Rifiuti

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Veneto 3 maggio 2011, n. 722

Impianti trattamento rifiuti - Opposizione - Comitato cittadini "temporaneo" - Legittimazione attiva - Inammissibile

Un Comitato di cittadini privo di un adeguato grado di rappresentatività e stabilità, nonchè della indicazione statutaria del perseguimento di obiettivi ambientali, non è legittimato ad agire in giudizio.
Il Tar Veneto (sentenza 3 maggio 2011, n. 722) ha infatti ritenuto che, sebbene non sia necessario essere un'associazione riconosciuta dal MinAmbiente ai sensi della legge 349/1986, purtuttavia l'associazione medesima deve avere il carattere di ente esponenziale di interessi diffusi radicati nel territorio per essere legittimata ad agire in giudizio per impugnare provvedimenti di approvazione di impianti di trattamento dei rifiuti.
Diversamente si deve argomentare in ordine ai singoli cittadini direttamente interessati dal progetto di ampliamento (nel caso di specie) di un impianto di trattamento dei rifiuti, in quanto residenti nelle immeidate vicinanze: essi possono agire in giudizio semplicemente prospettando il timore per le ripercussioni che tale ampliamento potrebbe avere sul territorio.

Tar Veneto

Sentenza 3 maggio 2011, n. 722

 

Repubblica Italiana

In nome del popolo italiano

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

sul ricorso numero di registro generale 1046 del 2010 proposto da (omissis);

contro

la Regione Veneto, in persona del Presidente "pro tempore" della Giunta regionale (omissis); il Comune di Maser, la Provincia di Treviso, l'Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto, l'Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale di Treviso, la Commissione Regionale Via, n. c.;

nei confronti di

La società (omissis), in persona del legale rappresentante "pro tempore", rappresentata e difesa dagli avvocati (omissis);

per l'annullamento

-della deliberazione della Giunta Regionale del Veneto (Dgrv) n. 296 del 16.2.2010, pubblicata sul Burv n. 23 del 16.3.2010, avente a oggetto: "(omissis) Srl — Sviluppo e razionalizzazione dell'impianto di trattamento rifiuti — Comune di localizzazione: Maser (TV) — Procedura di Via e autorizzazione ai sensi degli articoli 11 e 23 della Lr n. 10/99. Autorizzazione integrata ambientale (Aia) ai sensi del Dlgs 59/2005 e della Lr 26/07" , ivi compresi i pareri contenuti nell'allegato A alla medesima Dgrv n. 296/10, ossia: 1) il parere della Commissione regionale Via n. 261 del 28.10.2009; 2) il parere della Commissione regionale Via integrata ai fini dell'approvazione del progetto; 3) il parere della Commissione regionale Via integrata ai fini del rilascio dell'Autorizzazione Integrata Ambientale;

— del verbale della Commissione regionale Via del 28.10.2009;

— della nota prot. n. 318915/45.07 del 18.6.2008 con la quale il Presidente della Commissione regionale Via ha concesso una proroga del termine per la presentazione delle integrazioni richieste ex articolo 18 Lr 10/1999.

 

Visti il ricorso, con i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Veneto e della società (omissis), con i relativi allegati;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nell'udienza pubblica del 9 marzo 2011 il consigliere (omissis);

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

Fatto e Diritto

1. — Con ricorso notificato il 14 maggio 2010 e tempestivamente depositato in segreteria, (omissis), "proprietari di terreni e fabbricati confinanti, vicini o situati nelle immediate vicinanze dell'impianto di trattamento di rifiuti sito nel Comune di Maser, in Via dei Rizzi n. 4", insieme al Comitato Primavera, hanno impugnato, chiedendone l'annullamento, la deliberazione n. 296 del 16 febbraio 2010 con la quale la Giunta regionale ha preso atto, facendolo proprio, del parere n. 261, reso dalla Commissione regionale Via (di seguito, CR Via) nella seduta del 28 ottobre 2009, allegato alla Dgrv e della quale forma parte integrante, "ai fini del rilascio del giudizio (favorevole) di compatibilità ambientale, secondo le prescrizioni di cui al parere della CR Via n. 261/09, dell'approvazione del progetto e del rilascio dell'AIA per il progetto denominato "sviluppo e razionalizzazione dell'impianto di trattamento rifiuti" in Maser, (progetto) presentato dalla ditta (omissis)".

