unità immobiliare.

Quest'ultimo punto desta forti perplessità poiché la norma sembra indicare soglie obbligatorie per l'Isee e per la rendita catastale, su scala nazionale, mentre le condizioni socioeconomiche familiari e le classificazioni catastali sono caratterizzate da forti variabilità territoriali.

La possibilità per i Comuni di disporre, per via regolamentare l'assimilazione all'abitazione principale dell'unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani residenti all'estero è stata invece abrogata dall'articolo 9-bis del Dl n. 47 del 2014, a favore di un sistema stabile ed obbligatorio, anche se di minor estensione. Il medesimo decreto, infatti, aggiunge al comma 2 dell'articolo 13 del Dl n. 201 del 2011, il seguente nuovo periodo: «A partire dall'anno 2015 è considerata direttamente adibita ad abitazione principale una ed una sola unità immobiliare posseduta dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (Aire), già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, a titolo di proprietà o usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata o data in comodato d'uso».

La stessa norma dispone che sull'unità immobiliare di cui sopra, la Tari e la Tasi sono applicate in misura ridotta di due terzi. Con riferimento a quest'ultima previsione va evidenziato, che a differenza della prima non è fissata una data di decorrenza, pertanto essa sembra doversi considerare immediatamente operativa dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, e quindi dal 2014.

Come sopra accennato, le modifiche della disciplina delle proprietà dei residenti all'estero risultano nel complesso meno favorevoli al contribuente rispetto al regime previgente.

Infatti, mentre in passato era possibile per il Comune disporre con norma regolamentare l'assimilazione all'abitazione principale di un immobile abitativo non locato – e questo avrebbe determinato, a decorrere dal 2014 l'esclusione dal versamento dell'Imu – ora l'esclusione opera sì per legge, ma con riferimento ad una ristretta categoria di residenti all'estero, ovvero quelli "già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza", oltre all'ulteriore requisito che l'abitazione deve risultare anche a disposizione del soggetto passivo, non operando il beneficio in caso di concessione in comodato.

Il comma 707 stabilizza inoltre le ulteriori esenzioni disposte con il decreto legge 102/2013:

a) unità immobiliari di cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale dei soci assegnatari, con le relative pertinenze;

b) abitazioni destinate ad "alloggi sociali" come definiti dal decreto del Ministro delle infrastrutture, di concerto con il Ministro della solidarietà sociale, il Ministro delle politiche per la famiglia e il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive del 22 aprile 2008 (Gu n. 146 del 24 giugno 2008);

c) casa coniugale assegnata al coniuge, a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio;

d) abitazione posseduta e non concessa in locazione (nella misura di una unità per contribuente), dal personale delle Forze armate, di polizia, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e dal personale appartenente alla carriera prefettizia, che viene considerata abitazione principale anche in assenza dei requisiti della dimora abituale e della residenza anagrafica.

Sempre al punto 3, lettera c), il moltiplicatore per il calcolo del valore imponibile dei terreni agricoli posseduti e condotti direttamente da agricoltore professionale iscritto alla previdenza agricola è ridotto da 110 a 75.

Con la lettera d), viene riformulata la norma che determina la detrazione di 200 euro per l'abitazione principale, limitandola alle abitazioni principali classificate nelle categorie A1, A8 e A9 e riconoscendone l'applicazione anche agli alloggi regolarmente assegnati degli Iacp/Ater, la cui definizione viene meglio specificata in base alle norme vigenti ("enti di edilizia residenziale pubblica, comunque denominati, aventi le stesse finalità degli Iacp, istituiti in attuazione dell'articolo 93 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616").

Con il comma 708 viene prevista l'esenzione ai fini Imu per i fabbricati rurali ad uso strumentale a decorrere dal 1° gennaio 2014.

I commi 709 e 710 provvedono alla copertura del minor gettito derivante sia dall'esclusione dei fabbricati rurali strumentali, sia dalla riduzione del moltiplicatori dei terreni agricoli condotti direttamente da agricoltori professionali iscritti alla previdenza agricola.

L'esenzione sui fabbricati rurali ad uso strumentale riduce il gettito per circa 64 mln di euro (compresi i fabbricati D10, inclusi nella riserva statale dal 2013), mentre la riduzione del coefficiente sui terreni comporta una perdita di 52,5 mln.

