Energia

Giurisprudenza (Normativa regionale)

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Sentenza Tar Veneto 19 giugno 2009, n. 1857

Energia - Impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 Mw termici - Autorizzazione unica - Dl 7/2002 e 239/2003 - Conferimento allo Stato della responsabilità unitaria della materia - Regione - Arresto procedimentale per l’elaborazione del Piano energetico regionale - Illegittimità - Ragioni

Attraverso l’introduzione della normativa in materia di sicurezza del sistema elettrico nazionale (Dl 7/2002, convertito in L. 55/2002, ora applicabile in via ordinaria ai sensi del sopravvenuto Dl 23 agosto 2003, n. 239, convertito in legge 27 ottobre 2003, n. 290), e segnatamente, attraverso la previsione di un’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 Mw termici, il legislatore statale ha operato una precisa scelta di considerare necessario il conferimento allo Stato della responsabilità amministrativa unitaria della materia, spostando al livello superiore nazionale ogni valutazione in merito alla necessità di interventi che assicurino il soddisfacimento del fabbisogno energetico nazionale, pur garantendo, entro i limiti del procedimento così disciplinato, la cura degli interessi locali attraverso il meccanismo dell’intesa Stato-Regioni. In quest’ottica, non è legittimo l’arresto del procedimento autorizzatorio giustificato dalla esigenza di una elaborazione coerente del Piano energetico regionale, atteso che un simile riferimento finisce per ancorare ad interessi locali la valutazione circa la sussistenza dei presupposti per il rilascio dell’autorizzazione, quando invece, il menzionato procedimento tende proprio a prescindere da valutazioni settoriali per orientarsi - attraverso l’attribuzione delle competenze in capo allo Stato - verso valutazioni che tengano conto del complessivo fabbisogno nazionale di energia elettrica.

Tar Veneto

Sentenza 19 giugno 2009, n. 1857

 

Repubblica italiana

In nome del popolo italiano

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto Sezione Prima

ha pronunciato la presente

 

Sentenza

(omissis)

per l'annullamento

nei limiti dell’interesse di parte ricorrente, della deliberazione della Giunta Regionale del Veneto, 4277 del 22 dicembre 2004, avente ad oggetto “Centrali elettriche di competenza statale”; nonché della nota della Regione Veneto, Segreteria regionale all’ambiente e ai lavori pubblici, prot. 20563/4601 del 14 gennaio 2005, a firma del Presidente della Commissione regionale Via, avente ad oggetto “(…) Srl – Polo Energetico di Montecchio Maggiore – Centrale da 760 Mw a ciclo combinato ed opere elettriche connesse – Comune di Montecchio Maggiore (VI) – Richiesta di autorizzazione integrata ambientale ai sensi del Dlgs 372/1999 e della legge 55/2002”;

nonché per la condanna dell’Amministrazione resistente al risarcimento del danno derivante dagli atti impugnati.

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Veneto — (Ve);

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero delle attività Produttive — Roma — (Rm);

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero per l'ambiente — Roma — (Rm);

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero per i beni e le attività culturali Dipartimento;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 maggio 2009 la dott.ssa (…) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

Fatto

La società ricorrente, (…) Srl, è impresa operante nel settore della produzione di energia elettrica e fra i progetti in corso di sviluppo ha elaborato un intervento per la realizzazione di un impianto per la produzione di energia elettrica a ciclo combinato della potenza di circa 760 Mw, da ubicarsi nel territorio del Comune di Montecchio Maggiore.

Espone la difesa istante di aver avviato l’iter autorizzatorio previsto per l’approvazione dei progetti della specie di cui sopra ai sensi del Dl 7 febbraio 2002, n. 7, convertito in legge 55/2002.

Detta normativa, avente ad oggetto “Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale”, specificatamente introdotta a fronte delle esigenze di fornitura energetica su tutto il territorio nazionale e quindi al fine di assicurare la copertura del fabbisogno nazionale, ha previsto un iter procedimentale semplificato ed accelerato per il rilascio delle autorizzazioni per la costruzione di nuove centrali elettriche e/o di opere ed infrastrutture connesse.