Nella premessa in fatto del ricorso si sottolinea in particolare che:

— il 14 settembre 2007 la società (omissis), titolare di un impianto di trattamento di rifiuti anche pericolosi nel Comune di Maser, in Via Rizzi n. 4, ha depositato in Comune un "progetto di sviluppo e razionalizzazione dell'impianto di trattamento rifiuti". Stando a quanto riferito a pag. 4 del parere n. 261/09 della CR Via – descrizione dell'intervento, la società (omissis) "intende sviluppare la propria attività principalmente in due settori, quello dello stoccaggio provvisorio e del recupero per l'avvio al riciclaggio e quello della inertizzazione dei rifiuti. Il progetto prevede quindi la realizzazione di due nuovi edifici, posti rispettivamente a est e a ovest dell'impianto già autorizzato e inoltre la razionalizzazione delle sezioni impiantistiche in esercizio, nonché l'aumento della potenzialità annua di trattamento. L'edificio esistente viene indicato nel progetto come Blocco 2 mentre i due nuovi edifici sono indicati come Blocco 1 e Blocco 3. L'edificio del Blocco 1 è dedicato interamente al processo di inertizzazione dei rifiuti mentre l'edificio del Blocco 3 è dedicato in prevalenza alla cernita, compattazione e stoccaggio dei rifiuti per il loro successivo avvio al recupero presso altre industrie, in grado di riciclarli nella loro attività produttiva";

— il progetto, oltre a proporre la realizzazione dei due nuovi edifici da costruire vicino a quello esistente, prevedeva, più precisamente:

— l'impletementazione dell'attività di trattamento dei rifiuti liquidi con incremento della potenzialità dell'impiantoda 60.000 ton/anno a 90.000 ton/anno;

— l'incremento dell'attività di triturazione, stoccaggio provvisorio (da 996 a 2600 ton) e di cernita e recupero dei rifiuti con inserimento di una sezione di pressatura e imballaggio (da 10.000 ton/anno a 30.000 ton/anno);

— una nuova attività di miscelazione dei rifiuti;

— la realizzazione di una attività di inertizzazione (stabilizzazione e solidificazione) dei propri fanghi prodotti dall'impianto chimico fisico dei rifiuti liquidi e di altre tipologia di rifiuti solidi attraverso l'aggiunta di cemento, ossido di calce ed altre sostanze come silicati e solfuri per una potenzialità di 100.000 ton/anno;

— l'incremento delle tipologie dei rifiuti trattabili presso l'impianto in numerosi nuovi codici Cer.

— il Comune, alla luce della modifica sostanziale prospettata dalla società (omissis) rispetto all'assetto attuale dell'impianto autorizzato, ha svolto un'istruttoria interna all'esito della quale, con deliberazione del Consiglio comunale n. 38 dell'8 novembre 2007, ha espresso, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 17 della l. reg. n. 10/99, parere contrario al progetto, evidenziando numerose criticità sotto diversi profili;

— a loro volta gli odierni ricorrenti, costituitisi nel Comitato Primavera, e altri cittadini del Comune di Maser, hanno formulato osservazioni al progetto, evidenziando numerose criticità;

— il 23 aprile 2008, nel corso della seduta della CR Via dedicata all'esame del progetto presentato dalla società (omissis), è emersa la necessità di richiedere (copiosa) documentazione integrativa. La proposta di richiedere integrazioni è stata approvata con il voto contrario della Provincia di Treviso, in quanto "il dare seguito alle richieste istruttorie di integrazione... stravolgerebbe, di fatto, la soluzione progettuale presentata dal proponente, cambiandola radicalmente";

— con nota in data 22 maggio 2008 la Regione Veneto –Unità complessa Via, ha richiesto alla società (omissis) –soggetto proponente, le integrazioni e i chiarimenti indicati nella nota stessa specificando che, ai sensi dell'articolo 18 della Lr  10/1999, la richiesta di integrazioni sospende i termini per l'espressione del parere della CR Via fino alla data di ricevimento della documentazione integrativa richiesta; e precisando inoltre che nel caso di inottemperanza alla richiesta entro 90 giorni dal suo ricevimento, la domanda di Via e autorizzazione si intenderà decaduta;

