Acque

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Campania 13 febbraio 2012, n. 746

Acque - Scarico reflui industriali - Superamento limiti - Fermo dell'impianto - Rilevanza

Le analisi effettuate dall'autorità competente in un impianto (cartiera) subito dopo la sua riapertura dopo alcuni giorni, non possono essere le sole svolte per accertare il superamento dei limiti di emissione di inquinanti nelle acque, di cui al Dlgs 152/2006.

Ciò in quanto l'inutilizzo dello scarico nei periodi di fermo dell'impianto comporta la sedimentazione di materiale fibroso e ciò è stato dimostrato dal fatto che il superamento dei limiti non è stato in alcun modo riscontrato con il funzionamento dell'impianto, e qundi dello scarico, a pieno regime.

Deve quindi ritenersi emanata in difetto di istruttoria l'ordinanza sindacale di interruzione immediata dello scarico di acque reflue fino al ripristino delle condizioni idonee al rispetto dei limiti di emissione di cui alla tabella 3, allegato 5 alla Parte seconda, Dlgs 152/2006: così ha sentenziato il Tar Napoli, con sentenza 13 febbraio 2012, n. 746.

Tar Campania

Sentenza 13 febbraio 2012, n. 746

 

Repubblica Italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale amministrativo regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 5038 del 2011, proposto da:

(omissis) Snc;

contro

Comune di Pietramelara, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso da (omissis);

nei confronti di

— Provincia di Caserta, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;

— Azienda sanitaria locale Caserta, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa (omissis)

— Agenzia regionale protezione ambientale Campania, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa (omissis

— Ministero dell’interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la cui sede, alla Via A. Diaz, n. 11 domicilia per legge;

per l’annullamento, previa sospensiva

a) del provvedimento prot. n. 4436 del 25.7.2011, successivamente notificato, con il quale il Comune di Pietramelara ha respinto l’istanza di revoca inoltrata dalla (omissis) Srl, reiterando a carico di quest’ultima il divieto ad horas di immettere acque reflue provenienti dallo stabilimento nel rio Pantano;

b) della nota prot. n. 1961/UOPC del 21.7.2011, mai comunicata né notificata all’Asl Caserta — Dipartimento di prevenzione — Unità Operativa di Prevenzione Collettiva — Distretto n. 15 ha proposto al Sindaco del Comune di Pietramelara l’emissione di un’ordinanza recante il divieto di scarico di acque reflue;

c) di ogni altro atto presupposto, preordinato, connesso e conseguente, ivi compreso il verbale di sopralluogo e prelievo di acque reflue n. 28/PP/11 del 3.5.2011.

 

visto il ricorso con i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Pietramelara;

visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Arpac;

visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Asl Caserta;

visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;

visti gli atti tutti della causa;

visto l’articolo 60 del cod. proc. amm.;

vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato;

vista l’ordinanza n. 4875 del 20 ottobre 2011 di questa Sezione;

udita alla Camera di Consiglio del 26 gennaio 2012 la relazione del cons. dr. (omissis);

ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

 

Fatto e diritto

1. Preliminarmente rileva il Collegio che il giudizio può essere definito con decisione in forma semplificata, come rappresentato ai difensori delle parti costituite, presenti alla Camera di Consiglio del 26 gennaio 2012, ai sensi dell’articolo 60 cod. proc. amm., in luogo dell’ordinanza sull’istanza cautelare, essendo ciò consentito dall’oggetto della causa, dall’integrità del contraddittorio e dalla completezza dell’istruttoria; tanto perché il ricorso è manifestamente fondato.

2. Con tale mezzo — notificato il 22.9.2011 e ritualmente depositato — la società (omissis) , esercente nel proprio stabilimento ubicato in Pietramelara (CE), alla Via Pantano, Contrada Tredici, attività di produzione di carta per uso igienico e sanitario, in persona del legale rappresentante (omissis), impugnava, innanzi a questo Tribunale, il provvedimento prot. n. 4436 del 25.7.2011, in epigrafe con il quale il Comune di Pietramelara, in base al rapporto di prova n. 0009 dell’Arpac, per il quale “le analisi eseguite hanno evidenziato il superamento del limite fissato dall’atto autorizzativo per i parametri, solidi sospesi totali, BOD e COD”, respingeva l’istanza di revoca inoltrata dalla (omissis) s.r.l.”, reiterando a carico di quest’ultima l’ordine sindacale di cui all’ordinanza sindacale n. 16 del 18.4.2011, recante, divieto ad horas di immettere acque reflue provenienti dallo stabilimento nel Rio Pantano, fino a quando non venissero ripristinate le condizioni idonee al rispetto dei limiti di emissione normativamente previsti..