Nel complesso la perdita indicata dalla legge ammonta a 116,5 mln. di euro, di cui 110,7 milioni si riferiscono ai Comuni delle Regioni a statuto ordinario, della Sicilia e della Sardegna, mentre i restanti 5,8 milioni sono relativi ai Comuni delle altre autonomie speciali.

Il comma 709 stabilisce che alla copertura di tali oneri si provvede per 16,5 mln di euro con la riduzione del fondo per interventi strutturali di politica economica, e per i restanti 100 mln di euro attraverso le rimodulazione di agevolazioni per il settore agricolo di cui al successivo comma 710.

Al ristoro del minor gettito per i Comuni delle Regioni a statuto ordinario, della Regione siciliana e della regione Sardegna si provvede con un contributo di 110,7 milioni di euro ripartito con decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali; per i Comuni delle rimanenti autonomie speciali si provvede mediante un minor accantonamento per l'importo di 5,8 milioni di euro a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali, ai sensi dell'articolo 13, comma 17, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201. Il decreto di riparto di tali somme è atteso per i primi di settembre, in connessione con il riparto del conguaglio statale derivante dal Dl n. 133 del 2013 che implica una stima del gettito derivante dai terreni agricoli condotti direttamente da agricoltori professionali iscritti alla previdenza agricola.

Il comma 712 stabilisce che per i Comuni delle Regioni Friuli-Venezia Giulia, Valle d'Aosta e delle Province autonome di Trento e Bolzano non si tiene conto del minor gettito Imu relative all'abitazione principale ai fini della variazione compensativa dei trasferimenti. La disposizione è coerente con l'effetto compensativo rappresentato dall'introduzione della Tasi.

Il comma 713 abolisce l'indicazione della decorrenza dell'Imu prevista nel 2014 al comma 1 dell'articolo 8 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, e abroga i commi da 3 a 7 dello stesso articolo, che riguardano aspetti della disciplina dell'Imu già definiti dall'articolo 14 del dl 201 del 2011, ulteriormente modificato dalla Legge di Stabilità: non applicabilità dell'Imu all'abitazione principale non classificata nelle categorie catastali A1, A8 e A9; determinazione delle pertinenze ammissibili; riferimento al Dlgs 504 per la determinazione della base imponibile; indicazione delle aliquote di base e delle agevolazioni per immobili locati e appartenenti ad imprese.

Il comma 714 prevede lo slittamento al 2015 dell'imposta municipale secondaria.

I commi 715 e 716 prevedono la parziale deducibilità (20 per cento) dell'Imu relativa agli immobili strumentali ai fini della determinazione del reddito di impresa e del reddito da arti e professioni. L'Imu resta indeducibile ai fini Irap. In particolare, il comma 716 prevede per l'anno di imposta 2013 l'elevazione al 30 per cento della misura della deducibilità. La copertura è indicata attraverso la riduzione di 237,9 milioni di euro del Fondo per gli interventi strutturali per l'anno 2014. Lo stesso fondo è invece reintegrato di 100,7 milioni per l'anno 2015.

La normativa vigente prevede l'esenzione dall'Irpef degli immobili non locati, soggetti ad Imu.

I commi 717 e 718, introducono invece, a decorrere dall'anno d'imposta 2013, la tassazione al 50 per cento ai fini IRPEF dei redditi delle abitazioni non locate ubicate "nello stesso comune nel quale si trova l'immobile adibito ad abitazione principale".

Restano pertanto escluse dall'applicazione dell'Irpef le abitazioni a disposizione site al di fuori del comune di residenza del possessore.

Vanno infine menzionate due disposizioni riguardanti i pagamenti dell'Imu:

— con il comma 728, viene esclusa l'applicazione di sanzioni e interessi in caso di insufficiente versamento della seconda rata dell'Imu 2013, se il pagamento viene regolarizzato entro il termine previsto per la prima rata del 2014;

— con la conversione in legge del dl 16, è stato introdotto il comma 728-bis che dispone, con valenza retroattiva a decorrere dal 2013, che nel caso di immobili in multiproprietà il versamento dell'Imu è effettuato dall'amministratore del bene, il quale può prelevare l'importo necessario dal fondo comune attribuendo le quote ai singoli titolari con addebito nel rendiconto annuale.

