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Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Puglia 6 febbraio 2014, n. 321

Territorio - Beni paesaggistici - Autorizzazione paesaggistica - Rilascio - Parere della Soprintendenza - Emissione dopo il termine di 45 giorni (articolo 146, Dlgs 42/2004)  - Natura vincolante - Esclusione

Solo se rilasciato nei 45 giorni previsti dall'articolo 146, Dlgs 42/2004 il parere della Soprintendenza assume carattere vincolante, e in ogni caso se non interviene entro 60 giorni, il Comune può rilasciare (o negare) l'autorizzazione paesaggistica a prescindere.

Dal Tar Puglia (sentenza 6 febbraio 2014, n. 321) un nuovo pronunciamento su una materia controversa. L'autorizzazione paesaggistica è rilasciata dalla Regione (o dal Comune delegato) previo parere obbligatorio e vincolante della Soprintendenza. Per i Giudici pugliesi se la Soprintendenza emette il parere dopo i 45 giorni, tale parere smette di essere "vincolante". Questo perché la legge dice che decorsi i 45 giorni il Comune può indire una conferenza dei servizi cui è invitata la Soprintendenza per esprimere là il parere non emesso prima. In ogni caso dopo 60 giorni il Comune decide.
Nella conferenza dei servizi tutti i pareri concorrono a formare la volontà finale ma nessuno è "vincolante" per il Comune. Di qui la minore "forza" del parere della Soprintendenza. Ricordiamo che invece per il Ministero dei beni culturali (circolare 7 dicembre 2011, n. 27) anche se tardivo il parere della Soprintendenza rimane vincolante se il Comune non ha già emesso l'atto. La sentenza Tar Puglia è difforme da altra giurisprudenza (ex multis Consiglio di Stato 4914/2013, Consiglio di Stato 3755/2013, Tar Umbria 16 gennaio 2013, n. 11).

Tar Puglia

Sentenza 6 febbraio 2014, n. 321

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia

Lecce — Sezione Prima

 

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

 

sul ricorso numero di registro generale 1668 del 2012, proposto da:

(omissis), rappresentato e difeso dall'avvocato (omissis);

 

contro

Ministero per i beni e le attività culturali e Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le Province di Lecce, Brindisi e Taranto, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, (omissis);

 

e con l'intervento di

ad adiuvandum:

(omissis), rappresentato e difeso dall'avvocato (omissis);

 

per l'annullamento

del provvedimento di diniego della autorizzazione paesaggistica pronunciato dalla Unione dei Comuni Terra di Leuca in data 2 luglio 2012 trasmesso con nota prot. n. 1050 del 4 luglio 2012 nonché del parere della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Lecce prot. n. 0005390 datato 26 marzo 2012 trasmesso con la nota prot. n. 1050 sopra citata 4 luglio 2012;

di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale relativo al procedimento in questione ivi compresi gli atti endoprocedimentali.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attività culturali e della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le Province di Lecce, Brindisi e Taranto;

Visto l'atto di intervento ad adiuvandum di (omissis);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore per l'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2013 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori avvocato (omissis), avvocato dello Stato (omissis) e avvocato (omissis);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto

Il ricorrente, proprietario di un immobile sito in Gagliano del Capo alla località Terrarico, sulla S.S. 173 Leuca-Novaglie, espone che:

— il fabbricato venne regolarmente realizzato nel 1974 con licenza edilizia n. 63, acquisito il parere favorevole paesaggistico;

— nel 1980 il padre acquistò l'edificio, con il terreno circostante, e gli venne rilasciato il certificato di abitabilità, da cui risultava che "la costruzione di cui sopra è stata realizzata in conformità del progetto autorizzato, salvo una maggiore altezza della costruzione a valle verso il mare, scaturita naturalmente per la natura scoscesa del terreno";

— nello spazio delimitato dai muri portanti, occorrenti a livellare la costruzione, venivano ricavate due unità abitative, l'una sottoposta alla parte regolarmente edificata e l'altra disallineata da essa;

— venivano perciò presentate tre domande di condono edilizio, sulle quali si esprimeva favorevolmente il Comune (prescrivendo il recupero dell'altezza di mt. 2,70 nell'unità seminterrata), il cui parere veniva annullato dalla Soprintendenza con decreto del 18 maggio 2004;

— succeduto al padre, con propria istanza rappresentava che la richiesta di sanatoria aveva riguardato anche un vano letto di più di mq. 20, non realizzato abusivamente poiché rientrante nell'allegato planimetrico alla licenza n. 63/1974 (come poi accertato dal Comune che, il 25 febbraio 2008, prendeva atto della rinuncia alla domanda di condono per la parte superiore);