3. All’uopo, in punto di fatto, la società ricorrente rappresentava:

— che l’azienda è munita di tutti i titoli amministrativi richiesti per lo svolgimento della relativa attività, ivi compresa l’autorizzazione allo scarico delle acque reflue industriali, civili e meteoriche provenienti dalla rete fognaria dell’opificio con immissione nel fosso stradale adiacente lo stabilimento e confluente nel Rio Pantano, autorizzazione da ultimo rinnovata per un periodo di 4 anni dall’Amministrazione Provinciale di Caserta, con provvedimento prot. 82114 del 21.7.2010;

— che, nella giornata di lunedì 3.1.2011, al momento della riapertura dell’azienda dopo la pausa delle festività di fine anno, i funzionari dell’ Agenzia regionale protezione ambientale Campania (Arpac) — Direzione Provinciale di Caserta, in occasione di un sopralluogo nell’impianto al fine di verificare la regolarità degli scarichi, dai risultati delle analisi effettuate sui campioni di acqua prelevati, rilevavano che le acque provenienti dall’impianto contenevano una quantità di solidi sospesi totali, di COD e di BOS 5 superiori ai limiti normativamente previsti;

— che, in virtù di tale accertamento, nonostante le indicate irregolarità fossero riconducibili alla normale sedimentazione del materiale fibroso creatasi nella conduttura finale dello scarico per effetto del protratto inutilizzo nella giornate di chiusura festiva, l’Asl Caserta — Dipartimento di Prevenzione, con nota prot. n. 969/UOPC del 7.4.2011 proponeva al sindaco di Pietramelara di vietare alla società l’immissione delle acque reflue nel vicino fosso stradale confluente nel Rio Pantano;

— che, conseguentemente, il Sindaco, con ordinanza n. 16 del 18.4.2011, adottata ai sensi degli articoli 50 e 54 Dlgs 267/2000, ingiungeva alla ricorrente di interrompere ad horas lo scarico delle acque reflue fino a quando non venissero ripristinate le condizioni idonee al rispetto dei limiti di emissione normativamente previsti;

— che la società, con istanza acquisita al protocollo dell’ente al n. 3222 del 22.4.2011, chiedeva la revoca del provvedimento di sospensione in quanto le criticità accertate all’atto del sopralluogo erano state determinate unicamente dalla chiusura dell’impianto per effetto del protratto inutilizzo delle giornate di chiusura festiva e dalla conseguente normale sedimentazione di materiale fibroso nelle tubature, essendo, viceversa lo scarico assolutamente regolare nei periodi attività, come dimostrato dalle analisi mensili puntualmente trasmesse alla Provincia;

— che, in attesa della determinazione in autotutela del Comune, la  (omissis) Srl si conformava al divieto di scarico e, al fine di non interrompere la produzione, entrava in gestione di riutilizzo di acque a ciclo chiuso, mentre l’Arpac, nel corso della rinnovata istruttoria, effettuava un nuovo sopralluogo in data 2.5.2011 ed, anche al momento di tale ispezione lo scarico non era attivo, in ottemperanza all’ordinanza sindacale n. 16 del 18.4.2011 ed a causa di tale circostanza, verbalizzata dagli stessi funzionari, le analisi dei prelievi effettuati evidenziavano il superamento del limite relativo ai solidi sospesi totali (non più anche dei BOD 5 e dei COD), superamento provocato, come nel caso precedente, dalle fibre cellulosiche depositatesi lungo la conduttura di scarico durante il periodo i fermo forzoso.