A tal fine, come stabilito dall’articolo 1 della legge 55/2002, l’autorizzazione viene rilasciata con provvedimento unico da parte del Ministero delle attività produttive, in sostituzione dei tutte le autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso necessari, così come previsti dalla norme vigenti, previo coinvolgimento delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano, nell’ambito di una Conferenza permanente per i rapporti tra tali enti e lo Stato, al fine di addivenire in merito alla richiesta di rilascio dell’autorizzazione ad una intesa circa la necessità e possibilità di realizzare impianti di energia elettrica di potenza superiore ai 300 Mw.

L’autorizzazione unica viene quindi rilasciata dal Ministero delle attività produttive, d’intesa con la Regione interessata, previo coinvolgimento della amministrazioni statali e locali parimenti coinvolte, in particolare previo conseguimento della Via nazionale da parte del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio.

Ricorda parte ricorrente che, per quanto specificamente riguarda il ruolo svolto all’interno dell’iter procedimentale dalla Regione (così come avvenuto nel caso in esame per la Regione Veneto), per un verso essa risulta coinvolta nel procedimento di Valutazione di impatto ambientale di competenza del Ministero dell’ambiente e tutela del territorio, esprimendo il proprio parere previa istruttoria e parere espresso dalla Commissione regionale Via (nel caso di specie ai sensi della Lr 10/1999), per altro verso essa risulta coinvolta nel procedimento disciplinato dalla legge 55/2002, in esito al quale è chiamata dal Ministero delle attività produttive ad esprimere la propria intesa al provvedimento autorizzatorio.

Ciò premesso al fine di inquadrare normativamente la fattispecie, parte istante prosegue ripercorrendo l’iter procedimentale che ha caratterizzato la richiesta di autorizzazione per la realizzazione dell’impianto nel Comune di Montecchio Maggiore, con particolare riguardo alla fase coinvolgente la Regione in sede di Commissione Via, ove venivano richieste integrazioni istruttorie ed approfondite analisi circa l’impatto ambientale derivante dalla realizzazione dell’impianto.

Tuttavia, nonostante la ricorrente avesse adempiuto alle richieste, la Regione Veneto provocava un arresto procedimentale, con il quale per un verso è stata disposta la sospensione delle attività istruttorie in corso della Commissione Via, con riferimento – per quanto di interesse della ricorrente – alla centrale di Montecchio Maggiore, per altro verso è stata anticipata la volontà dell’amministrazione regionale di esprimersi in termini negativi in sede di conferenza di servizi, negando così l’intesa con il Ministro delle attività produttive.

La delibera della Giunta regionale 4277 del 22 dicembre 2004, che in tali termini ha statuito circa la posizione della Regione Veneto nell’ambito del procedimento interessante la realizzazione dell’impianto progettato dalla ricorrente, è stata quindi impugnata con il ricorso in esame, articolato nei seguenti motivi di diritto:

— Violazione e falsa applicazione dell’articolo 1 della L. 55/2002, nonché degli articoli 1, 2, 14 e seguenti della legge 241/1990.

— Violazione dell’articolo 97 Costituzione.

— Eccesso di potere per violazione del principio di buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa.

— Eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione.

Parte istante ribadisce le finalità della normativa introdotta dalla legge 55/2002, volta a semplificare il rilascio dell’autorizzazione alla costruzione di impianti di energia elettrica, a seguito dell’avvenuta liberalizzazione del settore della produzione dell’energia.

Il rilascio dell’autorizzazione risulta, quindi, subordinato alla sussistenza delle condizioni ed alla verifica dei presupposti per il rilascio dell’autorizzazione, non residuando alcuno spazio per le amministrazioni coinvolte in ordine alla volontà di autorizzare o meno la realizzazione dell’impianto.