— con nota in data 11 giugno 2008 la società (omissis), considerato il numero e la complessità delle richieste, ha domandato alla Regione procedente una proroga dei termini di legge per presentare le integrazioni richieste;

— la proroga è stata concessa dal Presidente della CR Via con nota in data 18 giugno 2008;

— con nota del 24 ottobre 2008 la società (omissis) ha presentato le integrazioni richieste qualificandole "modifiche al progetto –intervento alternativo –monoblocco unico";

— con DCC n. 42 del 27 novembre 2008 il Comune di Maser ha nuovamente espresso parere contrario alla realizzazione del progetto, così come rielaborato e depositato in Comune dalla società (omissis) in data 24 ottobre 2008;

— il Comitato Primavere e gli odierni ricorrenti, in data 27 febbraio 2009, hanno formulato osservazioni critiche;

— con note del 7 ottobre 2009 e 16 ottobre 2009 il Comune di Marcon e la Provincia di Treviso hanno sollevato profili di criticità del procedimento e del progetto;

— la Conferenza di servizi, con il voto contrario di Provincia e Comune e con l'assenza dell'Arpav, ha espresso parere positivo di compatibilità ambientale ex l. reg. n. 10/99, parere positivo alla approvazione del progetto ai sensi degli articoli 11 e 23 della Lr n. 10/1999 e parere positivo al rilascio dell'Aia.

Sono quindi seguiti il parere n. 261/09 della CR Via e l'impugnata DGRV n. 296/10.

Avverso e per l'annullamento dei provvedimenti in epigrafe i ricorrenti hanno formulato sette censure, concernenti violazione di legge con riferimento ad aspetti di natura procedurale e sostanziale, ed eccesso di potere sotto svariati profili.

Nel costituirsi, la società (omissis) ha eccepito il difetto di legittimazione e di interesse a ricorrere sia dei ricorrenti, sia del Comitato Primavera. Nel merito la controinteressata ha rilevato l'infondatezza della pretesa fatta valere dai ricorrenti.

Anche la Regione si è costituita, ha eccepito la carenza di legittimazione ad agire del Comitato Primavera e, nel merito, ha insistito per il rigetto del ricorso, poiché infondato.

2.1. — Va esaminata e decisa, in via prioritaria, l'eccezione di difetto di legittimazione e interesse a ricorrere, sollevata dalla difesa della società (omissis) con riferimento sia alla posizione dei ricorrenti, quali "proprietari di fabbricati confinanti, vicini o situati nelle immediate vicinanze dell'impianto di trattamento di rifiuti sito in Via Rizzi, 4, a Maser" (v. pag. 5 ric.), sia alla posizione del Comitato Primavera.

2.1.1.— L'eccezione di carenza di legittimazione a ricorrere in capo al Comitato Primavera, sollevata dalle difese sia della Regione, sia della società (omissis), appare fondata e va accolta.

In tema di impugnazione di provvedimenti di approvazione di progetti di realizzazione di impianti di trattamento di rifiuti la giurisprudenza (v. Cons. St. , V, sent. n. 3192/07; conf. sent. n. 1830/07; ma sugli indici di rappresentatività v. anche CdS, VI, n. 3507/08, p. 4. e –sez. VI— n. 3234/08) ha segnalato, in modo condivisibile, che "possono essere considerati legittimati ad impugnare i provvedimenti amministrativi eventualmente lesivi dell'ambiente le sole associazioni protezionistiche espressamente individuate con Dm, ai sensi del combinato disposto degli artt. 13 e 18 della L. n. 349 del 1986, al fine di evitare il configurarsi di un'azione popolare (cfr. Cons. St. sez. V, 17.7.2004, n. 5136; Cons. St., sez. VI, 18.7.1995, n. 754, Cons. St. sez. vi, 14.10.1992, n. 756).

Altra parte della giurisprudenza, invece, afferma che il giudice amministrativo può riconoscere, caso per caso, la legittimità ad impugnare atti amministrativi a tutela dell'ambiente ad associazioni locali (indipendentemente dalla loro natura giuridica), purché a) perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale, b) abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità e c) un'area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso, anche se non ricompresse nell'elenco delle associazioni a carattere nazionale individuate dal Ministero dell'Ambiente ai sensi dell'articolo 13 della Legge 8.7.1986, n. 349, poiché tale norma ha creato un ulteriore criterio di legittimazione che si è aggiunto e non sostituito a quelli in precedenza elaborati dalla giurisprudenza per l'azionabilità dei c.d. "interessi diffusi" in materia ambientale (cfr., ex multis, Cons. St. Sez. VI, 26.7.2001, n. 4123; Tar Liguria, Sez. I, 18.3.2004, n. 267)".