 

L'Imu sui terreni agricoli montani

L'articolo 22, comma 2, del Dl n. 66 del 2014 riscrive l'articolo 4, comma 5-bis del Dl n. 16 del 2012 prevedendo che con decreto del Ministero dell'economia, di concerto con i Ministri delle politiche agricole e dell'interno, sono individuati i comuni nei quali a decorrere dall'anno d'imposta 2014 si applica l'esenzione prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 7 del Dlgs n. 504 del 1992, sulla base dell'altitudine riportata nell'elenco dei comuni italiano predisposto dall'Istat, diversificando tra terreni posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, di cui all'articolo 1 del Dlgs n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola, e gli altri.

Dalla revisione dell'esenzione Imu dei terreni agricoli montani è stato stimato un maggior gettito annuo non inferiore a 350 milioni, importo che verrà recuperato dallo Stato attraverso una corrispondente riduzione del Fondo di solidarietà comunale. Il recupero del maggior gettito, così come risultante per ciascun comune dal decreto di cui sopra, avverrà con le procedure di cui ai commi 128 e 129 della legge n. 228 del 2012.

In sede di conversione in legge del decreto 66 è stata altresì prevista l'esenzione Imu per i "terreni a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile e inusucapibile che, in base al predetto decreto, non ricadano in zone montane o di collina". Con apposito decreto del Ministero dell'interno, di concerto con il Ministero dell'economia, saranno stabilite le modalità di compensazione del minor gettito in favore dei Comuni nei quali opera la nuova esenzione. Questo decreto, come quello previsto per la riscrittura dei parametri che determinano l'esenzione Imu dei terreni montani, dovrà essere emanato entro 90 giorni dalla legge di conversione (legge 23 giugno 2014, n. 89), ovvero entro il 22 settembre 2014.

In assenza di fonti informative adeguate, il Mef ha ritenuto di richiedere agli stessi Comuni i dati su questa specifica fattispecie imponibile; con decreto del Direttore generale delle finanze del 29 luglio 2014, i Comuni sono chiamati a fornire le informazioni riassunte in un modello entro il 15 settembre 2014.

Al riguardo occorre precisare che la rata di acconto per i terreni montani già esenti in base alla lettera h) dell'articolo 7 della normativa Ici non doveva essere versata, stante la mancata approvazione in tempo utile del decreto. L'importo complessivamente dovuto per il 2014 sarà pertanto conguagliato con la rata di saldo, così come peraltro ritenuto anche dal Dipartimento delle finanze nelle Faq Imu-Tasi del 4 giugno 2014.

Per quanto riguarda invece i terreni a proprietà collettiva indivisibile si rileva che poco opportunamente il dl 66 ne prevede l'esenzione dal 1° gennaio 2014, a rata di acconto già scaduta, con un inutile aggravio dell'attività dei comuni interessati che dovranno provvedere al rimborso di quanto versato.

La revisione del prelievo sui territori agricoli montani desta forti preoccupazioni per l'ulteriore instabilità che induce nel sistema di determinazione delle risorse comunali per il 2014. Sui terreni agricoli e sulla relativa struttura proprietaria, inoltre, non sono disponibili dati certi nemmeno per i territori fin qui non esenti e la stessa indicazione del gettito ottenibile (oltre 350 milioni di euro) non appare suffragata da informazioni affidabili. L'innovazione introdotta dal dl 66 costituisce pertanto un rischio rilevante per i comuni di minor dimensione demografica e con ampia estensione territoriale, sui quali una determinazione inesatta delle nuove basi imponibili può risultare di grande impatto sulle risorse, fino a configurarsi come un vero e proprio taglio occulto, senza adeguata contropartita in termini di maggior gettito.

 

Dichiarazione e pagamento degli enti non commerciali

I commi da 719 a 721 introducono una disciplina specifica per la dichiarazione e il pagamento dell'Imu da parte degli enti non commerciali.

Il comma 719 stabilisce che gli enti non commerciali sono obbligati a presentare la dichiarazione esclusivamente in via telematica.

La dichiarazione per l'anno 2012, finora impedita dall'assenza di disposizioni attuative previste dalla legge, deve essere presentata con gli stessi termini e modalità di quella per l'anno 2013. Il termine di presentazione sarebbe pertanto fissato al 30 giugno 2014.

Tuttavia, il decreto 26 giugno 2014, di approvazione del modello di dichiarazione dell'Imu e della Tasi per gli enti non commerciali, ha fissato al 30 settembre 2014 il termine di presentazione della dichiarazione relativa agli anni 2012 e 2013.

Il comma 720 estende, senza obbligo, la possibilità di presentare la dichiarazione in via telematica anche agli altri enti soggetti passivi dell'Imu.