4. All’uopo la ricorrente deduceva, attraverso tre censure, profili di incompetenza (per violazione dell’articolo 1, comma 250, Lr Campania 15.3.2011, n. 4), violazione di legge (articoli 124 e 130 Dlgs 152/2006; articoli 50 e 54 Dlgs 267/2000; legge 241/1990) — Eccesso di potere (per difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti in fatto ed in diritto, insufficiente motivazione);

5. Si costituiva in giudizio l’intimato Comune, preliminarmente eccependo l’inammissibilità del ricorso e, nel merito, sostenendone l’infondatezza.

6. Si costituiva in giudizio il Ministero dell’Interno.

7. Si costituiva in giudizio l’Asl Caserta.

8. Si costituiva in giudizio anche l’Arpac chiedendo di essere estromessa dal giudizio a motivo della limitazione della propri attività a compiti meramente tecnici ed istruttori, con esclusione di ogni potere provvedimentale.

9. Preliminarmente tale richiesta va respinta atteso che la legittimazione di una P.a. a stare in giudizio non implica necessariamente l’esistenza di un potere provvedimentale in capo alla predetta P.a., ma anche l’espletamento di compiti istruttori che siano stati recepiti nel provvedimento in modo conferisce legittimazione passiva all’organo istruttorio, in modo tale che l’efficacia del giudicato si estenderà anche a quest’ultimo.

10. Sempre preliminarmente va disattesa l’eccezione di inammissibilità sollevata dal resistente Comune, atteso che l’impugnato provvedimento nient’altro sarebbe che una “diffida ad ottemperare all’ordinanza sindacale n. 16 del 18.4.2011” e, quindi, un atto endoprocedimentale con il quale il Comune avrebbe reiterato un provvedimento di inibizione di immissione delle acque reflue nel Rio Pantano “fino a quando non verranno ristabilite le condizioni previste dall’atto autorizzativo prot. n. 82114 del 21.7.2010 rilasciato dal competente settore della Provincia di Caserta”

Al riguardo non può negarsi il carattere provvedimentale del provvedimento impugnato, atteso che esso reitera l’ordine già impartito con l’ordinanza sindacale n. 16 del 2011, senza assumere carattere meramente confermativo, in quanto adottata al’esito di una rinnovata istruttoria (come dimostrato dalla circostanza che all’esito dell’istanza di revoca in autotutela prot. n. 3222 del 22.4.2011 della predetta ordinanza sindacale l’Arpac, nel corso della rinnovata istruttoria, effettuava un nuovo sopralluogo ed una nuova analisi dei campioni di acque reflue in data 2.5.2011)

11. Ciò premesso, nel merito, il ricorso è fondato in relazione alla prima censura nella quale è stata dedotta la violazione di legge (articoli 124 e 130 Dlgs 152/2006; articoli 50 e 54 Dlgs 267/2000; legge 241/1990), oltre all’eccesso di potere (per difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti in fatto ed in diritto);

12. Riguardo al dedotto profilo del difetto di istruttoria parte ricorrente, in relazione ai due sopralluoghi effettuati, rispettivamente, in data 3.1.2011e 2.5.2011 ed a seguito dei quali sarebbe stato imposta l’interruzione dello scarico delle acque reflue provenienti dall’impianto, dubita dell’attendibilità delle risultanze istruttorie in quanto le attività ispettive e di prelievi di campioni sarebbero state effettuate dall’Arpac, in entrambe le circostanze, in un momento straordinario, ossia all’atto della riapertura dell’impianto dopo giorni di chiusura.

13. A sostegno di tale prospettazione produce una perizia tecnica da cui emergerebbe che, nel periodo di fermo si formerebbero delle “naturali incrostazioni lungo le tubazioni di scarico (prevalentemente fibre di cellulosa)” che verrebbero trascinate via al momento della riattivazione dello scarico, terminando una iniziale torbidità dell’acqua; viceversa con il funzionamento dell’impianto a pieno regime, le emissioni rispetterebbero tutti i limiti quantitativi prescritti dalla tabella 3 dell’Allegato 5 al Dlgs 152/2006, come sarebbe dimostrato dagli esiti delle analisi mensili (versate in atti)che la ditta trasmetterebbe alla Provincia di Napoli.