— con istanza del 20 giugno 2011 veniva richiesto il riesame del parere ex articolo 32 della legge n. 47/1985; sulla pratica si esprimeva favorevolmente l'Unione dei Comuni "Terra di Leuca" (suggerendo una serie di interventi di mitigazione); la stessa veniva inviata alla Soprintendenza e da quest'ultima ricevuta il 2 gennaio 2012, completa degli elaborati e della relazione;

— la Soprintendenza comunicava dapprima il preavviso di diniego con nota del 17 febbraio 2012 e in seguito (senza fornire riscontro alla richiesta del ricorrente di una proroga dei termini per le osservazioni, basata sulla circostanza che il preavviso gli era stato direttamente comunicato, mentre la domanda era stata formulata dal suo procuratore speciale) ha espresso il parere negativo prot. n. 5930 del 26 marzo 2012, sulla scorta del quale l'Unione Terra di Leuca ha negato l'autorizzazione paesaggistica con l'impugnato provvedimento del 2 luglio 2012.

Avverso i provvedimenti indicati in epigrafe è stato proposto il presente ricorso, affidato ai seguenti motivi:

1) violazione e falsa applicazione dell'articolo 146 del Dlgs 42/2004; eccesso di potere per errata presupposizione e difetto di motivazione (non poteva essere attribuito carattere vincolante al parere della Soprintendenza, espresso tardivamente; inoltre, il preavviso di diniego non poteva produrre effetto sospensivo, non essendo pervenuto al ricorrente bensì al suo procuratore speciale);

2) eccesso di potere per errore nei presupposti (la valutazione della Soprintendenza si fonda sul falso assunto che trattasi di tre unità abitative, mentre l'abuso concerne solo l'utilizzazione dei vani creati dalla struttura a valle del fabbricato legittimamente edificato);

3) falsa applicazione del Dm 26 marzo 1970; errata presupposizione, contraddittorietà e illogicità (le ragioni rappresentate nell'annullamento del parere non trovano riscontro nell'atto appositivo del vincolo, poiché la tutela riguarda le bellezze panoramiche che si possono godere da un punto di vista accessibile al pubblico e non concerne i fenomeni carsici, a cui è fatto riferimento nel parere);

4) eccesso di potere per contraddittorietà ed errata presupposizione (la Soprintendenza si è espressa favorevolmente per altre domande di sanatoria riguardanti la stessa zona);

5) difetto di motivazione (non sono state esaminate le conclusioni a cui era pervenuta la Commissione locale per il paesaggio, prescrivendo misure di mitigazione).

Si è costituita in giudizio l'Amministrazione statale, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile, irricevibile e, gradatamente, rigettato, depositando documentazione.

In giudizio ha spiegato intervento ad adiuvandum il dott. (omissis), promissario acquirente dell'immobile e procuratore speciale del ricorrente (che, in tale qualità, aveva fatto richiesta di riesame della pratica di condono).

Le parti hanno prodotto scritti difensivi e, all'udienza pubblica del 7 novembre 2013, il ricorso è stato assegnato in decisione.

 

Diritto

1. Sono impugnati il diniego dell'autorizzazione paesaggistica prot. n. 1050 del 4 luglio 2012 (per la "realizzazione di un fabbricato a piano seminterrato e piano terra di modeste dimensioni e completamente abusivi", oggetto della richiesta di condono edilizio del 24 marzo 1986), unitamente al presupposto parere negativo della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici, reso con atto n. 5390 del 26 marzo 2012.

1.1 Con la prima censura, è dedotta la violazione dell'articolo 146 del Dlgs n. 42/2004, in quanto l'Unione dei Comuni "Terra di Leuca" ha erroneamente ritenuto vincolante il parere della Soprintendenza.

Si premette che l'articolo 146, nel prevedere che sulla richiesta deve essere acquisito il parere vincolante del soprintendente (quinto comma), stabilisce che esso va reso entro il termine di quarantacinque giorni (ottavo comma), decorso il quale può essere indetta una conferenza di servizi, dovendo in ogni caso l'Amministrazione provvedere sulla domanda di autorizzazione entro sessanta giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente (nono comma).

Sulla scorta di tali previsioni legislative, sostiene il ricorrente che l'Unione dei Comuni "Terra di Leuca" non poteva adottare il diniego sulla base del solo parere della Soprintendenza (attribuendovi parere vincolante), poiché espresso oltre i 45 giorni dalla ricezione degli atti, nonché dopo che erano trascorsi anche i suddetti 60 giorni.