Orbene nella specie, agli atti non risulta depositata, da parte del Comitato Primavera, copia dello statuto o dell'atto costitutivo, in modo tale da potersi verificare se il suddetto Comitato abbia quei requisiti di rappresentatività e stabilità tali da poter riconoscere una sua legittimazione ad agire avverso provvedimenti amministrativi lesivi dell'ambiente. Non sembra bastare, infatti, a questo fine, il mero scopo associativo di rappresentanza dei cittadini e di svolgimento di opera di informazione e di tutela del patrimonio ambientale, paesaggistico e della qualità della vita entro il territorio comunale, ricavabile dalla istanza, datata 22 novembre 2007, di iscrizione all'albo comunale delle associazioni e dei gruppi, tanto più considerando che il "numero di soci" del Comitato dichiarati era di (soli) 18, "per rendere differenziato un interesse diffuso o adespota, facente capo alla popolazione nel suo complesso, quale l'interesse alla salvaguardia dell'ambiente... un semplice Comitato di cittadini, caratterizzato da una forma associativa temporanea, volta alla protezione degli interessi dei soggetti che ne sono parte, non ha legittimazione a ricorrere avverso gli atti di localizzazione di impianti per il trattamento e lo smaltimento di rifiuti, essendo privo — oltre che del riconoscimento ministeriale di cui all'articolo 13 L. n. 349 del 1986— dal carattere di ente esponenziale in via stabile e continuativa di interessi diffusi radicati sul territorio ... " (cfr. Cons. St. , V, sent. 3192/07 cit. ; in tema v. anche, più di recente, CdS, IV, n. 1001/10, p. 3.1. e Tar Toscana, nn. 567/11 e 6712/10).

Inoltre manca, in atti, la delibera del Comitato di conferimento al suo Presidente –legale rappresentante, Lorena Zoggia, del potere di agire in giudizio.

2.2.2.— Diversa è la conclusione alla quale si può giungere per quanto riguarda le posizioni di Lorena Zoggia e degli altri 21 ricorrenti menzionati in epigrafe, i quali hanno dichiarato di essere proprietari, a Maser, nelle vicinanze dell'impianto della società (omissis), di "edifici mono / bifamiliari, a uno o due piani fuori terra, per un totale di 22 unità abitative residenziali" (conf. perizia arch. Tesser 5 maggio 2001, in atti e, sulla ubicazione degli edifici residenziali, v. doc. 4 fasc. ric. ), soggiungendo che le loro proprietà, per il solo fatto di essere limitrofe all'impianto, hanno subito un significativo deprezzamento di valore rispetto ad analoghi immobili siti a Maser ma non limitrofi all'impianto.

Con riferimento alle posizioni dei singoli ricorrenti, legittimazione e interesse a ricorrere sussistono.

A questo proposito la giurisprudenza ha avvertito che "non occorra provare l'esistenza di un danno concreto e attuale al fine di impugnare il provvedimento di localizzazione di una discarica o di un impianto industriale ritenuto inquinante in quanto la questione della concreta pericolosità dell'impianto, valutata alla luce dei parametri normativi, è questione di merito, mentre al fine di radicare l'interesse ad impugnare è sufficiente la prospettazione di temute ripercussioni su un territorio collocato nelle immediate vicinanze ed in relazione al quale i ricorrenti sono in posizione qualificata (quali residenti o proprietari o titolari di altre posizioni giuridiche soggettive rilevanti" –così CdS n. 6657/02 cit.).

Il Collegio condivide l'indirizzo giurisprudenziale secondo cui per riconoscere legittimazione e interesse a impugnare un provvedimento che autorizza l'avvio di una attività potenzialmente inquinante il ricorrente non è tenuto dimostrare che si è verificato un danno, in quanto tale questione attiene al merito, ed è invece sufficiente la ragionevole prospettazione di ripercussioni negative sul territorio entro il quale l'attività verrà a svolgersi (sul tema v. , di recente, Tar Veneto, III, sent. n. 5982/10 e Tar Toscana, II, sent. n. 888/09, p. 2.) .