In base al comma 721, gli enti non commerciali versano l'Imu in tre rate. Le prime due – 16 giugno e 16 dicembre – sono, ciascuna, di importo pari al 50 per cento dell'imposta dovuta l'anno precedente. La terza rata, entro il 16 giugno dell'anno successivo, sarà a conguaglio dell'imposta dovuta. È possibile compensare eventuali crediti con il Comune soggetto attivo dell'Imu.

 

Disciplina dei rimborsi Imu

I commi da 722 a 727 disciplinano i rimborsi dell'Imu, resi più complicati dall'esistenza di quote dovute allo Stato, dall'intreccio tra gettito di base e assegnazioni statali e dai diffusi errori nell'indicazione dei codici tributo e comune richiesti dal pagamento via F24.

I commi 722 e 723 disciplinano i casi di erroneo versamento di imposta tra Comuni. Il Comune che riceve la segnalazione dal contribuente attiva le procedure di riversamento delle somme percepite indebitamente al Comune soggetto attivo dell'Imu. Il contribuente deve indicare gli estremi del versamento e l'importo versato, i dati catastali e i Comuni interessati. Per gli anni di imposta dal 2013 e seguenti, gli enti locali comunicano gli esiti delle procedure ai Ministeri dell'economia e dell'interno al fine delle successive regolazioni del fondo di solidarietà e degli accantonamenti dei fondi regionali per i Comuni delle autonomie speciali del Nord.

Il comma 724 prevede che a decorrere dall'anno di imposta 2012, in caso di versamento di imposta maggiore del dovuto da parte del contribuente, il Comune destinatario dell'istanza di rimborso, a chiusura dell'istruttoria, avvia le procedure di restituzione e ne dà comunicazione ai Ministeri dell'economia e dell'interno.

L'Erario effettuerà l'eventuale rimborso della quota di pertinenza statale ai sensi dell'articolo 68 delle istruzioni del servizio di tesoreria dello Stato di cui al Dm 29 maggio 2007.

Il comma 725 prevede che dall'anno 2012, l'eventuale errato versamento allo Stato di una somma spettante al Comune sia comunicato al Ministero dell'economia e delle finanze e al Ministero dell'interno ai fini delle regolazioni che per l'anno 2012 avverranno su di un apposito capitolo di spesa, mentre dal 2013 comporteranno variazioni del Fondo di solidarietà comunale o degli accantonamenti spettanti alle Province autonome e alle Regioni a statuto speciale del Nord.

Il comma 726 prevede che sempre a decorrere dall'anno di imposta 2012, si applica la stessa procedura del comma 724 anche in caso di erroneo versamento allo Stato di somme spettanti al Comune, con regolarizzazione del pagamento attraverso un ulteriore versamento allo stesso Comune.

All'esito dell'istruttoria, il Comune dà notizia dell'importo che risulta pagato in eccesso allo Stato ai Ministeri dell'economia e dell'Interno, che provvede allo stanziamento delle somme da restituire su apposito capitolo. Per le somme da restituire dall'anno 2013 e seguenti, la regolazione avviene mediante variazioni al fondo di solidarietà comunale o agli accantonamenti spettanti alle autonomie speciali del Nord.

Il comma 4 dell'articolo 1 del dl 16 estende il meccanismo dei rimborsi Imu introdotto dai commi da 722 a 727 della legge di stabilità 2014, a tutti i tributi locali, ivi incluse quindi la Tasi, la Tari, nonché la Tares, in vigore per il solo 2013, che prevedeva il versamento della maggiorazione di 0,30 €/mq destinata allo Stato e che aveva dato luogo a diversi errori di versamento da parte dei contribuenti, per il recupero dei quali non era prevista alcuna metodologia. Le modalità applicative (necessariamente non semplici) delle disposizioni in parola restano demandate ad un apposito decreto del Ministro dell'economia di concerto con il Ministro dell'interno, sentita la conferenza Stato città ed autonomie locali, non ancora emanato.

Note ufficiali

1.

Come emerge anche da alcuni pronunciamenti ministeriali di contestazione di regolamenti comunali su questo punto, non è rinvenibile alcuna norma primaria a supporto della ragionevole regolazione, in base al criterio della prevalenza, dei casi di immobili che insistono sul territorio di due Comuni.

2.

Articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, espressamente ripreso ai fini Imu dal comma 2, articolo 13, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201.

3.

Alle stesse conclusioni perviene il Mef con la citata circolare n. 2/DF del 29 luglio 2014).

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