La tesi prospettata dalla difesa tecnica del ricorrente suppone, all’evidenza, che l’inconveniente segnalato consistente nel superamento del COD e del BOD5, sia in occasione delle analisi effettuate in occasione del sopralluogo del 3.1.2011 che in quello del 2.5.2011 (che, però, a detta del Comune, non sarebbe stato effettuato in periodo di fermo dell’impianto, stante l’inottemperanza della (omissis) all’ordinanza sindacale 16 del 18.4.2011,) sarebbero compatibili con il fermo dello stabilimento e con la connessa sedimentazione di materiale fibroso nella fognatura interna, mentre non dovrebbero registrarsi in occasione del funzionamento dell’impianto a regime.

14. La Sezione con ordinanza n. 4875 del 20 ottobre 2011, riteneva potersi ovviare al pregiudizio grave ed irreparabile allegato dalla ricorrente “ordinando al Comune ed all’Arpac di accertare, in contraddittorio con la società ricorrente, e previa riattivazione dello scarico per almeno sei ore (reimmettendo in testa al sistema di trattamento dei reflui la prima acqua di scarico), se l’inconveniente identificato quale causa dell’ordinanza sindacale n. 16/11 si verifica (o meno) anche in occasione del funzionamento dello scarico a regime (…)", sospendendo, medio tempore, l’efficacia dell’impugnato provvedimento.

14.1. All’esito della disposta verificazione risulta depositata in giudizio in data 14 dicembre 2011 dall’Arpac — Dipartimento Provinciale di Caserta la relazione ad oggetto: “esiti di controlli di acque reflue — comunicazione illecito amministrativo (articolo 133, comma 1, Dlgs 152/2006) — Denuncia di ipotesi di reato”, con la quale, per quanto di competenza, ai sensi del Dlgs 152/2006, in allegato si trasmettono i seguenti atti relativi al controllo effettuato dal Servizio Territoriale presso l’insediamento della società ricorrente: verbale di sopralluogo n. 86/PP/11 dell’8.11.2011 e rapporto di prova R.G. n. 2886 relativo alle analisi eseguite dal Dipartimento Tecnico che di seguito si riassumono:

“Le analisi eseguite hanno evidenziato il superamento del limite tabellare consentito per il parametro Tensioattivi Totali.

Pertanto la sig. (omissis) è responsabile, nella qualità di legale rappresentante della Ditta, della violazione dell’articolo 101, sanzionato all’articolo 133, comma 1,l Dlgs 152/2006 e s.m.i. con la sanzione amministrativa (…)".

Circa le modalità del campionamento: “I verbalizzanti hanno effettuato un’ispezione, per la verifica delle condizioni e dell’origine dello scarico, rilevando ch esso è costituito da acque derivanti dal processo produttivo, e dai reflui provenienti dai servizi igienici.

I verbalizzanti hanno proceduto al prelevamento di un campione di acque reflue per la verifica della conformità dello stesso ai limiti previsti dal Dlgs 152/2006 e s.m.i.

Il prelievo è stato effettuato con le seguenti modalità: x per medio-composito nell’arco di tre ore in n. 4 sottoaliquote di pari volumetria, con inizio alle ore 11.00 del 18.11.2011 e fino alle ore 14.00 dell’8.11.2011, da un pozzetto indicato dal presente all’ispezione, sito a monte dell’immissione dei reflui nel corpo ricettore.

Il campione è costituito dalle seguenti aliquote (…)”.

La relazione conclude nel senso che: “Relativamente ai parametri determinati ed al momento in cui sono stati accertati, nel campione si riscontra la presenza di "tensioattivi totali" in concentrazione superiore al valore limite di emissione: Sulla base delle vigenti regole adottate, anche considerando l’incertezza di misura calcolata per il parametro “tensioattivi totali”, il valore misurato non può essere ricondotto al limite previsto.

Pertanto il campione è da considerarsi non conforme a quanto previsto dalla tabella 3, all. 5, del Dlgs 152/2006 e succ. int. per lo scarico in acque superficiali e per il parametro “tensioattivi totali”.