Considerata l'affinità esistente tra le fattispecie sottoposte al vaglio della giurisprudenza e la fattispecie odierna, l' eccezione sopra riassunta va respinta. Non senza, però, avere prima soggiunto, con riferimento al caso in esame, che la circostanza che l'approvazione di un progetto, come quello per cui è causa, diretto a incrementare la potenzialità annua del trattamento dei rifiuti dell'impianto, produca ricadute negative sull'ambiente e sulla qualità della vita nel territorio circostante l'impianto medesimo, costituisce un dato di comune esperienza, elemento che ben può essere fatto valere da proprietari di edifici residenziali situati nelle vicinanze dell'impianto del cui ampliamento si discute.

2.2.-Nel merito, assume carattere decisivo e assorbente l'esame della prima censura, con la quale è stata dedotta la violazione dell'articolo 18 della Lr n. 10/1999, secondo cui: (comma 1) "Entro centotrentacinque giorni dalla data della pubblicazione dell'ultimo annuncio di cui al comma 3 dell'articolo 14, la commissione Via esprime il proprio parere sull'impatto ambientale dell'impianto, opera o intervento proposto...";

(comma 2) "Entro lo stesso termine di cui al comma 1 e per una sola volta, la struttura competente per la Via richiede al soggetto proponente le integrazioni eventualmente necessarie; la richiesta sospende i termini del procedimento che ricominciano a decorrere con la presentazione delle integrazioni richieste" ;

(comma 3) "Nel caso in cui, entro novanta giorni dalla richiesta, il soggetto proponente non produca le integrazioni di cui al comma 2, la domanda di Via si intende decaduta. " .

In base al tenore inequivocabile del citato articolo 18, l'Amministrazione procedente può richiedere integrazioni al progetto per una sola volta, e tali integrazioni devono essere presentate entro 90 giorni dalla richiesta, e ciò a pena di decadenza. E' la legge regionale che sancisce sia il termine entro cui devono essere presentate le integrazioni, vale a dire 90 giorni dalla richiesta, sia la sanzione per l'ipotesi di inosservanza del termine suddetto, ossia la decadenza della domanda, e quindi dell'intero procedimento, che va archiviato, con la conseguenza che il proponente dovrà ripresentare la domanda. La legge, nell'individuare termine e sanzione, ha sottratto all'autorità amministrativa ogni discrezionalità sul punto, che non sia la facoltà di richiedere integrazioni. Detto altrimenti, la norma regionale non consente alla Pa di disporre del termine prorogandolo ed eludendo l'esplicita sanzione di decadenza. Il termine è sottratto alla disponibilità delle parti. Nella specie la Regione avrebbe dovuto limitarsi ad accertare il mancato rispetto del termine e, una volta preso atto delle conseguenza che la legge regionale stabilisce per la suddetta ipotesi, disporre l'archiviazione del procedimento.

Nella specie, come si ricorda nel ricorso:

-con nota in data 22 maggio 2008 la Regione Veneto –Unità complessa Via, aveva richiesto integrazioni e chiarimenti alla società (omissis);

-con nota del 18 giugno 2008 il Presidente del CR Via aveva concesso una proroga alla controinteressata stabilendo, quale termine ultimo per presentare la documentazione ulteriore, la data del 27 ottobre 2008;

-la società (omissis) risulta avere presentato le integrazioni richieste soltanto in data 24 ottobre 2008, vale a dire (nel rispetto del termine prorogato assegnatole ma) ben oltre il termine di 90 giorni stabilito dalla legge regionale.

La proroga accordata è illegittima e vizia l'intera procedura. La CR Via ha travisato il proprio ruolo e, nel prorogare un termine fissato "ex lege" a pena di decadenza, ha erroneamente ritenuto che il suddetto termine fosse nella propria disponibilità. Del resto, la giurisprudenza è pacifica nel prevedere che quando una norma di legge stabilisce un termine e attribuisce allo stesso natura perentoria, non sussiste alcuna discrezionalità in capo alla Pa, salvo casi eccezionali di forza maggiore, da comprovare in modo rigoroso e nella specie non sussistenti. La proroga del termine di legge per la presentazione delle integrazioni deve ritenersi dunque illegittima poiché –nella specie— non consentita, e da ciò consegue che le integrazioni sono state depositate dalla società (omissis) oltre il termine perentorio stabilito, a pena di decadenza della domanda, dall'articolo 18, comma 3, della Lr n. 10/1999.