Si fa rilevare che la documentazione era pervenuta alla Soprintendenza il 2 gennaio 2012, mentre il preavviso di rigetto è del 17 febbraio 2012 (oltre i quarantacinque giorni); che esso non produceva pertanto effetto interruttivo e, comunque, il parere negativo del 26 marzo 2012 è in ogni caso tardivo, in quanto adottato oltre i sessanta giorni dalla ricezione degli atti.

È assorbente il primo profilo della censura.

Risulta che, con nota prot. n. 1749 del 28 dicembre 2011 (doc. 5 della produzione di parte ricorrente), l'Unione dei Comuni "Terra di Leuca" ha inviato la pratica, con allegati gli elaborati grafici e la relazione, per il parere di competenza alla Soprintendenza, che l'ha ricevuta il 2 gennaio 2012 (v. il timbro di arrivo).

Il termine assegnato alla Soprintendenza decorre da questa data, coincidente con la "ricezione degli atti" a cui ha riguardo l'ottavo comma dell'articolo 146 cit. (pertanto, non può rilevare il protocollo interno del 9 gennaio 2012).

A decorrere dal 2 gennaio 2012 la Soprintendenza doveva dunque esprimere il proprio parere, ovvero adottare il preavviso di rigetto, dovendosi interpretare l'articolo 146, quinto comma, nel senso di ritenere doveroso tale atto, posto come obbligatorio, e in quanto tale idoneo a produrre l'effetto interruttivo del termine finale, secondo quanto stabilito dall'articolo 10-bis della legge n. 241/1990.

Nel termine di quarantacinque giorni da tale data (scadente il 16 febbraio 2012, osservandosi nel computo la regola di cui all'articolo 155 C.p.c.) la Soprintendenza non ha formulato il preavviso di rigetto, che è stato adottato il 17 febbraio 2012, al quarantaseiesimo giorno.

Al proposito, il Collegio intende ribadire il proprio consolidato indirizzo, con il quale è stato ritenuto che la vincolatività del parere della Soprintendenza sussiste solamente allorquando esso (ovvero, il preavviso di rigetto) sia reso entro i quarantacinque giorni a cui ha riguardo il quinto comma dell'articolo 146 del Dlgs n. 42/2004 (cfr., da ultimo, la sentenza della Sezione del 25 ottobre 2013 n. 2191: "È, anzitutto, da confermare l'orientamento di questo Tribunale, per il quale la Soprintendenza deve rendere il proprio parere vincolante entro 45 giorni dalla ricezione degli atti; qualora il parere sia reso dopo questo termine il parere non può essere più considerato vincolante (sentenze 1049/2013 e 1739/2013; nello stesso senso Consiglio di Stato, Sezione VI, 15 marzo 2013, n. 1561)").

Militano in tal senso due fattori:

a) la formulazione delle norme che vengono in rilievo: l'ottavo comma dell'articolo 146 si riferisce al "parere [vincolante] di cui al comma 5", che va reso entro 45 giorni, soggiungendo all'ultimo periodo che "l'amministrazione provvede in conformità" (e, cioè, non potendosene discostare esclusivamente in tal caso);

b) la previsione della conferenza di servizi, nell'ipotesi in cui il termine non sia rispettato (nono comma), alla cui base v'è l'esigenza di concentrazione e celerità nella definizione del procedimento; il ricorso a detto modulo procedimentale è inconciliabile con la possibilità che possa ancora essere assegnato carattere vincolante al parere della Soprintendenza, attesa la specifica disciplina dettata dall'articolo 14-quater, terzo comma, della legge n. 241 del 1990 (né è ipotizzabile la conservazione della natura vincolante del parere, qualora la conferenza di servizi non sia stata indetta, che creerebbe un'evidente distonia nel sistema, poiché il modulo procedimentale suddetto segue alla mancata espressione del parere/preavviso di rigetto nel termine perentorio fissato).

In sintesi, il parere del Soprintendente è vincolante se espresso nei quarantacinque giorni dal ricevimento degli atti; se l'avviso è negativo, deve essere comunicato il preavviso e il procedimento si articola nei tempi di cui all'articolo 10-bis della legge n. 241 del 1990. Trascorso il lasso di tempo di 45 giorni o quello più ampio determinato dall'applicazione del citato articolo 10-bis (al massimo 45 + 10 + 45), l'Amministrazione può indire una conferenza di servizi. Dalla previsione relativa al dovere dell'Amministrazione di pronunciarsi trascorsi sessanta giorni dal ricevimento degli atti da parte della Soprintendenza si desume che l'Amministrazione ha quindici giorni di tempo per indire la conferenza di servizi.

