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Nota MinBeni culturali 13 settembre 2010, prot. n. 0016721

Autorizzazione paesaggistica - Gli interventi non percepibili e visibili sono paesaggisticamente irrilevanti

Ministero per i beni e le attività culturali

Nota 13 settembre 2010, prot. n. 0016721

Procedimento per l'accertamento della compatibilità paesaggistica di cui all'articolo 167, commi 4 e 5, del Codice dei beni culturali e del paesaggio

Con nota n. prot. 421 del 14 dicembre 2009, codesta Associazione ha chiesto il parere dell'Ufficio scrivente circa l'interpretazione dell'articolo 167, comma 4, letto a), del codice dei beni culturali e del paesaggio, il quale, in tema di autorizzazione paesaggistica in sanatoria, prevede che "l'autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica (...) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati".

In particolare, si chiede di conoscere r esatto significato da attribuire alle espressioni "superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati", ipotizzando al riguardo una soluzione che collega la funzione di accertamento della compatibilità paesaggistica a criteri estetici e visivi, propri della nonnativa di tutela del paesaggio, piuttosto che a parametri quali quelli indicati dall'articolo 167, comma 4, del codice, che potrebbero indurre ap effettuare verifiche di tipo urbanistico anziché valutazioni rigorosamente paesaggistiche.

Il tema, nonostante sia stato già affrontato in un precedente parere di quest'Ufficio (nota n. prot. 16740 del 16 settembre 2008), nonché nella circolare interpretativa del Segretariato generale n. 33 del 26 giugno 2009, risulta tutt'ora foriero di difficoltà applicative e dubbi esegetici, rendendosi neèessario un ulteriore approfondimento.

Ciò è indice del fatto che occorrerebbe procedere alla modifica dell'articolo 167, comma 4, del codice. In questa direzione l'apposito Gruppo di lavoro costituito con decreto del Sig. Ministro del 21 dicembre 2009 ha rassegnato, in data 3 agosto 20 l O, una propria proposta di soluzione normativa, riferita peraltro soprattutto all'articolo 149 del Codice, nella direzione di una migliore definizione dell'area degli interventi liberi, non soggetti ad autorizzazione, redatta peraltro con la fattiva e proficua collaborazioni di rappresentanti tecnicidell'Anci e delle Regioni, che sembrerebbe offrire soluzioni operative condivise e, si auspica, potenzialmente, risolutive delle problematiche applicative rappresentate.

Nondimeno, nelle more del (comunque non breve) iter approvativo della nuova norma primaria modificativa del codice, appare in ogni caso utile fornire talune indicazioni interpretative che, traendo spunto proprio dalla discussione svoltasi in seno al menzionato Gruppo di lavoro e ispirazione dalla stessa ipotesi di soluzione normativa ivi elaborata, possano consentire nell'immediato soluzioni operative temporanee meno gravose e restrittive di quelle altrimenti imposte da una lettura puramente letterale del dato normativo primario vigente.

Orbene, l'indicazione interpretativa fornita da codesta Associazione· — che ha ricevuto peraltro ampia attenzione e considerazione nel corso dei lavori della citata Commissione — appare nella sostanza condivisibile, nei tennini e con le considerazioni che si vanno qui di seguito a svolgere.

Si ritiene infatti necessario privilegiare un'interpretazione finalistica del dato normativo, che sia ad un tempo aderente alla ragion d'essere e alla funzione essenziale della tutela paesaggistica e coerente con le sempre più avvertite e pressanti esigenze di semplificazione e di attenta proporzionalità nel commisurare la risposta sanzionatoria delI' ordinamento all'effettiva portata lesiva del bene protetto propria dell'abuso commesso.

La funzione essenziale della tutela paesaggistica è sempre stata riferita, nella stessa definizione del benè protetto, all'aspetto visibile del territorio.

La legge 1497/1939 aveva ad oggetto la protezione delle bellezze naturali e sottoponeva al controllo autorizzatorio preventivo del Soprintendente (articolo 7) le "modificazioni che rechino pregiudizio a quel suo (dell'immobile vincolato — N.d.R.) esteriore aspetto che è protetto dalla presente legge".

Ma anche nelle più moderne e recenti concezioni del paesaggio, pur dopo il superamento della visione idealistico·crociana, di tipo vedutistico·estetico, propria della legge del 1939, verso una considerazione più ampia, di tipo storico-sociale ed urbanistico-territorialista della funzione di tutela, è comunque rimasta sempre ferma l'idea base del paesaggio come forma visibile del territorio (Predieri), come prodotto dell'esperienza interpretativa dell'uomo, piuttosto. che come dato materiale fisico-chimico-biologico nella sua dimensione puramente spaziale e quantitativa, e si è viepiù rafforzata l'idea del paesaggio come elemento del patrimonio culturale, come fenomeno riferibile alla "semiosfera" piuttosto che alla "ecosfera", in quanto oggetto sociale e culturale, piuttosto che oggetto puramente fisico.