Sussistendo le condizioni stabilite dalla legge e comunque nel rispetto delle esigenze di politica energetica, degli interessi ambientali, sanitari e paesaggistici, il Ministero delle attività produttive, d’intesa con le Regioni interessate, è tenuto, infatti, al rilascio del titolo autorizzatorio.

Il comportamento tenuto dalla Regione che, adducendo motivazioni attinenti alla difficoltà di approvazione del Piano energetico regionale, ha sospeso il procedimento, dando luogo ad un ingiustificato arresto procedimentale, impedendo il formarsi dell’intesa con il Ministero competente per il rilascio dell’autorizzazione, risulta del tutto privo di motivazione, oltre a non rientrare nelle ipotesi normativamente stabilite per denegare il rilascio del titolo a favore del richiedente.

Il comportamento regionale risulta illegittimo non solo per non aver portato a termine la fase inerente la procedura di Via di propria competenza, ma soprattutto per aver espresso a priori la propria opposizione al raggiungimento della prescritta intesa con il Ministero.

Il riferimento alle difficoltà correlate alla realizzazione del Piano Energetico Regionale, risultano poi del tutto inconferenti, tenuto conto delle finalità di carattere sovraregionale sottese alla normativa invocata, che mira ad assicurare il fabbisogno nazionale di energia elettrica.

— Eccesso di potere per violazione del principio di buona fede e dell’affidamento.

— Eccesso di potere per contraddittorietà.

— Eccesso di potere per violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni.

— Violazione dell’articolo 4 Dlgs 165/2001, dell’articolo 22 della Lr 22/1999; incompetenza.

La determinazione assunta dalla Giunta regionale risulta per altri aspetti illegittima, sia in quanto ha dato luogo a reiterate richieste istruttorie, salvo poi non procedere alla conclusione del procedimento di Via, sia in quanto l’anticipata opposizione alla formazione dell’intesa con lo Stato risulta espressione di una volontà contraria ai principi di leale collaborazione nell’ambito dei rapporti Stato-Regioni.

La difesa istante sottolinea, infine, come attraverso un atto posto in essere da un organo politico, quale è la Giunta regionale, sia stato assunto un provvedimento di competenza dirigenziale.

Parte ricorrente quindi conclude chiedendo l’annullamento della delibera impugnata, per la parte di interesse, con conseguente condanna della Regione Veneto al risarcimento dei danni subiti per effetto del provvedimento illegittimamente assunto.

Si sono costituiti in giudizio, sebbene con memoria di mero stile, sia la Regione Veneto che il Ministero delle attività produttive, il Ministero per i beni e le attività culturali ed il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio, le cui difese hanno chiesto la reiezione del ricorso.

All’udienza del 7 maggio 2009, udite le precisazioni dei procuratori delle parti costituite in giudizio, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

 

Diritto

Con il ricorso in esame (...) impugna la delibera assunta dalla Giunta regionale del Veneto, 4277/2004, in merito alla realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica a ciclo combinato della potenza di circa 760 Mw, progettato dalla ricorrente, da ubicarsi nel territorio del Comune di Montecchio Maggiore.

La delibera regionale, dopo aver richiamato la particolare situazione venutasi a verificare a livello territoriale proprio in ordine alla realizzazione di nuovi impianti energetici, non ultime le opposizioni provenienti dalle amministrazioni comunali coinvolte, ha concluso affermando testualmente che “Qualunque nuova iniziativa, ed in particolare per le centrali di produzione di energia di dimensioni considerevoli, potrebbe creare grave pregiudizio alla redazione del suddetto Piano regionale, nonché alla predisposizione di una politica della tutela del territorio coerente con gli indirizzi programmatici di questa Regione.”

In base a tali considerazioni, rapportate alla situazione locale, la Giunta ha quindi concluso sospendendo le attività istruttorie della Commissione Via in corso (fra cui quella interessante l’impianto progettato dalla ricorrente), incaricando altresì il rappresentante regionale all’interno della Conferenza di servizi di esprimere parere negativo, espressamente negando l’intesa con il Ministero delle attività produttive, rendendo partecipi gli altri Ministeri interessati della posizione così assunta dalla Regione.