Il Collegio condivide le argomentazioni svolte e le conclusioni formulate nel ricorso. La Regione non avrebbe potuto accordare la proroga; avrebbe dovuto limitarsi ad accertare il mancato rispetto del termine del 90 giorni e, preso atto delle conseguenze che la legge stabilisce per tale ipotesi, disporre l'archiviazione del procedimento.

Sennonché, ad avviso della difesa della Regione il citato articolo 18, ove correttamente interpretato, implica che l'omessa produzione delle integrazioni richieste entro il termine di 90 giorni non determina la decadenza della domanda di Via qualora il richiedente adduca una ragione grave ed eccezionale a sostegno di una richiesta di proroga. Esigenze di celerità, economicità e non aggravamento del procedimento amministrativo imporrebbero all'Amministrazione di concedere la proroga del termine qualora il proponente, prima della scadenza, giustifichi l'istanza di proroga dichiarando di trovarsi nella impossibilità oggettiva di presentare le integrazioni entro il termine fissato, avuto riguardo al numero e alla natura delle integrazioni richieste. Inoltre, l'istanza di proroga è, adesso, disciplinata in modo esplicito dall'articolo 26, comma 3, del Tu 152/2006 il quale, nel testo introdotto dall'articolo 2, comma 22, lett. D) del Dlgs 128/2010 prevede che "l'autorita' competente puo' richiedere al proponente entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui all'articolo 24, comma 4, in un'unica soluzione, integrazioni alla documentazione presentata, con l'indicazione di un termine per la risposta che non puo' superare i quarantacinque giorni, prorogabili, su istanza del proponente, per un massimo di ulteriori quarantacinque giorni. L'autorita' competente esprime il provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale entro novanta giorni dalla presentazione degli elaborati modificati". La Regione contesta che si sia verificata una decadenza del procedimento per decorrenza del termine.

Anche la difesa della società (omissis) ritiene che il termine di cui all'articolo 18, comma 3, della  Lr 10/1999, poiché posto nell'interesse della Pa, sia prorogabile da parte di quest'ultima, qualora la stessa ravvisi un giustificato motivo per assentire la proroga. L'Amministrazione procedente avrebbe la facoltà di assegnare, a domanda dell'interessato, un termine ulteriore, commisurato e idoneo alla complessità delle integrazioni richieste, in osservanza dei principi di buon andamento, efficacia e logicità dell'azione amministrativa. La "ratio" della previsione normativa di decadenza è infatti volta a sanzionare la sola inerzia del proponente, di fronte alle richieste di integrazioni, per non mantenere pendenti procedure per le quali nemmeno il proponente manifesta più interesse. Nel caso in esame, invece, il proponente si è attivato nel termine previsto, segnalando all'Amministrazione procedente come il termine di 90 giorni, considerato il numero e la tipologia delle integrazioni chieste, fosse insufficiente (basti pensare alla relazione geologica da presentare – cfr. nota Regione Veneto 22 maggio 2008, p. 7, in atti). Anche a voler considerare perentorio il termine dei 90 giorni di cui al citato articolo 18, comma 3, nel caso di specie vi sarebbe (stata) una impossibilità oggettiva a soddisfare la richiesta di integrazione entro il termine previsto, rientrandosi quindi in un caso di forza maggiore, idoneo a giustificare la concessione di una proroga. Anche la difesa della società (omissis) soggiunge che l'articolo 26 del Tu n. 152/2006 prevede la prorogabilità del termine, e che l'articolo 5 del Dpr 12 aprile 1996, nel testo allora vigente, contemplava, per l'ipotesi di richiesta di integrazioni, la concessione di un congruo termine. Qualora la disciplina legislativa regionale non consentisse, in spregio ai limiti imposti dalla normativa quadro di riferimento, la concessione di un termine congruo per presentare le chieste integrazioni, o comunque la possibilità di concedere una proroga, la disciplina stessa sarebbe costituzionalmente illegittima per violazione dell'articolo 117 Cost. , oltre che dei principi costituzionali di buon andamento e imparzialità dell'azione amministrativa (articolo 97 Cost.), con richiesta di rimessione della questione alla Corte costituzionale per la decisione di competenza.