In tal senso sia la Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000 (ratificata con legge 9 gennaio 2006, n. 14), che il codice del 2004, forniscono una definizione di paesaggio imperniata sull'elemento della percezione e del significato identitario della porzione di territorio considerata, e ciò del tutto in linea con la nozione culturale di paesaggio sopra tratteggiata (articolo 1 della Convenzione di Firenze: "a) "Paesaggio" designa una determinata parte di territorio, cosi come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall'azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni"; articolo 131 del codice di settore del 2004: "Per paesaggio si intende il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall'azione di fattori nàturali, umani e dalle loro interrelazioni").

Lo stesso articolo 146, comma 1, del Codice, d'altra parte, riprendendo, peraltro, quasi alla lettera, il testo del citato articolo 7 della legge del 1939, fornisce una chiara indicazione nel senso di riferire l'obbligo autorizzativo esclusivamente a quegli interventi effettivamente capaci di recare pregiudizio ai valori paesaggistici protetti ("1. I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell'articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione"). Analogamente, l'articolo 149 del codice, al comma, l, lettera a), esclude la necessità dell'autorizzazione paesaggistica "per gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore degli edifici".

Occorre a questo punto calare le testé definite coordinate giuridiche nell'interpretazione del dato letterale dell'articolo 167, comma 4, del Codice.

La disposizione subordina la sanabilità dell' intervento al presupposto negativo che esso non abbia determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l'atunento di quelli legittimamente realizzati.

Ora, ad avviso dell'Ufficio scrivente, la percepibilità della, modificazione dell'aspetto esteriore del bene protetto costituisce un prerequisito di rilevanza paesaggistica del fatto. La non percepibilità della modificazione dell'aspetto esteriore del bene protetto elide in radice la sussistenza stessa dell'illecito contestato.

Ne consegue che l'Ufficio procedente, prima ancora di verificare nella concreta fattispecie la sussistenza del suindicato presupposto negativo dell'assenza di superfici utili o volumi, ovvero di un aumento di quelli legittimamente realizzati, deve porsi la domanda preliminare se il fatto portato alla sua attenzione presenti o meno rilevanza paesaggistica, sotto il profilo della percepibilità della modificazione apportata, secondo un criterio di media estimazione e valutazione. Ove addirittura l'incremento di volume o di superficie (che dovrà per forza di cose essere di minima entità) non risulti neppure visibile, allora dovrà evidentemente ritenersi insussistente in radice l'illecito e, dunque, la domanda di sanatoria dovrà (a rigore) essere dichiarata inammissibile, e ciò non già perché osti al suo eventuale accoglimento la carenza del sopra detto presupposto negativo per la sanatori a, bensÌ perché trattasi in realtà di illecito insussistente, per non essere dovuta "a monte" la stessa autorizzazione paesaggistica, in presenza di un intervento obiettivamente incapace di introdurre "modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione", in quanto oggettivamente non percepibile.

Resta inteso che nei casi dubbi l'istanza di accertamento della compatibilità paesaggistica potrà essere ugualmente inoltrata alla competente Soprintendenza, la quale -prima ancora di valutarne il merito — dovrà pronunciarsi sulla rilevanza paesaggistica o meno dell'intervento.

In conclusione, il quesito sollevato da codesta Associazione, ispirato dal condivisibile obiettivo di evitare irrazionali e controproducenti rigorismi applicàtivi che condurrebbero all'adozione di ordini di demolizione di interi manufatti a causa di minimali variazioni assolutamente non percepibili, riceve adeguata soluzione non già in sede di interpretazione estensiva dell'articolo 167, comma 4, sulla (eccezionale) sanatoria ex post, bensì più radicalmente "a monte", nella sede della definizione dell'ambito della rilevanza paesaggistica degli interventi e della definizione dell'area degli interventi liberi, riferibili all'ambito applicativo dell'articolo 149 del Codice, anziché a quello dell'articolo 146.

Alla stregua di tali indicazioni interpretative, si confida nella possibilità, pur nell'immutato quadro normativo, di pervenire a soluzioni ragionevoli e proporzionate dei numerosi casi — emersi nella pratica applicativa — di variazioni minimali e di marginali incrementi di superficie o di volume che risultino solo fisicamente misurabili, ma non siano in alcun modo percepibili e visibili e restino, perciò, paesaggisticamente irrilevanti.

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