Per effetto di tale deliberazione tutto l’iter procedimentale in corso per il rilascio, ai sensi della legge 55/2002 (applicabile anche le procedure già avviate e in corso di svolgimento), dell’autorizzazione unica da parte del Ministero delle attività produttive, d’intesa con le Regioni e previo ottenimento della Via nazionale da parte del Ministero dell’ambiente, è rimasto sospeso, senza alcuna possibilità di definizione, attesa l’anticipata negazione dell’intesa con il Ministero da parte della Regione.

Ritiene il Collegio che il ricorso sia dotato di fondamento.

La posizione assunta dalla Regione e le motivazioni addotte a fondamento dell’arresto procedimentale risultano, invero, in contrasto con lo spirito e la ratio sottesi alla normativa nazionale che ha introdotto la particolare procedura per il rilascio dell’autorizzazione unica alla realizzazione degli impianti di produzione di energia.

Lungi da valutare in questa sede le motivazioni politiche di tale determinazione, la decisione regionale risulta ingiustificatamente dilatoria a fronte degli interessi e delle esigenze sovraregionali perseguiti con la normativa nazionale.

Come ampiamente sottolineato dalla Corte Costituzionale in occasione del sindacato di legittimità espresso in merito alla normativa introdotta dal Dl 7/2002 e convertita in legge 55/2002 (Corte Costituzionale 13 gennaio 2004, n. 6), la previsione di una autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio di impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 Mw termici, rilasciata dal Ministero delle attività produttive in sostituzione delle autorizzazioni, delle concessioni e degli atti di assenso comunque denominati previsti dalla legislazione vigente, si ispira ad esigenze di unitarietà dell’esercizio delle funzioni amministrative, in particolar modo in un ambito, quale è la produzione e distribuzione dell’energia elettrica, che coinvolge interessi nazionali.

In tale ottica la nuova disciplina, che concentra il procedimento amministrativo per farlo convergere nell’unica autorizzazione, rilasciata dal Ministero competente d’intesa con le Regioni interessate, interviene in una materia affidata alla legislazione concorrente, necessariamente comprimendo le competenze delle amministrazioni regionali e locali in ragione della necessità di assicurare la celerità del procedimento, al fine di evitare il pericolo della interruzione della fornitura dell’energia elettrica su tutto il territorio nazionale.

La normativa è stata quindi ritenuta conforme ai principi e al dettato della Costituzione, con particolare riguardo agli articoli 117 e 118, in quanto se da un lato comprime le competenze amministrative locali, dall’altro comunque assicura, attraverso il meccanismo dell’intesa Stato-Regioni, il coinvolgimento degli interessi locali.

A tali considerazioni di conformità costituzionale, con puntuale riguardo al ruolo svolto dalla Regione attraverso l’intesa con il Ministero delle attività produttive, si aggiungono le esigenze, già sottolineate, di accelerazione e di semplificazione che animano la normativa così introdotta, ora applicabile in via ordinaria, ai sensi del sopravvenuto Dl 23 agosto 2003, n. 239, convertito in legge 27 ottobre 2003, n. 290.

È quindi possibile concludere rilevando che, attraverso l’introduzione della normativa in materia di sicurezza del sistema elettrico nazionale, il legislatore statale ha operato una precisa scelta (giudicata legittima dalla Corte Costituzionale) di considerare necessario il conferimento allo Stato della responsabilità amministrativa unitaria della materia, spostando al livello superiore nazionale ogni valutazione in merito alla necessità di interventi che assicurino il soddisfacimento del fabbisogno energetico nazionale, pur garantendo, entro i limiti del procedimento così disciplinato, la cura degli interessi locali.

In quest’ottica, le motivazioni addotte dalla Regione al fine di giustificare l’arresto procedimentale appaiono fortemente in contrasto con lo spirito e la finalità della disciplina esaminata.