Il Collegio ritiene che i rilievi difensivi della Regione Veneto e della società (omissis) siano superabili.

Il richiamo fatto all'articolo 26, comma 3, del Tu n. 152/2006 –disposizione, peraltro, non applicabile al caso di specie in forza della disciplina transitoria di cui all'articolo 35, comma 2 ter, del medesimo decreto n. 152 — non appare pertinente. In primo luogo l'articolo 26 accorda alla Pa, da un lato, la facoltà di chiedere integrazioni al soggetto proponente, fissando un termine massimo, che attualmente è di 45 giorni, e dall'altro consente alla Pa di prorogare il termine per un ulteriore periodo massimo (attualmente, di 45 giorni). L'articolo 18, invece, prevede un termine fisso per produrre integrazioni, e sancisce la decadenza dalla domanda nel caso di mancato rispetto di detto termine, senza accordare alla Pa facoltà alcuna in merito alla proroga del termine medesimo (che è di 90 giorni). Il termine di 90 giorni, assegnabile al proponente per produrre le integrazioni richieste, appare tutt'altro che incongruo (a ben guardare l'articolo 26 del Tu 152/2006 attribuisce lo stesso termine, ma frazionato in due periodi: 45 + 45, e l'unica differenza è che solo il Tu del 2006 accorda alla Pa la facoltà di concedere una proroga), tenuto anche conto del fatto che il progetto dell'opera da realizzare, o da ampliare, deve essere documentato in modo completo. Non si ravvisano, insomma, compressioni nell'esercizio dei diritti del soggetto proponente; né si ravvisa alcun contrasto con l'atto di indirizzo e di coordinamento di cui al Dpr 12 aprile 1996. La previsione del termine di 90 giorni, unico e perentorio, va considerata come posta a favore sia del proponente, sia della Pa. Ma anche a voler tenere conto dell'articolo 26 come "canone interpretativo" in materie, come quella in esame (su cui v. articolo 117, comma 2, lett. S) Cost.; ma v. anche le connessioni con il governo del territorio – articolo 117, comma 3 ), caratterizzate da un "intreccio", o comunque da un concorso tra diverse discipline e differenti competenze, dello Stato e della Regione, concorso che rende ammissibili interventi specifici del legislatore regionale (su una ricognizione dello stato della giurisprudenza della Corte costituzionale sul tema della tutela dell'ambiente v. C. cost., n. 225/09, p. 4.) ; il Collegio non ritiene che la previsione della prorogabilità del termine ex articolo 26, comma 3 cit. ricada tra i principi fondamentali, di cui all'articolo 117, comma 3, ultimo periodo, Cost., ai quali il legislatore regionale è tenuto a prestare osservanza, a pena di illegittimità costituzionale della norma di legge regionale per contrasto con una disposizione statale recante, appunto, un principio fondamentale. Tanto più quando il termine assegnato al proponente per le integrazioni è oggettivamente congruo, il che consente di superare anche l'ipotizzato contrasto con l'articolo 97 Cost. .

Né, dagli atti di causa, emerge in modo adeguato una situazione di impossibilità oggettiva a presentare le integrazioni richieste entro il termine prefissato, o una ipotesi di forza maggiore che potrebbe, in astratto, consentire la proroga del termine.

L'accoglimento della censura su esposta ha carattere decisivo e natura assorbente.

Dall'illegittimità della disposta proroga discende l'illegittimità della intera procedura e del provvedimento finale (la DGRV n. 296/10), oltre che, per illegittimità derivata,degli atti intermedi. Resta assorbita ogni altra censura.

Nonostante l'esito del ricorso, le spese e gli onorari del giudizio possono essere compensati, attesa la novità della questione trattata.

 

P.Q.M.

 

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, , previa dichiarazione di inammissibilità parziale dello stesso, per le ragioni ed entro i limiti di cui in motivazione (v.p. 2.1.1), lo accoglie e, per l'effetto, annulla gli atti impugnati.

Spese compensate

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:

(omissis)

 

Depositata in segreteria il 3 maggio 2011

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