15. Ne deriva, per quanto relazionato, che in occasione delle nove analisi condotte in data 8.11.2011 dai funzionari dell’Arpac, conformemente ai criteri indicati dalla Sezione nella predetta ordinanza, è stata riscontrata unicamente la presenza di “tensioattivi totali” in concentrazione superiore al valore limite di emissione, mentre nulla è stato rilevato relativamente al superamento dei limiti dei parametri previsti dal Dlgs 152/2006 e s.m.i., relativamente ai solidi sospesi, BOD e COD5, che rappresentano, poi, le uniche anomalie riscontrate e contestate alla società ricorrente nell’impugnato provvedimento di reitera dell’ordine contenuto nella precedente ordinanza sindacale.

È opportuno precisare che i tensioattivi sono sostanze non utilizzate nel ciclo di lavorazione della (omissis) e, quindi, la relativa eccedenza rilevata dalle analisi dell’8.11.2011 non ha alcun collegamento con gli scarichi derivanti dal ciclo produttivo, ovvero con le anomalie del processo produttivo dello stabilimento, ed è, quindi, del estranea a tale ciclo ed alle origine dell’inconveniente lamentato, risultando da individuarsi nei detergenti usati durante le operazioni di pulizia nei servizi igienici dell’impianto.

16. Ciò conferma quanto dedotto e provato nel ricorso attraverso la perizia giurata, ossia che le criticità accertate nei precedenti sopralluoghi (eccedenza di solidi sospesi, BOD e COD5) dipendevano unicamente dall’inutilizzo dello scarico nei periodi di fermo e dalla conseguente sedimentazione di materiale fibroso nella fognatura interna.

Viceversa, con il funzionamento dell’impianto a pieno regime, è stato verificato che le emissioni rispettano i relativi limiti quantitativi prescritti dalla tabella 3 dell’Allegato 5 al Dlgs 152/2006.

17. Inoltre, l’esito del riesame svolto dalla P.a. è assolutamente irrilevante sotto un ulteriore aspetto in quanto ha accertato l’idoneità dell’accorgimento tecnico imposto dalla Sezione con l’ordinanza n. 4875 del 20.10.2011, a risolvere anche l’occasionale inconveniente conseguente alla riattivazione dello scarico in seguito a periodi di prolungato fermo.

Infatti la reimmissione in testa al sistema di trattamento della prima acqua di scarico nelle iniziali ore di riattivazione dello stabilimento comporta un duplice effetto positivo: evita lo sversamento del materiale fibroso naturalmente formatosi nelle condutture e consente, contestualmente, il raggiungimento del livello di piena operatività dell’impianto.

18. Gli accertamenti condotti in sede di verificazione hanno, quindi, avvalorata la fondatezza della prima censura di eccesso di potere per difetto di istruttoria in ordine in relazione al rispetto dei limiti quantitativi prescritti dalla tabella 3 dell’Allegato 5 al Dlgs 152/2006, dubitando, a ragione, parte ricorrente della correttezza delle risultanze delle analisi compiute dall’Arpac, ritenute inattendibili.

Invero all’esito del riesame dei campioni analizzati è stata data prova che il quadro istruttorio posto a base del provvedimento impugnato è, in realtà, incompleto e non esaustivo in quanto il superamento dei parametri relativi ai solidi sospesi, al BOD e al COD5 (ossia le specifiche ed uniche contestazioni mosse in sede procedimentale) non si verifica con il funzionamento dello scarico a pieno regime.

19. In definitiva, con assorbimento di ogni altra censura, il ricorso è fondato e deve essere accolto con il conseguente annullamento provvedimento prot. n. 4436 del 25.7.2011, salvi gli ulteriori legittimi provvedimenti amministrativi.

20. Le spese di verificazione, al pari delle spese di giudizio, seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

 

PQM

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sede di Napoli, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 5038/2011) proposto da (omissis) s.r.l.”, così dispone:

a) lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento prot. n. 4436 del 25.7.2011, con salvezza per gli ulteriori legittimi provvedimenti amministrativi.

b) liquida in euro 2.000,00 (duemila/00) la somma da corrispondersi, a titolo di compenso per la verificazione espletata, all’Arpac — Dipartimento provinciale di Caserta, da porsi a carico del soccombente Comune;

b) condanna il resistente Comune al pagamento delle spese di giudizio complessivamente quantificate in € 1.500,00 (millecinquecento/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2012 con l'intervento dei magistrati: (omissis)

Depositata in segreteria il 13 febbraio 2012

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