Se, come risulta senza ombra di equivoci dai riferimenti contenuti nella delibera impugnata alle problematiche sollevate dalle amministrazioni locali coinvolte ed alle esigenze di una elaborazione coerente del Piano energetico regionale, le ragioni dell’arresto sono state dettate da esigenze strettamente locali, detta determinazione si fonda su motivazioni che non solo non risultano sufficienti ad impedire il rilascio dell’autorizzazione, ma soprattutto configgono con la ratio e le esigenze perseguite dalla disciplina più volte richiamata.

In modo particolare, la contestata delibera non trova supporto nel richiamo alla necessità di pervenire ad una coerente elaborazione del Piano energetico regionale, poiché, per le ragioni già sopra evidenziate e stigmatizzate dalla Corte Costituzionale nella ricordata pronuncia, un simile riferimento finirebbe per ancorare ad interessi locali la valutazione circa la sussistenza dei presupposti per il rilascio dell’autorizzazione, quando invece, il nuovo procedimento autorizzatorio tende proprio a prescindere da valutazioni settoriali per orientarsi – attraverso l’attribuzione delle competenze in capo allo Stato – verso valutazioni che tengano conto del complessivo fabbisogno nazionale di energia elettrica.

Né, da un punto di vista meramente procedimentale, può giustificarsi l’arresto imposto dalla Regione, non essendo ciò previsto se non in termini istruttori, che nella specie non sussistono, tenuto anche conto delle richieste in tal senso già avanzate dalla Commissione regionale in sede di Via ed adempiute dalla ricorrente.

Né, per altro verso, è possibile giustificare l’anticipata negazione dell’intesa con lo Stato in sede di Conferenza di servizi, in quanto privo di ogni giustificazione in relazione al progetto della ricorrente, traducendosi di fatto in un mero diniego esposto a priori ed a prescindere dal progetto presentato.

Da ultimo, a tale specifico riguardo, non può non essere svolta un’ultima considerazione, che attiene ai profili sia sostanziali che procedurali della fattispecie in esame, in merito al fatto che, nell’ambito del procedimento così come disciplinato dalla legge, la Regione è chiamata ad operare d’intesa con lo Stato, non esaurendo il proprio intervento nell’espressione di un mero parere (dal quale il Ministero potrebbe anche prescindere, non essendo vincolante), ma si inserisce nella sequenza procedimentale delineata dal legislatore che prevede, nel rispetto della legge 241/1990, il raggiungimento dell’intesa con la Regione interessata.

Per le considerazioni sin qui svolte, attesa la fondatezza delle doglianze esposte avverso il provvedimento impugnato, il ricorso va accolto con conseguente annullamento della delibera assunta dalla Giunta regionale, entro i limiti dell’interesse di parte ricorrente.

Quanto, infine, alla richiesta di risarcimento del danno, contestualmente avanzata dalla difesa istante, detta richiesta non può essere accolta in quanto formulata in termini del tutto generici, senza alcun principio di prova in ordine ad concreti danni sopportati dalla ricorrente per effetto del provvedimento impugnato.

Le spese di giudizio seguono la regola della soccombenza, con particolare riguardo alla posizione assunta dalla Regione Veneto, e sono liquidate a carico della medesima nella somma indicata in dispositivo.

Sussistono, invece, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese nei confronti del Ministeri intimati.

 

PQM

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Prima Sezione, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, lo accoglie, fatta eccezione per quanto riguarda la richiesta di risarcimento del danno, e per l’effetto annulla gli atti impugnati nei limiti degli interessi di parte ricorrente.

Condanna la Regione Veneto al pagamento a favore della ricorrente delle spese di giudizio, liquidandole nella somma complessiva di euro 20.000,00 (euro ventimila/00); compensa le spese nei confronti dei Ministeri intimati.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella Camera di consiglio del giorno 7 maggio 2009 con l'intervento dei Magistrati:

(omissis)

Depositata in Segreteria il 19 giugno 2009.

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