In questo lasso di tempo l'Amministrazione può indire la conferenza di servizi o provvedere sull'istanza.

Se indetta, la conferenza di servizi si svolge secondo l'iter delineato dagli articoli 14-ter e 14-quater della legge n. 241 del 1990; la conclusione della medesima non è vincolata dal parere della Soprintendenza.

Se in questo lasso interviene il parere della Soprintendenza (positivo o negativo che sia), l'Amministrazione deve tenerne conto, senza però che dallo stesso sia vincolata.

Nella specie, si è detto, l'Unione dei Comuni ha negato l'autorizzazione paesaggistica non in base ad una propria valutazione, raggiunta anche aderendo al parere della Soprintendenza, ma semplicemente perché ha ritenuto vincolante il parere espresso dalla stessa; per questa ragione va accolto il ricorso e, per l'effetto, va annullato l'impugnato diniego dell'autorizzazione paesaggistica prot. n. 1050 del 4 luglio 2012.

1.2 Ciò non esime il Collegio dall'esaminare anche le censure avverso il parere negativo della Soprintendenza, impugnato assieme al diniego negativo che su di esso si fonda.

Nei confronti di detto parere, il ricorrente deduce innanzitutto che la Soprintendenza è incorsa in errore, avendo fatto riferimento a n. 3 unità abitative e, pertanto, valutando le dimensioni dell'intero fabbricato, mentre le parti abusive sono due unità, di ridotte dimensioni rispetto all'intero.

Il rilievo va condiviso.

Risulta infatti che la Soprintendenza si è espressamente riferita alle "opere eseguite in assenza del titolo consistenti nella realizzazione di n.3 unità abitative, in ampliamento a una civile abitazione autorizzata con licenza edilizia n.63 del 16 febbraio 1974", dimostrando quindi di avere espresso il proprio parere in base ad una inesatta raffigurazione della situazione dei luoghi.

Ciò in contrasto con la richiesta di riesame del 20 giugno 2011 (doc. 3 della produzione di parte ricorrente), basata proprio sul "fatto nuovo che incide su uno degli elementi del giudizio negativo della Soprintendenza e cioè l'eccessiva volumetria, stante l'esistenza del titolo edilizio per il vano erroneamente ritenuto abusivo".

Inoltre, la valutazione della Soprintendenza si mostra viziata sotto un ulteriore profilo denunciato, laddove considera compromessa la bellezza panoramica per la visione dell'edificio dal mare, senza raffigurare che uno dei vani abusivi è contenuto al di sotto del piano di campagna della costruzione legittimamente realizzata e, pertanto, non può dirsi innovata la visione che della stessa si otteneva dal punto di osservazione.

È, infine, fondata l'ultima censura, con cui il ricorrente ascrive al parere della Soprintendenza il difetto di motivazione.

Ciò in quanto, atteso che la stessa doveva formulare il proprio avviso sulla valutazione già compiuta dalla Commissione locale per il paesaggio (che, con verbale del 30 novembre 2011, ha prescritto opere di mitigazione per eliminare l'impatto paesaggistico negativo), non potevano essere trascurati i rilievi dell'Unione dei Comuni, al fine di verificare se gli accorgimenti proposti siano idonei a rendere compatibile l'intervento in sanatoria, dal punto di vista della tutela delle bellezze panoramiche.

Per questi aspetti è illegittimo l'impugnato parere della Soprintendenza.

2. Conclusivamente, sono fondate le suindicate censure rivolte, rispettivamente, al diniego della autorizzazione paesaggistica ed al presupposto parere della Soprintendenza, i quali vanno annullati per i vizi di cui in motivazione.

Sussistono nondimeno valide ragioni per compensare le spese processuali, tenuto conto della natura della controversia, involgente un'attività valutativa a tutela del preminente interesse pubblico alla conservazione dei beni paesaggistici.

 

PQM

 

Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia Lecce — Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, annulla il provvedimento di diniego della autorizzazione paesaggistica pronunciato dalla Unione dei Comuni Terra di Leuca in data 2 luglio 2012 e il parere della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Lecce del 26 marzo 2012, come chiarito in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2013 con l'intervento dei Magistrati:

(omissis)

Depositata in segreteria il 6 febbraio 2014.

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